POPPONE patriarca d'Aquileia
Di schiatta bavarese, figlio di Ozzi, detto anche Waltopoto e messo di Ottone III, fratello di Ozzi II conte di Cordenons e Pordenone e con loro fondatore del monastero di Ossiach in Carinzia. Da Enrico II fu designato patriarca d'Aquileia, quale successore di Giovanni (morto il 19 giugno 1019). P. mise tutto l'ardore nel procurare la grandezza e nell'accrescere l'importanza della sua sede, seguendo in questo le orme del suo predecessore; perciò s'adoperò nella costruzione della nuova grandiosa basilica, che fu consacrata solennemente il 13 luglio 1031, costituì le rendite per il suo capitolo patriarcale, aumentò quelle del monastero muliebre di S. Maria, rimasto illustre attraverso tutto il Medioevo. Nel 1022 partecipò alla spedizione di Enrico II nel Mezzogiorno conducendo un corpo d'esercito. Fu poi al fianco di Corrado II nelle sue imprese d'Italia ed ebbe ragione innanzi a lui a Verona nel 1027 contro Adalberone duca di Carinzia e marchese di Verona nella difesa dei privilegi della sua chiesa; nel 1036-37 fu per Corrado nella lotta contro Ariberto arcivescovo di Milano e a lui fu affidata la custodia del turbolento prelato, il quale si liberò con un'avventurosa fuga. Ricche conferme e donazioni di beni nel Friuli e nei vicini territorî dell'Istria e della Carniola ebbe P. dai due imperatori Enrico II e Corrado II con le più ampie esenzioni; anzi l'11 settembre 1028 ebbe ache il privilegio di battere moneta, del quale però egli e i suoi successori, sino verso la fine del sec. XII, fecero un uso assai limitato. Profittando degli aiuti imperiali, P. tentò di ridurre sotto il dominio ecclesiastico e civile la fortezza di Grado, sede di un patriarca e legata al dominio veneziano; vi s'insediò con la violenza nel 1024; ma fu condannato in un concilio romano nel dicembre e dovette lasciare la sua conquista. Nel 1027 riuscì in un altro concilio romano a fare riconoscere i suoi diritti e a farli confermare poi nel 1034 da Corrado II, senza però alcun risultato pratico; tanto che verso il 1042 tentò con un nuovo colpo di mano d'impadronirsi di Grado; ma morì il 28 settembre 1042, prima di aver potuto far riconoscere la sua conquista che rimase anche questa volta senza effetto.