POPULONIA (gr. Ποπλώνιον; lat. Populonium, Populonia; etr. Pupluna)
Città etrusca, l'unica sul mare, edificata sul promontorio a nord di Piombino, con piccolo approdo naturale a Porto Baratti. Il suo nome etrusco, Pupluna, può derivare, forse, da quello del dio Fufluns. La località appare frequentata fin dall'Eneolitico. Nell'età del ferro, nel piano presso e a nord di Porto Baratti troviamo due piccoli abitati, secondo alcuni contemporanei dei più antichi vetuloniesi, secondo altri con civiltà in ritardo. Di questi conosciamo solo le necropoli situate al Piano e al Poggio delle Granate, e, vicino al porto, al Podere di S. Cerbone. Le tombe sono a cremazione, a forma di pozzetto, con ceneri contenute in ossuarî biconici (eccezionalmente in urne a capanna), secondo il rito usato dai Villanoviani; oppure a inumazione, entro fosse a rivestimento di lastre o di pietre. Le tombe a fossa continuano anche quando cessano quelle a pozzetto, ma la suppellettile funebre mostra che i due riti sono contemporanei e che le tombe appartengono a uno stesso popolo o a due popoli d'identica civiltà. Nel sec. VIII-VII a. C. al Poggio delle Granate appaiono tombe a camera con dromos e falsa vòlta, a pianta rotonda, quadrangolare o ellittica, sotterranee, ma segnate alla superficie del terreno da un cerchio di pietre: sono le più antiche di questo tipo in tutta l'Etruria. Tombe simili, ma più progredite, con tumulo monumentale limitato da una crepidine e ricca suppellettile, si trovano nelle altre necropoli di Populonia: al Costone della Fredda, a S. Cerbone e alla Porcareccia: sembrano posteriori a quelle del Poggio delle Granate e continuano fino al sec. VI. L'origine di queste tombe è discussa: vengon fatte derivare dall'Asia Minore, dalla Sardegna, o, per evoluzione, dalle tombe a fossa. Possiamo attribuirle agli Etruschi, ma è incerto se questi debbano essere identificati con gl'incineratori delle tombe a pozzetto, o con gl'inumatori delle tombe a fossa o se sian venuti in Etruria portando la civiltà delle tombe a camera.
I ritrovamenti non rendono verosimile nessuna delle versioni sull'origine di Populonia riferite da Servio: che sia stata colonia dei Còrsi è forse un capovolgimento delle mire etrusche sull'isola; neppure può essere stata colonia di Volterra, perché Populonia, sia per la civiltà villanoviana, sia per quella delle tombe a camera, è almeno contemporanea, ma forse anche anteriore alla supposta madrepatria. Populonia è in piena fioritura fra il 650-600 a. C. cioè all'epoca delle tombe a camera monumentali di S. Cerbone e della Porcareccia, fioritura dovuta allo sfruttamento del ferro della vicina Elba e al commercio. Rapporti con la Grecia sono dimostrati dalla ceramica importata e da monete focesi; quelli con l'Egitto e l'Oriente sono meno forti che in altri centri etruschi più meridionali. La vicinanza alle isole del Tirreno ne faceva un comodo scalo. La ricca monetazione mostra inesistente una supposta decadenza della città nel sec. IV a. C. All'inizio del sec. III Populonia passa sotto l'influenza diretta di Roma, forse come città federata. In quest'epoca il ferro comincia ad essere trasportato grezzo a Populonia per essere lavorato a Porto Baratti, dove le scorie, avanzo della fusione, hanno ricoperto i sepolcreti anteriori al sec. III a. C. ed edifici etruschi. Del fiorire di questa industria sono prova le monete con strumenti siderurgici e l'aiuto in ferro dato a Roma nel 205 a. C.
La città comprendeva due centri: uno in basso intorno al porto, circondato da tarde mura, con resti di pozzi e di edifici di età etrusca; l'altro sul promontorio, racchiudente entro il cerchio delle mura del sec. VI a. C. i due poggi del Castello e del Molino, con resti di terme e di costruzioni di età romana. Da città socia Populonia divenne municipio al tempo della guerra sociale. Sembra che fosse ascritta alla tribù Galeria, ma la quasi completa mancanza d'iscrizioni non ci fa conoscere i nomi dei magistrati, né quali fossero le divinità onorate: Plinio parla di un simulacro di Giove. La decadenza di Populonia comincia probabilmente con l'assedio dei partigiani di Silla; Strabone ne parla al principio dell'era volgare; nel sec. IV Rutilio Namaziano vede la città abbandonata. Ciò nonostante divenne sede di vescovato; è conquistata dai Longobardi e passa alle dipendenze di Lucca; Carlo Magno la dà al papa Adriano I. Nel sec. XI la sede vescovile è trasportata a Massa Marittima, perché la località è divenuta deserta.
Bibl.: Per l'origine del nome: G. Devoto, in Studi etruschi, VI, pp. 243-260. Per l'età eneolitica: A. Minto, in Bullettino di paletnologia italiana, 1913, pp. 85-91. Per lo studio e la datazione dei ritrovamenti archeologici: Notizie degli scavi di antichità, a partire dal 1903; A. Minto, in Mon. antichi d. R. Accademia Lincei, 1932, coll. 289-420; id., Populonia. La necropoli arcaica, Firenze 1922; J. Sundwall, Zur Vorgeschichte Etruriens, Turku 1932, pp. 32-38, 168-196; Åke Ąkeström, Studien über etrusk. Gräber, Acta Instit. Romani R. Sueciae, III, Lund 1934, pp. 139-158. Per la storia: F. Schachermeyer, Etruskische Frühgeschichte, Berlino 1929, passim; J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino 1926, pp. 454-58, 567, 609; P. Ducati, in Historia, VI (1932), p. 539 segg. Peril Medioevo: E. Repetti, Dizionario della Toscana, IV, Firenze 1841, pp. 579-581; F. Schneider, Reichsverwaltung in Toscana, Roma 1914, pp. 112-118. Per le monete: A. Sambon, les monnaies antiques de l'Italie, I, Parigi 1903, pp. 7-73. Per lo sfruttamento del ferro: G. D'Achiardi, in Studi etruschi, I, pp. 411-420; III, pp. 397-404, con bibliografia antecedente. Per i culti: L. Ross Taylor, Local Cults in Etruria, Roma 193, pp. 205-208.