Popolazione: storia ed evoluzione
Alla storia della popolazione non compete solo la descrizione dell'evoluzione numerica degli abitanti del mondo o dei sottoinsiemi che lo compongono, ma anche l'analisi del funzionamento dei sistemi demografici, le loro variazioni nel tempo e la loro connessione con fattori naturali e sociali. Per sistema demografico s'intende l'insieme delle relazioni che legano tra loro singoli fenomeni quali: unioni e nuzialità, fecondità, sopravvivenza, migrazioni e che determinano le modalità e la velocità delle variazioni della popolazione. In un sistema demografico, i singoli fenomeni non sono indipendenti tra loro ma sono legati l'uno all'altro, per esempio l'alta fecondità è tradizionalmente poco compatibile con la bassa mortalità infantile, perché un alto carico di figli diluisce gli investimenti parentali compromettendone la sopravvivenza. Analogamente, un'età bassa alla prima unione riproduttiva è raramente associata a una fecondità molto alta e a intervalli bassi tra le nascite in quanto il carico riproduttivo risulterebbe insostenibile per i genitori. Dalle caratteristiche del sistema demografico dipendono, inoltre, la struttura per sesso, per età e per aggregazione familiare, che hanno forte rilevanza per la società e l'economia.
Non vi è sempre una semplice correlazione tra fenomeni noti e possibili spiegazioni, soprattutto se si considerano le transizioni biodemografiche avvenute prima che fossero disponibili dei dati affidabili. In tal caso possono sorgere controversie sulle catene causali che portano al cambiamento nelle popolazioni. Per esempio, riguardo l'accelerazione della crescita demografica connessa al passaggio delle popolazioni dalla caccia all'agricoltura, non c'è accordo sulla spiegazione di questo fenomeno. L'agricoltura infatti dovrebbe stabilizzare la produzione delle risorse, rendendo così possibile la creazione di scorte per compensare le annate più scarse e contribuendo a far decrescere la mortalità. Tuttavia, la qualità nutritiva della produzione (prevalentemente a carattere cerealicolo) è inferiore a quella propria della raccolta e della caccia, assai più variata; inoltre l'insediamento stabile, la domesticazione degli animali e la maggiore densità umana, sarebbero state condizioni favorevoli al diffondersi e all'acuirsi delle patologie. Ciò avrebbe favorito il deterioramento della sopravvivenza, compensato però da un aumento della fecondità, che determinò la crescita della popolazione. In un gruppo insediato e stabile di agricoltori, veniva meno l'ostacolo posto da nascite ravvicinate: un neonato e un piccolo non autosufficiente creavano infatti problemi a un nucleo in continuo movimento per la caccia. Anzi, la maggiore riproduttività non solo era necessaria a compensare l'accresciuta mortalità, ma era funzionale al benessere della famiglia in attività che richiedevano molto lavoro. Se accettiamo questa interpretazione dell'accelerazione demografica avvenuta con la transizione del Neolitico, siamo in presenza di un chiaro esempio di mutamento del valore della nascita e della propensione ad avere e allevare figli.
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