portabilita
portabilità s. f. – Diritto. – Con la formula 'p. del numero' si designa la possibilità, accordata agli utenti di telefonia fissa o mobile (MNP, Mobile number portability), di conservare il proprio numero telefonico anche nel caso in cui decidano di cambiare gestore del servizio. La determinazione delle modalità e dei tempi del passaggio da un operatore telefonico a un altro e la vigilanza sull’effettivo rispetto delle regole in materia di p. sono affidate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). La 'p. del mutuo', cioè la possibilità di trasferire il mutuo contratto con una banca presso altra banca che offra al mutuatario condizioni più vantaggiose, è stata invece introdotta dall’art. 8 della l. 2 aprile 2007, n. 40 di conversione del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 (il cosiddetto decreto Bersani). Lo strumento tecnico utilizzato è quello della surrogazione per volontà del debitore (art. 1202 cod. civ.): la surrogazione comporta il trasferimento del contratto al creditore-surrogato alle nuove condizioni stipulate tra il mutuatario e la banca subentrante, con esclusione di penali o altri oneri di qualsiasi natura. Il nuovo mutuante-surrogato subentra, così, nella titolarità del credito originario, nonché nelle garanzie, personali e reali, accessorie al credito cui la surrogazione si riferisce. La surrogazione – che deve essere disposta nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata – risulterà da un'annotazione apposta a margine dell’ipoteca già iscritta, senza necessità di cancellare l’iscrizione originaria e di effettuarne una nuova. Qualora il mutuatario intenda avvalersi della facoltà di surrogazione, resta salva la possibilità che le parti originarie pattuiscano la variazione, senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo in essere (cosiddetta rinegoziazione del mutuo).
Informatica. – Proprietà di un sistema, in genere un software, di poter essere utilizzato su diverse piattaforme. La p. (porting) di un software può essere anche definita in termini relativi: un programma si dice allora portabile se il costo di tale operazione (corrispondente alla scrittura di modifiche, dette appunto port, al codice sorgente) è inferiore al costo di riscrittura dell’intero codice. Il livello di p. risulta pertanto una grandezza inversamente proporzionale al suo costo. Attualmente l’uso esteso di pochissime CPU (Central processing unit) e di un ridottissimo numero di sistemi operativi rende la p. del software un problema secondario per le applicazioni legate ai personal computer; essa può diventare invece rilevante per il mercato dell’elettronica di consumo, che fa sempre più largo uso di sistemi hardware e software costruiti per essere inseriti e operare in sistemi più ampi con i quali interagire per garantirne le funzionalità. L’ISO (International organization for standardization) e l’ANSI (American national standards institute) hanno promulgato degli standard che consentono di facilitare la p. in ambienti diversi, riducendola sostanzialmente all’operazione duplice di caricamento e ricompilazione del software sulla nuova piattaforma; in tal caso essa può essere considerata come caso particolare della riusabilità del software. Nel caso più semplice della p. di dati, l’impiego del codice ASCII (American standard code for information interchange) ha ormai reso tutti i file di dati leggibili quale che sia la piattaforma impiegata. Nel caso della p. dei programmi, occorre operare una distinzione sulla base del linguaggio di programmazione impiegato per scriverli; vi sono infatti alcuni linguaggi che non prevedono l’esistenza di compilatori per tutte le piattaforme. È pertanto necessario anche in tal caso ricorrere a un processo di standardizzazione che renda la compilazione possibile in qualsiasi ambiente. Linguaggi non compilati ma interpretati o parzialmente interpretati, come Java, possono essere eseguiti in qualsiasi ambiente e non presentano pertanto problemi di portabilità.