PONCARALE
– Famiglia bresciana appartenente a quella nobiltà feudale, che deve – come ovunque accade nell’Italia del pieno medioevo – il consolidamento della propria denominazione alla località in cui ebbe le maggiori proprietà fondiarie.
Appare ormai non più riproponibile l’ipotesi avanzata da Fausto Lechi (1977) circa una derivazione longobarda della famiglia, individuando nel territorio di Poncarale un’antica fara, né verificabile quella, pur suggestiva, di Paolo Guerrini (1930) che vede nella potente famiglia dei Maggi una ramificazione degli stessi Poncarale; altresì incerta e non documentata è la notizia riportata da Federico Odorici (1856-1857), secondo cui Ugo Poncarale tenne alcuni beni in Moniga e Calvagese, poi infeudati da Enrico VI al monastero di Leno.
La famiglia rivestì, insieme agli Ugoni, ai Brusati, ai Lavellolongo, agli Avvocati e ai Confalonieri un ruolo di primo piano nelle vicende politiche cittadine di Brescia dal XII secolo in poi. Numerosi sono, in effetti, i Poncarale che già allora e da allora ricoprirono funzioni istituzionali e cariche di prestigio a livello cittadino o strinsero importanti rapporti con gli enti ecclesiastici bresciani, della città e del territorio.
Vanno menzionati in primo luogo il capitolo della cattedrale e l’episcopato, di cui furono vassalli titolari di concessioni feudali in particolare nel territorio di Asola e pertanto tenuti al giuramento di fedeltà nei suoi confronti. Furono esponenti al contempo della curia vassallatica del monastero di S. Giulia, e intrattennero con il medesimo diversi rapporti di natura economica e vi introdussero alcune monache (tra cui, ad esempio, tra XII e XIII secolo, la badessa Grazia, oltre a Tutadonna, Bresciana, che fu pure priora, Imia ed Elena). Altrettanto fitti e costanti furono i rapporti con il cenobio di S. Pietro in Oliveto, tant’è che si contano diversi atti di investitura o permuta relativi a beni situati nelle zone di provenienza della famiglia. Lo Zaccaria ricorda poi un violento scontro tra l’abate del monastero di Leno, Tedaldo, e i Poncarale a causa di alcuni beni contesi in Gottolengo, ma anche in altre località si osserva una sovrapposizione di diritti e titolarità, come nel caso di Carzago dove una quarta parte delle decime venivano raccolte per conto di Bosadro Poncarale e altri, non meglio precisati, ne detenevano un’ulteriore quota per conto di Oddone Poncarale. Pure nei confronti del cenobio di S. Pietro in Monte di Serle, nella seconda metà del XII secolo, si registrarono alcune controversie originate dal tentativo di rivendicare come allodiali delle terre detenute, in realtà, a titolo di feudo dal monastero, e altrettanto accadde nei confronti del monastero di S. Eufemia della Fonte, per cui, il 1° luglio 1236, Guidesto e Azzolino vennero persino minacciati di scomunica da papa Gregorio IX.
Di grande rilievo sono gli incarichi istituzionali ricoperti da alcuni membri della famiglia. Obizo, oltre a comparire tra i consoli del Comune in due atti del luglio 1107 e dell’agosto 1127, prese parte al contingente bresciano che soccorse Milano nella guerra contro Como (1118-1127), mentre Ottobello fu tra i consoli di Brescia chiamati, nell’ottobre 1168, a dirimere una controversia tra le comunità camune di Esine e Borno. Né il ruolo dei Poncarale nel governo del Comune si esaurisce negli incarichi interni; non meno rilevante è la partecipazione agli organismi delle alleanze con le città vicine e poi in quelli della Lega lombarda. Ottobello, unitamente ai parenti Giovanni e Ferragù, il 22 maggio 1167, intervenne in rappresentanza di Brescia, al giuramento dell’alleanza tra le città di Lodi, Brescia, Bergamo, Cremona e Milano. E ancora, Madio, nel dicembre 1170, insieme ai colleghi consoli, procedette a un’investitura di beni nel territorio di Pontevico, dove, tra l’altro, esisteva un’apposita società incaricata dal governo bresciano della gestione dei fondi, in cui si annoverava pure il cives Alberto Poncarale. Giovanni, il 29 dicembre 1173, contribuì, con Arderico da Sala e gli altri consoli, alla creazione del Mercato Nuovo, mentre, il 14 gennaio 1192, fu tra i firmatari della pace con Bergamo e Cremona dopo la battaglia di Rudiano; il 25 luglio 1192 furono, tra l’altro, addirittura sei i membri della famiglia – ovvero Obizzo, Guidotto, Bosadro, Giovanni, Ottobello, Lanfranco Testa e Pietro Causidico – che sottoscrissero, insieme ad altri notabili bresciani, il conseguente accordo tra l’imperatore Enrico VI e la città di Brescia, a dimostrazione dell’importanza allora rivestita. Nel maggio del 1199, invece, Bottigia Poncarale si recò a Mantova, a fianco del giudice Alberto, rettore della Lega lombarda, allo scopo di ottenere da Ravenna e Mantova il rispetto degli ordini impartiti in merito alla controversia con Ferrara, città con cui Brescia aveva importanti rapporti commerciali.
Nel XIII secolo i Poncarale confermarono e, per certi aspetti, consolidarono il proprio ruolo tra le famiglie più rappresentative e influenti della scena politica, bresciana, dotati oltretutto di una cospicua base fondiaria nel contado e di diverse aree edificabili all’interno della città, alcune delle quali vennero acquistate dal Comune nel 1227 per la fabbrica del nuovo palazzo del Broletto. Segno, in particolare, della loro potenza fu la torre detta (appunto) dei Poncarale, posta sull’angolo ovest del Broletto, che, in occasione dei lavori per la realizzazione del nuovo palazzo, venne capitozzata e inglobata nell’edificio al fine di creare il grande salone delle adunanze cittadine.
Quanto alla collocazione negli schieramenti politici duecenteschi, i Poncarale vanno ricondotti, in linea generale, alla compagine guelfa (o pars ecclesie), tant’è che il cronista Jacopo Malvezzi li annovera come tradizionali partecipi della domus Guelforum Magnatum.
Com’è noto la denominazione di “guelfi” è tutt’altro che univoca e unitaria; in essa si raccoglieva uno schieramento politico spesso diviso in varie fazioni che tendevano a contrapporsi, palesando la precisa volontà di costruire nuove e più agili alleanze in grado di rispondere di volta in volta al rinnovarsi degli interessi particolari.
Il potere della pars ecclesie bresciana si offuscò intorno alla metà del XIII secolo, quando la lotta politica tra fazioni cittadine guelfe e fazioni legate ai signori territoriali padani (in particolare Ezzelino III da Romano e Oberto Pallavicino) si intensificò fino al capovolgimento delle gerarchie di potere. Il prevalere della pars filoimperiale determinò così, nel 1258, l’espulsione dalla città degli esponenti della compagine guelfa, tra cui i Poncarale. Essi vi rientrarono tuttavia qualche anno più tardi con il favore degli Angioini, la presenza dei quali fu assai incisiva tra gli anni Sessanta e Settanta nell’Italia padana.
Nel corso dei secoli XIII e XIV, il prestigio dei Poncarale non fu limitato al contesto bresciano, ma ebbe riscontri pure in buona parte dell’Italia centrosettentrionale; basti pensare, ancora una volta, ai diversi incarichi ottenuti come consoli di giustizia o come podestà e capitani del popolo a Milano, Bologna, Firenze e Genova.
Tra le figure principali del Duecento si ricorda Lanfranco Poncarale che, il1° agosto 1198, partecipò, insieme ai colleghi consoli, alla stipula dell’accordo con Bergamo, che poneva fine alle controversie circa i castelli di Caleppio e Sarnico; fu podestà di Piacenza nel 1217 e nel 1226 fu tra i principali promotori di una lega tra i comuni ostili a Federico II, che lo portò ad essere, l’anno successivo, podestà di Milano.
Di non minore rilievo fu Giacomo Poncarale che dal 1202 venne associato, come podestà, alla guida di Brescia dai conti Narisio di Montichiari e Alberto di Casaloldo e, dopo l’espulsione della fazione dei Confalonieri e dei Boccacci, a seguito dei tumulti scoppiati in città l’anno precedente, contribuì alla riconquista dei luoghi occupati dai fuoriusciti, riuscendo a riprendere Gavardo, poi consegnato, il 30 giugno 1212, da Torino Poncarale ai consoli di Cremona; in precedenza, il 6 marzo 1212, aveva convocato un’assemblea per ratificare l’alleanza stabilita con le città di Cremona, Mantova, Verona, Ferrara e il marchese Azzo d’Este.
Sono anni, in Brescia, di forti contrapposizioni tra le più importanti famiglie bresciane, schierate con la societas Sancti Faustini o la societas militum, che vennero risolte nel 1213 grazie all’intervento del vescovo Alberto da Reggio e alla riammissione in città di tutti i fuoriusciti.
Altra personalità significativa fu Ardizzone Poncarale che, il 7 ottobre 1217, prese parte con Enrico Martinengo e Oprando Gerola all’accordo tra i consoli di Brescia e quelli di Cremona, per cui i cremonesi rinunciarono a ogni diritto relativo ad un ponte realizzato sul fiume Oglio nei pressi di Soncino, autorizzando i bresciani a distruggerlo, mentre, il 21 novembre 1226, in qualità di rappresentante bresciano della seconda Lega lombarda, intervenne a Bologna con gli esponenti delle altre città per eleggere i procuratori per la pace con Federico II; vassallo del monastero di S. Giulia, in un atto del 2 marzo 1235, risultò dallo stesso posto come fideiussore nell’ambito di una richiesta di prestito, sotto forma di mutuo, per fare fronte alle difficoltà economiche; nel 1238, si distinse per il proprio valore durante l’assedio portato da Federico II a Brescia, in cui perse i figli, e in quello di Carpenedolo, e ancora, il 14 giugno 1238, prese parte al consiglio di Brescia convocato per dare udienza alla richiesta degli asolani di fornire loro cinquanta militi come protezione, dopo l’accecamento di alcuni fanciulli ad opera degli imperiali; nel 1239-40 fu infine podestà di Bologna, dove si segnalò per l’aiuto portato a Faenza, sconfiggendo i modenesi, i conti di Modigliana e di Bagnacavallo, che l’avevano posta sotto assedio.
Guidesto Poncarale fu podestà a Lucca nel 1252, capitano del popolo a Firenze nel 1257-59 e capitano del popolo a Bologna nel 1267, dopo essere stato al comando di un contingente di quarantamila milites con cui si distinse a Primato sul Po nella guerra contro Venezia; marciò altresì contro Ravenna che obbligò a rifondere i debiti contratti con alcuni maggiorenti bolognesi e pose l’assedio a Forlì. Rientrato a Brescia, il 9 maggio 1267, durante il breve predominio torriano in città, fu tra i rappresentanti della città firmatari del patto di Castel Romano, mentre nel 1273 fu nuovamente podestà a Bologna dove emanò gli statuti della città, come ricordato nel prologo, ed infine podestà di Imola.
La “coloritura” guelfa evidente nella carriera di Guidesto Poncarale è confermata, qualche decennio più tardi, dalla parabola di Fiorino Poncarale (che ottenne nel 1309 [12 marzo] la conferma delle investiture spettanti alla casata dal vescovo di Brescia, Federico Maggi). Nello stesso anno Fiorino fu podestà a Firenze e, data la contemporanea presenza nella città toscana del figlio Giacomino come capitano del popolo, si determinò un raro caso di deroga ai divieti statutari fiorentini, con due parenti che ricoprirono nello stesso tempo i due maggiori rettorati del Comune. Durante la podesteria Fiorini si trovò, tra l’altro, a subire un assalto al palazzo del governo da parte di gruppi di contadini scesi armati dalla Valdarno per liberare dalle carceri dei conterranei accusati di brigantaggio. Le presenze funzionariali dei Poncarale a Firenze annoverano pure Rolandino e Maffeo, sempre in qualità di podestà, rispettivamente nel 1338 e nel 1340.
Tornando allo scenario bresciano e ai rapporti con l’episcopato, nel 1326 i fratelli Giacomo, Guidesto e Mafezolino, figli del fu Fiorino vennero investiti del feudo che la famiglia teneva dall’episcopato di Brescia nella terra di Poncarale, unitamente alle decime di Seniga, Comella, Casaloldo, Mazzano e Calvisano; nel 1359 i fratelli Zenoino e Fiorino, figli del nobile miles Giacomo Poncarale, e i fratelli Irelino e Guidesto, figli del fu Maffeo Poncarale, vennero investiti a titolo di feudo di alcune proprietà dal vescovo Raimondo Bianchi e allo stesso prestarono giuramento di fedeltà. Lungo il secolo, la posizione della famiglia rimase dunque sempre preminente, anche sul piano patrimoniale. Abbandonata, infatti, la zona centrale della città a seguito dell’espansione delle strutture comunali e dei luoghi pubblici, i Poncarale si trasferirono nella quadra di S. Alessandro, dove acquisirono possedimenti di una certa importanza, e, al contempo, andarono estendendo le loro proprietà nella pianura bresciana fino a Volongo, Fontanella, Ostiano e Asola, a Bagnolo Mella e Calvisano.
In declino appare invece, nel corso del Trecento, la loro capacità di “contare” politicamente. L’intensificarsi dell’aggressività dei Visconti, che si posero come grande forza regionale unificatrice, produsse infatti in Lombardia nuove “geografie” ed equilibri di potere. A Brescia si assistette a un progressivo indebolimento e ad una marginalizzazione dell’iniziativa politica fino alla crisi definitiva avvenuta tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo. La città non si rassegnò comunque immediatamente al dominio visconteo, tant’è che nel 1360 le principali famiglie guelfe, tra cui i Poncarale, incoraggiarono alcuni tentativi di insurrezione contro i signori milanesi appoggiandosi a Cansignorio della Scala, le cui forze vennero tuttavia sconfitte da Bernabò Visconti.
Dopo aver rivestito per parecchio tempo un posto di primo piano all’interno della città, con il XV secolo la famiglia Poncarale rientra nei “normali” ranghi del patriziato cittadino, pur mantenendo comunque ancora per qualche secolo (fino almeno al Settecento) una posizione piuttosto elevata, e si suddivise in cinque rami, poi ulteriormente frammentatisi, quasi tutti insediati nella quadra di S. Alessandro.
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