PORTO (XXVIII, p. 8)
La ricostruzione dei porti. - Distruzioni provocate dalla guerra. - L'opera distruttiva, esplicata dagli eserciti angloamericani, con i loro bombardamenti aerei e navali, nell'intento di ridurre al minimo l'efficienza dei porti italiani è stata di una gravità eccezionale. Non meno gravi risultarono le successive distruzioni effettuate dai tedeschi in ritirata con mine da essi collocate in gran numero e fatte esplodere nelle opere portuali e nei relativi impianti, di guisa che molti scali marittimi vennero ridotti addirittura in cumuli di macerie. Né vanno trascurati gl'incidenti più o meno fortuiti (per es. le esplosioni di navi cariche di micidiali ordigni bellici nei porti di Napoli e Bari) che contribuirono a rendere ancor più squallido e sconfortante il panorama delle vie e degli scali marittimi italiani. L'entità dei danni è riassunta nella tabella, raggruppando i porti in zone corrispondenti alle giurisdizioni dei varî provveditorati regionali alle Opere pubbliche.
Nella voce "arredamenti portuali" sono compresi soltanto le gru di vario tipo e portata, gli elevatori elettromeccanici e gl'impianti similari di una certa importanza. Occorre tener conto, però, che sono andate distrutte anche numerose boe di ormeggio e moltissimi arredamenti tipici delle calate oltre a varî chilometri di binario ferroviario in servizio delle banchine. Numerose sono state anche le calate e le strade di accesso a queste, sconvolte dalla guerra. I bacini da carenaggio hanno sofferto nei muri di fiancata e nella platea, ma particolarmente negli impianti di esaurimento e negli organi di chiusura.
Fra gli edifici portuali distrutti o danneggiati sono compresi i silo, i frigoriferi, i capannoni, i docks, gli edifici demaniali di vario uso, ecc.
Ai danni delle opere sono da aggiungere: la estesa posa di mine nei bacini portuali e l'affondamento di piroscafi e mezzi d'opera galleggianti di ogni uso e tipo, tra i quali il vasto parco effossorio dello stato che, appunto in seguito agli affondamenti, risultava - all'atto della liberazione - totalmente inefficiente.
Pianificazione della ricostruzione portuale. - Questa vasta mole di danni, tradotta in cifra con l'applicazione dei prezzi correnti all'epoca, portò, nel febbraio 1946, alla compilazione del fabbisogno di presunta spesa di 16.000.000.000 di lire per la ricostruzione delle opere, degli impianti e dei mezzi d'opera, per il recupero e la riparazione del parco effossorio dello stato per il recupero dei natanti e delle mine che ingombravano i passi navigabili e le fronti murate di approdo nei porti, per il ripristino dei raccordi ferroviarî negli ambiti portuali e per eventuali lavori imprevisti. Tale spesa venne peraltro opportunamente distribuita in quattro periodi corrispondenti ai quattro esercizî finanziarî compresi fra il 1° luglio 1945 e il 30 giugno 1949 ai soli fini dei pagamenti, potendosi invece assumere impegni anche su fondi dei successivi esercizî ove le esigenze di organici gruppi di lavori da appaltare lo avessero richiesto; e ciò allo scopo di contemperare le esigenze del bilancio statale con la complessa ed organica opera ricostruttrice che si stava per intraprendere.
Per i grandi porti di Genova e di Napoli fu provveduto con stanziamenti a parte: successivamente, sia per i continui aumenti di prezzi, sia per la maggiore gravità dei danni riconosciuta in corso d'opera, altri fondi furono impegnati al centro ed alla periferia per l'opera di ricostruzione degli scali marittimi nazionali, giungendo così ad una mole di lavori dell'ammontare di ben 42 miliardi di lire.
Stato della ricostruzione portuale. - Nei riguardi dello stato di avanzamento della ricostruzione portuale si può affermare che alla fine del 1948: 1) le banchine commerciali sono state riattivate e rese efficienti per l'85% in media; 2) i mezzi meccanici di carico e scarico e le attrezzature portuali in genere, sono stati ricostruiti per oltre il 75%; 3) i magazzini, i silo, i serbatoi di ogni tipo e gli edifici demaniali sono stati rimessi in assetto per il 90%; 4) i binarî ferroviari e di raccordo gli ambiti portuali sono stati ripristinati per oltre l'85% del loro sviluppo lineare originario; 5) l'efficienza operativa degli specchi d'acqua interni (commerciali) ha raggiunto all'incirea il 95%.
Il che dimostra che la ricostruzione dei porti marittimi nazionali, nelle sue linee essenziali, è, di fatto, in via di completamento e potrà senz'altro essere compiuta entro il 1949.
Ripresa dei traffici e rapido incremento degli introiti fiscali-demaniali. - In correlazione all'opera di ricostruzione portuale è da rilevare una confortante ripresa dei traffici, talché, dalle notizie fornite dalla Marina mercantile, si può desumere che, indicato con 100 il movimento medio registrato nell'anno 1938, mentre i porti di Genova, Savona, La Spezia, Cagliari, Bari, Ancona hanno raggiunto e - in taluni casi, dovuti a ragioni strettamente contingenti (affluenza di soccorsi UNRRA e simili) - superato il 100% durante il primo semestre dell'anno 1948, i restanti maggiori porti principali, quali Livorno, Civitavecchia, Napoli, Olbia, Palermo, Siracusa, Catania, Messina, Brindisi, Venezia offrono - nello stesso periodo di tempo - con il 75% circa di media raggiunto, la migliore prospettiva di un rapido e sicuro ritorno al traffico di anteguerra. Lo stesso può dirsi per gli introiti fiscali.
Sulla scorta delle notizie attinte presso il Ministero delle finanze - Direzione generale delle dogane - per quanto riflette le entrate, e presso l'Istituto centrale di statistica per quanto si riferisce agli indici-costo della vita, si desume che gli introiti nel 1946, nei maggiori porti italiani, raggiunsero 1/4 di quelli che si sarebbero potuti realizzare se gli scali stessi avessero avuto la totale eflìcienza prebellica e che, nel 1947, tale rapporto, è salito ad 1/2 ed oltre e nel 1948 a 2/3. Col completamento dei lavori di ricostruzione dei porti marittimi italiani, oltre che facilitare la ripresa integrale dei traffici, sarebbe quindi possibile elevare sensibilmente il gettito delle entrate doganali in modo da compensare largamente le partite del bilancio statale destinate all'opera di ricostruzione.
Lavori complementari agli effetti della sistemazione generale dei porti. - La vasta e complessa attività concernente in linea essenziale il settore "danni di guerra" non ha pregiudicato né pregiudica l'altra relativa al "completamento delle opere portuali" ed alla esecuzione di nuove opere di riconosciuta necessità, che dovranno eseguirsi con i normali fondi del bilancio del Ministero dei lavori pubblici o con le altre autorizzazioni di spesa richiesta di volta in volta per fronteggiare anche la disoccupazione in atto. A tale riguardo è stato predisposto un piano organico di lavori, che, aggiornato ai prezzi attualmente imposti dal mercato, prevede la spesa globale di L. 65 miliardi da ripartirsi in un adeguato e congruo numero di esercizî finanziarî.
Affiancata alla suesposta attività governativa non è mancata quella dei privati concessionarî che hanno gradatamente ricostruito silo, capannoni completi d'impianti meccanici, frigoriferi e quant'altro necessario ai traffici portuali: attività questa che dovrà essere incoraggiata e stimolata, con nuove concessioni, sì da sottrarre l'erario all'onere della costruzione ed impianto di manufatti funzionali e di attrezzature portuali che, in definitiva, giovano principalmente agli interessi privati.
Al riassetto completo dei porti concorrerà altresì l'ERP, che ha di mira la costruzione di opere ed impianti portuali particolarmente legati allo sviluppo ed al potenziamento dei traffici marittimi transoceanici.
Si ritiene di potere concludere che l'opera di ricostruzione portuale, iniziata fra le infinite difficoltà dovute alla guerra, condotta col fervore che è valso a colmare le più impreviste deficienze, sarà un fatto compiuto a breve scadenza essenzialmente in virtù degli sforzi singoli e collettivi del popolo italiano. E da rilevare infine che, specie per l'avviata industrializzazione del Mezzogiorno, molto opportuna è in particolare la ricostruzione degli scali meridionali.
Modalità tecniche della ricostruzione. - Per illustrare qualche modalità tecnica relativa agli ardui lavori di ricostruzione effettuati facciamo, in particolare, riferimento alle opere del porto di Napoli, che più di ogni altro ha subìto offese aeree, distruzioni causate da mine e scoppî di navi cariche di esplosivo.
Per quanto concerne le opere foranee, in esse si verificarono numerose brecce tanto nelle sovrastrutture quanto nelle infrastrutture. Per la diga foranea Duca degli Abruzzi (fig. ia), i blocchi murarî, provenienti dalle distruzioni operate dalle esplosioni, sono ricaduti sulla berma esterna della scogliera rendendo così pregiudizievole la stabilità dell'opera, per i frangenti che si sarebbero determinati in prossimità del modificato paramento dell'opera, in luogo dell'onda sistatica (clapotis), risultante dalla riflessione delle onde in presenza della preesistente parete verticale.
La riparazione dei danni ha avuto quindi per scopo essenziale la ricostituzione del paramento verticale della diga, che si è realizzata con i seguenti lavori (fig. ib): a) salpamento di tutti i blocchi caduti; o) iniezioni di cemento nelle lesioni; c) ricostituzione dell'infrastruttura all'esterno ed all'intemo del molo con muratura di mattoni e malta cementizia, effettuata a mezzo di palombaro; d) ricostituzione della muratura di soprastruttura con getti di calcestruzzo per il massiccio murario e rivestimento di bolognini nel paramento della fronte murata d'approdo all'interno e nei paramenti del muraglione di guardia. Si è pervenuti in sostanza alla vera protesi dell'opera che ha così ripreso la sua originaria funzione idrodinamica con la ricostruzione integrale di tutte le sue strutture.
Nelle numerose brecce relative alla diga Duca d'Aosta, che sono state poi più estese, il paramento esterno dell'infrastruttura è stato ricostituito con massi artificiali ordinarî delle dimensioni medie di m. 2 × 2 × 4 sistemati in pila, rendendo così più limitati i getti in acqua a tergo, i quali, com'è ovvio, sono sempre soggetti al pericolo del dilavamento. Per quanto concerne i banchinamenti si sono adottati gli accorgimenti tecnici più diversi a seconda dei danni subiti dalla struttura.
Nell'occasione si è anche pensato di effettuare miglioramenti batimetrici e di resistenza dei muri di sponda per dare appunto alle strutture ricostruite una maggiore efficienza in relazione alle crescenti esigenze del traffico marittimo. Per es., nella banchina alla calata di Porta di Massa (fig. 2) si è costruito con getto in calcestruzzo, con una speciale paratia in ferro e legno, un ringrosso della infrastruttura, un a sottofondazione ed un ancoraggio con pali, tiranti e terraficco li per conferire al muro di sponda ricostituito rilevante stabilità e tirante d'acqua.
In particolare l'ancoraggio è stato effettuato mediante tiranti del diametro di 30 mm., della lunghezza di circa m. 12, muniti di tenditori, collocati trasversalmente al praticabile e distanziati di m. 2 l'uno dall'altro. Essi sono stati collegati ad una trave di cemento armato disposta longitudinalmente e di sezione m. 0,50 × 1,70. I tiranti, annegati entro protezione di conglomerato cementizio, sono connessi all'altro estremo con una trave di ferro di sezione ad U avente l'altezza di mm. 160 che unisce, nel senso longitudinale, le teste delle travi a I da 300 mm. alla quota (+ 0,30). Queste travi da 300 mm., lunghe m. 12,50, sono poste a distanza di m. 2 in corrispondenza della mezzeria delle pile dei massi artificiali appartenenti all'infrastruttura originaria della banchina, rasentando il fronte esterno del masso di base e, spingendosi fino a quota (− 12), restano così infisse per non meno di m. 2 nel fondo subacqueo. Il sostegno della banchina, fino a quota (− 5,50), è completato da rotaie Vignole da mm. 130 di altezza infisse del pari a quota (− 12) distanziate di m. 2, ma in posizione alterna con le travi a I da mm. 300. Nel cavo fra il preesistente fronte della banchina e la sagoma interna della speciale paratia è stato effettuato il getto di calcestruzzo idraulico di malta pozzolanica, addizionata con 100 kg. di cemento per metro cubo d'impasto, con l'ausilio di secchioni a fondo mobile manovrati da pontone a biga a vapore. La sottofondazione della banchina è stata realizzata con calcestruzzo pozzolanico con aggiunta di cemento versato a mezzo di palombaro, entro una paratia di lastre di cemento armato, sottostante all'unghia verso mare del masso di fondo.
L'incremento di robustezza conseguito nella banchina permetterà di dotare la calata d'un impianto di gru unificate che, come è noto, costituiscono, stante il loro elevatissimo peso, un rilevante sovraccarico del muro di sponda, e l'opera di sottofondazione, spinta fino a (− 10) può consentire, con dragaggio dello specchio d'acqua contiguo, approdi a piroscafi da carico della maggiore immersione.
Nei banchinamenti al molo Carlo Pisacane, oltre ad un miglioramento nella disposizione degli approdi, si è anche elevata la loro possibilità di sovraccarico con le opere eseguite, consentendo l'elevatissimo sovraccarico delle gru unificate. Per conseguire tale finalità si è effettuata (fig. 3) a costruzione di un solettone di cemento armato di 50 cm. di spessore che si appoggia alla infrastruttura della banchina da un lato e ad una palificata di cemento armato nel terrapieno a tergo. Tale solettone viene a sorreggere parte del terrapieno sovrastante e tutto il sovraccarico della calata, sottraendo quindi alla infrastruttura della banchina un notevole contributo di spinta mentre la stabilità dell'infrastruttura stessa risulta migliorata con il carico verticale che su di essa insiste a causa dell'appoggio del solettone. In alcuni altri casi, per le opere di restauro, si è fatto ricorso anche all'ausilio di cassoni in aria compressa i quali hanno permesso di integrare la ricostruzione delle infrastrutture con getti che si sono realizzati all'asciutto con vantaggio della riuscita delle opere.
Nella generalità dei casi si è proceduto al restauro delle infrastrutture con paratie litoidi di mattoni e versamento a tergo del calcestruzzo idraulico di calce e pozzolana con risultati del tutto soddisfacenti. Sovente, dovendo provvedere a tali opere in prossimità di manufatti murarî (silo, capannoni, frigoriferi, ecc.), sono stati necessarî particolari precauzioni ed accorgimenti, specie negli scavi, per evitare danni o dissesti nelle strutture murarie riguardanti detti manufatti, ed all'uopo sono state impiegate, con successo, per presidiare i terrapieni dei quali poteva temersi lo scoscendimento, paratie provvisonali di palancole Larssen debitamente ancorate a terraficcoli e travi orizzontali con l'ausilio di robusti tiranti.
In qualche porto, dove non esistevano pontoni a biga e altri potenti apparecchi di sollevamento, sono stati adottati sistemi di restauro formando paratie di piccoli massetti collegati mediante tiranti a rotaie infisse nelle strutture residue e provvedendo a chiudere il varco verso terra con paratie in legname, effettuando successivamente il getto in calcestruzzo di calce e pozzolana fra la paratia litoide verso mare e quella in legname verso terra, ricostituendo così l'infrastruttura nella sua totalità.
Anche nel campo degli arredamenti portuali la ricostruzione ha avuto di mira il perfezionamento ed il miglioramento dei manufatti e degli impianti meccanici e ferroviarî. Le nuove gru elettriche costruite in sostituzione di quelle distrutte sono state prescelte a portale o a semiportale del tipo unificato a braccio retrattile della portata di t. 1,5/3 e di t. 3/6. I nuovi elevatori per i carboni, a prescindere dal perfezionamento delle loro strutture in carpenteria metallica e dei loro meccanismi, hanno raggiunto una portata di 5,5 t. in luogo di quella di 4 t., di cui erano in possesso quelli preesistenti. I nuovi capannoni sono stati costruiti con telai radi in cemento armato, offrendo così più elevate potenzialità di immagazzinamento e di movimento: inoltre, dotati di gru interne di soffitto, con movimenti longitudinali e trasversali, rendono assai veloci ed economiche le operazioni di immagazzinamento e di smagazzinamento.
Particolarmente difficili e ardite sono state le opere di restauro eseguite nella grande stazione marittima per passeggeri transatlantici al molo Angioino nel porto di Napoli.
Il fabbricato, a causa del brillamento di numerosissime e potenti mine, si presentava alla fine delle ostilità in gran parte distrutto e, nel resto, gravemente danneggiato specie nei suoi complessi statici di cemento armato. Le mine furono disposte nei punti essenziali delle strutture resistenti onde pregiudicarne seriamente la stabilità. In particolare vennero minati i due ponti verso nord e verso sud con potenti cariche fatte brillare nei saloni centrali e destinate a vulnerare la funzione resistente delle travi Vierendeel provocando il crollo totale delle strutture da esse sorrette al 1° piano ed alla copertura. Per i corpi di fabbrica sulle ali a sud ed a nord le mine furono collocate con la finalità di interrompere le pilastrate della serie dei telai tripli del 1° piano nella presunzione che l'azione dinamica della caduta delle pesanti strutture di copertura avrebbe provocato, in conseguenza, il crollo delle strutture di pianterreno. Pertanto vennero minati i pilastri del 10 piano dei saloni nei corpi di fabbrica absidali verso mare, dei saloni di biglietteria ed i pilastri d'angolo delle torri di facciata. È da rilevare quindi come i piani di distruzione vennero predisposti da tecnici esperti con criterî assai razionali, sia nei riguardi degli effetti distruttivi da conseguire, sia nei riguardi dell'economia da realizzare nell'impiego degli esplosivi. Pur tuttavia i guastatori commisero ugualmente degli errori di valutazione in quanto ritennero che le pareti di collegamento delle Vierendeel fossero delle tramezzature murarie anziché in cemento armato e non tennero conto quindi sia della limitata inerzia delle pareti stesse, sia delle risorse di resistenza che potevano offrire le armature metalliche di pareti in conglomerato cementizio. Infatti le caratteristiche costruttive di tali pareti e la vasta superficie libera dei finestroni, lasciano presumere che l'onda di esplosione abbia potuto in gran parte disperdersi liberamente attraverso i vani del complesso riuscendo a deformare in misura limitata le travi-pareti smorzandosi la sua azione nel lavoro di deformazione delle pareti stesse che vennero a lesionarsi ed a trasformarsi in calotte conservando peraltro la loro funzione originaria di ancoraggio. In altre zone le mine collocate nei pilastri di telai a 3 campate operarono senza pervenire ai risultati che i distruttori si proponevano, poiché gli scoppi interruppero i pilastri di base e, contemporaneamente, agendo con l'effetto d'onda sulla copertura, ne tagliarono le travi di telaio precedentemente solidali con i piedritti, e può presumersi che sia intervenuta la loro trasformazione in sistemi a cerniera: comunque la perdita della continuità delle travi, nella ricaduta dell'insieme, consentì che i piedritti restassero a far da puntelli al sistema, evitandone il crollo. Si deve anche ammettere nel complesso l'effetto di collaborazione statica offerto dalle strutture resistenti contigue a quelle colpite. Nella torre a nord le mine rimasero inesplose, o per difetto d'innesco, o perché le connessioni elettriche vennero travolte per effetto di crolli e non esercitarono la loro funzione. Per la torre a sud il cedimento di uno dei pilastri di cantone non fu sufficiente a determinare il crollo della torre stessa, ma si verificò solo un cedimento dell'ordine di m. 0,50 poiché l'intera parete a sud divenne autoportante lavorando come mensola sulla parete nord. Ciò fu reso possibile dal fatto che le due pareti risultano intelaiate da briglie, montanti e diagonali in modo da realizzare travi reticolari a maglia triangolare a più piani.
Il salone biglietteria a levante venne trovato in condizioni di gravissimo dissesto: esso però non crollò forse a causa della rilevante inerzia del solaio cassettonato di copertura il quale, agendo come struttura cellulare, reagì con efficacia ai cedimenti di buona parte degli appoggi senza peraltro perdere la sua continuità. Vi sono state, però, purtroppo alcune zone dell'edificio in cui le distruzioni sono state totali e per esse è stato provveduto alla totale ricostruzione.
I criterî tecnici che hanno informato il programma esecutivo dei restauri possono riassumersi come appresso:1) risanamento delle strutture che presentavano sezioni lesionate o parzializzate, ricostruendone le tratte compromesse, previe le debite assicurazioni e tenendo conto dei cedimenti delle puntellature nonché dei ritiri del conglomerato cementizio; 2) recupero dei cedimenti verticali e degli spostamenti orizzontali delle strutture solidali, trasformando - con opportuni tagli - le sezioni di incastro in cerniere virtuali; 3) particolare cura nello stabilire l'orientamento delle facce delle riprese fra le tratte recuperate ed i nuovi getti; 4) provvedimenti atti ad evitare, nelle operazioni di risanamento, distorsioni anche lievi dovute ai ritiri delle tratte ricostituite, ed a creare preliminarmente a mezzo di opportune manovre, ove necessario, distorsioni equivalenti inverse; 5) analisi diligente e sistematica delle conseguenze che le deformazioni sopportate dalle strutture potevano indurre nelle armature metalliche relative, intervenendo con aggiunte di ferri e con staffature supplementari quando nasceva il sospetto che fossero intervenuti stiramenti delle armature; 6) adozione di sistemi e sezioni nell'opera di assicurazione che evitassero rassetti di qualche rilievo: all'uopo, opportuno impiego di puntellature e sbadacchiature metalliche, opere provvisionali in muratura ed in cemento armato, e, per opere di risanamento più notevoli, ove necessario, impiego in sede opportuna di puntelli, martinetti idraulici o a vite, sia per realizzare le distorsioni equivalenti necessarie e sia per meglio osservare le strutture risanate nella delicata fase di disarmo.
Anche il grande bacino da carenaggio in costruzione nel porto di Napoli (v. in questa seconda App., I, p. 348) ha subìto gravissimi danni per effetto delle offese belliche, specie nel gran cassone e nelle attrezzature in aria compressa per l'esecuzione degli scavi e dei getti di calcestruzzo per la formazione della platea. Questi danni però sono stati riparati ed è stata ripresa la costruzione delle opere murarie mentre sono avviati gli studî esecutivi per la costruzione delle barche porta, degli impianti di esaurimento e di tutte le altre attrezzature complementari dell'imponente stazione di raddobbo, che darà al Mediterraneo la possibilità di accogliere i piroscafi di linea di lunghezza superiore a m. 280 e di poter mettere a secco le più grandi navi da guerra.