PONZA DI SAN MARTINO, Alessandro Gustavo Giorgio Filippo Maria
PONZA DI SAN MARTINO, Alessandro Gustavo Giorgio Filippo Maria. – Nacque a Cuneo il 6 gennaio del 1810 dal conte Cesare e da Luisa Gabriella Lovera.
Cresciuto in una famiglia aristocratica dai forti valori militari, perpetuati nelle carriere del padre, capitano d’artiglieria, e dei fratelli Luigi Gabriele e Giuseppe, Gustavo orientò invece il suo percorso professionale verso gli incarichi nella pubblica amministrazione, dove nel 1836 occupava l’ufficio di segretario nella segreteria di Stato agli Interni.
Il 19 gennaio 1841 sposò a Torino Luisa Laura Minervina Malingri di Bagnolo, dalla quale ebbe i figli Coriolano, che riprendendo le tradizioni di famiglia sarebbe diventato tenente generale e infine ministro della Guerra nel 1900, Cesare, Olderico Emilio Paolo Maria, Maria, Ottavio Maria Giuseppe Agostino Giorgio, Clorinda e Giuseppina.
La sua carriera negli alti gradi dell’amministrazione sabauda proseguì con l’avanzamento a sottocapo di divisione nel 1846 e a segretario capo l’anno seguente. In quel periodo sviluppò una particolare predilezione verso i problemi del governo locale, cui diede un contributo nell’elaborazione della legge provinciale e comunale entrata in vigore il 7 ottobre 1848. Nel frattempo venne nominato intendente generale di seconda classe della divisione di Genova, incarico esaurito in pochi mesi, ma contraddistinto da un vigoroso contrasto alla mobilitazione politica radicale e mazziniana. Tale zelo gli procurò le ostilità del Circolo italiano, che chiese il suo allontanamento dall’ufficio. Un articolo uscito il 19 dicembre 1848 su Il Pensiero italiano affermava significativamente che «il senno dell’egregio Buffa [ministro dell’Agricoltura] vedrà che fra San Martino ed il Popolo si è alzato gigante un muro di bronzo, anzi un abisso». Ma fu lo stesso funzionario a richiedere di essere esonerato dall’incarico, venendo richiamato a Torino il 23 dicembre 1848. Fu poi nominato primo ufficiale, carica che nella segreteria agli Interni era seconda al solo ministro, occupandosi prevalentemente di questioni inerenti i comuni, in particolare di quelli del Genovese, ed esercitando al contempo rigorosi controlli sulla circolazione delle idee mazziniane, come testimoniato da una lettera a lui inviata dal Regio ispettorato dei libri il 26 novembre 1850, in cui veniva informato sull’opportunità di respingere la diffusione di 400 copie di un volumetto pubblicato in Svizzera e intitolato Il soldato cittadino.
Nel luglio 1849 venne eletto nella terza legislatura alla Camera subalpina, dove rimase fino all’inizio della quinta e debuttò l’11 marzo 1850, durante la discussione sull’approvazione delle leggi Siccardi, per dichiarare di avere una posizione non ambigua e contraria al primo progetto di legge, relativo all’abolizione del foro ecclesiastico.
L’incarico da primo ufficiale si esaurì con l’avvento al ministero dell’Interno di Alessandro Pernati di Momo (27 febbraio 1852) durante il primo governo presieduto da Massimo d’Azeglio. Nel dicembre 1851 era stato peraltro informato del colpo di Stato di Luigi Napoleone Bonaparte da parte del conte Ottaviano Vimercati, ufficiale d’ordinanza di Vittorio Emanuele II nella capitale francese.
Il loro carteggio evidenziava come San Martino fosse diventato un interlocutore affidabile, sia presso la corte sia negli ambienti governativi, mentre l’ascesa nei ranghi dell’élite sabauda era scandita dall’assunzione nell’Ordine cavalleresco dei Ss. Maurizio e Lazzaro, poi dalla decorazione del Gran cordone nel 1865 e dell’Ordine della Corona d’Italia nel 1870.
Nella sua carriera politica ebbe certamente peso la vicinanza al conte Camillo Benso di Cavour, risalente almeno al febbraio 1848, quando San Martino fece parte, nel ruolo di segretario, della commissione che doveva elaborare la legge elettorale, per poi guadagnarsi progressivamente una certa stima come uomo politico che, formatosi negli uffici della burocrazia, era considerato un ottimo osservatore degli avvenimenti del suo tempo. Il 27 febbraio San Martino fu nominato consigliere di Stato, cui seguì il ruolo di ministro dell’Interno nel primo governo Cavour, incarico ricoperto dal 4 novembre 1852 al 5 marzo 1854, quando venne sostituito da Urbano Rattazzi e chiamato a sedere nel Senato del Regno.
Nell’ambito delle sue funzioni di ministro dovette affrontare i moti mazziniani scoppiati in Lunigiana nel settembre 1853, quando le turbolenze guidate da Felice Orsini furono contrastate attraverso misure repressive indirizzate a identificare, arrestare e cacciare gli emigrati compromessi.
Con l’approssimarsi delle operazioni militari contro l’Austria, tramite regio decreto del 25 aprile 1859, San Martino venne nominato commissario straordinario per la divisione di Genova e Savona. Ma la maggiore attitudine verso gli aspetti più pratici dell’amministrazione gli procurò ben presto l’ostilità del ministro delle Finanze Giovanni Lanza, che aveva espresso riserve su alcuni provvedimenti semplificatori dell’amministrazione doganale, rivolti a un miglioramento dell’organizzazione provinciale di Massa e Carrara. In tale ambito, Cavour cercò di placare l’irritazione del commissario, confermandogli la sua stima e anticipandogli la conferma nello stesso incarico a Massa. Nel maggio 1861 venne invece inviato a Napoli per dirigere la luogotenenza per il Mezzogiorno, con attribuzioni di segretario generale di Stato. Le forti ostilità locali resero ben presto consapevole San Martino che non avrebbe mai potuto adempiere ai suoi uffici senza un adeguato sostegno di forze militari.
Il 12 giugno 1861 scrisse a Torino, rivolgendosi al presidente del Consiglio Bettino Ricasoli; nella lettera emergevano un momento di difficoltà personale e l’intenzione di presentare le proprie dimissioni, qualora non si fosse palesato un chiaro indirizzo politico del governo. Come altri luogotenenti, era dell’idea che l’unica soluzione ai problemi del Mezzogiorno potesse essere ottenuta tramite l’uso della forza militare, ma da una lettera di Rattazzi a Gennaro Sambiase Sanseverino di San Donato del 4 agosto 1861, a poco più di un mese dalla fine del suo incarico, emergeva quanto il suo operato a Napoli fosse stato apprezzato: «era quivi generale opinione che la di lui amministrazione fosse accetta alle provincie napolitane e l’opinione pareva fondata, essendosi persino fatte pubbliche sottoscrizioni per farlo rimanere, delle quali sottoscrizioni il municipio stesso di Napoli aveva preso l’iniziativa» (Epistolario di Urbano Rattazzi, a cura di R. Roccia, Roma 2009, p. 472).
Il 16 dicembre 1861 Ricasoli, scrivendo a d’Azeglio per informarlo dei suoi propositi circa la formazione del nuovo governo, dichiarava di essere intenzionato ad affidare il ministero dell’Interno a San Martino, definito «buon amministratore, e uomo capace nella polizia» (I documenti diplomatici italiani. Prima serie, I, Roma 1952, p. 529). Pur se l’idea non ebbe avuto un tal seguito, l’apprezzamento per San Martino negli ambienti governativi era ormai consolidato. Fu infatti scelto per la delicatissima missione affidatagli da Vittorio Emanuele II l’8 settembre 1870, quando, lui strenuo sostenitore del trasferimento della capitale a Roma, venne incaricato di consegnare al papa Pio IX una lettera in cui il re sardo esortava il santo padre ad accettare l’occupazione del territorio pontificio, fornendo garanzie sulla sua sicurezza personale e sulla conservazione dell’autorità spirituale.
Il suo impegno in Piemonte non si esaurì negli anni cruciali della formazione del Regno d’Italia. Dal 1857 al 1864 fu consigliere comunale di Torino, e inoltre presidente del Consiglio provinciale di Cuneo e delle Opere pie S. Paolo.
Il filo conduttore di tutta la sua carriera fu del resto costituito dalla predilezione per le riforme degli ordinamenti territoriali. Dalla fine degli anni Sessanta sempre più ricorrenti furono i suoi riferimenti al tema delle autonomie locali, idee veicolate attraverso il quotidiano la Gazzetta Piemontese. San Martino auspicava una divisione delle competenze tra enti locali e Stato, cui dovevano essere sottratte quelle funzioni che non inerivano interessi nazionali.
L’ultimo importante atto politico si ebbe nell’ottobre 1870, quando, insieme a Stefano Jacini, elaborò un programma, non privo di intenzioni politiche, cui seguì la riunione di un ristretto gruppo dei promotori di vari schieramenti politici a Firenze, in piena campagna elettorale. La questione del decentramento amministrativo diventava quindi un punto fermo per il comitato elettorale detto della Permanente, diretto a Torino da San Martino, ma con scarsi risultati ottenuti alle urne alla fine di novembre del 1870.
Morì il 6 settembre 1876 a Dronero, terra d’origine della famiglia.
Fonti e Bibl.: L’Archivio Ponza di San Martino è custodito dagli eredi a Dronero (Cuneo). Per il periodo presso la segreteria agli Interni si vedano: Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Controllo generale delle Finanze, Patenti, regg. 113, 117, 126; Sezione Corte, Ministero dell’Interno, Gabinetto, mazzi 2-5; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Segretariato generale (1841-1872); Gabinetto (1814-1985). Sull’amministrazione nel Genovese: Archivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Paesi per A e B, G, Genova, m. 19, 1848-1858. Relativamente ai moti del 1848-49 vi è una relazione a lui indirizzata in Museo del Risorgimento di Torino, Archivio Durando, b. 109. Si vedano inoltre: C. Rinaudo, Il colpo di stato di Luigi Napoleone visto da un osservatore piemontese. Lettere inedite del conte Ottaviano Vimercati al conte G. P. di S. M., Roma 1931; Dagli albori della libertà al Proclama di Moncalieri. Lettere del conte Ilarione Petitti di Roreto a Michele Erede dal marzo 1846 all’aprile 1850, a cura di A. Codignola, Torino 1931, ad ind.; Il Regno di Sardegna nel 1848-1849 nei carteggi di Domenico Buffa, a cura di E. Costa, II, Roma 1968, ad indicem. Per il periodo da commissario di governo a Genova: Archivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Raccolte private, Carte Cavour, Carte politiche, m. 19, f. 9. Per i rapporti con Cavour si vedano: Archivio di Stato di Torino, Sezione Corte, Raccolte private, Carte Cavour, Corrispondenti, m. 14; Dronero, Archivio Ponza di San Martino, cart. X; C. Cavour, Epistolario, V, Firenze 1980, ad ind.; VII, Firenze 1982, ad ind.; VIII, Firenze 1983, ad ind.; IX, Firenze 1984, ad ind.; X, Firenze 1985, ad ind.; XVI, 2, Firenze 2000, ad ind.; XVII, 1, Firenze 2005, ad ind.; XVII, 4, Firenze 2005, ad ind.; XVIII, 3, Firenze 2008, ad indicem. Per il dibattito sulle leggi Siccardi: N. Rodolico, Storia del Parlamento Italiano, II, Palermo 1964, pp. 349-353. Sulla gestione dei moti mazziniani nella Lunigiana: E. Costa, Dall’avvento di Cavour alla vigilia di Plombières. Aspetti e momenti di vita politica subalpina dal 1853 al 1858 nelle memorie di Domenico Buffa, in Bollettino storico bibliografico subalpino, LXV (1967), 1-2, pp. 47-125; A. Marra, Pilade Bronzetti un bersagliere per l’Unità d’Italia. Da Mantova a Morrone, Milano 1999, ad indicem. Sulla Luogotenenza a Napoli: Roma, Archivio storico del Ministero degli Affarie esteri, b. 202, f. 5, 1861; reg. 50 (89), n. 327, 19 maggio 1861 (corrispondenza telegrafica); Dronero, Archivio Ponza di San Martino, cart. V, f. 180; I documenti diplomatici italiani. Prima serie, I, Roma 1952, ad ind.; Carteggi di Bettino Ricasoli, XVI, a cura di G. Arfè - S. Camerani, Roma 1963, ad ind.; XVII, a cura di G. Camerani - C. Rotondi, Roma 1984, ad ind.; Epistolario di Urbano Rattazzi, a cura di R. Roccia, I, Roma 2009, ad indicem. Sulla presidenza del Consiglio provinciale di Cuneo: A.A. Mola, Storia dell’amministrazione provinciale di Cuneo dall’Unità al fascismo (1859-1925), Torino 1971, ad indicem. Sul decentramento amministrativo, di cui fu promotore: Programma dei signori senatori G. conte P. di S. M. e Stefano Jacini per un decentramento amministrativo, Firenze 1871; i numeri della Gazzetta Piemontese relativi al periodo di campagna elettorale del 1870; A. Caracciolo, Stato e società civile. Problemi dell’unificazione italiana, Torino 1960, ad ind.; A. Petracchi, Le origini dell’ordinamento comunale, I-II, Venezia 1962, ad ind.; A. Berselli, La destra storica dopo l’Unità, II, Italia legale e Italia reale, Bologna 1965, pp. 13 s., 41, 46, 56, 58-60, 62-65, 67, 69, 72, 85, 109-111, 350; G. De Cesare, Decentramento e autonomie regionali nell’indirizzo politico di Governo (1860-1923), in La regione e il governo locale, a cura di G. Maranini, Milano 1965, pp. 111-202; S. Jacini, La riforma dello Stato e il problema regionale, a cura di F. Traniello, Brescia 1968, ad ind.; G. De Cesare, La Commissione San Martino-Jacini e la riforma dello Stato (1870-71), in Studi parlamentari e di politica costituzionale, X (1970), 4, pp. 39-74; Storia dello Stato italiano dall’Unità a oggi, a cura di R. Romanelli, Roma 1995, p. 132. Per il ruolo di Ponza di San Martino nella formazione dello Stato unitario: R. Romanelli, Il comando impossibile. Stato e società nell’Italia liberale, Bologna 1988, pp. 35, 41, 85, 299, 310, 328, 337; Id., L’Italia liberale. 1861-1900, Bologna 1990, pp. 34, 146; A. Scirocco, L’Italia del Risorgimento, Bologna 1990, pp. 431 s., 450, 478; F. Cammarano, Storia politica dell’Italia liberale, Roma-Bari 1999, pp. 31, 94 s., 506. Per una sintesi generale della storia della famiglia: A. Manno, Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte dai documenti, Torino 1906, p. 636. Per l’attività parlamentare: Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/ gustavo-ponza-di-san-martino-18100106 (7 ottobre 2015); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, I, Senatori del Regno di Sardegna, sub voce,http://notes9.senato.it/ web/senregno.nsf/P_l?OpenPage (7 ottobre 2015).