PONTE (XXVII, p. 854; App. II, 11, p. 587)
Nel decennio 1949-59 il progetto e l'esecuzione dei p. hanno subìto l'influenza dei notevoli progressi dell'arte del costruire. Meno importante è stata l'evoluzione del p. ferroviario, per il quale i carichi sono rimasti pressoché gli stessi e i concetti informatori dei progetti non si sono molto discostati da quelli del passato. Qualche adozione di tecniche modernissime è ancora nella fase di controllo.
Non altrettanto può dirsi per il p. stradale, per il quale il vasto campo di applicazione, dovuto alla costruzione di un gran numero di strade di sempre maggiore importanza e, in particolare per l'Europa, alla ricostruzione delle opere distrutte dalla guerra, ha offerto grandi possibilità di esperienza ed affinamento sia ai progettisti sia ai costruttori. Dal punto di vista architettonico, inoltre, si è proceduto nel cammino dell'elaborazione formale per la ricerca di espressività stilistiche.
Il ponte in legno. - Nulla o quasi vi è da segnalare di nuovo. Il celebre p. in legno di Bassano del Grappa sul Brenta, distrutto nel corso dell'ultima guerra, è stato ricostruito identico al vecchio e inaugurato il 3 ottobre 1948.
Il ponte in muratura. - Lo sviluppo sempre maggiore delle nuove tecniche, le luci sempre più grandi ed evidenti ragioni economiche hanno ridotto sempre di più le costruzioni di p. in muratura, per i quali non vi è da segnalare alcuna importante acquisizione.
La ricostruzione del p. a S. Trinita in Firenze, distrutto dalle mine tedesche durante la guerra (4 agosto 1944), ha offerto agli ingegneri l'occasione di controllare, con i più moderni mezzi di calcolo, la valida intuizione dell'Ammannati. L'opera, realizzata in tutto e per tutto identica all'antica, si è dimostrata atta a sopportare egregiamente i moderni carichi mobili.
Il ponte in acciaio. - Nell'ultimo decennio si è proseguito a costruire p. in acciaio sempre più importanti ed arditi. In Europa i tecnici tedeschi hanno realizzato sul Reno una serie di opere interessanti. Si è proceduto nell'uso di materiali speciali e nel perfezionamento delle giunzioni a mezzo di saldatura. La trave a parete piena, che è ormai comunemente usata anche per notevoli luci, conduce a buoni risultati economici ed estetici. Ci si riferisce naturalmente a travi composite totalmente saldate, in cui l'anima è costituita da lamiera relativamente sottile, opportunamente irrigidita da risalti, allo scopo di evitare deformazioni per instabilità elastica.
Per esempio: un ponte a travata semplicemente appoggiata, della luce di m 35,0 con nervature a parete piena, soletta d'impalcato in calcestruzzo armato, acciaio Aq. 42 UNI 743 e con lamiere Aq. 48 UNI 815, comporta l'impiego di circa 130 kg di acciaio per m2 di ponte in proiezione orizzontale, escludendo l'armatura metallica che si richiede nella soletta in cemento armato dell'impalcato. Il quantitativo di acciaio si eleva a kg 240 per m2 di ponte in proiezione orizzontale per un ponte a travata di tipo analogo a quello precedente ma della luce di m 50; in questo secondo esempio l'acciaio delle strutture ha caratteristiche meccaniche tali da consentire un carico di lavoro di 16 kg/mm2. L'uso di acciai di qualità più elevata quali Aq. 50 UNI 743, lamiere Aq. 53 UNl 815 o addirittura l'ST 53, che si può adoperare con una sollecitazione massima di 22 kg/mm2, permette economie notevoli rispetto ai dati più sopra riportati.
Naturalmente l'uso di p. metallici a parete piena, rispetto a quelli con travi maestre a composizione reticolare, comporta una notevole riduzione di altezza, e quindi di rigidità, delle nervature. Questo ripropone in termini più sentiti l'importanza dei fenomeni dovuti alle oscillazioni, sia per quanto si riferisce alla possibilità di amplificazioni pericolose di esse, sia per il prodursi degli effetti per fatica sugli acciai, in regime di tensione ondulante.
Moltissimi laboratorî, in tutto il mondo, sono oggi impegnati allo studio dei fenomeni di fatica. In particolare in Europa si cita il politecnico di Zurigo (prof. F. Stussy). A questo proposito si può concludere per ora che, a meno di casi eccezionali, le difficoltà per la saldatura e le cautele da usarsi per i fenomeni di cui sopra frustrano in parte i vantaggi dovuti all'alleggerimento del peso di acciaio che si otterrebbero con l'uso di materiali a resistenza molto elevata.
Tra le realizzazioni di questi ultimi anni merita particolarmente menzione il ponte sul Reno "Severins" a Colonia per la sua originale concezione. Il ponte (luci 52,456 - 150,00 - 301,654 - 47,81 - 89,13 - 49,11) è stato prescelto in un concorso essenzialmente per la sua aderenza alle caratteristiche urbanistiche e di navigazione del luogo interessato dall'attraversamento (tav. f. t., fig. I).
L'alto pilone (fig. 1), della forma ad A e dell'altezza dal piano della fondazione di m 80,00, sopporta una serie di tiranti obliqui di acciaio che contribuiscono a sopportare le due luci maggiori. Il pilone è stato ubicato in posizione dissimmetrica in maniera da non creare intralcio alla navigazione ed intende determinare, dal punto di vista compositivo del paesaggio, un concetto di contrappunto all'alta guglia del duomo non molto distante. La fig. 2 mostra i diagrammi dei momenti flettenti massimi e minimi (tratto continuo), mentre la linea tratteggiata rappresenta il diagramma dei momenti dovuti ai carichi permanenti. L'impalcato, della larghezza totale di m 30,10, è costituito da due travi laterali a cassone chiuso di altezza variabile da m 4,50 a m 3,50 e della larghezza di metri 3,20, collegate da una piastra nervata della luce di m 19,12. All'esterno delle due travi i marciapiedi si protendono a sbalzo ciascuno per m 2,29.
Il ponte in calcestruzzo armato. - I p. in calcestruzzo armato hanno subìto un notevole sviluppo dovuto essenzialmente al sempre maggiore affinamento dei metodi di calcolo, ai progressi della tecnologia dei calcestruzzi ed all'uso di armature metalliche di particolari caratteristiche.
La pratica ormai comune di far precedere ogni costruzione dallo studio sistematico, da parte dello specialista, delle caratteristiche fisiche degli inerti e di quelle chimico-fisiche del legante, dalla determinazione sperimentale della curva granulometrica optimum e dall'esatta dosatura delle quantità di acqua d'impasto, nonché l'installazione di centrali per la confezione meccanica del calcestruzzo, l'uso di fluidificanti, la vibrazione ed infine il gran numero di controlli di laboratorio durante i lavori, hanno determinato la possibilità di ottenere calcestruzzi di compattezza e di resistenza ben maggiori di quelle di dieci anni fa. E questo non solo per elevare i tassi delle sollecitazioni di esercizio, ma anche per contenere le deformazioni delle strutture in campo plastico-viscoso.
Parallelamente al progresso della tecnologia del calcestruzzo si è diffuso l'uso delle armature metalliche ad alta resistenza e, come suol dirsi, ad aderenza migliorata. Si tratta di barre di acciaio di varia sezione che presentano flange o risalti atti ad ottenere un'aderenza tra acciaio e calcestruzzo maggiore di quella di barre cilindriche a superficie liscia. L'adozione quindi di sollecitazioni unitarie di esercizio di kg/cm2 95 ÷ 100 per il calcestruzzo e di kg/cm2 2200 ÷ 2400 per l'armatura metallica è ormai assai diffusa.
La riduzione delle sezioni resistenti e la conoscenza più approfondita del regime delle tensioni interne hanno contribuito infine al raggiungimento di una maturità stilistica tra le più valide del nostro periodo architettonico.
Nel campo dei p. ad arco in calcestruzzo armato, negli ultimi dieci anni si è proceduto a progettare archi di luce sempre maggiore e del tipo a struttura cellulare, composti cioè da due solette, una inferiore e l'altra superiore, collegate da nervature verticali (fig. 3). Per gli archi molto ribassati (rapporto freccia-luce minore di 1/10) si è decisamente abbandonato il cosiddetto "tipo Risorgimento"), cioè l'arco a timpani irrigidenti, e ciò per la sua scarsa convenienza.
Il viadotto "Nueva República" in Caracas, progettato in Italia, che raggiunge il valore del rapporto freccia-luce di 1/14, è stato progettato con struttura cellulare senza timpani irrigidenti (tav. f. t., fig. 2).
Tra i grandi ponti ad arco costruiti o in via di costruzione si citano: p. sul torrente Sambro (Autostrada del Sole, tratto Firenze-Bologna; luce m 140); p. sul torrente Aglio (Autostrada del Sole, tratto Firenze-Bologna; luce m 164; v. autostrada, in questa App., tav. f. t.); p. sul torrente Fiumarella (Catanzaro; luce m 231; tav. f. t., fig. 3); p. d'Arrabida a Porto, Portogallo (luce m 270).
Il progetto di queste grandi opere comporta la soluzione di problemi costruttivi d'impegno sempre molto notevole. In particolare ha spesso preminente importanza il problema delle opere provvisorie (centine) atte a consentire il getto del conglomerato cementizio degli archi. In Europa e specialmente in Italia la centina di legno è stata quasi completamente sostituita da quella costituita da elementi metallici, spesso tubi Mannesmann, connessi da speciali giunti smontabili (fig. 4).
Il ponte sullo Storms River (strada Port Elisabeth-Città del Capo, Unione Sudafricana), date le particolarissime condizioni del luogo, è stato eseguito mediante rotazione dei due semiarchi gettati verticalmente (tav. f. t., fig. 4).
Si cita inoltre la centina Cruciani, costituita da una serie di archi reticolari le cui briglie sono costituite da pacchi di tavole di legno collegate da diagonali di acciaio e di legno (fig. 5).
Per quanto si riferisce alle quantità dei materiali necessarî per un ponte ad arco della luce di circa m 150 e del rapporto freccia-luce di circa 1/5, larghezza della sede viaria di m 10,50 più due marciapiedi della larghezza ciascuno di m 1,00, si possono raggiungere attualmente i seguenti valori: calcestruzzo per arco (fondazioni delle imposte escluse), ritti ed impalcato: quantità per metro quadrato d'impalcato: m3/m2 1,10; armatura metallica corrispondente: kg/m2 115. Quanto sopra per sollecitazioni non superiori a kg/cm2 100 per il calcestruzzo e 2200 kg/cm2 per l'armatura metallica e per le ipotesi di carico di cui alle vigenti norme italiane (v. di seguito).
Nel campo dei p. in calcestruzzo armato a travate rettilinee, le acquisizioni ed i perfezionamenti più sopra elencati hanno determinato la possibilità di realizzazioni sempre più importanti. Per il caso di luci multiple le travate Gerber, cioè le travate rese isostatiche con l'adozione di articolazioni (punti di nullo prestabiliti dei momenti flettenti), godono sempre del favore dei progettisti specialmente per il caso di fondazioni difficili.
Si cita ad esempio il viadotto del Quercia-Setta dell'Autostrada del Sole (tratto Firenze-Bologna), della lunghezza di m 1100 circa, realizzato con n. 31 luci da m 35, in cui una parte delle travate (quelle tra le articolazioni) sono state costruite a terra e poi montate (tav. f. t., fig. 5). In questa opera sono stati impiegati i seguenti materiali: a) per l'impalcato: calcestruzzo per metro quadrato d'impalcato: m3/m2 0,40; acciaio ad aderenza migliorata per metro quadrato d'impalcato: kg/m-55; acciaio normale per metro quadrato d'impalcato: kg/m2 8; b) per gli appoggi (fondazioni escluse): calcestruzzo per metro quadrato d'impalcato: m3/m2 0,27; acciaio normale per metro quadrato d'impalcato: kg/m2 21.
Il ponte in calcestruzzo precompresso. - Quest'ultimo periodo è essenzialmente caratterizzato dalla notevolissima affermazione del p. a travata in calcestruzzo precompresso (App. II, 1, p. 555). Molteplici sono le ragioni per cui la precompressione è particolarmente adatta per la risoluzione del tema del p. a travata. Si consideri che una struttura precompressa comporta un notevole alleggerimento rispetto ad una analoga di calcestruzzo armato normale. Tale alleggerimento incide notevolmente sull'economia generale degli sforzi che, per una buona aliquota, derivano dal peso proprio della struttura. Si consideri inoltre che una riduzione del peso proprio della travata determina un'economia per gli appoggi e per la consistenza delle armature provvisorie necessarie per la costruzione dell'opera. L'alleggerimento ha reso quindi possibile il notevole sviluppo, caratteristico di questi ultimi anni, della pratica di costruire i diversi elementi di travata fuori opera e indi di procedere alla cosiddetta operazione di varo, particolarmente indicata per p. di notevole altezza e su corsi d'acqua (tav. f. t., fig. 6).
Un altro vantaggio del p. in calcestruzzo precompresso è rappresentato dall'eliminazione, per impostazione concettuale, delle fessurazioni, anche capillari. Fatto questo assai utile specialmente in vicinanza del mare.
Le particolarità tecnologiche di realizzazione di una struttura precompressa favoriscono la progettazione di travate semplicemente appoggiate, tra loro indipendenti, anche per attraversamenti a luci multiple, che risultano convenienti per ampiezze fino a quaranta metri; a differenza di travi semplicemente appoggiate in cemento armato ordinario la cui convenienza risulta dubbia per le luci superiori ai venticinque metri.
Per meglio chiarire questi limiti di convenienza si cita il caso di una travata semplicemente appoggiata dell'ampiezza di trentacinque metri e della larghezza stradale di m 10,50, più due marciapiedi della larghezza di m 1,00 ciascuno. Carichi italiani per ponti di I categoria. Sollecitazioni massime normali. Si riporta il confronto tra una soluzione in ferro a travi maestre a parete piena, una soluzione in calcestruzzo precompresso ed una in calcestruzzo armato. La tabella che segue contiene i quantitativi di materiali per le tre soluzioni:
Ovviamente, per poter scegliere la soluzione più economica non è sufficiente determinare i prezzi con l'applicare ai quantitativi di cui sopra i relativi prezzi unitarî. Occorre prevedere, in un programma costruttivo quanto più dettagliato possibile, tutte le operazioni e le manovre che si richiederanno nella realizzazione dell'opera, tenendo altresì conto di tutte le circostanze di luogo che potranno avere influenza sul costo della costruzione. Un'incidenza economica che può variare notevolmente da caso a caso è quella che compete alle opere provvisorie (centine); spesso anzi il loro onere è tale da spostare il confronto economico a favore di soluzioni a travi d'impalcato costruite fuori opera (prefabbricate) e poi trasportate sul luogo d'impiego per essere varate o poste in opera a mezzo di apparecchi di sollevamento. S'intende che in questi la leggerezza delle nervature diviene un requisito essenziale; d'altronde le travate metalliche che consentirebbero appunto la massima leggerezza sono spesso da scartare per i notevoli oneri della conservazione nel tempo.
Di regola, nei termini di cui all'esempio, la soluzione in calcestruzzo precompresso presenta il maggior numero di vantaggi e questo spiega il suo enorme sviluppo, sì che, per esempio in Italia, solo per i tratti Milano-Firenze e Roma-Capua dell'Autostrada del Sole, è stata adottata per ottanta manufatti, per uno sviluppo complessivo di m 11.808.
Tra i ponti più importanti realizzati in calcestruzzo precompresso in questi ultimi anni si citano: p. sul Reno a Worms: a più luci di cui la massima di m 122,00 (tav. f. t., fig. 7); p. sul Reno a Coblenza: a più luci di cui la massima di m 114,00; p. sul Tevere a Roma: a più luci di cui la massima di m 100,00; p. a Cuba: a più luci di cui la massima di m 91,00; p. presso Benevento: ad una luce con contrappesi (luce m 80,00); p. sul Po dell'Autostrada del Sole: a più luci con luci massime di m 75,00.
Un tipo di p. che in questi ultimi anni ha preso sviluppo è quello costituito da una travata con sbalzi terminali, all'estremità dei quali sono disposti cavi di acciaio sottoposti a preventiva trazione, in maniera da produrre lungo tutta la trave un campo tensionale dipendente dalla detta trazione.
L'applicazione si presta per lunghe travi rettilinee il cui regime dei momenti flettenti può essere regolato a piacere. Si tratta quindi di una moderna versione della trave a contrappesi (v. App. II, 11, p. 587, fig. 1), in cui sono stati eliminati i due gravi inconvenienti di tale soluzione, e cioè: l'aggravio sulle fondazioni per il carico del contrappeso e la costanza della sua influenza sulla distribuzione dei momenti. Nella trave a tiranti, invece, lo sforzo di questi interessa soltanto il tratto di struttura compreso tra la trave e l'ancoraggio inferiore dei tiranti, ed il regime dei momenti flettenti risulta variabile al passaggio dei carichi esterni.
La caratteristica di autoregolazione di questa struttura risulta di grande interesse ma presenta alcuni aspetti delicati che occorre siano considerati dal progettista.
L'impostazione concettuale risulta assai semplice: anzitutto occorre assumere l'entità del contributo che si richiede all'azione dei tiranti; occorre quindi stabilire il rapporto δ tra il momento flettente massimo voluto nella sezione mediana della trave e quello Mfl, prodotto dal complesso dei carichi permanenti ed accidentali, per il caso che la trave sia considerata semplicemente appoggiata.
Ciò significa sollecitare i tiranti ad una trazione:
in cui:
a: lunghezza dello sbalzo.
I ΔNn siano le variazioni indotte nei tiranti per il passaggio dei carichi accidentali nelle varie parti della struttura, per le variazioni termiche e per le perdite di tensione.
Ovviamente i ΔNn si determinano facilmente con altrettante condizioni di congruenza tra le variazioni di lunghezza dei tiranti e le deformazioni elastiche della travata. Queste sottopongono l'acciaio dei tiranti ad un regime di tensione ondulante, in campo di variazione piuttosto esteso, tale per cui sono da temere le conseguenze del noto fenomeno di rottura per fatica nel tempo, anche se le massime sollecitazioni risultano notevolmente lontane dai limiti di resistenza del materiale.
È ben noto che detto fenomeno dipende sia dall'ampiezza del campo di variazione che dalla localizzazione del tratto del diagramma sforzi-deformazioni dell'acciaio in cui si produce la variazione. Ciò significa che, rilevato sperimentalmente il detto diagramma sforzi-deformazioni, occorre per ogni caso determinare con apposite prove i valori λ1 e λ2 definiti dalle espressioni (σe: limite elastico convenzionale del materiale):
tali per cui, dopo un numero sufficientemente elevato di cicli di variazione della tensione (almeno due milioni), non si produca rottura né apprezzabile modificazione delle caratteristiche di resistenza del materiale.
Altro problema da affrontare è quello rappresentato dalla conservazione nel tempo dei tiranti, la cui notevole variazione di lunghezza (per il passaggio dei carichi) produrrebbe certamente fessurazioni nel calcestruzzo in cui essi dovessero risultare coinvolti a scopo protettivo. Ad evitare questo inconveniente si ricorre al seguente artificio: le guaine di calcestruzzo che coinvolgono i tiranti vengono sottoposte ad una compressione mediante una tensione ulteriore dell'acciaio, scorrevole entro la guaina all'atto della tensione, e quindi bloccato e reso solidale con la guaina stessa.
Il campo di variazione della compressione delle guaine è compreso tra i limiti:
essendo A la sezione della guaina e σmax la sua massima compressione dovuta alla pretensione dei cavi di acciaio. La creazione di guaine siffatte condiziona inoltre il comportamento del sistema travata-tiranti, secondo relazioni dipendenti dalle loro caratteristiche elastiche.
Occorre infine tenere conto anche di un altro importante aspetto dell'applicazione: molti autorevoli tecnici hanno sempre mostrato una certa opposizione all'adozione di distorsioni indotte, per il timore che le deformazioni in campo plastico-viscoso del calcestruzzo le annullino nel tempo in misura notevole. Si ritiene che in questo caso specifico un'opportuna considerazione delle deformazioni plastico-viscose, l'assunzione di una modesta entità della distorsione per i carichi permanenti e soprattutto il comportamento autoregolante e temporaneo delle tensioni al passaggio dei carichi accidentali, possano far ritenere validi anche nel tempo i vantaggi di un ponte del tipo più sopra descritto.
Tra le opere già eseguite si citano: un attraversamento di autostrada tedesca (fig. 7), il ponte Amerigo Vespucci in Firenze (tav. f. t. fig. 8) in cui le tre travate sono vincolate a tiranti nell'interno delle pile, ed il cavalcavia sul Corso Francia in Roma (tav. f. t., fig. 9).
L'utilizzazione dei concetti più sopra esposti per i tiranti pretesi ha condotto alla realizzazione del progetto, redatto in Italia, del grande p. in costruzione sul lago di Maracaibo in Venezuela (figg. 8 e 9). È un attraversamento della lunghezza di 8620 m per il quale le necessità della navigazione per il centro petrolifero sul lago hanno obbligato alla previsione di cinque luci, in corrispondenza del canale navigabile, ciascuna dell'ampiezza teorica di m 235. Le condizioni climatiche particolari hanno sconsigliato, anche per le luci grandi, l'adozione di una soluzione in acciaio. Tutto il p., quindi, risulta in calcestruzzo precompresso con luci di m 36,60, di m 46,60, di m 85,00, di m 160,00 e di m 235,00. Il piano viabile, della larghezza totale di m 19,60, sale da m 5,50 al disopra del livello del lago a m 50,00 per esigenze di navigazione. Le luci maggiori sono costituite da una serie di sistemi speciali iperstatici indipendenti, bilanciati e collegati alle loro estremità da travi semplicemente appoggiate della luce di m 46,60. L'elemento orizzontale di ogni sistema bilanciato è costituito quindi da una travata con sbalzi terminali della lunghezza totale di m 188,40, su sei vincoli, i quattro centrali determinati da una speciale pila a doppio X ed i due estremi da tiranti di acciaio pretesi, che passano al disopra di una antenna, indipendente dal sistema della pila (tav. f. t., fig. 10).
Il progetto di questa travata, ad appoggi di cedevolezza molto diversa al passaggio dei carichi mobili, per effetto dei cavi che costituiscono gli appoggi estremi, ha presupposto l'adozione dei carichi prescritti dalle norme degli Stati Uniti d'America, adottati anche in Venezuela. Dette norme prevedono, per strade di grandi comunicazioni, l'effetto più gravoso dei seguenti carichi: a) un camion H/20-S/16-44 con la disposizione ed i pesi di cui alla fig. 10; b) un carico ripartito di kg/m 952, più due carichi concentrati di kg 8.165, in posizione più gravosa. Coefficiente dinamico:
Se la larghezza dell'impalcato permette più di due corsie di veicoli, i carichi si riducono al 90% nel caso di tre corsie, ed al 75% nel caso di quattro o più corsie.
A questo proposito si ritiene interessante riportare un confronto tra le prescrizioni per i carichi sui ponti di alcuni paesi del mondo, allo scopo di notarne il grande divario.
In Italia le prescrizioni vigenti, per ponti su strade di traffico pesante, risultano le seguenti (fig. 11):
uno o più treni indefiniti di autocarri da 12 tonnellate (a seconda della larghezza stradale) affiancati da un treno indefinito di cui agli schemi I o II o da un treno definito di cui allo schema III, che determini le maggiori sollecitazioni.
Coefficiente dinamico:
Il confronto di cui alla tabella che segue si riferisce ai valori dei momenti flettenti massimi, dovuti ai sovraccarichi, nella sezione di mezzo, per una travata della luce di m 30,00 e per una larghezza della carreggiata di m 10,50, più due marciapiedi della larghezza ciascuno di m 1,00 con quattro nervature parallele.
Da notare, infine, che i valori dei momenti flettenti riportati nella tabella sono quelli totali (per i sovraccarichi) a cui la sezione di mezzo della trave è chiamata a resistere. Si sono considerati cioè gli effetti della dissimmetria, necessariamente bilaterale, dei carichi, rispetto all'asse longitudinale del ponte. Il momento flettente totale considerato risulta espresso pertanto da:
in cui αi sono i coefficienti minori di uno proporzionatamente ai quali i carichi Pn, transitanti sul ponte, si ripartiscono sulle varie nervature parallele. limitatamente però a quelle poste dalla stessa banda del piano verticale longitudinale di simmetria della travata, su cui si trovano i carichi.
A proposito dell'influenza della dissimmetria dei carichi e della sua agevole possibilità di calcolo, occorre far seguire alcune considerazioni.
È noto che il calcolo esatto della distribuzione delle tensioni per il passaggio dei carichi dissimmetrici su un impalcato di ponte, composto di nervature longitudinali, collegate trasversalmente da membrature e da una soletta che costituisce la sede viaria, è piuttosto laboriosa, tanto che il progettista usa di norma una serie di formule approssimate e fondate su ipotesi semplificative.
Tali ipotesi consistono essenzialmente nel considerare una sola nervatura trasversale ideale (Faltus) od il vincolo di semplice appoggio delle membrature trasversali (supposte queste infinitamente rigide) su quelle longitudinali (Albenga, Courbon ed altri).
Tutti, però, fanno astrazione dalla considerazione della rigidità torsionale delle nervature longitudinali, la cui influenza può risultare in qualche caso importante.
In questi ultimi tempi ha preso sviluppo un tipo di impalcato da ponte cosiddetto a cassoni paralleli. Tutte le nervature, cioè, sono collegate a due a due inferiormente in maniera da costituire una serie di travi a sezione tubolare rettangolare. La rigidità trasversale dell'impalcato, cioè la sua capacità di distribuire il più uniformemente possibile, per tutta la sua lunghezza, un carico dissimmetrico, risulta notevolmente maggiore del caso di nervature isolate inferiormente. Allo scopo di dimostrare, per questo caso, la scarsa validità delle formule approssimate rispetto al reale comportamento della struttura, si presenta qui sopra una tabella di raffronto tra le ripartizioni di carichi dissimmetrici, calcolate con l'ipotesi della traversa ideale (Faltus), con l'ipotesi delle traverse infinitamente rigide e quelle determinate da una serie di prove sul modello, per la travata di cui alla figura 12, della luce di m 35,00. Le αi; in tabella sono i coefficienti per cui vanno moltiplicati i carichi Pn per ottenere l'aliquota che grava su ciascuna nervatura: si è assunto il segno positivo per carichi diretti verso il basso.
L'esame della tabella porta alle seguenti considerazioni: la notevole rigidità flessionale del trasverso conduce a risultati praticamente uguali per i due metodi di calcolo approssimati. La forte rigidità torsionale delle nervature determina un notevole divario tra i risultati di calcolo e quelli del modello. In questo ed in casi consimili l'adozione di un metodo di calcolo per la ripartizione trasversale, che faccia astrazione dalla rigidezza torsionale delle travi longitudinali, non è conveniente.
Bibl.: E. B. Mock, The architecture of bridges, New York 1948; Die deutschen Rheinbrücken, Colonia 1956; G. Albenga, I ponti, 2ª ed., Torino 1958; E. Mörsch, Brücken aus Stahlbeton und Spannbeton, 6ª ed., Stoccarda 1958; Fortschritte im Stahlbrückenbau, Colonia 1959; articoli varî sulle riviste: Autostrade, Milano; Giornale del Genio Civile, Roma; Travaux, Parigi; Die Bauetechnik, Berlino; Engineering News Record, New York.