PONTE
(XXVII, p. 854; App. II, II, p. 587; III, II, p. 454; IV, III, p. 30)
Evoluzione tecnologica. − Il periodo 1970-90 è stato caratterizzato da uno sviluppo continuo e graduale nella tecnica di costruzione di numerosi p., anche di grandi dimensioni, in tutto il mondo. Tale evoluzione si è manifestata nella ricerca di nuove tecnologie, ma spesso anche nell'affinamento di quelle già note, alla luce delle attuali condizioni economico-operative. In particolare si è ulteriormente accentuata l'incidenza del costo della mano d'opera sul costo complessivo della costruzione e questa tendenza ha decisamente orientato i sistemi costruttivi verso l'automatizzazione della produzione (sia in fase di prefabbricazione che in quella della posa in opera), ossia verso una sempre maggiore rapidità di costruzione. Si è assistito quindi da una parte a una spinta verso la prefabbricazione degli elementi strutturali, in particolare di quelli di grandi dimensioni, e dall'altra a una tendenza alla meccanizzazione della costruzione in cantiere (v. anche prefabbricazione: Prefabbricazione e industrializzazione nelle opere infrastrutturali, in questa Appendice).
Nell'ambito dei p. in calcestruzzo, per la realizzazione degli impalcati si sono infatti sviluppati specialmente i seguenti sistemi:
a) costruzione per conci prefabbricati, montati a sbalzo mediante speciali attrezzature autovaranti (v. tav. f.t.);
b) prefabbricazione di interi impalcati di diverse centinaia di t, costruiti in officine poste a un'estremità del viadotto, trasportati lungo la parte già eseguita del viadotto e messi in opera mediante travi di varo altamente meccanizzate (fig. 1);
c) nei casi di trasportabilità via mare, posa in opera degli impalcati mediante grandi derricks posti su pontoni galleggianti;
d) costruzione per estrusione, ossia fabbricazione dell'impalcato in un'officina posta a un'estremità del viadotto e sua successiva ''spinta'' in avanti con varo longitudinale;
e) costruzione con getto del calcestruzzo in opera su casseri supportati da centine autovaranti, spesso con parallela prefabbricazione in officina e successiva posa in opera di intere gabbie di armatura (fig. 2).
Nell'ambito dei p. in acciaio si è altresì assistito allo sviluppo di particolari tecniche produttive che hanno in parte condizionato certe tipologie costruttive. In particolare la diffusione e il perfezionamento delle macchine a controllo numerico per la foratura degli elementi, che ha indirizzato verso l'uso di giunzioni bullonate laddove l'alternativa era una giunzione eseguita con saldatura manuale. L'altrettanto deciso sviluppo delle tecniche di saldatura automatica, che ha consentito un forte miglioramento della produttività delle travi saldate a parete piena; peraltro la tendenza a ridurre comunque il numero di saldature ha conseguentemente indotto all'uso di travi in lamiera saldata di maggiore spessore, e perciò irrigidite da un minor numero di nervature; l'obiettivo del minimo costo, in questo caso, non coincide più evidentemente con il raggiungimento del minimo peso strutturale.
Un altro aspetto che ha decisamente condizionato l'evoluzione della costruzione dei p. è stato il rapido sviluppo e la diffusione dei computer nelle fasi sia di progettazione che di gestione della costruzione. Il superamento di numerosi vincoli o remore legati in passato alla complessità di certi calcoli o ai tempi richiesti per speciali procedure di calcolo, ha senz'altro aperto la strada allo sviluppo e alla sperimentazione di nuove tecnologie. L'impiego sistematico e specializzato del calcolo elettronico ha consentito o facilitato, per es., lo studio di sistemi altamente iperstatici o caratterizzati, come nel caso dei p. sospesi o strallati, da non linearità geometriche, o anche lo studio del comportamento di materiali come quelli connessi ai fenomeni della viscosità del calcestruzzo e del rilassamento dei cavi ad alta resistenza.
Tuttavia, anche se la fase di verifica e di controllo della costruzione risulta ora molto facilitata, si deve riconoscere che sostanzialmente inalterata resta ancora la fase di vera e propria progettazione, essendo questa, seppur eventualmente assistita da rapidi calcoli automatici, ancora interamente a carico dell'ingegnere, della sua abilità e cultura tecnica, delle sue valutazioni e della sua esperienza. Peraltro oggi è possibile e relativamente semplice sia seguire in tempo reale l'evoluzione dello stato di sforzo e di deformazione delle strutture nel corso di complesse sequenze di montaggio in cantiere, sia ''monitorare'' il comportamento dei p. in fase di esercizio.
Il problema della durabilità. − Un'altra caratteristica dell'evoluzione recente nel settore dei p. sta in una particolare sensibilizzazione da parte delle amministrazioni, dei progettisti e dei costruttori nei confronti dei problemi della durabilità delle opere e della loro manutenzione.
Il concetto che si è chiaramente affermato è che le strutture dei p. moderni, indipendentemente dal tipo di materiale utilizzato (acciaio o calcestruzzo armato), devono essere assoggettate nel corso della loro vita a ispezioni e controlli periodici e inevitabilmente a un certo numero di interventi manutentivi la cui frequenza e portata dipendono sia dalla qualità del progetto sia dall'efficacia del programma d'ispezione. Questi concetti, resi evidenti dalle enormi spese sostenute per la riabilitazione di p. deterioratisi in un numero relativamente breve di anni, hanno portato da una parte all'emanazione di severe specifiche costruttive in relazione al controllo della qualità dei materiali e dei procedimenti esecutivi e dall'altra ad alcune particolari tendenze progettuali (quali, per es., la riduzione del numero di apparecchi d'appoggio e di giunti di dilatazione, comportando cioè, ove possibile, lunghe travate continue con impalcati spesso solidali con le pile, o l'aumento degli spessori minimi degli elementi in calcestruzzo o in acciaio) e all'adozione di impalcati con sezione scatolare e quindi con minore superficie esposta all'esterno.
A livello di normative, il problema della durabilità delle costruzioni è stato particolarmente recepito attraverso istruzioni e raccomandazioni internazionali che codificano alcuni aspetti delle buone regole del costruire. È infine da ricordare che proprio in questi ultimi due decenni sono state condotte a livello internazionale numerose ricerche tese a unificare i carichi da considerare nel calcolo dei p., dal momento che, come mostra la fig. 3, anche solo a livello europeo esistono attualmente differenze spesso eccessive tra le curve (probabilistiche) di carico previste nei vari paesi per il calcolo dei ponti.
Evoluzione tipologica. − Nel campo delle piccole luci (〈35 m) le tipologie degli impalcati non hanno subito sostanziali variazioni. Le travi prefabbricate in cemento armato precompresso, spesso a sezione scatolare, rappresentano la soluzione più economica e più seguita in Italia. Viceversa all'estero si preferisce in molti casi realizzare manufatti gettati in opera, e quindi un po' più costosi ma senz'altro più ricercati e curati nell'aspetto estetico e di dettaglio. Per p. con luci da 35 a 50 m si adottano anche tipologie a piastra con sezione variabile (v. fig. 4) o con sezione scatolare in cemento armato precompresso, e i metodi di costruzione più adottati sono quelli della centina autovarante o dell'estrusione con varo incrementale.
Nel campo delle luci medie (50÷150 m) diverse tipologie e sistemi costruttivi sono stati applicati con successo, ma soprattutto quelli relativi a travate continue in cemento armato precompresso o in sistema composto acciaio/cemento armato (fig. 5), poggianti su pile scatolari in cemento armato ordinario. I fattori che indirizzano verso l'uno o l'altro sistema sono numerosi e spesso dipendenti dalle esperienze acquisite in certe tipologie costruttive dai progettisti e dalle imprese di costruzioni. In generale, in questo campo di luci, per le travate in cemento armato precompresso si adottano prevalentemente i seguenti sistemi:
a) getto in opera su centine autovaranti, fino a luci di 55÷60 m, quando il numero di campate da eseguire è tanto elevato da permettere di ammortizzare in buona misura l'elevato costo delle attrezzature;
b) costruzione per conci prefabbricati, montati il più delle volte a sbalzo e con luci massime di circa 150 m;
c) getto in opera di conci a sbalzo (fig. 6); con tale sistema esecutivo si raggiungono luci massime di oltre 200 m, ossia dello stesso ordine di grandezza di quelle ottimali per l'impiego di travate in acciaio in lamiera irrigidita (100÷250 m).
Per le travate con struttura composta acciaio-calcestruzzo si è registrata in questi ultimi anni l'introduzione di nuove tipologie costruttive che ne hanno migliorato la competitività rispetto ai p. in precompresso. In particolare le principali innovazioni riguardano l'adozione di: controsolette inferiori in calcestruzzo nelle zone in cui la travata presenta momenti flettenti negativi; anime in lamiera corrugata o a composizione reticolare; precompressione mediante cavi o barre ad alta resistenza disposti o internamente alla soletta o esternamente alle anime e quindi più facilmente ispezionabili e, se necessario, sostituibili.
Per tali motivi la precompressione mediante cavi esterni viene applicata sempre più frequentemente anche nei p. in precompresso. Con p. a sezione composta acciaio-calcestruzzo sono state raggiunte recentemente per p. stradali e ferroviari luci di oltre 200 metri.
I ponti strallati. − Nel campo delle luci medio-grandi (250÷500 m), si è assistito negli ultimi vent'anni, e in particolare nell'ultimo decennio, a una decisa affermazione del p. strallato (v. tav. f.t.). Questa tipologia, invero, era già stata applicata nel dopoguerra, specie in Germania, nella ricostruzione di diversi p., ma sempre con impalcati in acciaio. Negli ultimi anni, invece, varie opere sono state realizzate in tutto il mondo anche con impalcati in calcestruzzo, o gettati in opera o a conci prefabbricati, pur rimanendo sempre valida e seguita, soprattutto sulle luci maggiori, la soluzione con impalcato interamente metallico.
Il successo del ponte strallato è dovuto a diversi motivi. In primo luogo esso consente di adottare sistemi di costruzione concettualmente semplici e di rapida esecuzione, come quella a sbalzo bilanciato (fig. 7), soluzione classica per i p. strallati che ha consentito di superare luci di oltre 400 m. Per le luci minori si sono adottati diversi sistemi, quali il varo longitudinale o il varo per rotazione (intorno all'asse verticale di ciascuna antenna), in questo caso previa completa costruzione del p. lungo la riva. In secondo luogo il funzionamento statico di questo tipo di struttura è altamente efficace consentendo un elevato sfruttamento dei materiali resistenti, e offrendo quindi un buon risultato nell'economia della costruzione. Infine l'aspetto estetico e l'elevato valore formale, di cui spesso è portatore un p. strallato ben progettato, hanno senz'altro contribuito alla sua rapida affermazione (v. tav. f.t.).
Anche nel campo delle grandi luci (oltre i 500 m) attualmente il p. strallato si presenta come valida alternativa al classico p. sospeso (figg. 8 e 9) quando si ponga particolare attenzione al problema della loro deformabilità elastica sotto i carichi di esercizio, problema che può trovare valide soluzioni con l'introduzione di opportuni controstralli o con un'adeguata calibratura degli stati tensionali negli stralli che conduca a valori ottimali della rigidezza assiale degli stralli stessi.
I ponti sospesi. − Nel campo delle luci molto più grandi (oltre i 1000 m), domina ancora il classico p. sospeso a travata irrigidente, anche con interessanti innovazioni che vedono l'impiego di impalcati in acciaio relativamente sottili, formati da struttura scatolare in lamiera irrigidita da nervature (v. tav. f.t.) ma integrati da elementi secondari di sospensione addizionali (stralli) o formati dagli stessi elementi principali di sospensione disposti in modo particolare (inclinati anziché paralleli), tale da determinare una leggera parete reticolare di elementi sottili con notevole effetto irrigidente dell'intero sistema. Coesistono tuttavia con tali tendenze, soprattutto europee (Gran Bretagna e Germania), ancora gli schemi classici di travata irrigidente reticolare (Stati Uniti e Giappone), eventualmente integrata da sistemi irrigidenti di funi inclinate.
Il ponte ad arco. - Il p. ad arco è una tipologia strutturale spesso accantonata negli anni passati a favore dei p. a travata costruiti a sbalzo, a causa degli alti costi delle centine necessarie per la costruzione dell'arco in calcestruzzo. Recentemente lo sviluppo delle tecniche di costruzione degli archi mediante il procedimento a sbalzo con l'ausilio di tiranti provvisori ha consentito il rilancio e nuove applicazioni di questo tipo di p., che annovera tra le sue prerogative principali la durabilità e l'elevata rigidezza. P. ad arco a spinta eliminata in acciaio, di grandi dimensioni ed elevata snellezza, sono stati adottati negli ultimi anni in p. a via inferiore risolvendo elegantemente impegnativi problemi di attraversamento.
Strutture del genere troverebbero applicazione ottimale anche in Italia nella soluzione del problema del collegamento stabile tra Sicilia e continente sullo stretto di Messina, come già risultò dal Concorso internazionale di idee bandito dall'ANAS nel 1969, ove tra i 144 progetti presentati, i 5 primi progetti premiati ex aequo, furono tre ponti sospesi, uno strallato e una galleria sottomarina. Vedi tav. f.t.
Bibl.: F. de Miranda, Ponti a struttura d'acciaio, Genova 1971; Id., Ponti strallati di grande luce, Roma 1980; S. Zorzi, Ponti a travata realizzati con centine autovaranti, in L'Industria Italiana del Cemento, 11 (1980); F. Leonhardt, Bridges. Aesthetics and design, Stoccarda 1982; N.J. Gimsing, Cable supported bridges, Chichester 1983; J. Mathivat, The cantilever construction of prestressed concrete bridges, ivi 1983.