PORFIDI (dal gr. πορϕύρεος "purpureo"; fr. porphyres; sp. porfido; ted. Porphyre; ingl. porphyry)
Porfidi quarziferi. - Questa famiglia di rocce comprende i termini effusivi paleovulcanici dei magmi granitici, cioè quelle rocce che rappresentano i prodotti eruttivi di antichi periodi geologici.
Composizione mineralogica. - Essi constano di una massa fondamentale dotata di caratteri strutturali differentissimi, nella quale sono immersi più o meno abbondantemente fenocristalli di quarzo, di ortoclasio, di anortoclasio, di plagioclasio e, sebbene scarsamente, di elementi colorati, ordinariamente riferibili alla biotite. I fenocristalli di quarzo hanno un abito piramidale esagonale e appartengono alla fase α esagonale, che, essendo stabile oltre i 575°, rappresenta certamente la fase esistente all'atto della loro formazione all'inizio della consolidazione del magma. Essi presentano spesso tracce di arrotondamento e corrosioni talvolta molto profonde, dovute ad azioni del magma ancora fluido, e posteriori alla loro formazione; come è dimostrato dal fatto che gl'incavi sono spesso riempiti dalla massa fondamentale. L'ortoclasio è generalmente in cristalli idiomorfi geminati secondo la legge di Carlsbad e appiattiti parallelamente al piano di simmetria. Il plagioclasio, più scarso, anch'esso in cristalli idiomorfi, poligeminati, appartiene sempre a termini acidi e prevalentemente all'oligoclasio. Tra i componenti colorati, oltre alla biotite, in laminette esagonali brune, si hanno anche piccole quantità di orneblenda e di pirosseni sodici, e talvolta tracce di egirina e di egirinaugite. Gli elementi accessorî, sempre molto scarsi, sono gli stessi dei graniti: cristallini di zircone, aghetti di apatite e meno frequentemente di tormalina, e granuletti di ossidi di ferro.
La pasta fondamentale, nonostante le poche variazioni di composizione, mostra una grande varietà di microstrutture, che possono anche sensibilmente variare in una stessa massa rocciosa, in relazione con le condizioni in cui è avvenuta per raffreddamento la consolidazione del magma. Si constata però che in generale nelle parti più profonde e interne delle grandi espansioni laviche e dei potenti dicchi si ha una struttura cristallina, mentre nelle loro parti superficiali, come anche nella massa delle colate di lieve spessore, si ha quella vetrosa, ciò in rapporto al raffreddamento più rapido avvenuto in queste zone.
Quando la pasta è olocristallina, essa può avere struttura granulare o microgranitica e anche micropegmatitica per implicazione di elementi quarzosi e ortoclasici intrecciantisi vicendevolmente. Quest'ultima struttura venne da molti autori indicata col nome di struttura granofirica. Pure frequentissima è la struttura petroselcisa, anche indicata col nome di struttura microfelsitica, in cui la pasta fondamentale è rappresentata da un finissimo aggregato costituito, a quanto sembra, da un fondo vetroso, nel quale sono disseminate formazioni microcristalline di quarzo e di ortoclasio, che a luce polarizzata dànno una polarizzazione appena percettibile con debolissima birifrazione. La struttura vitrofirica è caratteristica delle masse fondamentali vetrose e spesso mostra tracce anche molto evidenti di fluitazione intorno ai fenocristalli.
L'aspetto macroscopico dei porfidi varia assai, avendosi tipi in cui la struttura è facilmente determinabile in causa delle grandi dimensioni dei fenocristalli e dei caratteri nettamente discernibili della pasta fondamentale; mentre se ne hanno altri, in cui si riesce difficilmente a riconoscere la struttura della roccia a un esame superficiale, come appunto si osserva nei microporfidi. Amche il colore varia, passando dal grigio-chiaro al bruno-rossastro, dipendendo in tale caso la tinta rossastra dal fatto che nella pasta fondamentale si ha un pigmento ferrico dovuto generalmente a fenomeni secondarî. Nelle varietà petroselciose poi le tinte tendono in molti casi direttamente al bruno nerastro e al nero. I caratteri macroscopici, il colore e la compattezza delle rocce porfiriche si modificano notevolmente quando le dette rocce subiscono fenomeni di alterazione, rappresentati essenzialmente dalla caolinizzazione più o meno avanzata dell'ortoclasio. Esse diventano in modo particolare friabili nelle parti superficiali, che assumono un aspetto quasi terroso, mentre invece, quando si tratta di una roccia porfirica sana, si può ottenere una politura perfetta.
Composizione chimica. - Considerati sotto il punto di vista chimico, i porfidi hanno, al pari dei graniti, un alto grado di acidità in causa dell'elevato tenore in silice: differiscono però dai graniti per la loro maggiore alcalinità, dovuta alla minore frequenza di plagioclasî sodico-calcici e di elementi ferro-magnesiaci (elementi femici).
Infatti nei tipi normali la quantità di ossido di calcio non supera mai il 2%, mentre è molto scarsa quella degli ossidi di ferro ed estremamente esigua quella dell'ossido di magnesio, che spesso appare solo in minime tracce. Sono invece abbondanti gli ossidi dei metalli alcalini e in modo particolare quello di potassio, data la prevalenza dell'ortoclasio fra i termini feldspatici. I tipi vetrosi poi contengono sempre una non trascurabile quantità di acqua, che è da considerarsi come primaria, vale a dire come già esistente nel magma originario.
Nella seguente tabella sono riportate le analisi di alcuni tra i più noti porfidi d'Italia.
I porfidi sono rocce molto diffuse e formano masse dotate talora di dimensioni molto estese.
In Italia una regione molto interessante è quella che si trova a sud del Lago di Lugano: quivi le rocce porfiriche formano larghi e potenti espandimenti appartenenti al Permico, dotati di svariate forme di struttura. In Valganna e presso Porto Ceresio prevalgono le forme olocristalline, a struttura pegmatitica, passanti a forme di carattere intrusivo con frequenti cavità tappezzate da minuti cristallini di quarzo, feldspati e fluorite. Sono anche comuni in detta regione le forme petroselciose e anche, come nei dintorni di Cunardo, schiettamente vetrose.
Anche nella zona del Canavese si hanno masse cospicue di porfidi a struttura varia; come pure nella bassa Val Sesia, a sud del Lago d'Orta, e in varî punti dell'estremità meridionale del Lago Maggiore.
Altre località da ricordare sono le Prealpi Bergamasche e Bresciane, dove si hanno potenti banchi di porfidi quarziferi intercalati nelle arenarie rosse del Verrucano e del Triassico.
Una speciale menzione merita la formazione porfirica del Permico, che, estendendosi da Merano fino quasi nell'Agordino, si può considerare la più potente d'Europa.
L'esplorazione delle cave di porfido nella Venezia Tridentina fu iniziata nel 1880, da industriali tedeschi con operai specializzati scandinavi, con quelle di Lentsch nei comuni di Bronzolo e Ora. Interrotta durante la guerra mondiale e ripresa nel 1923, nel 1926 ebbe maggior impulso con il passaggio delle principali cave in mani italiane, con l'apertura di nuove cave e con una più intensa e attiva propaganda.
Delle 49 cave denunziate a tutt'oggi, le più importanti sono quelle di Bronzolo, Ora, Val di Cembra, Albiano in provincia di Trento; e di Laives, Val d'Ega, Postal, nei pressi di Merano, in quella di Bolzano. Anche questi porfidi hanno struttura, composizione mineralogica e chimica, colore molto variabili; nella tabella precedente le analisi numeri IV, V, VI, VII riguardano porfidi di questa regione. Hanno peso specifico medio 1,583, resistenza alla compressione 2160-2640 kg. per cmq. e durezza circa 6 (determinazione dell'Istituto sperimentale delle ferrovie). Se ne distinguono molte varietà: le più comuni e note sono la varietà grigia tendente al verde e la rosea.
Una diecina di cave fornisce un porfido compatto, che si utilizza come materiale da costruzione con una produzione, quasi tutta nella provincia di Bolzano, di circa 30.000 tonnellate annue.
Importanza molto maggiore ha il porfido che presenta una pseudo-stratificazione dovuta probabilmente a fessurazioni per la contrazione del magma porfirico nel raffreddamento, poiché tali fessurazioni favoriscono l'estrazione in posto e la lavorazione di porfidi in lastre o stratificati, principalmente usati nella pavimentazione stradale.
Perché si possa utilizzare per questo scopo, il porfido deve: avere struttura omogenea e non avere subito alterazione per opera degli agenti atmosferici; presentare struttura regolare a piani paralleli, serrati ma separabili, con spessori che variano da qualche centimetro a più di venti; inoltre avere fratture normali alle precedenti e quindi facile divisibilità della roccia in superficie regolare pianeggiante per ottenere una perfetta combaciabilità nella messa in opera dei masselli.
L'andamento della produzione negli ultimi anni, in rapporto anche ai risultati delle recenti ricerche sul problema del traffico, per cui si ritiene preferibile per le grandi città una pavimentazione lapidea al posto di quella ad asfalto troppo levigata, risulta dalla tabella a p. 943 in basso.
Infine nella stessa formazione si trovano porfidi utilizzabili quali materiali da decorazione, come il porfido rosso detto di Vipiteno, proveniente da Ora e Bronzolo, il porfido bruno detto di Vipiteno (monumento a Beethoven e altri monumenti di Vienna); il porfido grigio rosa di Andriano, il porfido rosso di Bolzano (nella Hofburg di Vienna) e quello augitico grigio-rossastro di Predazzo (chiesa di Predazzo).
Porfidi non quarziferi od ortofiri, per la prevalenza dell'ortoclasio, sia in fenocristalli sia in microliti, sono i rappresentanti effusivi paleovulcanici dei magmi sienitici, scarsamente diffusi. Mineralogicamente sono costituiti di ortoclasio, spesso in fenocristalli torbidi e alterati, e plagioclasî calcico-sodici con termini colorati molto subordinati ai salici. Di formazione primaria quelli riferibili alle famiglie degli anfiboli, dei pirosseni e delle miche (biotite), secondaria l'epidoto e la clorite. Hanno struttura porfirica e pasta fondamentale olocristallina rossiccia o verdognola per alterazione. Sono rappresentati in alcune regioni della Germania (Turingia), e nei Vosgi.
Con granuli di quarzo nella pasta fondamentale si hanno ortofiri quarziferi come i micacei della Loira e del Morvan. Più ricchi di alcali sono i cheratofiri del Harz.
Rappresentanti effusivi della serie alcalina paleovulcanica sono i porfidi a macchie rombe, per le sezioni rombe dei fenocristalli dei feldspati alcalini, dell'Aftica orientale e della Norvegia.