PONTORMO
. Iacopo Carucci (Carrucci?), detto il P., pittore, nato da Bartolommeo pittore a Pontormo presso Empoli il 24 maggio 1494, morto verso la fine del 1555, essendo stato sepolto il 2 gennaio del 1556. Posto da fanciullo presso Leonardo, studiò poi con l'Albertinelli, con Piero di Cosimo, ma seguì specialmente Andrea del Sarto. Meravigliò i contemporanei, e fin dal 1508 lo stesso Raffaello, per il suo raro, precoce ingegno; ma di carattere incerto, incontentabile, non seppe mantenersi in un indirizzo preciso, e fuorviò la propria arte in ricerche forzate di stile e di espressività. Ciò malgrado le sue opere presentano sempre bellezze originali e raffinate per eleganza e potenza di disegno, per delicatezza di tocco e di tonalità e per sensibilità e passione intima. Non bene conservata la sua prima opera monumentale, compiuta a 19 anni, le Virtù, sul portico della SS. Annunziata; in ottimo stato è invece la vivace Veronica da lui dipinta nel 1514 per la cappella dell'appartamento preparato per Leone X in S. Maria Novella. Del 1516 è la visitazione nell'atrio dell'Annunziata, che con le piccole storie di Giuseppe dipinte per la camera nuziale dei Borgherini, ora a Londra e a Panshanger, con i due Santi di Pontormo e con la pala di San Michele Visdomini (1518) indicano l'evoluzione stilistica del giovane artista verso una maniera originale. Nel 1521 il P. condusse a termine nel salone della Villa Medicea di Poggio a Caiano una lunetta con varie divinità agricole, con tale novità di spirito inventivo, di movimento decorativo, di visione cromatica da segnare l'apogeo dell'arte sua. Impressionato poi soverchiamente dalle incisioni del Dürer, tra il 1522 e il 1524 vi s'ispirò per dipingere nel chiostro della Certosa di Val di Ema scene della passione, pur troppo molto danneggiate, ma stupende per carattere formale e per intensità patetica. Dello stesso monastero pervenne nelle gallerie fiorentine una Cena in Emaus del 1525. Dipinse poi in Santa Felicita la cappella Capponi con una Deposizione nel sepolcro, mirabile per espressività lineare e trasparenza cromatica. Altro suo capolavoro più ricco di colore è la Visitazione nella Pieve di Carmignano. Più forzati di stile ma più sostanziosi di colore sono la Madonna con Sant'Anna al Louvre e il Martirio di S. Maurizio a Pitti. Intanto, per consiglio di Michelangelo furono dati a colorire al P. due cartoni di quel sommo, la Venere e il Noli me tangere, noti da molteplici repliche. Travolto quindi dal genio del Buonarroti, il P. modificò definitivamente il proprio stile perdendo il senso delle giuste proporzioni e contorcendo i corpi in atteggiamenti convulsi, come si vede dai suoi disegni che rimangono tuttavia stupendi per scienza anatomica e intensa sensibilità. Delle sue vaste creazioni di quest'ultima maniera nulla rimane. Perduta è una Resurrezione di Lazzaro, che il P. fece per Francesco I, distrutte le decorazioni di logge nelle ville Medicee di Careggi e di Castello; imbiancati gli affreschi della cappella maggiore di S. Lorenzo, dietro i quali penò gli ultimi suoi 11 anni, non riscotendo che biasimo. Il P. rimase sempre eccellente nei ritratti, pieni di intimità psicologica e di sensibilità nervosa, dei quali si conserva buon numero in collezioni pubbliche e private.
Principali scolari del P. furono il Bronzino e Battista Naldini. (V. tavv. CCXIII e CCXIV).
Bibl.: G. Vasari, Le vite, ed. Milanesi, VI, Firenze 1881, p. 245; B. Berenson, Drawings of the Florentine painters, Londra 1903, p. 309; F. Mortimer Clapp, Jacopo Carucci da Pontormo, New Haven 1916; C. Gamba, Il Pontormo, Firenze 1921; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, v, Milano 1932, pp. 83-192; H. Voss, in Thieme-Becker, Künstrler-Lexikon, XXVII, Lipsia 1933 (con la bibl. precedente); O. H. Giglioli, Un chiaroscuro inedito del Pontormo nella galleria degli Uffizi, in Bollettino d'arte, XXVIII (1934-35), pp. 341-44.