possedere
Ricorre per lo più nel senso proprio di " avere in possesso ", con riferimento ai beni materiali, come nel caso del buon Fabrizio che preferì con povertà... virtute / che gran ricchezza posseder con vizio (Pg XX 27; ancora detto delle ricchezze, nelle quattro occorrenze di Cv IV XIII 14, di cui una, con il ‛ si ' passivante - è buona la pecunia, quando... più non si possiede - in esplicita traduzione da Boezio Cons. phil. II V 5 " tunc est praetiosa pecunia cum... desinit possideri "). In senso più ampio: a queste guerre... torre via, conviene... tutta la terra, e quanto a l'umana generazione a possedere è dato, essere Monarchia, cioè... uno prencipe avere; lo quale, tutto possedendo e più desiderare non possedo... (IV IV 4): non solo beni materiali, dunque, ma anche " potere ".
L'episodio di Fabrizio è ricordato anche in Cv IV V 13, insieme con quello di Manio Curio Dentato che respinse un analogo tentativo di corruzione, dicendo che li romani cittadini non l'oro, ma li possessori de l'oro possedere voleano: si noti il più intenso significato che il verbo assume in riferimento ai possessori de l'oro che i Romani volevano " avere nelle mani " non solo materialmente, ma per dominarli.
È invece un bene spirituale quello di cui D. discute con Virgilio: Com'esser puote ch'un ben, distributo / in più posseditor, faccia più ricchi / di sé che se da pochi è posseduto? (Pg XV 63; e cfr. anche il v. 56).
Ancora in senso astratto, in Cv III Amor che ne la mente 43, Pg VII 120 (nessuno dei discendenti possiede il retaggio miglior, " cioè il valore e la bontà " [Anonimo] di Pietro III d'Aragona) e, con più forte traslato, in Vn XXXIX 2 lo mio cuore cominciò... a pentere de lo desiderio a cui... s'avea lasciato possedere, da cui " si era fatto prendere ".
Dal significato fondamentale di " avere in possesso " deriva quello di " occupare ", " abitare " un luogo, che si registra in / f IV 72 orrevol gente possedea quel loco, cioè " dimorando occupava " (Boccaccio) il nobile castello del Limbo. Invece, in If XI 69 questo baràtro [cioè l'Inferno] e 'l popol ch'e' possiede, il senso del verbo è, stando alla lezione oggi comunemente accettata, quello proprio di " avere in possesso ". Il Petrocchi considera " aberrante " la variante che'l possiede, presente ancora nel Tommaseo, in quanto " è il baratro, l'‛ Inferno ', a possedere, incarcerare i dannati, non viceversa " (" i cerchi - si legge nel commento di Scartazzini-Vandelli - son considerati attivi, quasi esecutori della giustizia divina, rispetto ai dannati, anche ne' vv. 37 sgg., e cfr. Inf. XVIII, 99 ") e l'argomentazione non ci sembra infirmata dall'uso diverso di p. nel citato If IV 72, poiché gli spiriti dimoranti nel nobile castello non sono dei veri dannati. Diversamente ragionava il Foscolo: " l'inferno è l'unica possessione la quale avanza ai dannati ".