FERRUCCI, Pompeo
Figlio dello scultore Giovan Battista di Francesco e fratello maggiore di Matteo, nacque a Fiesole (Firenze) e il 21 ott. 1565 fu battezzato nella cattedrale di S. Romolo (Fiesole, Arch. capitolare, sez. XIX, Atti anagrafici parrocchiali, n. 4, c. 119v).
È da notare che nello stesso registro, a c. 153r, è segnalata in data 3 marzo 1568 la nascita di Pompeo di Romolo, cugino del F., dove è riportata la seguente annotazione: "morto in Roma scultore". Tale informazione risulta inattendibile poiché il F. scultore era figlio di Giovan Battista e non di Romolo. La mancata citazione di Pompeo nei testamenti di Romolo sembra comunque indicare che fosse morto in giovane età.
Iniziato allo studio della scultura probabilmente sotto la guida del padre e del nonno Francesco, il F. eseguì nel 1589 le sue prime opere oggi documentate: due Putti "di terra" per il ninfeo nel cortile di palazzo Pitti a Firenze (Morandini, 1965). Le statue sono state identificate in tempi recenti con i putti in marmo all'interno della fontana (Caneva, 1982; Cresti, 1982), riferibili invece a modelli seicenteschi di P. Tacca (Torriti, 1984) o attribuibili a A. Novelli e a B. Rossi (Pizzorusso, 1989). 1 putti del F., invece, sono andati dispersi, e forse anche distrutti.
Sull'esempio di altri artisti toscani pressoché coevi come P. Bernini e F. Mochi, il F. si trasferì a Roma, dove è documentato dal 1605 (Schottmüller, 1915). Dedicatosi prevalentemente al restauro e all'esecuzione di copie dall'antico, s'iscrisse nel 1607 all'Accademia di S. Luca e intorno al 1610 scolpì la statua della Religione e due Angeli con faci per il Monumento del cardinale Michele Bonelli nella chiesa di S. Maria sopra Minerva (Martinelli, 1952). A questo tempo risale l'esecuzione di una pala marmorea con Cristo che consegna le chiavi a s. Pietro, firmata e datata "Pompei Ferruccii Florentini et Roman. civis opus a. MDCXI".
L'opera, commissionata da papa Paolo V e destinata inizialmente alla basilica di S. Pietro in Vaticano (Kambo, 1929), giunse a Frascati il 21 apr. 1612 e il 12 maggio dello stesso anno fu collocata nell'altare dedicato a S. Pietro nella cattedrale (Seghetti, 1891). Modulata su prototipi sansoviniani, la scultura evidenzia affinità stilistiche con opere di G. B. Della Porta e riferimenti diretti all'arte classica romana. È probabile che alcuni busti ispirati all'antico e conservati in alcune ville di Frascati siano stati eseguiti dal F. intorno al secondo decennio del sec. XVII (Martinelli, 1952).
Nel mese di ottobre del 1611 l'artista fu convocato a Orvieto per stimare, con altri periti, la statua di S. Filippo di F. Mochi (Bertolotti, 1884) e intorno al 1615 scolpì l'Angelo, per il gruppo con S. Matteo e l'angelo per la chiesa della Trinità dei Pellegrini a Roma.
Eseguita dopo la morte di J. Cobaert, autore dell'Evangelista, l'opera rappresenta il capolavoro assoluto del F. e uno degli esempi protobarocchi più interessanti della scultura romana del tempo. Delineata con cura estrema e con raffinatezza formale, rivela analogie dirette con lo stile mochiano e riferimenti palesi all'arte antica, evidenti dal confronto con l'Apollodel Belvedere (Martinelli, 1952).
Risalgono allo stesso decennio commissioni importanti destinate a edifici sacri e profani di Roma. Per la cappella Paolina in S. Maria Maggiore il F. eseguì due Cariatidi, riferite talvolta a I. Buzio (Titi, 1674-1763), e i Putti reggifestoni ai lati del Monumento di Paolo V (Martinelli, 1952). Seguì l'esecuzione di una Madonna con il Bambino ad altorilievo per il palazzo del Quirinale che, scolpita con l'ausilio di A. A. Lamia, secondo una dichiarazione del F. del 1617 (Bertolotti, 1881; si veda anche Il palazzo del Quirinale, Roma 1973, pp. 253, 261), segnò il ritorno dell'artista a una compostezza icastica e al gusto sansoviniano.
Durante il suo principato all'Accademia di S. Luca il F. donò nel 1622 alla chiesa dei Ss. Luca e Martina una statua in peperino raffigurante S. Martina (Baglione, 1642; Noehles, 1969). Già ritenuta S. Eufemia e attribuita frequentemente a C. Fencelli (Titi, 1674-1763), la scultura rivela un'esecuzione incerta e una formulazione stereotipata, caratteristica dell'ultimo tempo dell'artista.
Per completare un gruppo di statue eseguite in contemporancità da F. Duquesnoy, S. Maderno, G. Finelli e D. De Rossi, il F. eseguì, tra il 1628 e il 1630, una scultura con S. Agnese per S. Maria di Loreto (Dony, 1919-22). Ispirata a modelli già proposti dall'artista, anticipò di poco tempo la realizzazione di una Madonna con il Bambino, collocata intorno al 1630 in S. Lucia de' Ginnasi e adesso visibile in una nicchia esterna nel convento delle maestre pie in via delle Botteghe Oscure (Martinelli, 1952).
L'ultimo decennio di attività dello scultore fu dedicato prevalentemente ad alcune commissioni per la cappella Vidoni e per la facciata di S. Maria della Vittoria. Formulati su prototipi già utilizzati in altre opere, così da sottolineare il declino artistico del F., risultano gli altorilievi con l'Adorazione dei pastori (nel timpano della facciata) e l'Assunzione della Vergine e i ss. Girolamo e Giovanni (1629; nella cappella) e alcune figurazioni in stucco. Ad essi si contrappongono nettamente per maggiore libertà espressiva e più alta abilità esecutiva i busti del Marchese Giovanni e del Cardinale Girolamo Vidoni (1626 o 1632; nella cappella), capolavori intensi e originali dell'ultimo tempo dello scultore (ibid.). Tra le opere tarde del F. si ricorda ancora il busto di Pietro Cambi nella chiesa romana di S. Giovanni dei Fiorentini (1629; Lavin, 1968).
Privo di riferimenti cronologici certi è il rilievo con l'Immacolata Concezione in S. Maria della Concezione, mentre attribuiti erroneamente al F. risultano un Angelo in S. Giovanni in Laterano, il Monumento di M. Pernstein in S. Maria Maggiore e i Ss. Giovanni Evangelista e Luca in S. Maria in Aracoeli (Martinelli, 1952).
Il F. morì a Roma nel luglio del 1637 (Schottmüller, 1915).
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. naz., Poligrafo Gargani n. 804 (ms., sec. XIX), cc. n.n.; G. Baglione, Le vite de' pittori, scultori et architettori [1642], a cura di V. Mariani, Roma 1935, pp. 100, 339, 347 s.; F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura, nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi-S. Romano, Firenze 1987, I, pp. 61, 69, 113, 140, 156, 163, 236, 243, 247; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua [1681-1728], a cura di F. Ranalli, III, Firenze 1846, pp. 543-545; M. Missirini, Mem. per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca fino alla morte di A. Canova, Roma 1823, p. 466; L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, VI, Prato 1824, p. 109; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, II, Milano 1881, p. 109; Id., Artisti veneti a Roma, Venezia 1884, p. 64; D. Seghetti, Mem. stor. di Tuscolo antico e nuovo, Roma 1891, p. 299; F. Schottmüller, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI,Leipzig 1915, p. 494; E. Dony, François Duquesnoy. Sa vie et ses oeuvres, in Bulletin de l'Institut histor. belge de Rome, 1919-22, n. 2, p. 125; S. Kambo, Il Tuscolo e Frascati, Bergamo 1929, p. 45; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 3, Milano 1937, p. 962; J. Hess, The chronology of the Contarelli chapel, in The Burlington Magazine, XCIII (1951), p. 190; V. Martinelli, Contributi alla scultura del Seicento, III. P. F., in Commentari, III (1952), pp. 44-50; F. Morandini, Palazzo Pitti. La sua costruz. e i successivi ingrandimenti, ibid., XVI (1965), 1-2, pp. 40-45 n. 38; M. C. Dorati, Gli scultori della cappella Paolina di S. Maria Maggiore, ibid., XVIII (1967), n.2-3, pp. 234, 248 s.; I. Lavin, Five new Jouthful sculptures by G. L. Bernini..., in Art Bulletin, L (1968), pp. 224, 246 s., fig. 10; K. Noehles, La chiesa dei Ss. Luca e Martina nell'opera di Pietro da Cortona, Roma 1969, pp. 47, 184, 334 s.; H. Röttgen, Caravaggio-Probleme, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, XX(1969), p. 144; M. De Luca Savelli, in F. Mochi (catal.), Firenze 1981, p. 44; C. Caneva, Il giardino di Boboli, Firenze 1982, p. 60; C. Cresti, Le fontane di Firenze, Firenze 1982, pp. 107, 109; A. Nava Cellini, Storia dell'arte in Italia. La scultura del Seicento, Torino 1982, p. 247; P. Torriti, Pietro Tacca da Carrara, Genova 1984, p. 103; J. Montagu, A. Algardi, New Haven-London 1985, I, pp. 40, 72, 135 (come F. Ferrucci); C. Pizzorusso, A Boboli e altrove. Sculture e scultori fiorentini del Seicento, Firenze 1989, pp. 7, 17 n. 15, 47 n. 53; S. Zanuso, in Scultura del Seicento a Roma, a cura di A. Bacchi, Milano 1996, p. 805, tavv. 395-402.