PONTE (XXVII, p. 854; App. II, 11, p. 587; III, 11, p. 454)
Nel periodo 1959-75 il progetto e l'esecuzione dei p. hanno seguitato a subire un notevole processo di evoluzione, sotto l'assillo dello sviluppo delle comunicazioni, proprio del nostro tempo. Le esigenze sempre maggiori di velocità e di sicurezza portano sempre di più all'interposizione, tra strada e terreno naturale, di un elemento di supporto, appoggiato sul terreno per punti singoli (il viadotto, il p.), che permette un andamento plano-altimetrico del tracciato della via di comunicazione quanto più indipendente possibile dalla modellazione naturale del suolo. Mentre in passato soltanto un corso d'acqua o un profondo vallone giustificavano la costruzione di un p. o di un viadotto, oggi può affermarsi che il progettista della strada ricorre con frequenza all'adozione di opere d'arte, tutte le volte che giudica conveniente svincolarsi dalle esigenze della morfologia del terreno.
Lo sviluppo quindi del p. (per adottare un termine generico) ha necessariamente fruito delle risultanze di due fondamentali ricerche, e cioè:1) l'estrema semplificazione e standardizzazione di lunghe opere costituite da una serie di luci piuttosto modeste (20 ÷ 50 m.), su appoggi verticali anche di notevole altezza, con conseguente costo relativamente modesto, specialmente in considerazione della possibilità di adattamento plano-altimetrico del tracciato stradale al suo optimum funzionale; 2) la possibilità di aumentare l'ampiezza delle luci libere per opere particolari, per es., per l'attraversamento di larghi specchi d'acqua e di profondi valloni, pur contenendo al massimo il costo di costruzione a mezzo del sempre maggiore perfezionamento delle tecniche e delle tecnologie costruttive.
È da notare inoltre che lo sviluppo del p. riguarda soltanto le tipologie dì acciaio, di calcestruzzo armato e di calcestruzzo precompresso in quanto ogni altra applicazione (per es., il p. di muratura) deve intendersi obsoleta.
Ponti di acciaio. - Per quanto si riferisce ai p. ferroviari di acciaio, si nota una certa tendenza a rimanere entro schemi già abbondantemente collaudati dall'uso e quindi le novità da segnalare non rivestono particolare interesse. Non altrettanto invece può dirsi per le applicazioni stradali, in cui essenzialmente si tende alla realizzazione di luci sempre maggiori con la contemporanea ricerca della riduzione del peso del materiale impiegato. Qualsiasi sia la tipologia adottata, si tende sempre di più all'uso della saldatura per materiali di qualità che, per es., per le norme italiane attualmente vigenti, possono definirsi acciai del tipo calmato con tensione di rottura superiore a 52 kg/mm2 e con allungamenti a rottura non inferiori al 21%. Tra i p. di acciaio possono distinguersi:
Ponte a travata a cassone. È ormai comune l'uso della cosiddetta travata a cassone chiuso, in cui le pareti e il fondo sono costituite da lamiere saldate di modesto spessore, opportunamente munite di elementi irrigidenti intesi a evitare fenomeni di perdite di forma per instabilità elastica. Anche la superficie superiore del cassone che sopporta il piano stradale è costituita da una speciale struttura metallica detta "lastra ortotropa". Si tratta di una struttura costituita da una lamiera continua superiore, saldata a una serie inferiore di costole parallele all'asse longitudinale del p., queste a loro volta solidali a una serie di travi trasversali (i trasversi) posti a una certa distanza e a loro volta vincolate sulle pareti verticali dei cassoni di cui la lastra in esame costituisce la faccia superiore.
La fig. 1 mostra un tipo di lastra ove le costole (aperte) sono costituite da laminati piatti (nella fig. 2 da laminati piegati) inseriti entro apposite scanalature dei trasversi e poi a essi saldate; i trasversi sono costituiti da laminati a ⊥ anch'essi saldati alla lamiera superiore la quale costituisce l'ala superiore della sezione resistente a ??? dei trasversi stessi.
Allo scopo di chiarire il funzionamento statico della lastra ortotropa, si fa seguire un'elencazione degli stati di sollecitazione a cui la struttura risulta sottoposta:
I° stato: sollecitazione sulla lamiera e relative sue deformazioni per la presenza di un carico accidentale isolato, allo scopo soprattutto di determinare la legge di distribuzione di esso sulle varie costole;
II° stato: sollecitazioni sulle costole continue sugli appoggi fissi costituiti dai trasversi, questi considerati quindi in un primo tempo in deformabili;
III° stato: deriva dall'introduzione del concetto della piastra ortotropa: infatti passando dalla considerazione del carico reale a quella di azioni applicate direttamente ai nodi (costola-trasverso), si può effettuare il calcolo a piastra prescindendo dalla discontinuità della struttura, immaginando cioè una struttura continua, con rigidezze diverse nelle due direzioni principali ortotrope equivalenti a quelle della struttura reale.
IVo stato: nasce sulla piastra per il fatto che essa funge da parete superiore del cassone il quale, nel suo insieme, rappresenta la travata principale del ponte.
La piastra ortotropa, mentre è caratterizzata da una grande leggerezza, presenta però un costo piuttosto elevato soprattutto per il grande sviluppo delle saldature necessarie.
Un'applicazione che gode di particolare favore per travate di luce media è quella costituita dal cosiddetto Verbundraeger. Si tratta di una struttura mista composta da un cassone con fondo e pareti di lamiera, analogo a quello più sopra descritto, ma la cui superficie superiore è costituita da una lastra di calcestruzzo armato.
Il comportamento di tale struttura, in cui cioè la parte metallica e la parte di calcestruzzo vengono considerate insieme quale un'unica struttura resistente, ha obbligato essenzialmente a indagini approfondite su tre aspetti caratteristici, e cioè:
a) Il comportamento solidale delle due parti di materiale diverso, questo ottenuto a mezzo di elementi metallici che, saldati alla parte di acciaio della struttura, risultino incorporati entro la piastra di calcestruzzo.
b) La determinazione di un solido ideale uniforme le cui caratteristiche di resistenza possano agevolmente calcolarsi mediante il ben noto processo della sua omogeneizzazione; si tratta cioè di trasformare idealmente la porzione della sezione resistente di calcestruzzo in acciaio, in maniera che tutta la sezione resistente possa considerarsi omogenea, supponendo valida l'ipotesi della conservazione delle sezioni piane.
c) La determinazione delle interazioni tra acciaio e calcestruzzo, quando quest'ultimo subisce variazioni della sua geometria nel tempo per effetto dei fenomeni di ritiro e di viscosità.
Il ritrovato si presta, come già accennato, per luci non eccessivamente grandi poiché la piastra di calcestruzzo presenta un notevole peso proprio che incide sul peso totale della travata.
Ponte a travata a struttura reticolare. Questo tipo di p. viene ormai adottato sempre più raramente e in questi ultimi anni non ha presentato innovazioni degne di nota se si prescinde dall'uso sempre più generalizzato delle saldature.
Ponte sospeso. Pur non presentando in questi ultimi anni una particolare evoluzione delle sue caratteristiche fondamentali tipologiche, resta sempre insostituibile, almeno per ora, per tutte quelle applicazioni in cui è necessario scavalcare grandi o grandissime luci libere. Luci fino a 1000 m e oltre sono appannaggio di questo tipo di p., essenzialmente per le sue caratteristiche di grande leggerezza e per una notevole semplicità della sua esecuzione. Da notare l'approfondimento teorico-sperimentale sempre maggiore del comportamento del p. sospeso sotto le azioni aerodinamiche. In questi ultimi anni anche l'Europa vanta parecchie applicazioni importanti, caratterizzate soprattutto da una maggiore elaborazione sia progettuale che esecutiva rispetto ai ben noti prototipi nord-americani.
Ponte strallato (fig. 3). Il primo esempio interessante di p. strallato (il p. del contrappunto di Colonia) è stato già citato nella v. ponte (App. III, 11, p. 454), esso tende a generalizzarsi e punta a creare una valida alternativa, anche per grandi luci, al p. sospeso di cui sopra.
Ponti di calcestruzzo armato. - Il p. di calcestruzzo armato a travata rettilinea ha fruito in questi ultimi anni essenzialmente del continuo perfezionamento della tecnologia dei calcestruzzi e dell'approfondimento delle indagini teorico-sperimentali sul comportamento delle varie membrature, specialmente nel tempo.
Circa la conquista di luci sempre maggiori può affermarsi che non si sono fatti progressi molto importanti. Questo è dovuto essenzialmente al fatto che il rendimento della struttura (intendendosi per rendimento il rapporto tra le tensioni prodotte dal carico utile rispetto a quelle prodotte dal detto carico utile e dal peso proprio) tende a diminuire rapidamente all'aumentare della luce. A questo proposito sono in pieno sviluppo gli studi e le sperimentazioni per ottenere calcestruzzi ad alta resistenza, il cui peso specifico risulti ridotto di almeno il 25 ÷ 30% rispetto a quelli di composizione convenzionale.
In particolare, per quanto si riferisce al p. ad arco di calcestruzzo armato, deve notarsi in questi ultimi anni una notevole diminuzione del numero di applicazioni. Pur avendo raggiunto la luce di 300 m, l'arco, sostituito ormai da tipologie diverse afferenti al calcestruzzo precompresso, ha finora presupposto per la sua esecuzione l'uso della centina, di alto costo e di delicato comportamento. È degna di nota la costruzione recente di un arco della luce di 200 m in cui la centina è stata soppressa: si tratta del p. Van Staden nei pressi di Porth Elizabeth (Repubblica Sudafricana), il cui arco è stato costruito a elementi successivi, a mezzo di una speciale cassaforma mobile e con l'ausilio di sistemi di tiranti posti in tensione, fino ad arrivare al completamento in chiave. Si ritiene che l'uso generalizzato di tecnologie di esecuzione consimili potrebbe rilanciare le applicazioni di archi di calcestruzzo armato che, per loro conto, presentano peculiarità interessanti.
Ponti di calcestruzzo armato precompresso. - Questo tipo di p. può considerarsi attualmente il più comunemente usato in tutto il mondo per una vasta gamma di luci libere. Infatti, allo scopo di utilizzare al massimo i vantaggi tecnici della precompressione, insieme con l'evoluzione sempre crescente di tale applicazione si è andata parallelamente sviluppando una serie di ritrovati di esecuzione di grande interesse.
Si fa seguire un'elencazione delle principali categorie di opere nella quale si è altresì indicato con grande approssimazione il limite di convenienza delle ampiezze delle varie luci:
Travate rettilinee per luci comprese tra 30 e 60 m: in questo caso si ricorre generalmente alla prefabbricazione delle varie campate per elementi del peso fino a circa duecento t, varati in loco a mezzo di speciali apparecchi di trasporto. Di regola le varie travate risultano semplicemente appoggiate su pile verticali e, più raramente, dopo il varo degli elementi prefabbricati, si può ricorrere a operazioni di saldatura delle varie luci (a mezzo di cavi di acciaio post-tesi) fino a determinare, nei riguardi dei sovraccarichi accidentali, un comportamento a travata continua di più campate. Il grande sviluppo di questo tipo di p. ha determinato un interessante ritrovato per l'esecuzione di pile verticali, in maniera che esse, anche se di notevole altezza, non incidono eccessivamente sulla convenienza globale dell'opera con impalcati di luci modeste. Si tratta di regola di pile a sezione scatolare chiusa, vuota nell'interno, e con pareti perimetrali costituite da solette verticali di calcestruzzo armato di modesto spessore. La costruzione di tale struttura scatolare avviene con il metodo delle casseforme striscianti, senza l'ausilio di alcun ponteggio provvisionale appoggiato a terra: cioè un elemento di cassaforma metallica di modesta altezza (1 ÷ 2 m) contiene un primo getto di calcestruzzo; dopo il suo indurimento la cassaforma stessa, a mezzo di un dispositivo di martinetti idraulici, viene sollevata in alto, strisciando sul calcestruzzo indurito, fino a determinare nel suo interno un nuovo vano entro cui viene operato un nuovo getto; e così via fino alla costruzione completa della pila. Il ritrovato, ormai di uso comune, determina forte economia di costo e di tempo.
Travate rettilinee per luci comprese tra 60 e 200 m: in questo caso, e specialmente per applicazioni in cui il nastro stradale risulta a grande altezza rispetto al terreno naturale, si ricorre alla tipologia cosiddetta Diwidag (dal nome del Centro Tecnico che per primo l'ha proposta): si tratta della costruzione di una serie di sistemi, ciascuno costituito da una pila verticale (da eseguirsi generalmente con il metodo più sopra citato delle casseforme striscianti) dalla cui estremità superiore si diparte una doppia opposta serie di elementi a sbalzo, ciascuno gettato su uno speciale ponteggio mobile (oppure prefabbricato) e affidato agli elementi precedenti a mezzo di cavi post-tesi di precompressione; e così via fino a raggiungere il centro della luce in cui avverrà il contatto con l'estremità dell'altra mezza luce contigua, questa costruita in maniera analoga. Il contatto delle due mezze luci avviene con o senza l'interposizione di una travata semplicemente appoggiata alle estremità dei due sbalzi; oppure le due dette estremità vengono saldate tra loro, a mezzo di cavi post-tesi, in maniera che tutta la luce risulti in definitiva costituita da una travata resa continua per il passaggio dei carichi accidentali.
Travate rettilinee per luci comprese tra i 200 e 400 m: per queste luci risulta sempre possibile e conveniente applicare la travata di calcestruzzo con una speciale disposizione dei vincoli che determina il cosiddetto p. strallato. Si tratta cioè di una travata orizzontale vincolata su appoggi, in parte concettualmente rigidi (le pile e le spalle) e in parte elastici, questi ultimi costituiti dai terminali dei tiranti obliqui passanti sulle estremità superiori di antenne verticali o sub-verticali poste in corrispondenza degli appoggi rigidi di cui sopra. Per il caso di attraversamento di luci notevoli è da porre somma attenzione a che l'elasticità dei vincoli costituiti dai terminali dei tiranti sia al più possibile contenuta, allo scopo d'indurre alla travata distorsioni, in corrispondenza dei vincoli rigidi, di entità compatibile con le caratteristiche elastiche di una travata di calcestruzzo. Questo determina una fondamentale correlazione da porre a base del progetto, tra l'elasticità dei tiranti e quella della travata. Si noti inoltre che lo schema della travata con stralli è particolarmente conveniente per le applicazioni di calcestruzzo, essenzialmente per il fatto che la componente della reazione dei tiranti, passante per la superficie baricentrale della travata, determina uno sforzo di autoprecompressione centrata che produce una forte riduzione delle tensioni di trazione.
Come già detto nell'App. III (11, p. 454), questo tipo di p. è stato adottato per la prima volta per l'attraversamento della Laguna di Maracaibo in Venezuela, con cinque luci maggiori ciascuna dell'ampiezza di 235 m.
È il caso di notare che anche per il p. strallato è stato adottato un metodo di esecuzione simile a quello più sopra descritto per i p. Diwidag. Si è trattato cioè di procedere alla realizzazione per getti successivi dei vari conci o mediante il montaggio di conci prefabbricati, procedendo simmetricamente nei due versi opposti rispetto a una delle pile; i conci sono stati resi solidali alla parte già costruita a mezzo di tiranti o di cavi post-tesi, ambedue provvisori; al termine della costruzione degli sbalzi si è proceduto al montaggio dei tiranti definitivi con contemporanea asportazione dei tiranti e dei cavi provvisori. Per tali tipi di p., data la notevole lunghezza dei tiranti, trova particolare convenienza l'applicazione di tutti quei ritrovati atti a ridurne l'allungamento per effetto dei carichi su di essi applicati. A questo fine si ricorre a quanto segue:
a) predisporre tutte le operazioni di esecuzione in maniera tale che, per effetto dei pesi propri e dei carichi sensibilmente permanenti, i terminali dei tiranti non subiscano traslazioni verticali; questo è possibile preinducendo nei tiranti una tensione di trazione pari a quella determinata dai pesi propri e dai carichi permanenti, a mezzo di una o più operazioni successive a seconda del metodo prescelto per la costruzione della travata;
b) considerando ora che, avendo adottato il ritrovato di cui sopra, tutte le deformazioni elastiche dei terminali dei tiranti saranno dovute esclusivamente al passaggio dei carichi mobili, si ravvisa la notevole convenienza d'introdurre il noto ritrovato della loro omogeneizzazione: si tratta cioè di coinvolgere i tiranti, costituiti da fasci di fili o trefoli di acciaio, già in tensione per effetto dei pesi propri e dei carichi permanenti, entro una guaina di calcestruzzo, avendo però l'avvertenza di permettere lo scorrimento di essa rispetto ai tiranti stessi. Se ora, a mezzo di un'operazione di post-tensione su altri fasci di fili o trefoli, s'induce nella guaina una compressione di valore almeno pari alla trazione che in essa si produrrebbe per effetto dei carichi aleatori e poi si collegano solidalmente i detti fasci a quelli già in tensione per effetto dei pesi propri e dei carichi permanenti, si ottiene (sempre per il passaggio dei detti carichi aleatori) una notevole riduzione di allungamento dei tiranti nonché una riduzione della tensione ondulante dell'acciaio, con conseguente maggiore sicurezza nei riguardi dei fenomeni di fatica.
Si ottiene infine (nei limiti dei carichi di esercizio) un'eliminazione concettuale della fessurazione del calcestruzzo per tensioni di trazione e quindi un'efficace protezione dell'acciaio dagli agenti atmosferici.
Si conclude infine con la constatazione che il progettista di un p. quasi sempre si sforza d'introdurre nella scelta della tipologia più conveniente anche tutte quelle ricerche che si riferiscono al migliore inserimento formale dell'opera nel contesto del paesaggio. Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. Brodka, J. Klobukowski, Worgespaunte Stahlkonstruktionen, Berlino 1969; American concrete institute, Concrete bridge design, Pubblication SP-23, Detroit, Mich., 1969; F. Leonhardt, I ponti strallati di grande luce, Conferenza al congresso canadese di ingegneria costruttiva a Toronto, Bologna 1970; AITEC (Associazione Italiana Tecnico-Economica del Cemento), Realizzazioni italiane in cemento armato precompresso, Roma 1966-70; D. Beckett, Concrete bridges, Ann Arbor, Mich., 1971; C.O'. Conner, Design of bridge superstructures, New York 1971; F. De Miranda, Ponti a struttura di acciaio, Genova 1971-72; E. B. Mock, The architecture of bridges, New York 1973; AITEC, Relazioni italiane in cemento armato precompresso, Roma 1970-74; F. Stussi, Othmar H. Ammann; sein Beitrag zur Entwicklung des Bruckenbaus, Basilea e Stoccarda 1974; R. J. Mainstone, Developments in structural form, Cambridge, Mass., e Londra 1975; articoli vari delle seguenti riviste dal 1965: Industria italiana del cemento; L'industria delle costruzioni; La technique des travaux; Etudes routières; Costruzioni metalliche.