Popoli e culture dell'Italia preromana. Gli Equi
Gli Equi si connotano come popolo strutturalmente e linguisticamente differenziato solo alla fine del VI sec. a.C., al termine di un lento processo che aveva preso avvio secoli prima. Livio (I, 55), fonte principale per la storia del popolo, narra che un periodo di relativa pace seguì al trattato firmato tra Tarquinio il Superbo e gli Equi che, a partire dal 494 a.C., ripresero le ostilità effettuando scorrerie e ruberie nell’agro romano. Gli Equi, da sempre aeterni hostes di Roma, nel 431 a.C., dopo una serie di scontri guidati da Vezio Messio, vennero sconfitti da Aulo Postumio Tuberto presso il Monte Algido (Liv., IV, 27-29) e nel 389 a.C., a opera di Marco Furio Camillo, subirono una pesante sconfitta a Bola (Liv., VI, 2). Dopo la seconda guerra sannitica, vennero definitivamente debellati nel 304 a.C. e tanto Livio quanto Diodoro narrano che, in soli 50 giorni, i consoli romani presero e distrussero 31 (Liv., X, 45) o addirittura 41 città nemiche (Diod. Sic., XX, 101). Il loro territorio, dove vennero dedotte le colonie di Alba Fucens (303 a.C.) e Carsioli (298 a.C.), fu annesso e distribuito tra i cittadini che nel 299 a.C. furono assegnati alla tribù Aniense concedendo loro la civitas sine suffragio.
Appartenenti al gruppo linguistico osco-umbro, gli Equi occupavano un territorio dai limiti imprecisati confinante con i Sabini, i Marsi, gli Ernici, i Volsci e i Latini (Liv., II, 30, 48, 53; III, 1, 4, 6, 8, 25, 66; IV, 49, 51, 53, 55; X, 3, 13). L’area, a cavaliere tra il Lazio e l’Abruzzo, è stata identificata con l’alta e media valle dell’Aniene, la valle superiore del Turano, la pianura carseolana e l’alta e media valle del Salto. Anche nel territorio abitato dagli Equi, come per tutta la zona centrale dell’Appennino, le evidenze archeologiche attestano la diffusione di insediamenti sparsi di tipo paganico-vicano. La ricognizione archeologica, principalmente nell’alta e media valle dell’Aniene, ha individuato terrazzamenti e mura poligonali costruiti sfruttando l’orografia della zona, identificati come oppida, tipica testimonianza insediamentale precedente la romanizzazione, a carattere non urbano, ma soprattutto difensivo. Localizzati per lo più sullo spartiacque delle valli dell’Aniene e del Sacco, tali oppida svolgevano anche una funzione di collegamento con le popolazioni circostanti attraverso un articolato sistema di avvistamenti a catena che permetteva l’uso di segnali a distanza.
A oggi, cinte fortificate sono state individuate a Ciciliano, Roviano, Bellegra, Canterano, Olevano Romano, Roiate e Trevi nel Lazio e si è supposto che alcuni dei centri maggiori po tessero essere insediamenti di tipo stabile con una vita pubblica, come Olevano e Bellegra, quest’ultima identificata con la Vitellia ricordata da Livio (II, 39; V, 29), Plinio il Vecchio (Nat. hist., III, 5, 69) e Svetonio (Vit., I, 2), dove all’interno dell’ampia cinta fortificata si conservano resti di un tempio in opera poligonale. Si è ipotizzato che questi centri fortificati possano essere stati realizzati nel periodo dei maggiori scontri con Roma, tra il V e il IV sec. a.C., allo scopo di controllare le principali vie di collegamento sottostanti, la pianura del Sacco e la via Latina. Nel comune di Riofreddo, in località Casal Civitella, negli anni 1988-89, è stata messa in luce una necropoli di tombe a cassone di calcare spugnoso e fosse terragne rivestite su tutti i lati da blocchi dello stesso materiale, inquadrabile cronologicamente tra il VI e la prima metà del V sec. a.C. Il sepolcreto, con individui di entrambi i sessi e bambini, ha restituito corredi costituiti quasi esclusivamente da armi e ornamenti personali.
Alla conquista romana fa seguito un processo di spopolamento degli oppida minori con abbandono delle zone montane, improduttive dal punto di vista agricolo, e conseguente maggiore sfruttamento delle aree più fertili. Nell’ultimo decennio del Novecento, indagini di scavo e ricerche di superficie hanno permesso di ampliare le conoscenze su questo popolo nelle sue sedi appenniniche, principalmente nel Cicolano o valle del Salto, dove esso prese la denominazione di Equicoli, e nell’area abruzzese. Nella piana di Corvaro, nel comune di Borgorose, è in corso lo scavo di un monumentale tumulo funerario che, attualmente, ha restituito più di 200 tombe collocabili in un arco cronologico compreso tra la prima età del Ferro e la tarda età repubblicana. Le tombe di seconda fase, riferibili a una comunità equa, sono pertinenti quasi esclusivamente a individui di sesso maschile e sono caratterizzate dalla presenza di armi e oggetti personali e dalla totale assenza di ceramica, fenomeno che sembra comune a tutte le necropoli eque fino a ora indagate. Nello stesso comune, in località Ca’ di Cartore, è stata individuata e parzialmente investigata un’altra necropoli di tombe a tumulo, contenenti numerose sepolture contrassegnate dalla presenza di stele aniconiche.
Sorti per lo più su alture, numerosi sono i santuari identificati nella zona, i quali ebbero una funzione non solo religiosa, ma anche aggregativa di tipo politico-sociale e costituirono importanti luoghi di scambi commerciali in un’area contraddistinta da forme insediative scarsamente accentrate. Il santuario di Sant’Angelo di Civitella, nel comune di Pescorocchiano, ha restituito un deposito votivo i cui materiali sono collocabili tra la fine del IV e la metà del II sec. a.C. In età augustea in quest’area vennero istituiti due municipi: Cliternia, identificata con l’odierna Capradosso, nel comune di Petrella Salto, dove scavi recentissimi hanno riportato in luce un impianto termale di prima età imperiale, e la Res Publica Aequiculanorum, municipio territoriale, che ebbe in Nersae il suo vicus principale, ricordato da Virgilio (Aen., VII, 744) e da Plinio (Nat. hist., XXV, 8, 86), localizzato nel comune di Pescorocchiano, in località San Silvestro, dove le indagini archeologiche hanno riportato in luce un grande edificio databile tra la prima e la tarda età imperiale.
Nel territorio abruzzese gli Equi occupavano l’area, ad alta valenza strategica, situata a nord-ovest del Fucino. Numerosi centri fortificati, suddivisi in varie tipologie, sono stati identificati tra il Carseolano e la zona compresa tra Tagliacozzo, Scurcola Marsicana, Val dei Varri e Pietra Secca. Nei pressi di Scurcola Marsicana, in località Piani Palentini, è stata rinvenuta una necropoli di tombe a tumulo i cui corredi funerari, privi di materiale fittile, coprono un arco cronologico che va dall’VIII al V sec. a.C. Interessante è la presenza di stele poste al di fuori della crepidine dei tumuli, secondo un uso attestato nelle necropoli di Fossa e di Bazzano, tra i Vestini, e in quelle di Terni, Tivoli e Cartore.
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