ALOISI, Pompeo
Nato a Roma il 6 nov. 1875 da Paolo, nel settembre 1902, già ufficiale di marina, entrò, per concorso, in diplomazia, percorrendo la carriera in vari gradi e destinazioni: fu tra l'altro, appena entrato, addetto di legazione presso l'ambasciata d'Italia a Parigi, e nel dicembre 1904 addetto navale in Francia: Consigliere di legazione nel 1914, fu richiamato in servizio militare, a domanda, nel 1915, con il grado di capitano di corvetta e con l'incarico di sottocapo di S. M. del Dipartimento marittimo dell'Alto Adriatico, a Venezia. Aiutante di campo del re dal 26 giugno 1916, fu inviato subito dopo a Berna, presso la legazione d'Italia, a dirigervi il servizio informazioni della marina.
Nel corso di questa missione egli organizzò e attuò il famoso "colpo di Zurigo" (25-26 febbr. 1917), grazie al quale la rete informativa della marina austro-ungarica in Italia, che aveva tramato l'affondamento della corazzata "Leonardo da Vinci" (2 ag. 1916) e di altre nostre unità navali, fu smascherata e annientata: coadiuvato da personale della marina e avvalendosi dell'opera di uno scassinatore di professione, l'A. forzò la cassaforte del servizio informazioni della marina austro-ungarica, con sede a Zurigo, impossessandosi dell'intera documentazione sulla rete spioriistica in Italia. Al riguardo, l'ammiraglio Thaon de Revel ebbe a dirgli che quel che aveva fatto "valeva più di una battaglia".
Promosso capitano di fregata nel febbraio 1918, a guerra conclusa riprese servizio in diplomazia e nel 1919 fu nominato capo dell'Ufficio stampa della delegazione italiana alla conferenza della pace di Parigi, nonché delegato aggiunto alla Commissione internazionale per l'esecuzione e l'interpretazione dei trattati di pace. Nello stesso anno gli fu concesso il titolo di barone. Dal 1919 si può dire che abbia inizio l'operoso e intelligente alternarsi dell'attività dell'A. al servizio della Società delle Nazioni o quale plenipotenziario italiano: i due aspetti fondamentali della sua presenza sulla scena internazionale.
Il 14 sett. 1920 fu destinato a Copenaghen con credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario; durante la sua missione nella capitale danese egli si dedicò particolarmente alle questioni attinenti al ristabilimento delle relazioni diplomatiche fra l'Italia e l'URSS.
Successivamente, dal gennaio al febbraio 1923, fu a Memel come commissario straordinario della Società delle Nazioni e collaborò ai ristabilimento dell'ordine e alla definizione dello statuto di quel territorio a regime speciale, il cui testo definitivo fu poi firmato a Parigi l'8 maggio 1924.
Nel marzo del 1923 era stato destinato a Bucarest quale ministro plenipotenziario, e ivi rimase sino al luglio 1925. Nominato ministro plenipotenziario a Durazzo nel febbraio 1926, con tatto e con fermezza non disgiunta da certo fascino personale, egli riuscì a guadagnarsi la fiducia degli Albanesi; per prima cosa, su istruzioni di Roma, si dedicò attivamente a stabilire stretti legami di collaborazione economica fra l'Italia e l'Albania, potenziando l'attività della S.V.E.A. (Società per lo sviluppo ecohomico dell'Albania), dell'A.I.P.A. (Azienda italiana petroli Albania, concessionaria dei pozzi di Devoli) e di altre minori. Quindi, contrastando la politica svplta per un certo periodo dai rappresentanti inglese e iugoslavo a Tirana, il 27 novembre 1926 l'A. giunse a concludere con il ministro degli Esteri Hussein Vrioni il patto di amicizia e sicurezza tra Italia e Albania. Nell'aprile 1927 fu collocato fuori ruolo e nominato presidente della S.V.E.A.
Il 2 febbr. 1928 fu destinato ambasciatore a Tokio, ove fu pure accreditato quale ambasciatore straordinario per l'incoronazione dell'imperatore del Giappone.
Durante la sua permanenza in Estremo Oriente, pubblicò un volume sulla pittura giapponese dal titolo Ars Nipponica (Tokio 1929). Il 14 novembre 1929 fu trasferito ad Ankara, dove si occupò particolarmente della delimitazione dei confini fra le isole italiane dell'Egeo e la Turchia, e del ristabilimento di fiduciosi rapporti tra questa e l'Italia.
Il 22 luglio 1932, quando Dino Grandi lasciò la carica di ministro degli Esteri, che fu personalmente assunta da Mussolini, l'A. venne nominato capo di gabinetto, vedendosi così attribuite funzioni di primissimo piano, equivalenti a quelle di segretario generale; in tale qualità fu capo della delegazione italiana alla Conferenza per la riduzione e limitazione degli armamenti (agosto 1932); primo delegato italiano alle assemblee della S. d. N. (settembre-ottobre 1932); primo delegato al consiglio della S. d. N.; presidente del consiglio della S. d. N. (1708 e 718 sessione, 24 genn.-15 marzo 1933); presidente del Comitato dei Tre della S. d. N. per la Sarre (gennaio 1934-gennaio 1935); delegato italiano alla Conferenza di Stresa (aprile 1935); primo delegato italiano alla Conferenza tripartita di Parigi (agosto 1935).
In tale periodo rifulsero le doti di negoziatore dell'A., in particolare nelle trattive per il plebiscito della Sarre e per la Conferenza di Stresa e il Patto a quattro di cui fu aperto fautore, ma soprattutto a Ginevra quale primo delegato italiano al Consiglio della S. d. N. nei mesi della conquista italiana dell'Etiopia e all'epoca delle sanzioni. Vigoroso e convinto fautore della collaborazione internazionale sulla base della S. d. N., egli favorì la politica di conquista dell'Etiopia, ma fu molto combattuto di fronte alla minaccia di rottura definitiva con Parigi e con Londra, sebbene poi restasse al suo posto dopo le decisioni di Palazzo Venezia. Pur condividendo molti degli obbiettivi di B. Mussolini, l'A. apparteneva ancora alla "vecchia" scuola che guardava alla Francia e alla Gran Bretagna con particolare sensibilità. Per quanto il peso esercitato sulle decisioni del capo del governo fascista sia stato limitato, è pur vero tuttavia che, con la partenza dell'A. da Palazzo Chigi, si chiuse tutto un ciclo diplomatico per far posto a quello che doveva vedere la conclusione dell'alleanza con la Germania hitleriana.
Il 9 giugno 1936, con la nomina di Galeazzo Ciano a ministro degli Esteri, ebbe praticamente fine l'attività diplomatica dell'A., che cessò dalle funzioni di capo di gabinetto e fu collocato a riposo l'anno successivo, venendo quindi nominato senatore del regno (1939). L'ultimo incarico affidatogli fu quello di rappresentare l'halia ai funerali di Kemal Ataturk (1938).
All'inizio della seconda guerra mondiale, l'A. riprese, su sua domanda, servizio con il grado di contrammiraglio nella Marina, ed ebbe il comando di un settore della di-fesa costiera nazionale. Dopo la guerra, fondò nella capitale (e ne fu primo presidente) il Centro italiano di studi per la riconciliazione internazionale. Morì a Roma il 15 gennaio 1949.
In occasione del giudizio di epurazione, l'A. aveva dato alle stampe una breve memoria (Mon activité au service de la paix, Roma 1946), in cui succintamente difendeva l'azione svolta durante la crisi etiopica, allegando qualche documento dell'epoca. Dopo la sua morte fu pubblicato in Francia, in traduzione francese, il suo Diario (Journal, 25 juillet 1932-14 juin 1936, traduit de l'italien par M. Vaussard, introduction et notes par M. Toscano, Paris 1957): scritto in forma scarna e schematica, per rammemorazione personale e non frutto di un ripensamento successivo, esso abbraccia il periodo in cui l'A. fu capo di gabinetto di Palazzo Chigi. Se come documento umano esso è vivo e immediato e mette in luce la figura del diplomatico al centro di una complessa attività politica, in Italia e all'estero, per lo storico è alquanto deludente, mancando troppe volte il commento e il giudizio. Esso è comunque in certo modo lo specchio italiano di un momento cruciale di vita europea e riflette lo stesso carattere dell'estensore, uomo asciutto e schivo, privo di retorica, che guarda al sodo e all'essenziale e nella cui formazione hanno avuto un peso notevole gli anni trascorsi in Marina, premessa al suo muoversi sull'arena internazionale.
Bibl.: F. Salata, Il patto Mussolini, Milano 1933, p. 82; Associazione Italiana per la S. d. N., L'opera dei delegati italiani nella Società delle Nazioni, IV, Roma 1935, pp. 7 ss.; L. Villari, Storia diplomatica del conflitto italo-etiopico, Bologna 1943, pp. 125 e ss.; F. Jacomoni di San Savino, Il patto a quattro, in Rivista di studi politici internazionali, XVIII (1951), pp. 25-66; Id., Il patto di Tirana del 1926, ibid., XX (1953), pp. 227-260; L. Villari, Italian Foreign Policy under Mussolini, New York 1956, pp. 104-158; M. Toscano, Eden a Roma alla vigilia del conflitto italo-etiopico, in Nuova Antologia, 95 (1960), pp. 21-44.