BALDASSERONI, Pompeo
Nato a Livorno il 23 sett. 1743, da Giovanni Giacomo e da Maria Beatrice Guardini Bandi, compì i primi studi nel collegio Bandinelli di Roma e si laureò in giurisprudenza nello Studio pisano nel 1765. Nominato nell'anno successivo segretario per la Sanità Dogane e Decime in Livorno, lasciò nel 1768 questa città per ricoprire la carica di segretario del governo di Siena, carica che abbandonò nel 1775 per tornare a Livorno, ove esercitò con fortuna la professione forense.
Le dimissioni dalla carica di segretario del governo di Siena furono determinate dall'avversione all'indirizzo accentratore e dispotico (anche se illuminato) perseguito dal granduca Pietro Leopoldo, e contro questo indirizzo il B. ebbe occasione di manifestare pubblicamente la propria opposizione anche quando, nel 1779, come gonfaloniere di Livorno, contrastò tenacemente l'estensione a quella città del nuovo sistema di imposizioni già applicato alle altre comunità del granducato. Questo atteggiamento, se gli procurò il plauso e la riconoscenza dei concittadini, gli attirò il risentimento del principe che si fece ancor più marcato nel 1784. Si aprì in quell'anno una vertenza giudiziaria tra la Francia e la Toscana, essendo quest'ultima accusata di aver trasgredito alla legge della neutralità per aver tollerato la vendita in Livorno di merci appartenenti a una nave francese depredata da corsari inglesi. La vertenza, nella quale il B. e il fratello Ascanio patrocinarono le richieste francesi, si conchiuse col rigetto di queste, cui seguì una violenta rimostranza della Corte di Parigi contro la giustizia toscana e contro i propri avvocati difensori accusati assieme ai giudici di essere asserviti all'Inghilterra. Ciò dette motivo a Pietro Leopoldo di palesare più apertamente il proprio risentimento nei riguardi del giurista livornese, al quale fece minacciare la sospensione dall'esercizio forense. Il B. tentò di placare l'ira del principe giustificando di persona il proprio operato, ma per quanto Pietro Leopoldo mostrasse di aver mutato giudizio nei suoi confronti, avvertì la convenienza di evitare la possibilità di nuovi attriti col granduca e di trasferirsi in altre regioni.
Dal 1784 al 1787 fu quindi auditore della Ruota civile e criminale di Genova. Sin dal 1780 aveva avuto dalla duchessa di Massa e Carrara l'incarico di redigere un regolamento sulle lettere di cambio ad uso dei suoi stati, regolamento approvato nel 1782. Da questa indagine in materia cambiaria il B. fu spinto a un lavoro di maggiore respiro intorno alle leggi e consuetudini vigenti in Italia in questo campo; pubblicò così nel 1784 a Genova il volume Leggi e costumi del cambio,del quale diede una seconda edizione con aggiunte a Firenze nel 1786, e altre a Modena e a Venezia nel 1805. L'opera, fondata su una grande conoscenza pratica della materia, ebbe larga rinomanza per la chiarezza e la precisione in un settore assai controverso e regolato prevalentemente dalla consuetudine. Intanto il duca Ercole III d'Este, che già lo aveva creato conte (con diploma del 10 genn. 1787), lo chiamava al suo servizio a Modena nominandolo consigliere nel Supremo Consiglio di giustizia.
Nel 1796 Ercole III, abbandonata Modena sotto la minaccia dell'occupazione francese, istituì un Consiglio di reggenza, presieduto dal marchese Gherardo Rangoni, chiamandone a far parte anche il Baldasseroni. Il Consiglio di reggenza riuscì a domare in Modena una rivolta giacobina e ad evitare l'occupazione francese mediante pagamento di un contributo. Ma nell'ottobre, prendendo spunto dall'incompleto pagamento della contribuzione di guerra, il generale francese Thomas Chegaray de Sandos dichiarava decaduto il regime ducale. Il B. si rifugiava allora in Firenze, donde raggiungeva in qualità di ciambellano il duca a Vienna.
Nel 1804 il B. tornò in Italia, dove fu nominato consigliere d'appello in Venezia ed ebbe l'incarico di rivedere la traduzione del codice di procedura civile francese, che doveva pubblicarsi ed applicarsi in Italia. Nel 1807 egli pubblicò a Milano una dissertazione su Necessità di un Codice generale italiano per il commercio di terra e di mare e basi sulle quali deve essere compilato,asserendo l'opportunità che tale codice - per il quale aveva già preparato un progetto, rimasto inedito - rispecchiasse le leggi e le consuetudùu"commerciali italiane, suggerimento che però non fu accolto da Napoleone.
Il B. morì il 6 dic. 1807 a Brescia ove ricopriva la carica di giudice della Corte di appello.
Bibl.: E. Ansaldi, Cenni biografici dei personaggi illustri della città di Pescia,Pescia 1872, pp. 382 s.; P. Dei Giudice, Legislazione e scienza giuridica dal secolo decimosesto ai giorni nostri,in Storia del diritto italiano,pubbl. sotto la direzione di P. Del Giudice, II, Milano 1923, pp. 117, 163; E. Baldasseroni, Ilconte P. B.,in Bollett. stor. livornese, IV (1940), pp. 218-223; M. Chiaudano, P.B.,in Novissimo Digesto Italiano, II,Torino 1958, p. 204.