PONTE
Le strutture di attraversamento note con il nome generico di p. possono assumere forme, caratteristiche e aspetti molto diversi tra loro, offrendo la possibilità di essere indagate sotto vari punti di vista: in particolare, laddove le si consideri in base agli ostacoli che esse consentono di superare, possono essere classificate come p. propriamente detti, o come viadotti, ovvero come cavalcavia.In riferimento poi ai materiali di cui sono costituiti i p., nel mondo medievale si possono distinguere tre tipi fondamentali: i p. di galleggianti, quelli di legno e quelli di muratura. In ogni caso, relativamente frequenti erano pure i p. misti, cioè quelli con sottostrutture (o corpi di sostegno) di muratura e soprastrutture (o strutture portanti il piano stradale) di legno. Di fronte a una grande varietà di tipi e a testimonianze documentarie e monumentali spesso incerte o precarie, appare arduo delineare la complessa e talora contraddittoria situazione dei p. in età medievale. È questo infatti un periodo in cui da una parte, raccogliendo l'eredità delle vie e dei p. romani, il p. fu visto come una struttura architettonica di rilievo, soprattutto se posto in città o a collegare un centro urbano con il suo territorio, dall'altra esso mostra di essere quasi oscurato se non dimenticato nelle sue funzioni primarie, in primo luogo in quella di permettere un rapido transito, a vantaggio di strutture o superfetazioni estranee alle sue funzioni, mutando spesso il suo originario significato.In presenza di una tale situazione si può tuttavia osservare come il p. medievale mostri un processo evolutivo per cui in un primo momento esso sembra dipendere quasi completamente da quello romano (soprattutto per tipologie e caratteristiche tecnico-costruttive), per poi divenire attraverso i secoli una struttura architettonica sempre più autonoma e con caratteristiche proprie, giungendo a dar vita, soprattutto a partire dal sec. 11°, a realizzazioni monumentali di grande rilievo architettonico e paesaggistico che ancor oggi segnano l'immagine urbanistica e territoriale di varie città europee.In queste trasformazioni si possono peraltro individuare tre fasi o momenti principali. Il primo periodo, compreso fra il sec. 5° e gli ultimi decenni dell'8°, riguarda un arco di tempo in cui i p. di muratura in opera furono per lo più quelli lasciati in eredità dall'immensa e complessa rete viaria romana, anche se si assistette, malgrado qualche eccezione, a un loro degrado sempre più vistoso, dovuto sia all'insufficiente o mancante manutenzione sia alle continue guerre, invasioni e lotte che tormentarono quest'epoca. Piuttosto rara appare invece la costruzione di nuovi p. di muratura; a Verona venne eretto su un probabile sito romano e con materiale antico il p. sul canale detto 'interrato dell'Acqua Morta', un ramo dell'Adige; a Parma invece il p. di pietra di età romana appare energicamente restaurato nelle soprastrutture, forse dal re ostrogoto Teodorico.Il secondo periodo (secc. 9°-10°) fu quello durante il quale, per necessità organizzative, se non di prestigio imperiale, si rivolse una particolare attenzione alla rete viaria e con essa ai p. soprattutto di carattere urbano o strategico, sia restaurando quelli già in opera sia costruendone di nuovi, preferibilmente di galleggianti o di legno, come quello a stilate, lungo cinquecento piedi, messo in opera sul Reno da Carlo Magno a Magonza (Eginardo, Vita Karoli Magni, XVII; XXXII), o come l'importante manufatto ligneo difeso da fortezze costruito sulla Senna a Pont-de-l'Arche, in Normandia (dip. Eure), da Carlo II il Calvo (862-873), a scopo difensivo e di sbarramento contro le incursioni normanne.Nel terzo periodo (secc. 11°-14°), infine, si assistette, in una successione continua di esperienze e di realizzazioni sempre più imponenti, alla ripresa e al rinnovamento del p. sia di legno sia, soprattutto, di muratura.
Si distinguono per i corpi di sostegno che formano la sottostruttura (per es. zattere, botti, barche, pontoni, chiatte), improvvisati, oppure specificamente predisposti allo scopo; in tal caso si trattava quasi sempre di barche, pontoni o chiatte, anche se si rimane spesso incerti sia sulle modalità di gittamento (per imbarcazioni successive, oppure per parti o segmenti preconfezionati), sia sull'ancoraggio alle sponde del corso d'acqua, sia ancora sulla loro effettiva struttura (forse erano formati in alcuni casi da navi legate insieme, secondo un'usanza assiro-persiana e greco-ellenistica, in altri, più modernamente, da imbarcazioni staccate e collegate tra loro dall'impalcato ligneo, secondo una tipologia tipicamente romana).
Di grande diffusione soprattutto a partire dal sec. 11°, questi p. erano caratterizzati da una soprastruttura di legno (per es. larice, quercia, faggio, olmo), poggiata direttamente sulle spalle di pietra, di roccia, di terra battuta, oppure sistemata su sottostrutture lignee. Queste potevano essere a cavalletti, mobili o fissi, oppure a palate o stilate, cioè con piedritti formati da uno o più filari di pali verticali, di solito di olmo, di rovere o di larice: in tal caso, le soprastrutture lignee avevano come elemento portante robuste travi maestre semplici o rinforzate da mensole, da saettoni o da sottotravi e saettoni.Numerosi sono gli esempi di tali tipi di p., soprattutto nei secc. 13° e 14°, sia in Italia (per es. a Bassano del Grappa nella fase prepalladiana del p. Vecchio, costruito sul Brenta nel sec. 12°) sia in altre regioni d'Europa, in particolare nell'area centrosettentrionale, ricca di foreste. Spesso tali artefatti di legno presentavano sul piano di calpestio una copertura con un porticato ligneo a sostegno di un tetto a due spioventi, espediente questo che permetteva di preservare gran parte del p. dalle intemperie e da un rapido degrado dei legni impiegati. A Strasburgo, per es., vi erano ben tre p. coperti, di legno, costruiti sui canali formati dal fiume Ill, ognuno difeso da una torre quadrata del sec. 14°; in Svizzera, dove i p. di legno sono numerosi e importanti anche dal punto di vista paesaggistico, va ricordata a Lucerna la Kapellbrücke (1300 ca.) sul fiume Reuss, che pare essere il più antico p. ligneo coperto d'Europa tra quelli ancora in opera: con allineamento obliquo, è lungo oltre m 200, mostra campate di m 5 ca. e presenta verso la metà una torre ottagonale che fungeva da struttura di difesa, prigione, archivio e camera del tesoro.A partire soprattutto dal sec. 13°, e sempre più nel 14° e nel 15°, assai frequenti furono i p. levatoi, mossi per mezzo di catene correnti entro carrucole, o con bolzoni o con altro mezzo. Tali artefatti costituivano in genere la campata mobile di un p. di muratura, di solito a due o più campate, di tipo particolare, così costituito: la prima campata, verso l'esterno, era fissa (spesso con un'arcata di muratura) e collegava la controscarpa a una particolare pila eretta nel fossato, detta battiponte, mentre la campata fra quest'ultimo e la porta del luogo fortificato era data dal p. levatoio, lungo in genere da m 3 a 3,5, e largo un po' più della porta stessa.In ambito urbano e lungo corsi d'acqua navigabili si potevano pure incontrare p. levatoi di diverso significato (commerciale, di transito), con impalcato sollevabile ora integralmente ora suddiviso in due parti uguali e contrapposte, in modo da permettere il passaggio di imbarcazioni. Esemplare in tal senso era la versione lignea del p. di Rialto a Venezia, un singolare artefatto dal profilo longitudinale a rampe contrapposte messo in opera nel 1264, e più volte restaurato, il quale presentava due parti fisse laterali e una mobile centrale, costituita da un ponticello levatoio suddiviso in due settori sollevabili in senso opposto.Qualche indicazione sul taglio delle teste dei pali impiegati sia nelle palificate di fondazione di pile o spalle di muratura sia nelle palate di un p. di legno è offerta da Villard de Honnecourt: un suo disegno (Livre de portraiture; Parigi, BN, fr. 19093, c. 20r) mostra anche un modello di p. ligneo a mensola con travatura a maglie triangolari di grande stabilità cinematica, ma rimane incerto se esso sia mai stato realizzato.Un tipo di p. particolare era poi quello 'misto', che poteva poggiare le soprastrutture lignee sia su precedenti piedritti di muratura rimasti in opera dopo un crollo parziale o totale delle arcate (come avvenne con il p. di Annibale sul Volturno di età romana, ma gli esempi sono assai numerosi) sia su nuovi piedritti di muratura, tanto nel caso in cui si volesse mantenerlo in tale stato (come sembra sia accaduto con il p. di Rochester del 1383-1393), quanto nel caso in cui i piedritti fossero preordinati a sostenere arcate e altre strutture di muratura, come sembra sia avvenuto con il famoso p. Saint-Bénézet sul Rodano ad Avignone, un manufatto 'misto' nella sua prima fase del 1177-1185, e poi, dopo il parziale incendio del 1226, finalmente con arcate di pietra, di cui le quattro ancora in opera sulla riva sinistra sono databili al 1340 circa.
Per la sua resistenza strutturale si è conservato un numero relativamente grande di questo tipo di p., anche se distruzioni, rifacimenti, restauri più o meno imponenti, soprattutto nelle parti più esposte delle soprastrutture, ne rendono talora difficile la lettura strutturale e cronologica.Abbastanza spesso tali manufatti erano messi in opera sfruttando resti di p. romani preesistenti, servendosi anche dei materiali superstiti. È quanto sicuramente avvenne, per es., con il vecchio p. Coperto di Pavia (danneggiato nel 1944 e poi abbattuto per essere ricostruito subito a valle), eretto fra il 1351 e il 1355 dagli architetti Jacopo da Cozzo e Giovanni da Ferrara, poggiando le sue dieci arcate su piedritti sistemati su piedi di pile romane e poco dopo coperto con un tetto sorretto da colonnette rotonde (alle spalle era difeso da torri merlate). A Verona, invece, il p. della Pietra, sicuramente romano, fu restaurato nel 1298 dagli Scaligeri, che costruirono anche una nuova arcata (la prima a destra), che fu fatta poggiare su strutture in gran parte romane.Talora i p. di muratura mostrano di essere così simili ai manufatti romani per tecnica, tipologia e impronta generale da essere confusi con questi ultimi; da ciò proviene anche la grande diffusione di presunti p. romani pressoché in ogni regione dell'Europa romanizzata. Così è avvenuto, per es., con il Pontelungo di Albenga, in un primo tempo ritenuto romano, poi longobardo, ma con ogni probabilità non anteriore al 13° secolo.Fra i secc. 12° e 14° la tecnica della costruzione dei p. risorse e giunse a risultati di grande importanza, in un progresso assai prossimo alle straordinarie realizzazioni del mondo romano. In Italia meritano in questo senso particolare attenzione i p. di Firenze, di Verona, di Trezzo sull'Adda (prov. Milano), di Millesimo (prov. Savona), di Lanzo Torinese (prov. Torino), di Padova e di Borgo a Mozzano (prov. Lucca).A Firenze ben quattro erano i p. sull'Arno in età comunale: il p. Nuovo o alla Carraia (eretto nel 1220, ma pervenuto nella ricostruzione del 1335); il p. alle Grazie (1237), un tempo con casupole o celle monastiche e con una cappella dedicata alla Madonna delle Grazie al posto della solita porta fortificata; il p. Santa Trinita (eretto nel 1252, ma poi ricostruito nel 1566-1569); su tutti spiccava, e spicca ancor oggi, il p. Vecchio, citato già nel 996 quando era ancora di legno, più volte crollato, e pervenuto nella versione di muratura del 1345, attribuita a Taddeo Gaddi. Si tratta di un singolare p.mercato accompagnato sui due lati da botteghe, con due esili pile dai rostri triangolari affilati, su cui poggiano, sopra il livello delle piene, tre arcate a sesto notevolmente ribassato; la centrale, lievemente maggiore, ha una luce di m 29,90 e una freccia di soli m 4,50, dando luogo a un ribassamento, cioè a un rapporto freccia-luce, di appena 1/6,7, che pare insuperato in età medievale.Un esemplare p. fortificato merlato è invece quello sull'Adige a Verona, cioè il p. di Castelvecchio o Scaligero: probabilmente costruito da Giovanni da Ferrara e Jacopo da Cozzo nel 1354-1356, per ordine di Cangrande II della Scala, esso presenta due grosse pile di pietra con rostri a pianta triangolare a monte e quadrangolare a valle, su cui si elevano torri merlate con piazzuole d'armi e di disimpegno viario (una era un tempo ottagonale), mentre tre grandi arcate ribassate di ca. 1/4, tutte di mattoni (a eccezione degli archi di testata di pietra), superano il fiume; la maggiore, a destra, mostra una luce di ben m 48,7 e appare come la più grande arcata di muratura del Medioevo in un p. a più arcate.Di eccezionale arditezza era invece il p. fortificato e merlato del castello di Trezzo sull'Adda, fatto costruire da Bernabò Visconti fra il 1370 e il 1377 e quasi completamente distrutto nel 1416 dal conte di Carmagnola: difeso da due torri, poggiava con le spalle sulla roccia e la sua unica arcata (larga m 9 ca.) mostrava la straordinaria luce di m 72,25, con una freccia di m 20,70.Altri p. a una sola arcata, ma con luci nettamente minori, sono a Millesimo il trecentesco p. della Gaietta sul fiume Bormida, con porta-torre mediana in corrispondenza della chiave, e a Lanzo Torinese il p. del Diavolo o del Roc, eretto nel 1378 sul fiume Stura, il quale presenta un'ardita arcata di m 37 di luce.Caratteri schiettamente urbani mostrano invece a Padova il p. dei Tadi e quello di S. Giovanni delle Navi, ricostruiti su siti e resti romani, il primo fra il 1286-1300, il secondo nel 1285 (o nel 1286): simili tra loro, presentano entrambi tre arcate a sesto ribassato e un'impronta chiaramente romana.Singolare per le notevoli contropendenze del piano di calpestio e per l'allineamento oscillante e spezzato è il p. della Maddalena o del Diavolo, sul fiume Serchio, nel comune di Borgo a Mozzano, forse iniziato dalla contessa Matilde di Canossa (1046-1115), ma da ritenersi completato almeno un secolo dopo. La sua arcata maggiore si erge grandiosa e a tutto sesto sul filone centrale della corrente verso la sponda destra, mostrando una luce di m 36,80, mentre molto modeste sono le altre quattro arcate (una a destra e tre a sinistra).In Italia pochissimi sono invece in questo periodo i p. con arcate a sesto acuto od ogivali. Tra questi occorre almeno ricordare ad Adrano (prov. Catania) il trecentesco p. dei Saraceni sul fiume Simeto, con quattro arcate disuguali (due a sesto acuto e due ugualmente diverse per luce ma a sesto lievemente ribassato), e il grande p. dell'Ammiraglio a Palermo, fatto costruire nel 1113 sul fiume Oreto (oggi deviato), dall'ammiraglio Giorgio d'Antiochia. Quest'ultimo mostra di essere un p. islamico di impronta romana: le sue sette arcate a sesto acuto - con archi di testata a doppio rotolo sovrapposto di cunei (con aggetto dei superiori sugli inferiori) - tutte digradanti a partire dalla centrale verso le spalle, sembrano essere tra le prime arcate acute apparse in un p. in area occidentale non più islamica ma cristiana, fatta forse eccezione per la Spagna. Deve essere citato, infine, il p. delle Torri a Spoleto, della seconda metà del sec. 14°, attribuito a Matteo Gattapone.In parte diversa è invece la situazione in Francia, dove i p. medievali sono numerosi e spesso a più arcate di luce simile (ma quasi mai troppo ampia), in una grande varietà di sesti o profili all'intradosso. Si hanno così arcate a tutto sesto, come nel Pont-Vieux di Carcassonne o nel p. di Limoux (dip. Aude), ambedue databili intorno al 1320; arcate a sesto ribassato, ma quasi mai con ribassamento inferiore a 1/3, come nel p. sul Rodano di Pont-Saint-Esprit (dip. Gard), dell'ultimo quarto del sec. 13°, o nel p. Saint-Bénézet di Avignone (dove però le arcate tendevano ad essere policentriche, se non paraboliche); arcate a sesto acuto, profilo che nei p. francesi si presenta in casi forse pari a quelli a sesto pieno o ribassato.Le arcate a sesto acuto appaiono nei p. della Francia già nel sec. 12°, a partire almeno dal Pont Saint-Martial e dal Pont Saint-Etienne, entrambi a Limoges, sicuramente databili fra il 1181 e il 1215, per poi ricomparire in altri manufatti: a Saint-Généroux (dip. Deux-Sèvres) nel p. sul Thouet, a Fourcès (dip. Gers) in quello sull'Auzoue, a Orthez (dip. PyrénéesAtlantiques) in quello sul Gave, a Terrasson (dip. Dordogne) in quello sulla Vézère, a Espalion (dip. Aveyron) in quello sul Lot, a Montauban (dip. Tarn-et-Garonne) in quello sul Tarn, a Entraigues (dip. Aveyron) nei p. sui fiumi Lot e Truyère, e infine a Cahors nel fortificato Pont Valentré sul Lot, famoso per le tre torri difensive.Anche in Francia non mancavano tuttavia p. a una sola arcata di grande luce: celebre è quello presso Céret (dip. Pyrénées-Orientales) sul Tech, costruito negli anni 1321-1341, con un'arcata a tutto sesto rialzato avente una luce di m 45,45; di minori proporzioni appare l'unica arcata del p. sul fiume Eygues, costruita nel 1401 e con una luce utile di oltre m 40.A ogni modo, i p. francesi, pur nella loro diversità, si distinguono dagli altri esemplari occidentali non solo per il frequente impiego dell'arco acuto, spesso a due rotoli sovrapposti di cunei con aggetto dei superiori sugli inferiori, ma anche per altre particolarità degne di rilievo: la regolarità e le ritmiche proporzioni dell'impianto generale, sempre alla ricerca di una verticalità ottenuta senza eccessive diversità di luci e di pendenze; l'impiego di solide pile difese da rostri (per lo più avambecchi) - sia a pianta triangolare (come nel p. Saint-Bénézet di Avignone e in quello di PontSaint-Esprit) sia, più raramente, a ogiva (come nei p. di Limoges e in quello di Orthez) - che salgono fino ai parapetti, formando sul piano di calpestio piccole piazzuole di disimpegno o svincolo (per es. nel Pont-Vieux di Carcassonne, nei p. di Limoges e in quelli di Terrasson e di Limoux); l'intelligente e sobria utilizzazione di elementi costruttivi romani, come arcate a quattro anelli retti, paralleli e indipendenti (come nel p. Saint-Bénézet di Avignone e in quello di Pont-Saint-Esprit), finestre di deflusso sopra le pile (per es. nei p. di Orthez, Montauban, Céret, Avignone e di Pont-Saint-Esprit); l'attenta manipolazione dei materiali da costruzione (pietra e mattoni).I p. medievali di area spagnola trassero ispirazione dai numerosi p. romani, da quelli ispano-musulmani, e, soprattutto nei territori presso il confine, dai vicini p. francesi.Fra gli altri meritano di essere ricordati in Catalogna il p. romano di Martorell, le cui probabili tre arcate, crollate nel 1143, furono sostituite nel 1283 da una grande arcata ogivale centrale con luce di m 37,30, da una più modesta arcata acuta a destra e da un'arcatella sussidiaria a tutto sesto nella spalla sinistra; il p. di Sant Joan de les Abadesses (Ripoll), a tre arcate ogivali (sec. 14°); il grandioso p. di accesso a Besalú, di impronta romana, messo in opera nel sec. 12°, ma poi ricostruito nel 14°, con otto arcate a tutto sesto impostate su pile, scaricate superiormente da finestre centinate di deflusso: sul suo piano di calpestio si notano, alle estremità, porte fortificate di difesa, mentre una potente torre poligonale con arco di transito si erge sull'arcata centrale, caratterizzando l'artefatto come p. fortificato.Altri p. significativi della Spagna sono: il p. di Orbigo, lungo il Camino de Santiago, con numerose arcate di rifacimento, ma quattro a sesto acuto che risalgono probabilmente al sec. 13°; il p. di Tudela sull'Ebro, eretto forse dal re di Navarra Sancio VII il Forte negli anni 1146-1149, un artefatto lungo m 300 ca., con diciassette arcate, alternatamente a tutto sesto e acute; il p. di Simancas (Valencia), con arcate ogivali; il p. di Talamanca (Madrid), con cinque arcate a sesto un po' ribassato (sec. 12°-13°); i tre p. di Arévalo (Ávila), con arcate a sesto acuto, tutti opera di maestranze musulmane; il p. di Andújar sul Guadalquivir, eretto fra i secc. 14°-15°, lungo m 300 ca. e largo m 7,50, con quattordici arcate a tutto sesto e finestre di deflusso centinate.Un gruppo particolare di p. spagnoli, ispirati a modelli romani (come i p. di Alcántara e di Alconétar nei pressi di Cáceres) e ispano-musulmani (soprattutto a quello di Alcántara a Toledo), è poi costituito da tre p. messi in opera da maestranze probabilmente toledane al servizio dell'arcivescovo Pedro Tenorio, loro committente, attivo nel 14° secolo. Si tratta a Toledo di due p. sul Tago, il Puente de San Martín e, nei pressi della città, il Puente de l'Arzobispo, del 1380, con torri militari nel mezzo, e probabilmente del p. di Alcalá de Henares. Le caratteristiche comuni di questi e altri p. medievali cristiani della Spagna consistono nella presenza di fori di sollevamento e di marche di cava o di cantiere o di imprenditore presenti in diversi cunei, nell'impiego di arcate con cunei lunghi e stretti, difesi all'estradosso da un 'bardellone' di conci, nell'uso di cavità o incassi d'appoggio della centina negli intradossi delle arcate e nella difesa delle pile non solo con avambecchi a pianta triangolare, ma anche con retrobecchi arrotondati (presenti pure in p. musulmani) e triangolari (solo in p. cristiani).Nulla di nuovo sembrano invece offrire sotto il profilo tecnico-costruttivo e tipologico i p. di altri stati europei. In Inghilterra, per es. a Londra il London Bridge sul Tamigi (1176-1207) - strutturato su venti arcate a sesto acuto, a doppio rotolo di conci, aventi luci da m 3 a 5, pari, se non inferiori, allo spessore delle pile (m 5-11), e con un piano di calpestio parzialmente occupato da case e anche da una cappella - mostrava di essere più un borgo sul fiume che un p., finendo per ostacolare notevolmente la navigazione. Molto più eleganti, semplici e funzionali appaiono invece a Bradford-on-Avon (Wiltshire) il Town Bridge, che conserva due arcate e una cappellina del sec. 13°, a Chester il Dee Bridge, del tardo sec. 14°, che mostra alcune arcate modanate originarie, e soprattutto a Exeter l'Exe Bridge, databile al 1200 ca., con diciassette arcate alternatamente a sesto pieno e acuto, artefatto che appare come il più antico e l'unico esemplare di p. del periodo normanno in Inghilterra.In Germania si possono ricordare a Münden (Bassa Sassonia) il p. sul fiume Werra, del 1329, con cinque arcate a sesto acuto; a Bingen (Assia) il p. sul fiume Nahe, del sec. 11°, con sette archi su poderose pile e con una cappella; a Ratisbona il p. sul Danubio (Steinerne Brücke), eretto fra il 1135 e il 1146 con allineamento lievemente spezzato, torri ai capi e sulla quarta pila; degno di nota è infine a Erfurt il p. delle Botteghe (Krämerbrücke) sulla Gera, eretto a spese dei mercanti locali nel sec. 12° e che, con il p. Vecchio di Firenze e con quello ligneo di Rialto a Venezia, appare come uno dei più antichi esempi di tale tipologia in Europa.Merita una menzione particolare il meraviglioso p. Carlo sulla Moldava, eretto a Praga a partire dal 1357 su progetto dell'architetto Peter Parler, ma portato a termine ben oltre un secolo dopo: concepito come opera di difesa e di ingresso trionfale al vicino castello, esso è lungo m 516 ca., largo m 9-10 ca., e mostra arcate a sesto ribassato impostate su sedici pile. Ai due capi stanno possenti torri ornate di statue e stemmi.L'elemento strutturale che distingue il p. medievale da quello romano è senz'altro costituito dall'impiego dell'arcata a sesto acuto. In tale individuazione talora possono collaborare altri elementi significativi, anche se meno specifici: l'allineamento irregolare dovuto all'incapacità di controllare pienamente le fondazioni indirette su palificata, a vantaggio di quelle direttamente fondate sul terreno solido disponibile (da ciò derivano allineamenti ondeggianti o obliqui, come nella Kapellbrücke di Lucerna, o a gomito, come nel p. Saint-Bénézet di Avignone, ovvero spezzati a una o a due estremità, come nel p. di Besalú); arcate con archi di testata aventi cunei di differente spessore e lunghezza, o costruiti con mattoni di età medievale (per misure e tipo); arcate con doppio rotolo sovrapposto di conci o di mattoni, in cui quello superiore (a filo con il muro di paramento) mostra di aggettare rispetto a quello inferiore rientrante, come è evidente sia nei p. con arcate a tutto sesto (per es. a Padova nel p. dei Tadi e in quello di S. Giovanni delle Navi), sia soprattutto nei già considerati p. con arcate a sesto acuto, sia in quelli con ambedue i tipi di arcate in alternanza (come nei p. di Saint-Généroux e di Exeter); l'accentuato profilo a dorso d'asino, con pendenze talora notevoli che impediscono o rendono assai difficile il carreggio (per es. p. della Maddalena di Borgo a Mozzano, p. di Martorell in Catalogna); murature di paramento talora irregolari o poco omogenee, per l'impiego anche di materiale di recupero; ingombri eccessivi (per motivi di difesa o controllo) della carreggiata a causa di superfetazioni (per es. cappelle, torri, castelli, portali), che mostrano di essere coeve o immediatamente successive al p. stesso.Un altro aspetto del p. medievale era costituito dalla sua polifunzionalità e dall'eccessiva presenza, non tanto del suo consueto arredo (iscrizioni, stemmi nobiliari, colonne, croci, statue, immagini religiose o profane, fontanelle, portici coperti), quanto piuttosto di strutture architettoniche che stanno su di esso o sono in qualche modo a esso collegate. Tali superfetazioni edilizie possono essere a carattere religioso (edicole, cappelle, eremi, conventi), difensivo (porte, torri, fortezze, castelli, muraglie, merlature o altre fortificazioni), economico (opifici, laboratori), commerciale (botteghe, rivendite, mercati), industriale (mulini, lavorazione dei panni, del pesce o altro), abitativo (casupole, case, palazzi), di accoglienza (ospizi, ricoveri, ospedali, prigioni), di controllo amministrativo (ambienti per riscuotere pedaggi, dazi, balzelli), trionfale (per es. p. Carlo a Praga) e ludico (come il p. di S. Fosca a Venezia, con 'lotte di pugni' e il p. di Mezzo a Pisa, teatro del gioco del p.).La committenza dei p. medievali pare coinvolgere tutte le categorie sociali interessate in qualche modo al territorio oggetto dell'operazione; il denaro era garantito da pedaggi, tasse e/o finanziamenti diretti, indiretti o collettivi. Sono così imperatori, re, principi, feudatari e, soprattutto, vescovi, autorità locali (per es. podestà, consoli), parrocchie, commercianti, industriali, abati, frati, eremiti, monaci (come s. Senochio, protettore dei costruttori di p.), privati cittadini o altri soggetti ancora, a promuovere la costruzione di p., talora sotto lo stimolo di indulgenze e di benefici spirituali o organizzandosi in confraternite religiose questuanti e caritatevoli. A quest'ultima categoria andrebbero ascritti, nella Francia meridionale, i Fratres Pontifices, in realtà mai esistiti, almeno come costruttori di p. (caso mai soltanto come ricercatori di fondi per la loro costruzione), i quali, su ispirazione del giovanetto s. Benedetto di Hermillon, il 'fondatore' dell'omonimo p. Saint-Bénézet ad Avignone, avrebbero proseguito fra il sec. 12° e il 14° l'opera del maestro nel raccogliere fondi per costruire ponti. In realtà, i veri costruttori di p. furono architecti, magistri, artifices e operarii (ingegneri, architetti, capomastri e maestranze esperte in tali lavori), spesso organizzati in associazioni del mestiere.Se poi certi p. dell'Italia e dell'Europa occidentale, a partire dal Tardo Medioevo, hanno finito per incarnare il Maligno (p. del Diavolo), quasi personificandolo - forse sotto l'impulso dell'eresia catara -, allora spesso l'intervento di un santo portava alla liberazione dalla maledizione e vi trovava posto un simbolo o una piccola costruzione sacra. Così la sacralità dell'acqua, offesa dal sacrilegio del p., opera del Maligno, veniva garantita e l'attraversamento del manufatto, fosse questo urbano o rurale, appariva senz'altro sicuro; anzi, sotto la protezione divina, veniva preservato da qualsiasi pericolo, presentandosi quasi come una vittoria della comunità sul fiume e finendo per unificare città, collegare organicamente territori e unire uomini e popoli.
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Nel mondo bizantino per designare il p. venivano impiegate, secondo la tradizione greca, due distinte parole: ghéphyra, per indicare ogni tipo di p., in particolare quello di pietra o perenne; schedía, per designare qualsiasi 'struttura costruita in fretta' e quindi anche il p. di navi o di zattere, sia militare, sia casuale o provvisorio, destinato a una rapida demolizione, anche se talora un termine è impiegato con il significato dell'altro, soprattutto in presenza di un p. di legno. Di impiego secondario è invece la parola zéugma, usata per indicare un p. di barche o navi congiunte con corde o gomene, sia regolamentare sia improvvisato o di circostanza.Il problema degli stretti rapporti fra i p. bizantini e quelli romani può trovare una soluzione se si considerano due particolari aspetti o atteggiamenti con cui i Bizantini si accostarono a tale manufatto: da una parte infatti l'avere ereditato l'imponente sistema stradale romano, particolarmente fitto soprattutto in Asia Minore, impose loro una serie di interventi conservativi o di veri e propri restauri, se non ricostruzioni, dei p. romani già in opera; dall'altra, invece, la riorganizzazione del territorio bizantino, soprattutto a partire dai tempi di Giustiniano I (527-565), indusse l'autorità imperiale a costruire nuovi p. o comunque a sostituire talora con energici restauri quelli già in uso, mettendo a frutto tutte le nuove tecniche costruttive dell'architettura bizantina, tanto da giungere a rinnovare il modello romano con innovazioni e progressi tecnici quasi moderni. Un caso interessante è quello dei p. Nomentano e Salario a Roma, ricostruiti rispettivamente nel 552 e nel 565 a cura del generale Narsete dopo la riconquista bizantina della città.Quanto ai p. di galleggianti e di legno, essi ripetevano modelli già utilizzati in epoca romana; si impiegavano infatti, tra quelli di galleggianti, p. di zattere o di otri senza impalcato, oppure p. di botti, di cassoni, di barche o navi con impalcato ligneo, sia regolamentari sia di circostanza, tanto di uso civile (come il p. di barche gettato sul Bosforo da Eraclio nel 636), quanto di impiego militare, come mezzi d'assalto.Di tradizione romana dovevano essere anche i p. di legno che, sulla base delle fonti, si deve presumere fossero sia del tipo a cavalletto, mobile o fisso, sia del tipo a stilate verticali, mentre non dovevano mancare p. levatoi, trasbordatori, o d'assalto (diabáthra o epibáthra), e quelli a speciale destinazione, civile o militare. Un pons sublicius (cioè a stilate), forse analogo a quello di Roma, è testimoniato a Costantinopoli ancora nel sec. 5° nella Regio XIV della città (Notitia dignitatum), e doveva congiungere le due rive del Corno d'Oro, mentre p. di legno (facilmente smontabili o in parte sollevabili) erano quelli costruiti in corrispondenza delle porte 'civili' sul fossato che correva intorno alle mura della capitale, erette da Teodosio II a partire dal 413. Procopio (De Aed., IV, 8, 16-17) ricorda poi come Giustiniano I, in un punto assai stretto della via Egnatia presso Costantinopoli, detto Mýrmex ('formica'), avesse costruito un p. di pietra con una grande arcata in luogo dell'antico p. di legno più volte rovinato. Numerosi dovevano essere poi i p. levatoi sui fossati disposti intorno a fortezze, castelli o ad altri luoghi fortificati; né dovevano mancare p. levatoi di impiego civile, come quello sull'Euripo, cioè sul braccio di mare fra l'Eubea e la Beozia, ricordato da Procopio (De Aed., IV, 3, 18-20) e ancora in opera in età tardobizantina, il quale forse doveva sollevarsi, aprendosi nel mezzo, per permettere il transito delle navi.
È difficile, se non impossibile, discernere con certezza i p. di epoca protobizantina: essi infatti presentano spesso un'indistinta genericità di strutture o esigui resti rimasti in opera. Questo accade, per es., sulla costa ionica dell'Asia Minore per due p. sul Tahtalı Çay, uno dei quali, presso il centro di Turbalı, è a tre arcate di modesta luce con archi di testata formati di grossi cunei squadrati e muri di testa con conci di vario tipo, spesso di recupero, cementati da calce, secondo una tecnica che, pur discendendo dai p. romani, appare caratteristica di tante altre costruzioni bizantine databili soprattutto fra il 4° e il 6° secolo.Analoga incertezza rimane sul preciso periodo di costruzione, tra gli altri, del p. bizantino detto Asar Köprü, a Sultanhisar (l'antica Nysa ad Maeandrum), con un'unica arcata a scheggioni cementati da calce, o del p. sul Tarsus Çay in Cilicia, di quello sul Tohma-Su presso Akçadaǧ in Cappadocia, o ancora di un p. a cinque arcate sull'Iris (od. Yeşil Irmak), presso Magnopolis nel Ponto. Sicuramente bizantino è invece il Karamağara Köprüsü (p. della Caverna Nera), posto non lontano da Bahadin presso l'Eufrate, che presenta un'unica arcata di m 17,75 di luce con un chiaro sesto ogivale o acuto, proponendosi senz'altro come uno dei primi esempi bizantini di arco a sesto acuto, giacché appare databile nel sec. 5° o 6°, almeno a giudicare dai caratteri paleografici dell'iscrizione che reca.Fra il sec. 4° e il 6° sono pure collocabili vari p. di fondazione romana, ma molto rimaneggiati o ricostruiti in epoca bizantina, lungo il limes nel deserto della Siria. Tra questi vanno ricordati il p. a S di Tell Jarasa e i p. di Sufiyya, di Hasika e di Jazīrat ibn ῾Umar. Integralmente bizantini sono invece due p. sul fiume Cordes della città di Dara (Turchia), fondata fra il 504 e il 506 da Anastasio I.La costruzione di p., o comunque il loro energico restauro, fece invece parte del piano di riorganizzazione urbanistica e viaria messo in atto da Giustiniano I, noto attraverso il De Aedificiis di Procopio di Cesarea.Da tale testimonianza e dalle evidenze monumentali si può dedurre che - a eccezione di un probabile p. di pietra a Costantinopoli su un corso d'acqua presso la chiesa dedicata a s. Callinico, nonché del citato p. sul Mýrmex e di un p. sul wādī Haidra ad Ammaedara (od. Haïdra), in Tunisia, con un'arcata di ben m 30 congiunta a una fortezza - l'attività costruttiva dell'imperatore si sia concentrata soprattutto in Asia Minore. Qui infatti Giustiniano fece ricostruire un p. a Nicea, inglobando il precedente (Procopio, De Aed., V, 5, 3-6); restaurò radicalmente vari p. romani a numerose arcate (a Mopsuestia, o Misis, presso Adana, e anche in quest'ultima città; Procopio, De Aed., V, 5, 4-13); costruì dalle fondamenta nuovi p., ora deviando il fiume - come a Tarso, città insidiata dal Cidno, che venne diviso in due rami su ciascuno dei quali fu edificato un nuovo p. (uno di essi, con tre arcate a tutto sesto, è ancora visibile fuori città; Procopio, De Aed., V, 5, 14-20) -, ora proteggendoli dalla violenza della corrente fluviale per mezzo di potenti muri d'ala, come quel prómachon che fu costruito per difendere il p. di Sykeon, in Galazia (individuabile forse in un p. con sette pile presso Eskişehir, lungo la c.d. via dei pellegrini; Procopio, De Aed., V, 4, 1-5), ora segnando con edifici le loro estremità, come accade con il più bel p. bizantino superstite, quello fatto costruire dallo stesso Giustiniano sul fiume Sangario, presso Adapazarı, in Bitinia (Procopio, De Aed., V, 3, 8-11).Quest'ultimo grandioso manufatto, lungo m 429 ca. e largo mediamente m 9,85, presenta sette grandi arcate a sesto fortemente ribassato con luci fra m 23 e 24,50 e archi di testata a doppio rotolo sovrapposto di conci posti in opera a secco con grande precisione di giunti: le spalle sono piene e traforate verso la corrente da due arcatelle sussidiarie, ciascuna con archi di testata a un unico rotolo di conci (quelle di sinistra hanno a valle i resti di un caravanserraglio forse tardobizantino). All'imbocco destro (occidentale) del p., ancora nell'Ottocento stava un portale in forma d'arco onorario, mentre all'imbocco sinistro si vedeva un grande edificio rettangolare absidato e provvisto di due portali contrapposti a servizio di altrettante vie.Fra il sec. 4° e il 6°, i p. bizantini mostrano una singolare continuità sia tipologica sia tecnica rispetto ai precedenti romani: l'unica novità consiste talora nell'impiego di conci di proporzioni piuttosto medie o piccole, ovvero nell'utilizzazione di malta quale cementante in presenza di conci di paramento di modeste proporzioni, mentre soluzioni isolate rimangono sia la presenza dell'arco acuto nel Karamağara Köprüsü sia l'uso del doppio rotolo di cunei nelle arcate del p. sul Sangario (un espediente tecnico di rinforzo che si trova anche nelle arcate dei p. romani, soprattutto se di mattoni).Un'evoluzione ulteriore e quasi moderna del p. bizantino di tipo romano sembra invece apparire ancora nella seconda metà del sec. 5°, proseguire poi nella prima metà del 6° e farsi più intensa nella seconda metà del medesimo secolo, per perfezionarsi in seguito forse all'epoca di Eraclio (610-641): essa fu generata dal fatto di aver compreso che la solidità di un p. dipendeva da un opportuno alleggerimento dei rinfianchi, o meglio dei timpani delle arcate, con l'esito di irrobustire i piedritti (soprattutto le pile), scaricando gli eccessivi pesi soprastanti. Per raggiungere un tale scopo, i costruttori bizantini provvidero i p. non solo di pile con elaborati zoccoli di fondazione, ma 'svuotarono' il più possibile i timpani fra le arcate, creando delle vere e proprie 'camere vuote' o 'vuoti trasversali', oppure ricavarono nei timpani dei 'vuoti longitudinali' con muri interni non collegati da piccole volte, ma da una copertura piana. Il primo tipo è rappresentato da un p. sul fiume Xanthus (od. Koka Çay), presso Kemer, in Licia, forse dell'ultimo quarto del sec. 6°, e dal p. del sultano Çair sul Macesto (od. Mav), a Sultançair presso Balıkesir, databile fra la seconda metà del sec. 6° e la prima metà del 7°; il secondo tipo invece è chiaramente esemplificato dal p. 'a colombaia' (Guverçin Köprü) sull'Esepo (od. Gönen Çay), presso il mar di Marmara, parzialmente romano, ma in gran parte ricostruito fra la seconda metà del sec. 5° e i tempi di Giustiniano, nonché dal vicino e quasi scomparso p. sul Rindaco (od. Koca Dere) a Ulubad (Lopadium) e dall'Ak Köprü (p. Bianco) sul Granico, ora distrutto.Anche il p. con arcate completamente di laterizio pare che abbia trovato un opportuno aggiornamento nel mondo bizantino, pure in questo caso soprattutto a partire da Giustiniano. Nel sec. 6°, infatti, potrebbe essere datato il grandioso p. sull'Alakır Çay presso Lymra (Limyra). Lungo m 360 ca., esso mostra ventotto arcate (di cui ventisei originarie), fortemente ribassate, con luce media di m 10,65 ca., formate da due rotoli sovrapposti di mattoni bizantini cementati da dura calce.Nei successivi periodi medio e tardobizantino pare che le uniche novità siano state una maggiore frequenza di arcate a struttura mista, cioè con archi di testata formati dall'alternanza di cunei di pietra con serie compatte di mattoni, e l'impiego di conci più larghi che alti sempre negli archi di testata delle arcate. Quanto alla tecnica costruttiva, essa sempre più predilesse nelle murature paramenti di conci o cunei piuttosto piccoli, spesso di ricupero, i quali furono posti in opera non sempre in filari orizzontali, ma con varie pendenze od oscillazioni di livelli, mentre sempre più frequente appare l'utilizzazione di calce o malta fra gli elementi lapidei.Di tali epoche si conservano pochi p. di nuova costruzione, oggi in gran parte ridotti a resti di scarsa entità, accanto a p. noti soltanto dalla documentazione scritta. Così in Grecia vanno ricordate a Sparta le rovine di un p. sull'Eurota, datate ora nel sec. 8° ora al 1207, mentre ancora in opera e a una sola arcata di pietra appaiono sia il p. di Elasson, in Tessaglia, forse del sec. 13°, sia il tardobizantino p. di Koraku sull'Acheloo; in Epiro, il p. di Uzdina presenta resti in piccoli mattoni di probabile epoca bizantina; in Tracia a Bera (od. Pherrai), l'abate del monastero della Theometor Kosmosoteira, fondato nel 1152, aveva l'obbligo di curare la manutenzione di un grande p. costruito in pesantissimi conci e di un altro p. posto in un sito detto Aeidaropniktes (Tabula Imperii Byzantini, 1976-1991, VI, p. 200); in Asia Minore va ricordato tra gli altri, spesso di difficile individuazione per le trasformazioni e i restauri subiti nel tempo, il p. Zompu, sul medio corso del Sangario, citato da fonti mediobizantine (Tabula Imperii Byzantini, 1976-1991, VII, pp. 221, 246) Committenti di queste opere d'arte stradali furono in genere gli imperatori o i loro delegati, fra cui comparvero con sempre maggiore frequenza i vescovi di varie città.
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In arabo i termini per designare un p. sono fondamentalmente due: jisr, per un p. di galleggianti o di legno, e qanṭara, per un p. in muratura (il pl. qanāṭir è usato anche per indicare un acquedotto ad arcate): in numerosi casi però un termine viene impiegato per l'altro, forse perché talora si mantenne la denominazione dettata dal materiale originariamente utilizzato.Le fonti islamiche, soprattutto quelle storiche e geografiche, non compiono nette distinzioni tra p. di altre epoche e p. realizzati in epoca islamica, magnificandoli ugualmente; valga per tutti il caso del p. sul fiume Singas (arabo Sanja; turco Göksu), presso l'Eufrate, uno dei più significativi p. romani, celebrato dalle fonti arabe come una delle meraviglie del mondo islamico.Poco comunque si conosce dei p. costruiti dai primi califfi (632-661). Forse sasanide e non arabo era infatti il famoso p., probabilmente di barche, sull'Eufrate che diede il nome all'evento ricordato dagli storici arabi come 'il giorno della battaglia al p.', culminato con la morte eroica, nel 634, del condottiero Abū ῾Ubayd al-Thaqafī.Sotto gli Omayyadi di Damasco (661-750) venne eretto un p. sul fiume Saros, presso Adana: si tratta del Jisr al-Walīd, costruito nel 743, forse in legno, dal califfo al-Walīd II, ma poi rifatto nell'840 dal califfo abbaside al-Mu῾taṣim.Agli Abbasidi (750-1258) appartengono vari p. sul fiume Tigri - uno superiore e uno inferiore, entrambi di barche, e un terzo mediano, o principale, di legno con parti in pietra -, al servizio della vicina città circolare di al-Manṣūr, la Madīnat alSalām (v. Baghdad). Al periodo abbaside si deve datare anche il p. sul Tigri ad Amida (od. Diyarbakır), la cui versione romano-bizantina fu distrutta nel 974 dagli stessi Bizantini; in seguito fu completamente ricostruito sulle precedenti fondazioni dal marwanide Naṣr al-Dawla (1011-1061) e dal suo successore Niẓām al-Dawla Naṣr, che lo portò a termine nel 1065.Devono essere considerati anche diversi p. in territorio iraniano che, pur caratterizzandosi per la continuità con i modelli sasanidi, rivelano in epoca islamica l'influenza del mondo romano. Tra gli esempi più antichi va ricordato il Pul-i Khudā āfarīn sull'Arasse, che risalirebbe nelle fondazioni all'8° secolo. Un altro ponte forse costruito a cavallo tra il periodo sasanide e i primi secoli dell'Islam è il Pul-i Shahristān sullo Zayānda Rūd a Isfahan (Pope, 19773, pp. 1226-1235).In Armenia, all'epoca dei Shaddadidi (1064-fine sec. 12°), venne costruito ad Ani un p. a una grande arcata sul fiume Arpa Çay. Ad Aleppo, invece, il sultano ayyubide al-Malik al-żāhir Ghiyāth al-Dīn Ghāzī fece costruire sul fossato della fortezza un p. a otto arcate, mentre in Egitto gli storici arabi delle crociate ricordano in questo periodo p., forse di barche, gettati sul Nilo ad Ashmūn (1221) e a Damietta (1218, 1249), e menzionano il p. al-Manṣūr sul canale di Ashmūn (1250), presso la città di al-Manṣūra.In Ifrīqiya, l'aghlabide Ziyādat Allāh I (817-838) mise probabilmente in opera un p. a Kairouan, presso la porta di Abu'l-Rabī῾, mentre più tardi, in Marocco, l'almoravide ῾Alī b. Yūsuf b. Tāshufīn (1106-1142) fece venire a Marrakech architetti spagnoli e altri esperti per costruire un p. sul Tansift, che doveva essere senz'altro un'opera ingegnosa: secondo il contemporaneo al-Idrīsī (Nuzhat al-mushtāq), esso crollò poco dopo, per la violenza del corso d'acqua, che trascinò via la maggior parte delle pile fino al mare.Innovativi, moderni e di una singolare efficienza sono invece i numerosi p. messi in opera nell'area siro-anatolica da dinastie turche (Selgiuqidi, Artuqidi, Mamelucchi, Ottomani) e quelli realizzati nella Spagna islamica (al-Andalus) dagli Omayyadi di Córdova e da altre dinastie africane.Ai Selgiuqidi del sultanato di Rūm o d'Occidente (1081-1308) si debbono molti p. ancora in opera in Anatolia. Meritano di essere segnalati: il p. di Derbent (Konya), di tipo romano, costruito intorno al 1210; l'Ak Köprü (p. Bianco) sul Çubuk Su presso Ankara, del sec. 13°; il p. sullo Yeşil Irmak, sulla via Tokat-Amasya, costruito dal visir Mu῾in al-Dīn Sulaymān nel 1250; il Çesnir Köprü sul Kizil Irmak, presso Köprüköy; il Serik Köprüsü (Antalya), del sec. 13°; il p. di Çoban Dede sull'Arasse, a Erzerum, del 1271; il Taşli Köprü (Doğubayazıt), del sec. 12°; il Çayköprü (Bilecik).Al periodo zangide risale un ponte sul Tigri della metà del sec. 12° nel sito di Cizre (Jazīrat ibn ῾Umar), al confine tra Siria e Turchia, caratterizzato da un programma decorativo a tema astrologico: sulle pile ottagonali che sostengono l'arco centrale del p. sono disposti numerosi pannelli in pietra con raffigurazioni di congiunzioni astrali (Preusser, 1911, pp. 26-27; Gierlichs, 1996).Agli Artuqidi, che governarono soltanto il bacino superiore del Tigri tra la fine del sec. 11° e gli inizi del 15°, si devono alcuni dei più evoluti e imponenti p. islamici. Fra questi vanno ricordati: il p. sul Devegeçidi, opera di un architetto di Aleppo, Ja῾far ibn Maḥmūd Tarsīm; il p. sul Tigri a ridosso del palazzo di Hasankeyf; il p. sull'Anbarçay e quello detto Malabadi Köprüsü (1148), nei pressi di Diyarbakır sul Batman Su, ambedue recanti un'iscrizione che li certifica come opera dello stesso architetto, il ghulām dell'ustādh (apprendista del capomastro) Ja῾far ibn Maḥmūd al-Ḥalabī. In particolare l'ultimo p., dall'allineamento a S spezzata e slargata alle estremità, appare un'opera meravigliosa, sia per la complessa articolazione dell'enorme e possente pila-spalla centrale sia per la presenza, fra altre cinque arcate sussidiarie o di scarico più piccole variamente disposte, di una grande arcata a sesto acuto che supera il filone della corrente con archivolti corniciati e modanati. L'ispirazione ai non lontani p. romani a Kahta e sul fiume Singas appare lampante, così come bizantina è la presenza di vuoti trasversali (qui vere e proprie camere) nei timpani, ma l'interpretazione è nuova e originale.Tra i p. dei Mamelucchi vanno ricordati: il p. a tre arcate ogivali di Jindas, in Israele, sul wādī Musrara, costruito dal sultano Baybars I nel 1273, come indicano due belle iscrizioni sul parapetto con leoni araldici scolpiti. Ugualmente in Palestina, subito a monte del lago di Tiberiade, sul sito di un guado con fortino crociato, fu costruito il Jisr banāt Ya῾qūb (p. delle Figlie di Giacobbe), di cui si notano ancora scarsi resti in pietra di basalto.Numerosissimi sono poi i p. degli Ottomani, anche se quelli del c.d. primo periodo ottomano (1326-1402) sono piuttosto scarsi o di difficile individuazione a causa delle frequenti manomissioni o di energici restauri avvenuti in seguito. Questi manufatti si esprimono in genere con caratteristiche tipologiche e tecniche già viste nell'area interessata, sia introducendo arcate a sesto acuto, talora in lunghe e pittoresche serie continue, sia riproponendo elementi strutturali e tipologici attinti dall'ambito romano, bizantino e selgiuqide, opportunamente aggiornati o integrati fra loro. Tra gli esempi più significativi vanno ricordati: un vecchio p. turco sul Dildere (Libyssos), presso il golfo di Izmit (Nicomedia), con tre arcate a tutto sesto di tipo romano, ma con timpani traforati da finestre di scarico con voltine a sesto acuto; il p. karamanide sul Limonlu Çay, a Efrenk, in Cilicia; o ancora il Görmel Köprüsü, non lontano da Silifke (Cilicia), con due arcate ogivali e iscrizione ottomana in nicchia del 14° secolo.Nella Spagna islamica, infine, il p. mostra di incontrare un notevole successo soltanto a partire dal periodo califfale di Córdova (929 o 932), quando l'omayyade ῾Abd al-Raḥmān III (912-961) trasformò l'emirato indipendente di Córdova in califfato; in precedenza, p., strade e infrastrutture in genere, per lo più di costruzione romana, avevano finito per subire soltanto riparazioni o rifacimenti parziali, come avvenne, tra gli altri, con il p. sul Guadalquivir a Córdova, con il p. di Alcántara a Toledo e con il p. sul fiume Henares a Guadalajara, tutti artefatti che in età califfale assunsero un aspetto dall'impronta chiaramente araba.A partire invece dal sec. 10° si costruirono anche nuovi p., ispirati non solo ai manufatti di attraversamento appena citati, ma in particolar modo al p. sul fiume Guadiana a Mérida, al famoso p. sul Tago ad Alcántara e al p. di Alconétar, tutte costruzioni di sicura romanità. Tra i manufatti 'califfali' vanno ricordati, con rivestimento in pietra, il citato p. di Alcántara a Toledo, il p. di Guadalajara (nella versione della seconda metà del sec. 10°), il p. a cinque arcate sul Genil a Granada, i p. sul Guadiato e sul torrente di Los Nogales, nei pressi di Córdova, e il p. di Niebla sul Tinto (Huesca), del 9°-10° secolo.Non mancano in Spagna p. islamici in mattoni, che sembrano apparire fra i secc. 11° e 12°: tra di essi sono da menzionare nella provincia di Siviglia i p. almohadi di Carmona (con arcata centrale a triplice rotolo di mattoni) e di Aznalcázar (con archivolto a duplice rotolo di mattoni), e ancora, nella provincia di Granada, il p. di Riofrío e quello per Loja.Caratteri generali di questi p. spagnoli sono: il frequente impiego dell'arco a ferro di cavallo; l'uso di pile con avambecco triangolare, talora accompagnato da retrobecco arrotondato (in qualche caso mosso da gradoni); l'assenza nei conci di grappe, perni, fori per il sollevamento o di marche di cava, di cantiere o di imprenditore; l'abitudine non rara di sistemare paraste ornamentali sui muri di testata presso le grandi arcate; la consuetudine di preordinare incassi negli intradossi delle arcate per l'appoggio delle centine; l'impiego ridotto di materiale di recupero; l'uso di conci di media dimensione se impiegati nei muri di paramento, ovvero di cunei allungati e stretti nelle arcate. Quanto agli òrnamenti', essi sono ridotti al minimo: solo torri o portali difensivi.
Bibl.:
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