POLO
. Sport. - Antichissimo giuoco equestre (dal tibetano pulu "palla") di origine orientale, molto probabilmente persiana, ma praticato per secoli, oltre che in Persia, nella Cina, in India, nel Tibet, in Arabia.
Nel Libro dei Re persiano è menzionata una partita di polo disputata alla corte del re mitico Afrāsyāb. Firdusi vi descrive il rancore dei Turani verso i cavalieri Irani più abili di loro. La parola persiana che lo indicava era ciōgãn ("bastone"), e il giuoco veniva praticato appunto con corti bastoni da due schiere di cavalieri, i quali cercavano di colpire la palla e spingerla oltre i segni posti al termine del campo avversario. La sua prima introduzione in Europa si ebbe per due vie, attraverso Bisanzio e attraverso gli Arabi, però con notevoli modificazioni. Praticato nella sua forma originaria in India ancora nel sec. XVI, se ne perdono le tracce per un paio di secoli, sinché viene reintrodotto nel Bengala (1863) da indigeni di Manipur (dove probabilmente era giunto dal Tibet) condotti dal maggior generale Sherat.
Dall'India lo importò in Inghilterra, nel 1869, il 10° Ussari, che nel 1871 disputava la prima partita a Hounslow Heath contro il 9° Lancieri.
Il polo si giocava sino a pochi anni or sono su piccoli cavalli (polo-poneys); ogni limite regolamentare di statura è ora abolito, ma per la natura stessa del giuoco sono da preferirsi cavalli di media grandezza, agilissimi, veloci e molto alla mano.
Il polo si svolge attualmente tra due squadre di quattro giocatori a cavallo, armati di un bastone di canna d'India, terminante con una testa a martello, col lato della quale si colpisce una palla (di radica, di bambù o di salice, del diametro regolamentare di centimetri 8,5) allo scopo di farla entrare nella "porta" avversaria, vincendo la difesa della squadra opposta.
Il campo, che secondo il clima e le abitudini locali può essere erboso (Inghilterra, America Settentrionale) o sterrato (India, Egitto, Italia), è lungo 275 m. e largo 145, ed a ciascuna estremità ha una "porta" delimitata da due sottili pali rivestiti di vimini, distanti sette metri l'uno dall'altro. I lati lunghi del campo sono abitualmente bordati da tavole alte cm. 18 per impedire che la palla ne esca troppo facilmente.
L'arbitro, anch'esso a cavallo, inizia il giuoco gettando la palla al centro del campo tra le due linee opposte dei giocatori. Le partite regolamentari hanno la durata di 7 tempi di 8 minuti ognuno, con un intervallo di 3 minuti fra l'uno e l'altro per permettere il cambio dei cavalli.
Le squadre cambiano di campo ogni punto segnato. Vince la partita la squadra che ha sommato il maggior numero di punti.
Le irregolarità di giuoco, fra le quali la più grave è il taglio di strada, sono punite come nel giuoco del calcio, con il quale il polo ha qualche affinità, perché sono ambedue giuochi di squadre e di cooperazione. È permesso nel polo di neutralizzare i cavalieri avversarî spingendoli di fianco, ma soltanto nella stessa direzione e senza far uso di gomiti. È anche permesso, in determinati casi, di agganciare con il proprio bastone quello dell'avversario per impedirgli di colpire la palla.
In Italia, e precisamente a Roma, il polo fu giocato per la prima volta circa il 1903, ma vi ebbe effimera vita. Nel 1925 si ricominciò a giocarlo nelle Isole Brioni e ora ha preso piede anche e principalmente a Roma, dove esiste un Polo Club, regolarmente costituito nel 1930, che indice due riunioni all'anno. Giocato nei primi tempi da forestieri, soprattutto Inglesi e Tedeschi, il polo conta ora anche molti seguaci italiani.
Bibl.: Per l'antichità e l'oriente: W. Ousley, Travels in various countries of the East, voll. 3, Brecknock 1819-23; G. F. Vigne, Travels in Kashmir, Ladakh and Iskardo, Londra 1842; G. J. Younghusband, Polo in India, Londra 1897. Per il giuoco moderno: W. B. Devereux, Position and Team Play in Polo, New York 1924; E. D. Miller, Modern Polo, n. ed., Londra 1929; W. C. Forbes, As to polo, n. ed., Boston 1929.