Popoli e culture dell'Italia preromana. I Liguri
Esiodo (ap. Strab., VII, 3, 40) menziona i Liguri insieme con Etiopi e Sciti, a indicare i confini dell’Oikoumene. Nello spirito delle più antiche fonti letterarie essi sono infatti un popolo dell’estremo Occidente. La tradizione raccolta da Filisto di Siracusa (in Dion. Hal., I, 22, 4) li identifica invece con la popolazione cacciata dall’Italia centrale da Umbri e Pelasgi e riparata sotto la guida di Siculo in Sicilia. Ma per la generalità degli autori di età classica essi sono insediati tra i Celti e gli Etruschi. Il Periplo di Scilace, intorno alla metà del IV sec. a.C., precisa che il tratto di costa sotto il loro controllo si estendeva dal Rodano ad Antion, un toponimo identificato con località diverse (Antibes, Anzo di Framura, Bocca di Magra). La tradizione storiografica di età tardoellenistica e romana conosce una molteplicità di tribù liguri (e celto-liguri) insediate sulle Alpi Marittime e sull’Appennino settentrionale, da Marsiglia ad Arezzo (Pol., I, 16), intorno al Ticino e nella Padania occidentale (Catone, Livio, Plinio il Vecchio). Di stirpe ligure sarebbe stata una parte degli abitanti della Corsica (Sen., Dial., XII, 7, 9).
Alla relativa abbondanza delle fonti letterarie circa queste popolazioni, che una parte della critica storiografica di tradizione ottocentesca voleva estese dal Magra all’Ebro, non corrisponde un panorama archeologico altrettanto ricco, che anzi, anche all’interno della Liguria storica, è ben lungi dal presentare caratteri unitari. Tra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro, se il settore di Ponente (Monte Grange, Bergeggi, Pollera) presenta aspetti culturali che lo riconnettono all’ambiente dei “campi d’urne” della Francia meridionale e della Svizzera, nella Liguria di Levante (Camogli, Uscio, Chiavari, Zignago, Vezzola, Pignone, Pieve, San Lorenzo), seppur in un quadro ancora poco definito, sembra prevalere l’influenza dei cicli culturali dell’Italia nord-occidentale. Ma anche in questa area sono stati enucleati elementi tipologici e decorativi che si riscontrano soltanto in ambiente provenzale. Una facies culturale dai caratteri abbastanza unitari e originali si delinea con l’avanzata prima età del Ferro, come dimostrano le necropoli di Chiavari e Rapallo, nonché quella – testimoniata soltanto da scarse notizie ottocentesche – di Baccatoio presso Pietrasanta.
Lo straordinario complesso di Chiavari, esemplarmente scavato da N. Lamboglia negli anni Sessanta del Novecento, presenta un’articolazione planimetrica (recinti riservati ai diversi clan familiari), un rituale funerario (incinerazione e raccolta dei resti entro tipici ossuari senza anse e su piede) e una architettura sepolcrale (cassette di lastre) che rimarranno nel tempo come caratteri costanti, dato che si riscontrano praticamente immutati quasi quattro secoli dopo nella necropoli di Ameglia. Considerato il totale delle sepolture ospitate dalla necropoli di Chiavari (180 individui ca.) e il periodo della sua utilizzazione (fine dell’VIII - inizi del VI sec. a.C.) si può ipotizzare che la comunità dalla quale essa stessa dipendeva contasse poco meno di una quarantina di individui con diritto alla sepoltura per generazione. Il quadro offerto dalla cultura materiale indica che nell’abbigliamento personale, insieme con tratti riconosciuti per locali (bottoni conici di bronzo, orecchini aurei a paniere), convivono elementi di parentela con l’ambiente golasecchiano e con quello hallstattiano occidentale (ganci di cintura a larga placca laminata, armille a capi aperti con estremità ingrossate); i corredi vascolari dimostrano però l’acquisizione di merci di prestigio di provenienza meridionale, convogliate dal commercio etrusco (olle con decorazione subgeometrica dipinta, kyathoi di impasto, buccheri).
Una conferma delle relazioni tra ambiente ligure di età arcaica e area di cultura hallstattiana da una parte e mondo etrusco dall’altra viene dall’esame della panoplia raffigurata nel gruppo più recente delle stele lunigianesi, che costituiscono, nell’area di confine tra Liguri ed Etruschi, una manifestazione di spiccata originalità: se le asce a lama rettangolare riproducono armi certamente di ferro, diffuse soprattutto nei corredi dell’Italia centrale, le daghe e i pugnali con impugnatura ad antenne trovano riscontro in esemplari reali del mondo hallstattiano occidentale, nonché, nell’area in questione, a Pietra Ligure. La posizione intermedia tra civiltà hallstattiana e culture centro-italiche è confermata dalle iscrizioni incise su alcune delle stele testé menzionate, che nella lingua palesano tratti celtoidi e nella grafia tradiscono il modello scrittorio diffuso nell’Etruria settentrionale e nella Padania etrusca. La funzione dei centri sulla costa è quella di terminali di percorsi di penetrazione verso l’area piemontese e nord-alpina da una parte e quella golasecchiano-lombarda dall’altra.
Probabilmente questi ricchi insediamenti decadono quando, nel VI sec. a.C., si aprono nuovi e più agevoli percorsi con la Padania attraverso l’Appennino centrale e quando l’attivazione di rotte marittime per la Francia meridionale, incentrate sullo snodo della Corsica, taglia fuori questo tratto del litorale. Lo scacchiere riassume una nuova vitalità agli inizi del V sec. a.C., con l’impianto dell’emporio etrusco di Genova, sul quale gravitano ora i percorsi di attraversamento verso la Padania. Infatti, insediamenti e necropoli esplicitamente connotati come liguri sembrano in questa fase potersi identificare solo nel Genovesato e nel distretto appenninico immediatamente retrostante (Valbrevenna, Roccatagliata, Savignone, Rossiglione, Guardamonte), mentre altrove la presenza di un’entità ligure appare evanescente e in ogni caso fortemente acculturata in senso etrusco (Uscio, Monte Dragone, Pignone nella Liguria di Levante; Pietrasanta in Versilia).
Una profonda trasformazione del quadro archeologico si verifica a partire dalla fine del IV sec. a.C., circa 50 anni prima della presunta “prima fase” del conflitto con Roma. Mentre emergono alcuni marcati aspetti regionali, che coinvolgono la Savoia e la Provenza da un lato, la Liguria di Ponente con Genova e gli insediamenti minori di Pornassio e Valbrevenna dall’altro, si assiste in questo momento a una vera e propria esplosione del distretto orientale, che comprende la Liguria di Levante, ma anche la Versilia e la Garfagnana. La distribuzione estremamente polverizzata di piccoli nuclei di necropoli con sepolture a incinerazione entro cista litica riflette certamente un tipo di insediamento fitto per piccoli o piccolissimi gruppi nel territorio (i vici e i castella di Liv., XXXVII, 46). Necropoli di notevoli dimensioni sono state individuate solo ad Ameglia, località Cafaggio (tardo IV - prima metà del III sec. a.C.), e a Levigliani, località Piante Alte (seconda metà del III - inizi del II sec. a.C.).
Da Ameglia proviene l’unico documento scritto di questa età, che menziona un Enistale, un nome individuale continuato in età imperiale dall’Enistalus di Busca e dall’Enistalius di Nizza. I corredi della necropoli alla foce del Magra forniscono preziose informazioni sull’hoplismòs ligure di questa età, costituito da lance e giavellotti, armi comuni a tutti gli individui di sesso maschile, compresi i fanciulli, mentre nelle sepolture di adulti eminenti è frequente la spada con fodero di tipo celtico e l’elmo, prima di ferro e anch’esso di fabbrica celtica, poi di bronzo e di produzione etrusca (certamente localizzabile ad Arezzo). Il tormentato periodo della “seconda fase” delle guerre romano-liguri, che infiamma lo scacchiere nord-occidentale d’Etruria e quello della estrema Liguria di Levante agli inizi del II sec. a.C., si chiude con i decisivi scontri dei monti Laetus e Balista e la deportazione di 47.000 Apuani nel Sannio, dei quali fino a oggi si sono cercate invano in Campania tracce archeologiche o epigrafiche.
La stagione più cruenta degli scontri con Roma, che pur con episodi minori si trascina fino alla fine del II sec. a.C., termina nello scacchiere più meridionale con la fondazione delle colonie di Lucca (Luca, 180 a.C.) e Luni (Luna, 177 a.C.). La presenza di genti liguri a sud della linea del Magra non scompare però del tutto, come indicano i modesti gruppi di tombe rinvenuti sulle prime alture appenniniche (Borgo a Mozzano). Sulla sponda destra del Magra sono invece attestati in pieno II sec. a.C. fiorenti villaggi, che dovettero prosperare grazie ai rapporti con Luna. Tombe sicuramente riconoscibili come liguri sulla base del rituale impiegato sono ben attestate fino alla prima età imperiale lungo tutto il margine orientale di quella che Augusto aveva anche giuridicamente riconosciuto come regio XI, Liguria.
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