PORTOFERRAIO (A. T., 24-25-26 bis)
Città e porto principale dell'Isola d'Elba, già capoluogo del circondario omonimo della provincia di Livorno. La città sorge sull'estrema punta che chiude a nord il golfo cui dà il nome, sulla costa settentrionale dell'isola nel luogo ove già sorse la romana Fabricia.
Sulle vestigia di Fabricia sorse nel Medioevo il villaggio del Ferraio, detto così dalle vicine miniere. Questa terra seguì le vicende dell'intera Isola d'Elba finché nel 1546 Cosimo de' Medici, dimostrando a Carlo V la necessità di rafforzare contro i Turchi qualche punto dell'isola debolmente difesa dagli Appiani di Piombino, si fece cedere temporaneamente il Ferraio, per trasformarlo in una città fortificata, che fu detta ufficialmente Cosmopoli, ma nell'uso conservò il nome di Portoferrario, che prevalse posteriormente. Un valente architetto militare, G. B. Bellucci, detto anche Camerini da S. Marino, innalzò le prime opere fortificate tutte intorno alla cittadina rinnovata.
La prima opera costrutta dal Bellucci fu la Torre Martello, all'estremità della Linguella (specie di penisoletta che si protende nel mare); tale torre dominava la rada; essa dal 1700 è trasformata in bagno penale e oggi ha nome di Torre di Passanante. Contemporaneamente si mise mano al forte Stella, situato a mezza costa, a 48 m. s. m.; così chiamato per la sua forma a cinque punte, ma ad angoli rientranti diseguali per necessità del sito, e destinato a difendere l'ingresso della rada. La terza opera fu il forte Falcone su un'altura a 79 m. s. m., a O. del precedente; esso ebbe pianta quadrilunga irregolare con tre fronti tanagliati e uno bastionato, e costituì la vera cittadella della piazza; esso eleva tuttora i suoi muri ancora imponenti per quanto in triste abbandono. Tali opere formarono l'ossatura della fortezza, che si sviluppò nei secoli XVII e XVIII, perché furono collegate tra loro con una serie di fronti bastionati che si scalavano dal basso verso l'alto tutto intorno alla Darsena. Fra la Torre Martello e il forte Stella si costruirono le batterie S. Carlo e S. Giuseppe; tra i due forti sorse il bastione dei Molini, e dal forte Falcone sulle pendici che chiudevano a occidente la darsena furono scaglionate una successione imponente di altre opere, cioè il bastione Imperatore, la batteria di Santa Elisabetta, il bastione Imperatrice, il bastione Arciduca, le batterie Cornacchino che con la batteria Tenaglia raggiungevano la riva marina. Dinnanzi a questa linea, più in basso, erano le batterie S. Fine, la Pentola, e il Fortino a riva del mare.
Portoferraio poté così resistere nel 1552 e nel 1554 ai Franco-Turchi. Nel 1557 fu confermato definitivamente il possesso ai Medici: Cosimo per popolarlo accordò speciali franchigie a chi vi si stabilisse; i suoi successori prodigarono pur essi nuove cure e Ferdinando II nel 1647 lo intitolò ufficialmente città. Meno lo apprezzarono i Lorenesi, se Pietro Leopoldo meditò di cederlo agl'Inglesi, ma distoltone dalle proteste degli altri stati, ne abbellì il porto con un fanale e ne accrebbe l'importanza con esenzioni di gabelle e diritti di ancoraggio. La piazza ebbe a sostenere un eroico assedio per più di un anno (maggio 1801-giugno 1802) contro i Francesi di Napoleone, il quale faceva di Portoferraio e dell'Elba tutta un conto grandissimo per stabilirvi un centro marittimo contro gl'Inglesi; difatti moltissimi e particolareggiati sono gli studî e i rilievi marittimi compiuti dai Francesi a tale scopo. Nel 1814 fu assunta ad improvvisa ed effimera celebrità perché scelta a sua residenza da Napoleone (3 maggio 1814-24 febbraio 1815) durante il suo soggiorno all'Elba. Fu poi unita definitivamente alla Toscana sotto la giurisdizione del governatore di Livorno. Col regno d'Italia e con la creazione del centro militare marittimo della Spezia, Portoferraio ha perduto ogni importanza come centro militare. L'importanza di Portoferraio si accrebbe notevolmente allorquando nel 1901 si eressero i nuovi impianti degli alti forni per la riduzione del minerale di ferro estratto dalle miniere elbane. I grandiosi stabilmenti sorgono a sud-ovest della città sulla sponda orientale del seno detto il Ponticello, di fronte alle antiche saline di San Rocco. La popolazione, che da 4000 abitanti, quanto risultò nel 1833, era salita a 4981 nel 1861, raggiunse per l'intero comune (vasto kmq. 42,34), 8573 abitanti nel 1921 e 11.076 nel 1931, dei quali oltre 8000 sono aggruppati nel centro urbano. Portoferraio offre un comodo e sicuro riparo alle navi anche di notevole immersione. La darsena forma un bacino rettangolare di 240 per 200 m. banchinato e circondato in parte dall'abitato, con profondità variabile dai 4 ai 6 m. Il movimento che il porto presenta è assai attivo per quanto riguarda il numero degli approdi e quello dei passeggeri; assai meno considerevole per quanto riguarda il tonnellaggio di stazza e quello delle merci imbarcate o sbarcate. Nel 1933 vi approdarono e ne ripartirono 2070 navi di 782.000 tonn. (di cui 610 di bandiera italiana) che vi sbarcarono 24.532 viaggiatori e 708.000 tonn. di merci e ne imbarcarono 21.331 viaggiatori e 358.000 tonn. di merci. Portoferraio è collegato a Piombino da un regolare servizio bigiornaliero e servizî settimanali lo congiungono con Livorno e gli altri scali dell'arcipelago toscano.
Nella chiesa della Natività di Maria è uno dei migliori quadri del fiorentino Giovan Camillo Sagrestani; il quale dipinse nel 1733 il soffitto dell'oratorio del Corpus Domini.
Nel palazzo comunale, dove si conserva la Biblioteca di Napoleone I, sono due dipinti con ritratti eseguiti l'uno da Giuseppe Bezzuoli (1852), l'altro da Antonio Ciseri.
Nella città, la palazzina detta dei Molini che ospitò Napoleone, riscattata dal governo italiano nel 1880, e la prossima Villa di S. Martino, dove pure egli amò soggiornare, richiamano ancora i visitatori. Presso la detta villa di S. Martino il principe Anatolio Demidoff già sposato alla principessa Matilde Bonaparte figlia del re Gerolamo, aveva fatto costruire nel 1851 un grandioso edificio di stile neoclassico per collocarvi le reliquie del grande imperatore, da lui raccolte. Ma dopo la morte del principe Anatolio il figlio Paolo fece vendere all'asta i preziosi ricordi napoleonici che andarono così dispersi.
Bibl.: E. Repetti, Diz. fisico, storico, geografico della Toscana, IV, Firenze 1841, pp. 505-606; Jack La Bolina (A. V. Vecchi), L'Arcipelago toscano, Bergamo 1914, pagina 30 segg.; L. Damiani, Portoferrario, in L'Elba illustrata, Portoferraio 1923, pp. 199-206; E. Foresi, L'Isola d'Elba, Pitigliano 1899; G. Pullè, Cenno storico dell'Elba, in Elba illustrata, a cura di S. Foresi, Portoferraio 1923; G. Livi, Napoleone all'Isola d'Elba, Milano 1888; V. Mellini, L'Isola d'Elba durante il governo di Napoleone, Firenze 1914; articoli varî in Miscellanee elbane a cura di S. Foresi, Portoferraio 1932-1934, volumi 4.