postfotografia
postfotografìa s. f. – Definizione connessa, in forme più o meno esplicite, al dibattito sviluppatosi dagli anni Ottanta del Novecento intorno alla nozione di postmoderno. Generalmente utilizzata per identificare quei processi e fenomeni fotografici – intesi tanto in senso tecnologico quanto estetico, sociale, culturale – che nel passaggio dall’era analogica all’era digitale avrebbero decretato un nuovo 'statuto' della riproducibilità tecnica, e di conseguenza anche della fotografia, ormai dissoltasi in quanto forma specifica e confluita nel più vasto territorio dell’immagine. Tra gli autori (studiosi, curatori, artisti) che hanno contribuito alla diffusione di un simile paradigma nell’ambiente fotografico, perlopiù allineandosi a posizioni di ascendenza testuale e poststrutturalista e alle note riflessioni di M. McLuhan sui rapporti tra 'mezzo' e 'messaggio' (nonché di altri studiosi dei mass media che le hanno sviluppate, come G. Landow, J.D. Bolter e R. Grusin, D. De Kerckhove, L. Manovich, J. Crary), si possono annoverare figure quali Hubertus von Amenluxen, Joan Fontcuberta, Mary Warner Marien, Fred Ritchin. Quest’ultimo (2009), ad esempio, paragona il passaggio dalla fotografia analogica a quella digitale all’avvento del , sottolineando come nell’era della rete, degli archivi interattivi e delle Creative commons il medium fotografico e i suoi prodotti non possano più essere considerati come oggetti autonomi, ma vadano intesi come parte di una testualità globale, stratificata, mutevole nel tempo e nello spazio e retroattiva rispetto ai suoi stessi messaggi: nella quale dunque perderebbe di senso l’idea di immagine come 'prelievo' o 'ritaglio' di realtà e subentrerebbe una nozione più aperta e complessa dei rapporti tra essa e mondo visibile, di fatto ascrivibile ai più vasti processi della comunicazione.