possanza
Gallicismo, usato nelle Rime, nel Paradiso e nel Fiore, sempre in rima (con un'unica eccezione nel Fiore). Ricorre nel senso di " potere ", " potenza ": Amore tragge tutta bontate / a sé, come principio c'ha possanza (Rime LVII 8); e anche: Io sento sì d'Amor la gran possanza, / ch'io non posso durare / lungamente a soffrire, XCI I. In Fiore XCII 4 si allude alla p. dei religiosi dei quali si parla nei sonetti LXXXIX-XCI.
In altri casi significa " possibilità di resistenza ": Rime L 30 i' sono al fine de la mia possanza; LVII 2, detto di Amore che vince ogni possanza, sicché " nulla gli resiste " (Barbi-Pernicone); Fiore CXI 10, a proposito dei vecchi o magagnati san possanza.
In Pd XXII 57 il termine è riferito alla rosa, vista nel colmo del suo fiorire, quando aperta / tanto divien quant'ell'ha di possanza, " quanto ella è capace di aprirsi e spandere le sue foglie " (Venturi).
Negli altri passi del Paradiso, sempre nel senso di " potere ", p. è personificata. In III 120 il riferimento è a Federico II di Svevia: la luce de la gran Costanza / ... del secondo vento di Soave / generò 'l terzo e l'ultima possanza, " cioè l'ultima potenzia della casa di Suave: imperò che dopo Federigo secondo nessuno ne fu poi chiamato imperatore di quella casa ", Buti (cfr. anche Cv IV III 6). Altrove si allude a Cristo, la supprema possanza, visto ora nel momento della passione (XXVII 36) ora, come sapienza e possanza, nell'atto di ‛ aprire ' le strade tra 'l cielo e la terra (XXII 37; cfr. Paul. I Corinth. 1, 24 " praedicamus Christum Dei virtutem et Dei sapientiam "). V. anche POSSA.