PONTE (γέϕυρα, pons)
Costruzione architettonica per facilitare il passaggio di una via di comurncazione, talvolta anche di un acquedotto (v.), sopra un ostacolo naturale, per lo più un fiume, ma anche una valle o una palude. Secondo il significato di γέϕυρα e pons nelle fonti antiche questa costruzione non è sempre stata un vero p. ma talvolta - specialmente in un terreno paludoso - anche una specie di terrapieno fornito di aperture piccole.
Quasi sempre i p. antichi sono costruiti in rapporto con una rete di comunicazione. I fiumi dapprima furono superati a guado o con traghetti, più tardi anche con la costruzione di p. di barche o fissi. Ben presto il luogo di attraversamento di un fiume come incrocio di due vie di comunicazione e di commercio fu riconosciuto come posto adatto per una colonia. Numerosi nomi di località dall'epoca romana formati con le parole vada (guado), traiectus (traghetto), pons (ponte) o con celtico briva, brivo (ponte) accennano ad una tale origine.
Ponti di legno. - Il primo p. mai costruito deve essere consistito in alcune travi di legno poste sopra un corso d'acqua stretto e forse coperte di rami o di tronchi trasversali. Più tardi, per poter superare anche fiumi più larghi, si fissarono altre travi nell'alveo come sostegni verticali per la parte superiore del ponte. Avanzi di tali p. furono trovati già in località preistoriche. Anche il p. sopra l'Euripo, il quale secondo Diodoro (xiii, 47, 3-5) e Strabone (ix, 2, 2 e 8; x, i, 8) fu costruito nel 411 a. C. fra Aulide e Calcide, e i due p. sui quali l'esercito di Cesare attraversò il Reno durante le sue spedizioni contro i Germani, devono essere stati costruiti in modo simile, come si può ricostruire dalla descrizione di Cesare stesso (Bell. Gall., iv, 17; vi, 9) e da alcune raffigurazioni su rilievi delle colonne di Traiano e di Marco Aurelio a Roma. Della costruzione del primo p. romano, del Pons Sublicius a Roma, il quale secondo le notizie degli autori antichi fu fatto interamente di legno senza alcuna applicazione di ferro o di bronzo, nulla si può dire con certezza se non che deve essere stata simile a quella di p. menzionati.
Ponti di barche. - Quando si rendeva necessario creare molto presto una possibilità per attraversare un fiume non passabile a guado - come succedeva soprattutto durante operazioni e spedizioni militari - gli antichi usarono i p. di barche, forse sviluppatisi dai traghetti. Sopra a barche ancorate nel fiume si pone una carreggiata di legno sulla quale l'esercito e le salmerie potevano passare il fiume. Tali p. di barche sono raffigurati già su rilievi assiri e furono di grande importanza anche in epoca greca e romana, come è testimoniato da numerose notizie degli autori antichi e da raffigurazioni sui rilievi delle colonne di Traiano e di Marco Aurelio a Roma.
Ponti di legno su piloni di pietra. - Il primo p. di legno su piloni di pietra che ci sia noto fu costruito dagli architetti hittiti nella loro capitale Khattusha per superare un largo burrone nel N della città. Per diminuire la distanza da superare con travi di legno si fecero sporgere i singoli strati dei piloni d'imposta sopra lo strato inferiore. Anche per il passaggio di fiumi larghi ben presto si cominciò - quando né i p. su pile di legno né p. navali potevano garantire una stabilità durevole - a costruire p. di legno su piloni di pietra. Naturalmente la fondazione dei piloni nell'alveo del fiume stesso fu il problema maggiore. Sulle tecniche usate per questo scopo nell'epoca romana Vitruvio, parlando della costruzione di porti (v, 12, 2-6), ci ha tramandato notizie importanti: si adoperava o un sistema di paratie doppie, fra le quali dopo averle vuotate dall'acqua, si costruivano piloni di blocchi rettangolari, o un sostrato di calcestruzzo, gettato entro l'acqua fra una paratia singola di tronchi verticali di legno, sulla quale poi venivano eretti i piloni stessi. Per costruire il primo p. noto di tal genere, quello di Babilonia sull'Eufrate, secondo Erodoto (i, 186) si deviò interamente il fiume per poter fondare nell'alveo i piloni di pietra, sui quali, secondo Ctesia (da Diodoro, ii, 8, 2-3), fu posta una carreggiata inamovibile di legno. Resti di questi piloni sono stati trovati durante gli scavi. Nell'epoca romana talvolta sui piloni di pietra fu eretta una costruzione ad arcate di legno - imitando così i p. di pietra ad arco. Un esempio di tale tecnica fu il famoso p. gettato sopra il Danubio dall'architetto di Traiano, Apollodoros di Damasco, raffigurato su un rilievo della colonna di Traiano a Roma.
Ponti di pietra. - Per creare un passaggio sicuro e di stabilità durevole in luoghi particolarmente importanti per il traffico, il commercio o il culto religioso nell'antichità già relativamente presto si passò a costruire p. interamente di pietra. Numerosi di questi p. - specialmente di epoca romana - si sono conservati, in parte ancora in uno stato sorprendentemente buono, sufficiente per tutte le esigenze del traffico moderno. Per costruire p. di pietra nell'antichità si sono adoperati i sistemi e le tecniche seguenti: 1) il sistema di travi orizzontali (usato dagli Egiziani e dai Greci); 2) la tecnica dello pseudoarco (sviluppatasi dal sistema precedente e usata in p. minoici, micenei, assiri, e greci). Per diminuire lo spazio da superare con i travi orizzontali si fece in modo che sporgessero i singoli strati sopra lo strato inferiore. Il peso dei blocchi superiori assicurava la posizione stabile dei blocchi dello strato inferiore; 3) il sistema dell'arco a conci radiali (testimoniato con certezza soltanto in epoca etrusca e romana). Sugli archi, costruiti di conci radiali sopra una centina di legno, per lo più a tutto sesto, ma talvolta anche leggermente ribassato, si costruì la parte superiore del p. sia di blocchi rettangolari (opus quadratum), sia di calcestruzzo (opus caensenticium) fra i muri laterali in opus quadratum.
a) Ponti egiziani. - I primi p. di pietra che conosciamo furono costruiti in Egitto nell'epoca dell'Antico Regno. Sono tutti p. di piccole dimensioni, inseriti in terrapieni, sui quali passava la via processionale verso una piramide ed il tempio relativo. I pochi p. conservati completamente sono costruiti tutti col sistema di travi orizzontali, i quali raggiungono una lunghezza fino a 7 m.
b) Ponti minoici. - Probabilmente verso la metà del secondo millennio a. C., cioè nel Medio-Minoico III-TardoMinoico I, un grande p.-viadotto a nove luci, larghe fino a 8 m, fu costruito attraverso l'alveo e la valle di un ruscello a S del palazzo di Cnosso. Su questo p., a pseudoarcate, piegante due volte, passava una via che terminava all'ingresso con la grande scalinata coperta all'angolo SO del palazzo. Oggi si vedono ancora resti di piloni di blocchi rettangolari ben tagliati.
c) Ponti assiri. - L'unico p. di pietra noto dall'antica Mesopotamia fu eretto a Dur Sharrukin (oggi Khorsābād, v.) nella cittadella della città antica che il re di Assiria Sargon II fece edificare fra il 713 e il 707 a. C. Il p. metteva in comunicazione il palazzo reale con il vicino tempio di Nabu; aveva una sola arcata ad ogiva costruita nella tecnica dello pseudo-arco di blocchi rettangolari. La stessa tecnica fu adoperata anche presso Gerwan dove un p. con cinque pseudoarcate ad ogiva sosteneva sopra un ruscello l'acquedotto che Sennacherib, figlio e successore di Sargon II, fece costruire per provvedere d'acqua la città di Ninive.
d) Ponti greci. - Dell'epoca micenea e greca soltanto pochissimi p. si sono conservati, per lo più molto rovinati o con soprastrutture di età tardo-antica. Da molti elementi peraltro è da supporre che i p. di pietra non furono molto frequenti nella Grecia antica. Per la separazione geografica delle singole regioni e per la divisione politica in numerosi piccoli stati comunali in Grecia non è stata mai progettata ed eseguita una vasta rete di comunicazione come quella dell'Impero Romano. Inoltre la maggioranza dei fiumi - esclusi quelli nella parte settentrionale del paese erano quasi sempre attraversabili a guado o per mezzo di traghetti. Per passare i fiumi più larghi evidentemente, con poche eccezioni, ci si contentò di costruire p. di legno o p. di barche. Non si sa finora con certezza se i Greci applicarono l'arco a conci radiali, noto già dal V sec. a. C., anche per la costruzione dei ponti.
Con molta probabilità i primi p. greci risalgono fino all'epoca micenea. Facendo capo a Micene stessa, una vasta rete di vie di comunicazione traversava tutta l'Argolide che per la sua conformazione esigeva la costruzione di numerosi ponti. Di questi p. - costruiti per lo più nella tecnica cosiddetta ciclopica, a blocchi poligonali più o meno tagliati - si trovano avanzi considerevoli - per esempio del p. vicinissimo a Micene stessa, sul quale correva la via che dall'acropoli di Micene portava all'Heraion di Argo. Probabilmente gli avanzi conservati appartengono ad un ponte a terrapieno con una sola piccola arcata per la corrente d'acqua. Interamente conservato è un p. vicino a Kasarmi, sul quale correva la via da Nauplia ad Epidauro, però non è provato con certezza se essa apparteneva alla rete micenea. È possibile che ad epoca micenea risalga anche il p. vicino a Eleuthernai a Creta, a pseudoarco di blocchi perfettamente rettangolari.
Per costruire questo tipo di p. gli architetti non furono in genere costretti a fondare piloni nell'alveo del fiume, perché una sola apertura bastava per superare la corrente d'acqua. Ci sono tre sole eccezioni: il p. a N dell'antica città di Assos, costruito col sistema di travi orizzontali e lungo più di 70 m, che supera il Satnioeis con più di 17 aperture; il p. a quattro luci recentemente scoperto a Brauron, probabilmente del V sec. a. C., costruito nella medesima tecnica e il p. a tre bracci in Messene, situato alla confluenza di due fiumi. I tre bracci di questo p., che s'incontrano su un grande pilone centrale, superavano i due fiumi e la regione paludosa intermedia. Dagli scarsi avanzi antichi ancora conservati sotto la soprastruttura di età più moderna non si può dedurre con certezza se le aperture del ponte fossero coperte con pseudoarcate o con vòlte a conci radiali.
Le ricerche sulla costruzione dei p. nell'antichità non hanno potuto ancora risolvere la questione se già i Greci abbiano applicato l'arco a conci radiali alla costruzione dei p. - e in particolare, se l'unico esemplare ritenuto di epoca greca con vòlta ancora esistente, il p. a tre archi sopra il Selinos a Pergamo, sia veramente un ponte greco - come ha pensato il Dörpfeld, datandolo nella prima metà del Il sec. a. C. - o piuttosto un'opera romana come tutti gli altri p. a Pergamo.
e) Ponti etruschi. - Gli Etruschi furono i primi a costruire i p. esclusivamente nella tecnica dell'arco a conci radiali. Tuttavia, se ne sono conservati soltanto pochissimi esempî, tutti ad una arcata sola, di larghezza mai superiore ai 7 metri.
f) Ponti romani. - L'apogeo in senso tecnico ed estetico nella costruzione di p. nell'antichità fu raggiunto in epoca romana. Il contributo originale e caratteristico di Roma all'architettura antica fu l'applicazione molteplice dell'arco a conci radiali e la formazione dell'arcata come motivo estetico. L'abbondanza in Italia di fiumi larghi esigeva la costruzione di un numero straordinario di p. per la rete di vie e di strade che - uscendo da Roma stessa - percorreva tutta l'Italia e poi anche le province. Le esperienze costruttive dei p. ad archi si perfezionarono sempre di più e permisero la costruzione di p. ad aperture sempre più grandi, senza preoccuparsi delle difficoltà e irregolarità del terreno.
P. romani si sono conservati in numero assai considerevole in tutte le parti dell'antico Impero Romano, soprattutto nell'Italia stessa, in Francia, Spagna, Asia e Siria. Nonostante qualche cambiamento o restauro di età più recente molti di essi sono ancora oggi usabili per il traffico moderno. Poiché i piloni dovevano non solo resistere alla pressione dell'acqua, ma anche servire come contrafforte per la spinta degli archi e delle masse gravanti su di essi, erano la parte più delicata e difficile di tutto il ponte. Per questo evidentemente si cercava di diminuire quanto più possibile il numero dei piloni, allargando la luce dei singoli archi - soprattutto di quelli direttamente sopra al fiume. Il massimo di apertura di un arco è di 35 m circa, il punto critico per la luce deve essere stato di 40 m circa. Siccome nella costruzione dei p. romani per lo più si adoperava l'arco a tutto sesto, con l'aumento della luce il p. diventava sempre più alto, cosicché spesso la carreggiata di un p. risultò più alta delle rive stesse del fiume. In tal caso rampe inclinate, talvolta anch'esse su archi minori, resero possibile l'accesso al p. stesso. Archi piccoli talvolta si aprivano anche nei piloni maggiori, per facilitare in caso di piena lo scorrimento dell'acqua. La successione di archi grandi e piccoli conferisce un ritmo estetico all'intera costruzione (P. Milvio a Roma, p. di Mérida, p. di Villa Formosa). Qualche volta nicchie ad edicole erano inserite nella fronte dei piloni (p. di Rimini). Fra i p. romani più lunghi si devono citare due esempî in Spagna - uno, lungo 790 m a 60 arcate, a Mérida sul Guadiana, e l'altro a Salamanca sul Tormes, lungo 735 m. La larghezza dei p. romani fu sempre limitata. Quasi mai superava i 7 o 8 metri. Talvolta i p. romani erano ornati di statue poste sui pilastrini del parapetto (Pons Aelius a Roma). Spesso alle testate di un p. (p. di Apt, di Chaves, di Saint Chamas) ed eccezionalmente anche al centro (p. di Alcantara) sorgeva un arco onorario o furono poste erme (p. Fabricius a Roma) o colonne onorarie (p. di Kirhta).
Si dà qui un elenco di località e di regioni dove si trovano ancora p. romani antichi ben conservati. (Sono elencati soltanto i p. documentati da fotografie. Per le abbreviazioni vedi le opere citate nella bibliografia).
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Italia ed Isole: Albenga: G. B. Bellissima, Il ponte romano di Albium Ingaunum, Siena 1911; S. Durante, in Riv. Ingauna e Intemelia, N. S., V, 1950, pp. 44-47. Aosta e dintorni: Forma Italiae, XI, i, 1948, ii zona, n. 20, fig. 9; V zona, n. 22, fig. 1-3; n. 36, fig. 31; n. 43, fig. 9; n. 48, fig. 7; A. W. van Buren, in Am. Journ. Arch., XLII, 1938, p. 410, fig. 7. Arsoli: M. E. Blake, op. cit. in bibl., I, p. 212, tav. 21, 1-3. Ascoli Piceno: id., ibid., I, pp. 212, 216, tav. 23, 3-4. Benevento: G. Lugli, op. cit. in bibl., p. 470, tav. 81, 1-2; M. E. Blake, 01,. cit., I, p. 211, tav. 21,4. Biera (Bieda): H. Koch, E. v. Mercklin, C. Weickert, in Röm. Mitt., XXX, 1915, pp. 177-180, tav. 7; A. Gargana, in Mon. Ant. Lincei, XXXIII, 1929, c. 319, tav. 7, I. Cori: M. E. Blake, 0p,. cit., I, p. 211, tav. 13, i. Ferento: id., ibid., I, p. 212, tav. 13, 4. Fordongianus: G. Spano, in Bull. Sardo, III, 1857, pp. 129-133; VI, 1866, pp. 164-166. Fossombrone: R. Paribeni, Optimus Princeps, ii, 1921, p. 126, fig. 17. Narni: M. E. Blake, Op. cit., I, pp. 200-201, 213-214, 216, tav. 24. Olginate: Magni, in Riv. Arch. Como, XCVI-XCVIII, 1929, p. 45-61; W. Technau, in Arch. Anz., 1930, coll. 319-320, fig. 6. Padova: R. Fabbrichesi, in Atti 3° Conv. Storia di Architettura, 1938, Roma 1940, pp. 267-274. Porto Torres: G. Spano, in Bull. Sardo, III, 1857, pp. 129-133. Rimini: M. E. Blake, op. cit., I, pp. 215-216, tav. 23, 2. Roma: (9 ponti di pietra sul Tevere; vedi sopra per la bibliografia). Dintorni di Roma: P. di Nona: M. E. Blake, op. cit., I, pp. 211-212, tav. 20. I. P. Salario: N. Persichetti, in Röm. Mitt., XXIII, 1908, pp. 301-305, figg. 8-9. Santa Marinella: M.E. Blake, op. cit, p. 210, tav. 20,2-3; S.Bastianelli, Centumcellae - Castrum Novum, Roma 1954, p. 61, tav. 10. Spoleto: M. E. Blake, op. cit., I, pp. 213-215, tav. 25, I. Sessa: Anderson, Spiers, Ashby, op. cit. in bibl., p. 127, tav. 70. Taormina: B. Pace, Arte e civiltà della Sicilia antica, I, Milano 1935, p. 434, fig. 186. Terni: L. Lanzi, in Not. Scavi, 1914, pp. 6668, fig. 49. Terracina e dintotni: Forma Italiae, I, i, II zona, n. 6, col. 26, fig. c; II zona, A, coll. 47-48, fig. 26; Il zona, L, coll. 52-53, fig. 29; Il zona, P, coll. 53-54, figg. 31-32; I, 2, II zona, n. 36-37, fig. 12. Tivoli: G. Lugli, op. cit., p. 326, fig. 79, 16. Vai Ponci (Liguria): P. Barocelli, in Boll. d'Arte, ser. Il, IX, 1929-30, pp. 427-430, figg. 1-2. Verona: P. Marconi, Verona Romana, Bergamo 1937, pp. 27-31, figg. 14-19; R. Brenzoni, in Atti e memorie dell'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, 1944-47, pp. 45-66; M. E. Blake, op. cit., I, pp. 216-217, tav. 23, i. Viterbo: G. Q. Giglioli, L'Arte Etrusca, Milano 1935, pp. 77, tav. 424, 2. Vulci: A. v. Gerkan, in F. Messerschmidt, Nekropolen von Vulci, Berlino 1930, pp. 26-35, figg. 19-24. Per i p. della Via Flaminia: v. M. H. Ballance, in Papers of the British School at Rome, XIX, 1951, pp. 78-117, tav. 14-19.
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Ponti di legno. In località preistoriche: Reallexikon der Vorgeschichte, 2, 1925, pp. 189; 284-288. Ponti di Cesare sul Reo: K. Saatmann, E. Jüngst, P. Thielscher, in Bonner Jahrbücher, CXLIII-XLIV, 1938-39, pp. 83-208 (con bibliografia precedente). Pons Sublicius: op. cit., pp. 200-202; J. Le Gall, Le Tibre dans l'antiquité, Parigi 1953, pp. 80-86, tavv. IV-V.
Ponti di barche: Fr. Lammert, in Pauly-Wissowa, XXI, 2, 1952, coll. 2443-2445. Raffigurazioni: R. D. Barnett, Assyrian Palace Reliefs, Londra 1960, tav. 161; K. Lehmann-Hartleben, Die Trajanssäule, Berlino-Lipsia 1926, tavv. 6 (figg. III-V), e 23 (figg. XLVIII-L); C. Caprino, A. M. Colini ed altri, La Colonna di Marco Aurelio, Roma 1955, figg. 8-11, 38-41, 98-99, 104, 127.
Ponti di legno su piloni di pietra: P. di Khattusha: R. Naumann, Architektur Kleinasiens, Tubinga 1955, p. 308; id., in Mitt. d. Deutschen Orient-Gesellschaft, XCIV, 1963, pp. 24-32, figg. 1-7. Notizie di Vitruvio: E.Jüngst, P. Thielscher, in Röm. Mitt.,LI, 1936, pp. 145-180 e Philolog. Wochenschrift, LIX, 1939, pp. 174-176; A. Schramm, ibid., LVI, 1936, pp. 1404-1408; Röm. Mitt., LIII, 1938, pp. 46-49. Ponte a Babilonia: Perrot-Chipiez, Hist. de l'Art, II, 1884, pp. 472-473; R. Koldewey, Das wiederstehende Babylon, Lipsia 1913, pp. 193-195, fig. 122. Ponte di Traiano sul Danubio: K. Lehmann-Hartleben, op. cit., pp. 137-138, tav. 45; J. Kromayer-G. Veith, Heerwesen und Kriegsführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, p. 568.
Ponti di pietra. Ponti egiziani: O. R. Rostem, in Annales du Service des Antiquités, XLVIII, 1948, pp. 159-163, tavv. 1-3. Dahshur: J. de Morgan, Fouilles à Dahchour en 1894-1895, Vienne 1903, pp. 99-100, fig. 144. Gizah: O. R. Rostem, op. cit., pp. 161-162, tavv. 1-3.
Ponti assiri: P. di Khorsbad: G. Loud-Ch. B. Altman, Khorsabad, II, Chicago 1938, pp. 15, 20, 32, 40, 55, 56, 91, tavv. 11 a, 11 c, 12 a-f, 81; E. Strommenger-M. Hirmer, Fünf Jahrtausende Mesopotamien, Monaco 1962, p. 109, tav. 219. Ponte-acquedotto di Gerwan: H. Frankfort, in Am. Journ. Arch., XXXVII, 1933, pp. 538-539, figg. 13-14; Th. Jacobsen, S. Lloyd, Sennacherib's Aqueduct at Jerwan, Chicago 1935; A. Parrot, Assur, Monaco 1961, p. 229, fig. 284.
Ponte di Cnosso: A. Evans, The Palace of Minos, II, i, Londra 1928, pp. 96-102, 147-153, figg. 46-47, 75-76; J. D. S. Pendlebury, A Handbook fo the Palace of Minos, Londra 1933, pp. 56-57, tav. IX 2; id., The Archaeology of Crete, Londra 1939, p. 184, tav. 29, i; F. Matz, Kreta, Mykene, Troja, Stoccarda 1956, p. 47, tav. 27, 2.
Ponti greci. Rete di vie intorno a Micene: Steffen, Karten von Mykenai, Berlino 1884, pp. 9-10, foglio i; H. Lehmann, Landeskunde der Eben von Argos, Atene 1937, pp. 107-112. Ponte vicino a Micene: Perrot-Chipiez, Hist. de l'Art, VI, 1896, p. 377, fig. 129; A. J. B. Wace, Mycenae. An Archaeological History and Guide, Princeton 1949, p. 27, fig. 38 a. Ponte di Kasarmi: L. E. Lord, in Am. Journ. Arch., XLIII, 1939, pp. 81, tav. 4 c; A. J. B. Wace, op. cit., p. 27, fig. 38 b. Ponte di Eleuthernai: E. N. Peutroulakis, in Eph. Arch., 1914, pp. 230-232, figg. 1-7. Ponte di Assos: J. Th. Clarke, Report on the investigations at Assos, 1881, Boston 1882, pp. 128-130, tav. 35; J. Th. Clarke, F. H. Bacon, R. Koldewey, Investigations ad Assos, Londra 1902, p. 129, figg. a pp. 130-131, 132. Ponte di Brauron: G. Daux, in Bull. Corr. Hell., LXXXVI, 1962, p. 681, fig. 25; To Ergon, 1962, pp. 25-27, fig. 32. Ponte sul Mavrozoumenos in Messene: C. Roebuck, in Studies to D. M. Robinson, I, St. Louis 1951, pp. 351-355, tavv. 14 b-15. Ponte di Pergamo: A. Conze-C. Schuchhardt, in Ath. Mitt., XXIV, 1899, pp. 122-123; W. Dörpfeld, ibid., XXXIII, 1908, pp. 359-365, tav. 22, 2; Altertümer von Pergamon, I, 2, Berlino 1913, pp. 199-200. Altri ponti greci: Agrigento: P. Marconi, in Riv. Ist. Arch. st. d'arte, II, 1930, p. 50, fig. 20. Atene: W. Judeich, Topographie von Athen, Monaco 1931, p. 205. Eleusi: G. E. Mylonas, Eleusis and the Eleusinian mysteries, Princeton 1961, pp. 90, 184-185, 246, 252. Epidauro: P. Kavvadias, Τὸ ἱερον τοῦ ᾿Ασκληπίου ἐν ᾿Επιδούρος, Atene 1900, p. 141. Metaxidi: Expédition scientifique de Morée, vol. I: Architecture, Parigi 1931, p. 10, tav. 8, 3; E. Guhl-W. Koner, Das Lebes der Griechen und Römer, Berlino 1862, I, pp. 71, fig. 79. Nell'Amphiareion di Oropos: H. Lattermann, in Ath. Mitt., XXXV, 1910, ppp. 91-92. Sicione: E. Curtius, Peloponnesos, II, Gotha 1952, p. 488. Ponti etruschi: J. Durm, Die Baukunst der Etrusker, in Handbuch der Architektur, parte II, II, Stoccarda 1905, pp. 54-57; P. Ducati, Storia dell'arte etrusca, Firenze 1927, pp. 370-371; G. Q. Giglioli, L'Arte Etrusca, Milano 1935, p. 77, tav. 424. Bieda, Ponte della Rocca: J. Durm, op. cit., pp. 56-58, figg. 57-58; H. Koch, E. von Mercklin, C. Weickert, in Röm. Mitt., XXX, 1915, pp. 175-176, figg. 2-4, tav. 6; P. Ducati, op. cit., pp. 370-371, fig. 414; A. Gargana, in Mon. Ant. Lincei, XXXIII, 1929, pp. 319-320, tav. 1, 2; G. Q. Giglioli, op. cit., p. 77, tav. 424, i; A. Boethius ed altri, San Giovenale, Malmö 1960, figg. 126, 130-131. Veio, Ponte dell'Isola e p. sul Cremera: P. Ducati, op. cit., p. 371. Viterbo, p. del Bulicame: J. Durm, op. cit., p. 56, fig. 56; P. Ducati, Etruria antica, Torino 1925, II, p. 92.
Ponti romani: A. Legert, Les travaux publics aux temps des Romains, Parigi 1875, pp. 251-337, tavv. 1-5; J. Durm, Die Baukunst der Römer, in Handbuch der Architektur, parte II, vol. 2, 2a ed., Stoccarda 1905, pp. 464-468, figg. 532-536, 538; T. Frank, Roman Buildings of the Republic, Roma 1924, pp. 139-143; W. J. Anderson, R. P. Spiers, Th. Ashby, The Architecture of Ancient Rome, Londra 1927, pp. 126-127, tavv. 66-71; W. J. Watson, Bridge Architecture, New York 1927, pp. 34-38, tavv. 9, 11-17, 28-30, 37-38; O. G. S. Crawford, Il ponte Romano, in Le Meraviglie del Passato, fasc. 22, 1928, pp. 937-948; Mostra Augustea della Romanità, Catalogo, 3a ed., Roma 1938, pp. 521-525, 535-539, 579, tavv. 36, 94, 108. App. bibliogr., pp. 247-249, 254-255, 270; G. Albenga, Il ponte murario romano, in L'Ingegnere, XIII, 1939, pp. 869-873; M. E. Blake, Ancient Roman Construction in Italy from the Prehistoric Period to Augustus, Washington 1947, pp. 209-219 e passim; G. Lugli, La tecnica edilizia romana, Roma 1957, pp. 94-95, 335-353 e passim; M. E. Blake, Roman Construction in Italy from Tiberius through the Flavians, Washington 1959, passim; B. Fletcher, A History of Architecture on the Comparative Method, Londra 1961, pp. 236-239, figg. a pp. 238, 241, 245, 634.