Polso
Nell'accezione originaria il termine polso (dal latino pulsus, "battito") indica la dilatazione ritmica delle pareti dei vasi sanguigni, in particolare delle arterie, prodotta dall'afflusso di sangue in seguito alla contrazione cardiaca. Poiché per esaminare tale battito solitamente si appoggiano le dita nella zona distale dell'avambraccio, dove l'arteria radiale è molto superficiale, in anatomia e nel linguaggio comune polso è passato a indicare la zona intermedia tra avambraccio e mano (v. cap. Arti superiori, Polso).
1. Anatomia di Rosadele Cicchetti
Il polso, detto anche carpo, è costituito da otto ossa disposte in due file: le quattro ossa prossimali sono lo scafoide, il semilunare, il piramidale e il pisiforme; le quattro distali sono il trapezio, il trapezoide, il grande osso e l'uncinato. Il carpo si articola con il radio mediante un'articolazione ellissoidale, mentre le articolazioni tra le ossa del carpo sono da scivolamento: insieme, queste articolazioni consentono la flessione, l'estensione, l'abduzione e l'adduzione del polso. Distalmente, le ossa del carpo si articolano con quelle del metacarpo, le quali costituiscono la palma della mano: il primo metacarpo ha un'articolazione a sella, che aumenta la mobilità del pollice; tutte le altre articolazioni carpometacarpiche sono da scivolamento. Le superfici che non partecipano alle articolazioni risultano ruvide a causa dell'attacco di legamenti e per il passaggio di tendini. Una capsula fibrosa, rinforzata da legamenti larghi, circonda il complesso del polso, stabilizzando la posizione delle singole ossa.
2. Filogenesi di Rosadele Cicchetti
Gli arti dell'uomo hanno radici evolutive nelle pinne pari di alcuni Pesci ossei, dai quali si sono evoluti gli Anfibi: è nelle testimonianze fossili di questi ultimi, i primi Vertebrati a trasferirsi sulle terre emerse, che compaiono per la prima volta gli arti. La presenza di uno scheletro interno e la vita sulla terraferma, che obbligava a spostamenti non facilitati dalla presenza dell'acqua, hanno reso infatti necessario lo sviluppo di strutture articolate in grado di garantire la mobilità delle ossa. Gli arti articolati dei primi Vertebrati terrestri erano corti, con il primo segmento disposto quasi orizzontalmente ai lati del corpo e il secondo perpendicolare al primo; il terzo tendeva a farsi di nuovo orizzontale e a ruotare in avanti per fare forza sul terreno: in conseguenza di ciò si è formata nell'arto anteriore l'articolazione del polso. Questa disposizione, sviluppatasi negli Anfibi, persiste ancora in alcuni Rettili. In altri Rettili, negli Uccelli e nei Mammiferi è poi avvenuta una rotazione dell'intera appendice anteriormente su un piano parasagittale, cosicché, nell'arto anteriore, l'asse dell'omero si dispone quasi parallelamente alla colonna vertebrale. Altre modificazioni coinvolgono gli elementi della parte distale e consistono di frequente nella perdita e nella fusione di ossa piuttosto che nella comparsa di nuove.
Nel polso di una mano pentadattila di tipo generalizzato vi sono tre file più o meno regolari di ossa carpali. La fila prossimale comprende un radiale all'estremità distale del radio, un ulnare all'estremità dell'ulna e un intermedio tra i due; all'estremità ulnare della fila prossimale, in molti Rettili e Mammiferi è presente un osso sesamoide, il pisiforme. La fila successiva dei carpali è costituita dai centrali, tre o quattro nei primi Vertebrati terrestri, due nei primi Rettili, uno dei quali è a volte dislocato verso la fila prossimale o quella distale dei carpali. Quest'ultima è costituita da cinque ossa, numerate da uno a cinque a partire dal pollice. L'ala degli Uccelli costituisce un esempio di modificazione della parte distale degli arti, avvenuta per consentire un perfetto adattamento alla vita nell'ambiente aereo.
L'evoluzione del volo ha richiesto drastici cambiamenti anatomici e fisiologici a carico dello scheletro, tra i quali la fusione di singole ossa per ridurre il numero delle articolazioni mobili, specialmente a carico dell'ultimo tratto dell'arto anteriore, che ha un importante effetto aerodinamico. L'embrione degli Uccelli infatti ha ben 13 ossa del polso e del palmo (carpali e metacarpali), che nell'adulto si riducono a tre: a sviluppo ultimato il radiale e l'ulnare sono uniti da un legamento e i carpali si fondono con i metacarpali, formando un carpometacarpo. Negli Uccelli predatori, che possiedono ali adatte per il volo a bassa velocità e per l'atterraggio rapido in spazi limitati, le articolazioni tra il secondo e terzo segmento alare consentono buoni movimenti di flessione: quando la 'mano' è piegata rispetto al 'polso', si ha una forte resistenza con l'aria, con conseguente rallentamento durante l'atterraggio, soprattutto nel caso di grande apertura alare. Nei Vertebrati terrestri che sono tornati all'ambiente acquatico, l'arto si trasforma in una pinna nella quale si possono ritrovare, più o meno modificati, tutti gli elementi scheletrici dell'arto ambulatorio. Tuttavia, le articolazioni, compresa quella del polso, perdono mobilità e gli elementi ossei si uniscono fra loro per mezzo di particolari articolazioni che permettono solo una relativa flessibilità. I Primati che hanno perfezionato il metodo di locomozione arboricola sono in grado di restare appesi ai rami e di saltare di ramo in ramo anche grazie a una particolare mobilità dell'articolazione del polso, che in seguito nell'uomo ha contribuito all'eccezionale mobilità della mano.
3. Patologia (Red.)
Fra le alterazioni morfologiche del polso, la più caratteristica è la deformità di Madelung, caratterizzata da deformazione dell'estremo inferiore del radio, la cui faccetta articolare è rivolta verso il basso e ulnarmente, e da lussazione dell'articolazione radioulnare inferiore. La mano risulta spostata verso il basso (apparente lussazione palmare della mano); il processo stiloideo dell'ulna si presenta libero sotto la cute, protrudendo dal lato dorsale. Dal punto di vista funzionale, è possibile osservare tanto una limitazione dell'estensione e un aumento della flessione della mano quanto una limitazione dei movimenti di supinazione dell'avambraccio. Tra le lesioni traumatiche si ricordano le ferite profonde, in cui possono essere coinvolti tendini, vasi e nervi, le sublussazioni, le lussazioni e le fratture, fra le quali quella assai frequente della testa del radio (detta frattura di Colles-Ponteau), contraddistinta dalla presenza di una caratteristica deformazione del polso 'a dorso di forchetta', determinata dalla dislocazione indietro e in fuori del frammento epifisario.
Polso vascolare (Red.)
Il polso arterioso è causato da un'onda (onda sfigmica), che viene provocata nel sangue circolante dalla sistole del ventricolo sinistro, si trasmette a tutta la massa sanguigna e dilata le pareti dei vasi. L'esame del polso radiale arterioso si esegue, secondo il metodo classico, a livello della regione omonima, dove decorre superficialmente l'arteria radiale. Il rilievo palpatorio delle pulsazioni permette di apprezzare sei caratteri essenziali: 1) il ritmo, cioè la successione regolare delle pulsazioni che sono separate da periodi isocroni e in stretta dipendenza dall'attività cardiaca; l'alterazione di questo carattere è denominata aritmia; 2) la frequenza, anch'essa dipendente dall'attività cardiaca, che in condizioni normali è di 70-80 pulsazioni al minuto nell'adulto, mentre è maggiore nei primi anni di vita (1° anno: 120-130; 2°-4° anno: 100-110; 5°-9° anno: 80-90); si possono riscontrare variazioni sia fisiologiche sia patologiche di questo carattere (bradicardia o bradisfigmia, tachicardia o tachisfigmia); 3) la durata, ovvero il tempo che impiega ciascuna pulsazione per evolversi; se il tempo è lungo si ha il polso tardo (per es. nella stenosi aortica), se è breve si ha il polso celere o scoccante (come, per es., nell'insufficienza aortica, negli aneurismi arterovenosi ecc.); questo carattere dipende dalla lunghezza dell'onda sfigmica che è in rapporto soprattutto con la durata della sistole e con la rapidità della deplezione delle arterie; 4) l'ampiezza dell'onda sfigmica sotto le dita esploratrici, che dipende da analogo carattere dell'onda sfigmica, in rapporto con le condizioni dell'attività cardiaca, della massa sanguigna e della gettata sistolica; 5) la durezza, che consiste nella resistenza dell'onda sfigmica alla compressione; il polso duro e il polso molle dipendono dalla pressione arteriosa (ipertensione e ipotensione) e dalla rigidità delle pareti arteriose (arteriosclerosi); 6) il sincronismo e la simmetria: il primo è dato dalla contemporaneità delle pulsazioni apprezzabili nei due arti e del battito del cuore (un polso ritardato rispetto all'arto controlaterale e/o al battito è indicativo di un ostacolo alla circolazione); la seconda si verifica quando la contemporanea palpazione del polso nei due arti non rivela differenze apprezzabili di forza, ampiezza, durata, sincronismo.
A livello delle vene giugulari, in condizioni sia fisiologiche sia patologiche, è possibile osservare il polso venoso. Nel primo caso si ha rigonfiamento della vena durante la diastole ventricolare (sistole atriale) e deplezione durante la sistole ventricolare (diastole atriale). Il polso venoso patologico di norma viene riscontrato nello scompenso congestizio con dilatazione del cuore destro e insufficienza della tricuspide; la pulsazione della vena è sistolica, cioè corrisponde alla sistole ventricolare. Rappresenta sempre un fenomeno patologico il polso capillare, cioè la dilatazione, più o meno ritmica, delle arteriole per effetto della trasmissione al sistema capillare delle pulsazioni arteriose; si verifica con particolare frequenza nell'insufficienza aortica. Il polso epatico, infine, raramente apprezzabile alla palpazione, corrisponde alle variazioni di volume del fegato, che vengono indotte dall'attività cardiaca in condizioni normali.
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