VIZZANI, Pompeo
VIZZANI (Vizani), Pompeo. – Figlio secondogenito di Camillo di Giasone e di Elisabetta di Pompeo Bianchini, entrambi di nobili famiglie bolognesi, nacque a Bologna il 24 giugno 1540. Le notizie della sua vita provengono in massima parte dall’autobiografia da lui composta nel 1585 (La vita di Pompeo Vizani scritta da lui medesimo, v. oltre).
Morto il padre già nel 1541, fu affidato alle cure della madre, e si avviò agli studi delle lingue classiche e di quelle moderne (spagnolo e francese), delle scienze matematiche, della cosmografia e della filosofia morale, senza trascurare gli esercizi ginnici, la scherma e l’equitazione, in funzione di una formazione degna di un gentiluomo. Per la sua nota cultura fu eletto anziano e console già nel 1558, e successivamente fu insignito delle cariche di gonfaloniere del Popolo e, nel 1585, di tribuno della Plebe.
Nello stesso tempo, e allo scopo di definire meglio la fisionomia nobiliare della famiglia, si occupò insieme ai fratelli Giasone e Camillo di rinnovare la propria abitazione in strada S. Stefano acquistando e facendo demolire edifici contigui; dal 1559 si impegnò nell’edificazione di «una casa magnifica, la quale ha più tosto aspetto di palazzo nobile che di casa privata» (c. 88v). Si tratta dell’attuale palazzo Vizzani-Lambertini-Sanguinetti, attribuito all’architetto Bartolomeo Triachini, mentre la facciata è di Tommaso Laureti; nell’occasione Vizzani si impratichì di architettura e di bronzi, medaglie, marmi antichi. Curò così con i fratelli la sistemazione di una cappella di famiglia nella chiesa di S. Giovanni in Monte non lontana dalla sua abitazione.
Nel frattempo viaggiò recandosi a Venezia, al santuario di Loreto, al castello Malaspina di Tresana. Nel 1565, seguendo il fratello Camillo si trasferì a Roma, dove poté stringere significative amicizie, tra cui quelle con il cardinale bolognese Ugo Boncompagni e con il giurista Francesco Alciati. Tornato a Bologna nel 1566, anche a seguito della morte di Camillo, che aveva accompagnato in Spagna il legato Boncompagni, e poi definitivamente nel 1567, riprese i suoi studi formandosi un’ampia biblioteca di autori classici e moderni e di scienze matematiche e geografiche, aperta «omnibus philomusis», a tutti gli amanti delle Muse, come recitava l’iscrizione fatta apporre sopra la porta; insieme ai libri vi erano conservati strumenti geografici e astronomici, astrolabi, orologi, carte geografiche e portolani. In quegli anni Pompeo si interessò anche di anatomia, e partecipò all’attività dell’Accademia bolognese degli Oziosi di cui il fratello Camillo aveva scritto le regole nel 1563, e della quale peraltro rimangono scarsissime tracce a stampa, tra cui una In Camilli Vizanii [...] Laudatio, pubblicata a Bologna nel 1567 in ricordo di Camillo.
Dopo un breve passaggio a Roma nel 1572 nella speranza non realizzata di ottenere qualche ufficio da Boncompagni, eletto papa come Gregorio XIII, tornò a Bologna e ai suoi studi. Avrebbe voluto sposarsi, ma vi rinunciò per la contrarietà della madre che voleva evitare il frazionamento del patrimonio di famiglia. Nel 1575 iniziò a scrivere una storia di Bologna, interrotta per una visita a Roma e a Loreto in occasione del giubileo indetto per lo stesso anno, e poi ripresa sino al 1580, quando era giunto al libro X, che si conclude con un’estesa descrizione della venuta a Bologna nel 1530 di Clemente VII e di Carlo V per l’elezione imperiale di quest’ultimo.
L’opera, pubblicata nel 1596, è basata su un ampio ventaglio di fonti elencate in una tavola premessa al testo (mai citate però specificamente), fra cui si notano gli scritti di Francesco Guicciardini, Paolo Giovio, Leandro Alberti, insieme a materiali non meglio definiti contenuti negli archivi pubblici e privati di Bologna; si fa notare per la sua «volontà di equilibrio espositivo e di un approccio distaccato dalle vicende» (Pezzarossa, 2008, p. 254) e per le sue posizioni nettamente favorevoli ai cittadini ben disposti a «stare in pace» sotto il governo pontificio. Nel frattempo Vizzani aveva pubblicato sotto il nome di Antenore Garisendi una relazione del Torneo fatto sotto il castello d’Argio da’ SS. caualieri bolognesi il di 9 febraio 1578, testimonianza della fisionomia nobiliare e cavalleresca che intendeva attribuirsi.
Nella quaresima del 1580 si recò a Torino per venerare la S. Sindone ivi trasferita da Chambéry, e venne introdotto a corte grazie all’amicizia di Ottavio Santacroce, vescovo di Cervia e nunzio pontificio a Torino. Da là visitò anche il Sacro Monte di Varallo assieme a Santacroce. Nell’agosto questi, allora in visita a Bologna in casa Vizzani, ebbe notizia che il papa lo destinava come nunzio a Praga alla corte di Rodolfo II e propose di accompagnarlo a Pompeo, che accettò e partì con lui nel maggio del 1581, giungendo a Praga nel giugno. Ma il soggiorno fu breve a causa, dopo solo due mesi, della morte improvvisa del nunzio, che inoltre gli lasciò il non facile compito di gestire la sua eredità, curando la distribuzione dei numerosi legati agli eredi e ai familiari, secondo il testamento redatto alla vigilia della morte, avvenuta il 3 settembre 1581.
Al ritorno in patria dopo questa deludente vicenda, da cui aveva tratto come unico vantaggio notizie sugli usi dei Paesi tedeschi (di cui però non resta traccia scritta), e dopo un pellegrinaggio a Loreto nella primavera del 1582, Vizzani decise di dedicarsi unicamente allo studio e alle relazioni di amicizia e di cultura: una sua lettera del 4 dicembre 1593 al prelato bolognese Dionigio Ratta dà conto al suo corrispondente di aver preso contatto su suo incarico con i Carracci per una Trasfigurazione, che venne eseguita da Ludovico nel corso del 1595.
Nel frattempo Vizzani compose e pubblicò gli Statuti e le Regole della Compagnia di S. Maria dei Servi, e scrisse altri due libri della storia di Bologna, pubblicati solo post mortem, nel 1608, grazie al sostegno del cardinale Mariano Pierbenedetti e dei membri dell’Accademia degli Ardenti.
L’opera giunge sino al 1598, e copre dunque la contemporaneità, sempre però badando a non compromettersi con giudizi definiti in ordine alle vicende narrate; si chiude con la devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa e la solenne entrata in Bologna di Clemente VIII, descritta con la vivacità e l’abbondanza di particolari del testimone oculare.
Nel 1602 Vizzani pubblicò anonimamente una breve Descrittione della città, contato, governo et altre cose notabili di Bologna, ricca di informazioni sulle magistrature, l’economia e la popolazione bolognese.
Aveva composto negli anni precedenti una serie di opere raccolte nel manoscritto autografo B164 della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, alcune delle quali rimaste inedite e altre pubblicate dopo la morte, probabilmente su sollecitazione del fratello Giasone: la traduzione dell’Asino d’oro di Apuleio, che ebbe particolare fortuna e fu ripetutamente stampata a Venezia sino agli inizi del Settecento, un Compendio della filosofia naturale, e il Breve trattato del governo famigliare, nel quale Vizzani esponeva i comportamenti ideali dell’uomo nobile nella gestione della famiglia e del proprio patrimonio, fondato sulle rendite agrarie e sull’allevamento del bestiame (in realtà la famiglia Vizzani era ampiamente coinvolta in attività finanziarie: Fornasari, 2002). Fra le opere edite in vita si segnala Le disgratie di Bartolino, contaminazione del Lazarillo de Tormes e della Storia vera di Luciano, pubblicata nel 1597 sotto il nome fittizio di «Sere Scioperone Bergolo». Fra le inedite, per lo più brevi trattati di geografia e cosmografia e testi devoti, che confermano la piena adesione del personaggio alla religiosità della Controriforma, oltre alla Vita di Pompeo Vizani scritta da lui medesimo merita particolare attenzione I secreti delle filiere, scritta a Granarolo nel 1595, in cui, mostrando una significativa curiosità per il mondo popolare bolognese, Vizzani immagina di essersi trovato ad ascoltare un gruppo di filatrici che gli dettano segreti di belletti, segni del tempo che farà e di eventi futuri, e infine formule di incanti e fatture.
Morì a Bologna il 21 agosto 1607 e venne sepolto in S. Giovanni in Monte nella tomba di famiglia, di cui tuttora sopravvive la lapide.
Opere. Torneo fatto sotto il castello d’Argio da’ SS. caualieri bolognesi il di 9 febraio 1578, Bologna, Giovanni de Rossi, 1578; Statuti et ordinationi de la Compagnia di Santa Maria de i Servi, Bologna, Giovanni Rossi, 1586; Regole per gli fratelli professi ne l’oratorio de la Compagnia di Santa Maria de’ Servi, Bologna, Giovanni Rossi, 1588; Diece libri delle historie della sua patria, Bologna, eredi di Gio. Rossi, 1596; Descrittione della città, contato, governo et altre cose notabili di Bologna, Bologna 1602; L’asino d’oro di Lucio Apuleio filosofo platonico tradotto nuovamente in lingua volgare, Bologna 1607; I due ultimi libri delle Historie della sua patria, Bologna 1608; Breve trattato del governo famigliare, Bologna 1609; Compendio della filosofia naturale, Bologna 1609; Favola di Psiche e di Cupido, Bologna 1890; Le disgrazie di Bartolino, a cura di I. Chia, Roma 2007 (prima ed. Bologna, eredi di Gio. Rossi, 1597).
Fonti e Bibl.: A.P. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1714, p. 255; Museum Mazuchellianum, Venezia 1741, p. 427; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, IX, Bologna 1794, pp. 206-213; G. Roversi, Palazzi e case nobili del ’500 a Bologna. La storia, le famiglie, le opere d’arte, Bologna 1986, pp. 199-201, 204-206; A. Zapperi, Annibale Carracci. Ritratto di artista da giovane, Torino 1989, pp. 126-128; J. Bentini, Percorsi del barocco, Bologna 1999, p. 26; M. Capucci, Una cerchia comune, in Una città in piazza, a cura di P. Bellettini et al., Bologna 2000, pp. 39-41; M. Fornasari, Famiglia e affari in età moderna. I Ghelli di Bologna, Bologna 2002, pp. 87, 164 s.; I. Chia, Prefazione a Le disgrazie di Bartolino, cit., pp. 7-24; F. Pezzarossa, La storiografia a Bologna nell’età senatoria, in Bologna nell’età moderna (secoli XVI-XVIII), II, a cura di A. Prosperi, Bologna 2008, pp. 252-257; A. Martino, Un ‘travestimento’ italiano del Lazarillo de Tormes. Le disgrazie di Bartolino (1597) di P. V., Pisa 2017.