pornocultura
s. f. – Termine che amplia la nozione di pornografia in seguito all’affermazione e alla diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione le quali, secondo la modalità partecipatoria, facilitano la produzione e la fruizione di materiale pornografico e rendono il suo consumo sempre più audiovisivo. Sin dagli anni Novanta del secolo scorso l’industria del porno ha trovato nella rete un acceleratore dei desideri sociali basato sulle possibilità inaugurate dai media digitali (Internet, videocamera, social network); il porno online si è rivelato una forza dirompente per l’economia e per lo sviluppo sia di nuove tecnologie di comunicazione sia del loro impiego. Si tratta di un'industria in forte ascesa, con notevoli incrementi per quanto riguarda la pubblicità su Internet e con i capitali spesso riversati in paradisi fiscali, a causa della protezione garantita dal fatto che i server sono ubicati in zone senza territorialità, ossia senza confini stabiliti di giurisdizione legale. La mancanza di un codice deontologico da parte di chi immette contenuti (immagini e video) rischia quindi di suggerire e rappresentare esperienze estreme fuori dell'immaginario tradizionale e soprattutto promuovere un commercio del sesso non solo virtuale, facendo della p. un veicolo alla prostituzione. L’idea di un porn 2.0 in analogia con il concetto di web 2.0 è nata nel 2005 con la registrazione del dominio Youporn.com divenuto, insieme a Xtube e Redtube, tra i più frequentati siti gratuiti di videosharing, dove caricare e scaricare materiali porno audio e video adottando la modalità degli user-generated content. In genere, la nozione di p. implica l’idea che le attività sessuali mediate dal web abbiano reso più egualitario il consumo e la produzione di contenuti pornoerotici, favorendo uno sfruttamento consapevole del corpo, in particolare di quello femminile, da sempre oggetto di discussione nelle polemiche antiporno. Nello specifico, la p. al tempo del web 2.0 è l’ambito che più di ogni altro ha favorito l’assottigliamento dei confini tra lo spazio pubblico e quello privato, la fusione in un’unica identità elettronica del consumatore e del produttore e l’accesso ai contenuti pornoerotici di nuove categorie di pubblico, ossia adolescenti e minori, sollevando problematiche relative alla salvaguardia della loro tutela. Data l’oggettiva difficoltà a controllare la circolazione nel web di materiali porno, la censura, la condanna per la pornografia e il perseguimento degli utenti che immettono contenuti pornografici in rete sono procedure complesse e raramente applicabili; a fronte di questo dato si assiste al fenomeno che vede diventare la p. una forma di intrattenimento diffusa e sempre più considerata al pari di altri svaghi.
Dalla pornografia alla pornocultura. – Il passaggio dalla pornografia alla p. è avvenuto grazie allo , tecnologia che consente agli utenti di diffondere quotidianamente una sempre più consistente quantità di materiale pornoamatoriale. Tali contenuti finiscono in siti che ospitano videoclip home made, in piattaforme di social network dove è necessario inserire una propria immagine-avatar che testimoni visivamente quanto affermato nelle caratteristiche fisiche del profilo, o infine negli scambi privati. La produzione dei contenuti pornoerotici è, a sua volta, semplificata dallo sviluppo di software e hardware, fotocamera e webcam dei computer di nuova generazione. Sono divenute così facilmente accessibili non soltanto i contenuti pornografici, ma interi immaginari e pratiche altrimenti di nicchia e sconosciuti all’utente medio. Oltre ad aver reso la p. un settore di successo, la rete ha sfruttato la crescita esponenziale di produttori amatoriali di contenuti porno e di nuove tipologie di distribuzione e consumo (download, registrazione in siti a pagamento, acquisti online, ecc.). Queste forme di lavoro immateriale che mescolano l’intrattenimento e il piacere, ridefiniscono continuamente il cosiddetto lavoro sessuale e i tabù etici intorno ai lavoratori e alle lavoratrici del sesso. Dall’avvento della stampa a caratteri mobili fino alla fotografia, poi al cinema, alle videocassette, ai video e ai media digitali, l’immagine pornografica ha assunto significati sempre più complessi, contribuendo a modificare profondamente dal punto di vista sociale e antropologico la rappresentazione del sé, dei generi sessuali e biologici e del desiderio erotico. Un altro elemento che amplifica il concetto di pornografia in p. è quello legato alla continua diversificazione e categorizzazione dei generi, delle pratiche, degli orientamenti e degli stili sessuali, anche facilitate dalla frammentazione tecnologica dei videoclip immessi nei siti dedicati (un esempio è il formato .gif, che permette la breve animazione reiterata di un singolo gesto catalogato in una pratica sessuale). La proliferazione dei sottogeneri e l’aggiornamento costante delle categorie di ricerca è assimilabile all’effetto dell’esposizione delle merci nella società dei consumi. La rappresentazione del desiderio erotico nella rete muta considerevolmente lo scenario privato eterosessuale tanto quanto quello omosessuale femminile, maschile e transessuale. Per questa ragione si è diffusa l’idea che esista una democratizzazione e un addomesticamento del porno; la p., infatti, trova nella rete un medium ad alto potenziale di secolarizzazione e di edulcorazione; è fucina di sperimentazione per nuove forme di commercio e lavoro elettronico e laboratorio di nuove estetiche dell’erotismo. I media digitali hanno anche incrementato i luoghi e i tempi di consumo di materiale porno: non più un’evasione dal quotidiano, bensì una finestra aperta tra le altre nella barra dei pannelli durante lo svolgimento delle attività mediate dal computer e da Internet. I mutamenti epistemologici e socioantropologici dovuti alla circolazione di frammenti pornoculturali in rete sono materia dei porn studies, del postfemminismo, dei gender studies, dei media studies, dei queer studies e, con un taglio diverso, dei fashion studies allorché la p., in virtù di una proliferazione dell’immaginario porno oltre i confini e gli ambiti a esso esclusivamente dedicati, è divenuta fonte dalla quale la pubblicità di moda ha mutuato stili ed estetiche. Lo slittamento da una ‘grafia’ del porno verso una ‘cultura’ del porno è giustificato dal fatto che quest'ultima copre settori di riflessione molto estesi: cybersex, sesso virtuale, infedeltà virtuale, soft-hard-real core, lavoro sessuale, costruzione del genere sessuale, reato di abuso pedopornografico online, sfruttamento dell’erotismo in funzione consumistica, attivismo post-porn-femminista, dipendenza dal cyber sex e così via. La capillare diffusione del porno grazie ai media digitali mette in luce il forte legame tra sesso e tecnologia, già inaugurato dai media tradizionali, e innesca processi che investono mutamenti culturali, di costume e sociali.