popolazione
L’insieme delle persone viventi in un dato territorio, considerate nel loro complesso e nell’estensione numerica. Una vera e propria storia della p. mondiale, basata su una documentazione quantitativa accettabile, poté essere definita solo a partire dal 19° secolo. Nei secoli precedenti, un’informazione episodica e incompleta consentì di ricostruire le tendenze di fondo per Paesi e aree più o meno grandi. Prima del secondo millennio ci si dovette affidare a informazioni non quantitative, quali: il numero e la superficie dei grandi insediamenti; le tecniche produttive e l’estensione delle superfici coltivate; la documentazione amministrativa, aneddotica o letteraria. Prima dell’Alto Paleolitico (30.000÷35.000 anni fa), la Terra non può avere ospitato più di qualche centinaio di migliaia di abitanti, che sarebbero aumentati fino a qualche milione all’inizio del Neolitico. Nei 10.000 anni che separano l’inizio del Neolitico dall’inizio della nostra era, l’accrescimento demografico divenne consistente. Considerando una p. iniziale di 6 milioni, si stimò per l’anno zero della nostra era una p. mondiale di un quarto di miliardo, del quale circa 40 milioni nei territori dell’impero romano, che comprendeva gran parte dell’Europa, il Nord Africa, parte dell’Asia Minore, 50 milioni in Cina, 35 nel subcontinente indiano. I sistemi demografici tradizionali erano caratterizzati da una mortalità elevatissima, corrispondente a una speranza di vita alla nascita mai superiore ai 35 anni. L’alta mortalità era la conseguenza di una sindrome di povertà sia di risorse materiali sia di conoscenze. La mortalità era in gran parte la conseguenza di patologie trasmissibili da individuo a individuo; inoltre, l’ignoranza dei modi di trasmissione significava anche impotenza nel combatterne la diffusione. L’aumento dell’urbanizzazione e della mobilità determinò condizioni favorevoli alla trasmissione delle patologie e all’insorgere di epidemie. Le due grandi pandemie di peste – quella iniziata nel 7° e terminata nell’8° sec. e quella che irruppe in Europa nel 1348 (nota come la «peste nera») e cominciò a ritirarsi dall’Occidente nel 17° sec. – hanno provocato lunghe fasi di declino demografico. Ma sarebbe erroneo pensare che anteriormente alla Rivoluzione industriale i sistemi demografici fossero governati quasi esclusivamente dalle patologie e dalla mortalità sempre elevata. La natalità poteva essere limitata da altri fattori che pur influivano sulla crescita demografica. Il fattore principale era costituito dalle regole culturali e sociali che guidavano l’accesso alla riproduzione mediante il matrimonio o altri riti di passaggio. Il fattore umano ha poi indubbiamente avuto effetti profondi sulla dinamica demografica di molte p.; per esempio il contatto (1492) tra l’Europa e l’America e la tratta degli schiavi dall’Africa all’America hanno profondamente influenzato la dinamica demografica dei tre continenti. Le p. autoctone caddero vittime di patologie importate dall’Europa verso le quali erano sprovviste di immunità. Ma lo sradicamento sociale provocato dalla Conquista, lo sfruttamento del lavoro, le migrazioni forzose, le guerre e le devastazioni ebbero spesso un effetto prevalente. Tra l’anno zero e il 1750, quando si affermò la Rivoluzione industriale, la p. mondiale si sarebbe all’incirca triplicata (da 252 a 771 milioni). L’inizio dell’era industriale determinò un’accelerazione della crescita della p. mondiale che si triplicò tra il 1750 e il 1950 (da 771 a 2521 milioni), accelerazione dovuta al diffondersi della transizione demografica, una fase storica caratterizzata dal graduale miglioramento della sopravvivenza umana e dal più tardivo abbassarsi della natalità e quindi da un robusto eccesso di nascite sulle morti. La Rivoluzione industriale determinò una forte crescita della produzione di risorse, di energia, cibo e manufatti; precedentemente alla Rivoluzione industriale, la crescita demografica era limitata, essenzialmente, dalla disponibilità di terra, dalla quale dipendevano non solo la produzione di cibo, ma anche quella di energia e di materie prime. Con la Rivoluzione industriale e l’invenzione di macchine efficienti per la trasformazione di materia inanimata in energia, le capacità di produzione si accrebbero enormemente e s’infranse il limite tradizionale all’accrescimento umano, la limitata disponibilità di terra. La sindrome di povertà di risorse e di conoscenza venne spezzata, e i benefici congiunti del miglioramento dei livelli di vita e della conoscenza scientifica determinarono l’incremento della sopravvivenza. Alla fine del 19° sec., in diversi Paesi d’Europa, la speranza di vita alla nascita raggiungeva i 50 anni, ed era in ascesa quasi ovunque. L’incremento della sopravvivenza può essere imputato a tre fattori la cui azione, sfasata nel tempo, si combina. Il primo è l’aumento delle risorse materiali pro capite, soprattutto il cibo, e una diminuzione delle crisi di sussistenza e delle crisi di mortalità a esse associate. Questo processo implicò un miglioramento dello standard di nutrizione, del vestiario, dell’abitazione, dell’igiene e una migliore capacità di resistere alle patologie. Il secondo fattore fu l’accumulazione di conoscenza circa i modi di trasmissione dei microbi, in particolare dopo le scoperte di L. Pasteur negli anni Sessanta del 19° sec., e la disseminazione di questa conoscenza attraverso l’istruzione e le politiche pubbliche. Il terzo e ultimo fattore fu costituito dalla capacità di sviluppare vaccini e farmaci atti a prevenire o curare alcune maggiori patologie, una fase iniziata negli ultimi due decenni del 19° secolo. Dopo la metà del 20° sec., il ritmo della crescita demografica subì un’ulteriore accelerazione: la p. mondiale si espanse da 2521 milioni nel 1950 a 6057 nel 2000, con un tasso medio pari a 18‰, il triplo di quello realizzato nei due secoli precedenti. Nella storia della p. mondiale, la seconda metà del 20° sec. rappresenta la fase di massima accelerazione della crescita: le previsioni (variante media) delle Nazioni unite stimano un ulteriore sviluppo della p. mondiale di circa il 50% tra il 2000 e il 2050 (da 6057 a 9076 milioni), con un tasso medio d’incremento dell’8‰.