PORRO SCHIAFFINATI, Carlo Alfonso Gracco
– Nacque a Milano il 23 gennaio del 1798 da Gaetano e da Isabella Giudici.
In nome degli ideali di libertà ed eguaglianza, il padre aveva abdicato ai suoi titoli nobiliari e abbracciato la causa rivoluzionaria divenendo uno dei protagonisti del Triennio democratico nel capitale cisalpina.
Presto orfano del padre, morto nel gennaio 1800 in esilio in Francia dove si era rifugiato in seguito all’invasione austro-russa e alla conseguente caduta della Repubblica Cisalpina, il piccolo Alfonso fu affidato alle cure dello zio Antonio Giudici, «prefetto [...] dell’I.R. Monte lombardo-veneto» (Porro Schiaffinati, 1855, p. I), poi ricordato nella dedica del Marino Faliero quale «secondo amorosissimo padre» e guida «colle più assidue e illuminate cure nel cammino della vita» (p. IV).
Oltre a un asse ereditario «involto in molte passività» (Milano, Archivio storico civico, Famiglie, cart. 1212) e al titolo nobiliare – almeno stando a quanto la madre dichiarò in una petizione indirizzata il 1° vendemmiale anno IX (23 settembre 1800) all’Amministrazione dipartimentale dell’Olona e volta a ottenere una dispensa dal gravoso onere degli alloggiamenti militari nella casa di Porta Romana –, Porro Schiaffinati ereditò dal padre la propensione per le passioni politiche, che lo avrebbe portato a seguire con viva partecipazione il percorso del nascente Stato italiano.
Fu però la villa di famiglia a Sant'Albino, nei pressi di Monza, la culla della sua attività mecenatesca, di cui rimase testimonianza, per esempio, nelle Note Azzurre di Carlo Dossi, laddove si accennava all’oboista del Teatro alla Scala Cesare Confalonieri, ospite del conte durante una soirée musicale, e ai fratelli Adolfo e Polibio Fumagalli «egregi violinisti, pianisti. […] Il conte Porro Schiaffinati, dilettante musicista, li chiamava a volte nella sua villa di S. Albino per sonare loro insieme» (Dossi, 1964, p. 481). Così come nelle pagine dell’Antologia Meneghina di Ferdinando Fontana, secondo il quale «il conte Alfonso fu intimo di Manzoni e d’Azeglio, di Rajberti, di Rovani, dell’Arienti, del Fraccaroli, di quasi tutti i sommi artisti e scrittori dell’epoca sua» (Fontana, 1915, p. 251). Il medico e poeta Giovanni Rajberti gli dedicò in segno d’amicizia il poemetto I fest de Natal, congratulandosi per la nascita, il 25 dicembre 1852, del sospirato erede maschio – quel Gaetano Porro Schiaffinati che, ricalcando le orme paterne, avrebbe allacciato sodalizi con Giacomo Puccini e Filippo Tommaso Marinetti, dilettandosi inoltre di poesia e pittura. Ancora più munifico fu l’omaggio di Carlo Arienti, che nel 1834 lo aveva vestito «in abito di cacciatore con sfondo a paese» (Gozzoli - Mazzocca, 1983, p. 96). D’altro canto Porro Schiaffinati, noto appassionato d’arte, poteva già dirsi avvezzo a posare per pittori di un certo calibro, visto che Francesco Hayez lo aveva ritratto, nel 1821, nel suo Studio per la testa del Carmagnola e, nel 1827, ne aveva donato le fattezze a uno dei personaggi che attorniavano Maria Stuarda nel momento che sale al patibolo.
Non pago tuttavia del suo ruolo di mecenate e di fulcro di una rete culturale che annoverava personaggi di spicco quali quelli succitati, il conte si cimentò in prima persona nella produzione letteraria.
Fra «i più celebrati scrittori drammatici contemporanei» scelse il francese Casimir Delavigne, del quale tradusse nel 1855 il Marino Faliero e nel 1868 i Vespri siciliani, nella convinzione che «la vera maggioranza, il popolo, non fa conoscenza di lavori teatrali se non in teatro», e che di conseguenza «chi voglia arricchirlo di qualche classica rappresentazione venuta di Francia, dovrà passare per la strada della traduzione» (Porro Schiaffinati, 1855, p. III). Inedita rimase, invece, la versione di un'altra tragedia di Delavigne, I figli di Odoardo.
Il Faliero, che nella lettura di Delavigne risultava agli occhi di Porro Schiaffinati una «tragedia piena di forti caratteri e di pietosi affetti […] avvenimento tutto italiano, e dipinto con quell’evidenza di colorito locale che troppo spesso vien falsato dagli stranieri anche illustri, quando si occupano dei fatti nostri» (p. II), metteva in scena la grandiosa figura del doge giustiziato per ordine del Consiglio dei Dieci nel 1355 a seguito di un fallito colpo di stato, ammantandola di una luce patriottico-risorgimentale di ascendenza manzoniana. Mentre nei Vespri si celebrava l’insurrezione antiangioina di Palermo del 1282, che già nell’omonimo melodramma di Giuseppe Verdi aveva trovato una maestosa consacrazione.
La sua opera più nota, tuttavia, fu il Frammento del canto XXXIII della Divina Commedia dato alle stampe nel 1868, rivisitazione dei fasti della tradizione vernacolare milanese che aveva avuto in Carlo Porta il suo esponente più rappresentativo e che Porro Schiaffinati richiamava esplicitamente nell’introduzione.
Nel 1860 compose invece l’ode patriottica Partenza per la Sicilia di Garibaldi e la cantata per coro e pianoforte A Garibaldi, entrambe dedicate all’eroe nizzardo, al quale fu legato da un rapporto di reciproca stima e amicizia, nonché dall’afflato risorgimentale che lo indusse a finanziare la spedizione dei Mille con «due sacchi di marenghi» (Epistolario di Giuseppe Garibaldi, I, p. 94). «Mi avete confuso con tanti gentili sensi verso me. Io ve ne sono ben riconoscente» (V, p. 84) gli scrisse 'l’eroe dei due mondi' da Genova il 2 maggio 1860; questo legame gli valse l’appellativo di ‘Conte rosso’.
Proprio in virtù del suo fervido sostegno alla causa unitaria, all’indomani della costituzione del Regno d’Italia, Porro Schiaffinati fu chiamato a far parte del Consiglio comunale di Concorezzo fino al 1867, segnalandosi in modo particolare per l’impegno profuso affinché fosse eretta una chiesa parrocchiale in località Cascina de’ Bastoni, non lontano dalla villa di S. Albino, e restando saldo punto di riferimento del partito garibaldino monzese anche negli anni successivi all’Unità d’Italia.
Vedovo di Felicita Ratti, morì a Sant'Albino il 22 settembre 1872.
Opere. Marino Faliero, tragedia di Cosimo Delavigne recata in versi italiani da A. P. S., Milano 1855; A Garibaldi, canto popolare siciliano, coro con accompagnamento di pianoforte. Poesia e musica del conte A. P. S. Eseguito la sera del 4 luglio a beneficio della Sicilia, Milano [1860]; Partenza per la Sicilia di Garibaldi . Ode del conte A. P. S. a beneficio della Sicilia, Monza [1860]; Frammento del canto XXXIII della Divina Commedia di Dante Alighieri. Versione milanese per A. P. S., Monza 1868; I vespri siciliani, tragedia di Casimiro Delavigne recata in versi italiani da A. P. S. Milano 1868.
Fonti e Bibl.: Sant'Albino, Parrocchia di S. Carlo e di S. Maria Nascente, Archivio storico, cart. 1, f. 1; Parrocchia della Cascina Bastioni, Registro dei morti, 1866-1892; Milano, Archivio storico civico, Famiglie, cart. 1212; Epistolario di Giuseppe Garibaldi, V, a cura di M. de Leonardis, Roma 1984, ad ind.; autografi di Porro Schiaffinati sono conservati dai discendenti Lorenzo e Gaetano Porro Schiaffinati di Milano.
G. Rajberti, Fest de Natal, Milano 1853, passim; F. Fontana, Antologia Meneghina, Milano 1915, ad ind.; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, ad nomen; C. Dossi, Note Azzurre, a cura di D. Isella, Milano 1964, ad ind.; F. Pirola Storia di Concorezzo, Concorezzo 1978, ad ind.; Hayez, a cura di M.C. Gozzoli - F. Mazzocca, Milano 1983, ad ind.; P. Beretta - A. Cernecca, Il ‘Conte rosso’ di Sant’Albino: A. P. S., in Al confine di due comuni, a cura di E. Sangalli - P. Beretta - A. Cernecca, Brugherio 2001, pp. 45-58, in http://www.parrocchie.it/monza/orizzontionline/libro/05Porro_Schiaffinati.pdf (26 febbraio 2016); A. Cernecca, A. P. S.: il conte poeta e mecenate, in La Goccia briantea. Giornale della Brianza online, novembre 2005, in http://www.lagocciabriantea.com/numeri/novembre2005/alfonso_porro_schiaffinati.htm (28 febbraio 2016).