SARNELLI, Pompeo
Poligrafo, nato a Polignano il 16 gennaio 1649, morto a Bisceglie il 7 luglio 1724. Si recò circa il 1665 a Napoli a studiare giurisprudenza, allogandosi al tempo stesso, quale correttore di stamperia, presso il libraio-editore Antonio Bulifon, di cui per un ventennio fu, anche da lontano, consigliere non meno intelligente che esperto. Ordinato prete verso il 1669 e nominato protonotario apostolico onorario nel 1675, fu, nel 1679, scelto quale "aiutante di studio" dal cardinal Pietro Francesco (Vincenzo Maria) Orsini, ìl futuro Benedetto XIII, allora arcivescovo di Manfredonia, che seguì a Cesena (1680), ove s'addottorò in utroque, e più tardi (1686) a Benevento. Conclavista del suo protettore nel conclave che portò al pontificato Alessandro VIII (1689), fu nominato da quest'ultimo conte palatino, salvo ad aver poi (24 marzo 1692) da Innocenzo XII il vescovato di Bisceglie, che occupò fino alla morte.
Autore d'un gran numero di opere profane e sacre (queste ultime messe largamente a profitto in moltissime voci del Dizionario storico-ecclesiastico del Moroni) e altresì d'una grammatichetta latina, studiata per circa centocinquant'anni nelle scuole napoletane, il S. è ricordato oggi soprattutto per la sua bella attività editoriale-letteraria esercitata nella sua gioventù a tutto profitto del Bulifon. Oltre che prestargli la penna nei molti scritti che il Bulifon pubblicava col proprio nome, curò per lui nel 1674 un'edizione del Cunto de li cunti di G. B. Basile; lavorò per lui, nel 1685, una Guida de' fiorastieri per Napoli e una Guida de' forastieri per Pozzuoli che, continuamente ristampate nel testo italiano e in una traduzione francese, adempirono al loro ufficio per oltre mezzo secolo; e presso di lui pubblicò nel 1684, con lo pseudonimo anagrammatico di Masillo Reppone de Gnanopole, il grazioso libretto in dialetto napoletano intitolato La Posillecheata (ristampe Napoli s. a.; ivi 1788; ivi 1885, a cura di V. Imbriani); intelligente ed elegante imitazione dell'anzidetto Cunto de li cunti, nella quale l'autore, prendendo occasione da una sua effettiva scampagnata a Posillipo, immagina che cinque contadine del luogo raccontino a lui e ai suoi amici, raccolti a desco, cinque fiabe, notevoli altresì per talune leggende relative ad alcuni monumenti che ornavano la Napoli secentesca (il "Gigante di palazzo", il "Cavallo di bronzo" del palazzo Colubrano, i "Quattro del Molo" e via enumerando).
Bibl.: Gimma, Elogi degli accademici spensierati di Rossano, Napoli 1703, I, pp. 283-304; F. Galiani, Del dialetto napoletano, a cura di F. Nicolini, Napoli 1923, pp. 247-53 e passim; Moroni, Dizionario, s. v.; V. Imbriani, introduzione alla citata ediz. della Posillecheata; B. Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari 1911, passim.