POSTLIMINIO
Nel diritto romano, come in generale nel mondo antico, la prigionia di guerra era causa di schiavitù: quindi il cittadino romano, che cadeva prigioniero di guerra, diventava schiavo del nemico, subendo una capitis deminutio maxima. Ma la schiavitù del cittadino romano presso il nemico non era considerata iusta servitus; quindi, se il prigioniero ritornava in qualunque modo nel territorio dello stato con intenzione di rimanervi, in virtù di un istituto del ius civile, riacquistava iure postliminii lo status libertatis e venivano restaurati, nello stato in cui si trovavano al momento della caduta in prigionia, tutti i diritti e gli obblighi che in lui si incentravano. Si discute se si tratti di un fenomeno di estinzione e di successiva rinascita dei rapporti giuridici, ovvero se questi durante la prigionia debbano considerarsi in stato di quiescenza, o se infine una soluzione debba attribuirsi al diritto classico e un'altra al diritto giustinianeo. Soltanto quei rapporti che erano considerati piuttosto di mero fatto, come il matrimonio e il possesso, non erano ripristinati iure postliminii: il ritorno dalla prigionia, se fosse stato seguito da una nuova presa di possesso o da un ristabilirsi dell'affectio maritalis tra le stesse persone, avrebbe soltanto potuto dare inizio a un nuovo possesso o a un nuovo matrimonio. Il rigore di questi principî, è, per altro, mutato nel diritto delle compilazioni giustinianee. Giustiniano vieta il nuovo matrimonio del coniuge libero, se consta di certo che l'altro viva in prigionia, e lo consente, però dopo un'attesa di cinque anni, quando è incerta la sopravvivenza. Se il coniuge libero, nonostante il divieto, passa ad altre nozze, si considera come facente divorzio ed è soggetto alle pene stabilite nel diritto giustinianeo per il divorzio illecito. Lo stesso Giustiniano fa conservare animo al prigioniero il possesso: ciò che questi perde, nel diritto giustinianeo, è dunque la mera detenzione. L'una e l'altra riforma giustinianea, come si vede, assai gravi, dipendono dall'attenuarsi dell'elemento di fatto nei due istituti del matrimonio e del possesso.
Per rimuovere le conseguenze dannose che si verificavano rispetto alla successione dei morti in prigionia di guerra, cioè schiavi (incapacità di far testamento e nullità del testamento fatto precedentemente), una lex Cornelia, probabilmente di Silla (v. cornelie, leggi) stabilì che il cittadino morto in prigionia si considerasse morto al momento in cui cadeva prigioniero, cioè libero cittadino (fictio legis Corneliae). Il ius postliminii poteva applicarsi anche alle cose cadute in mano al nemico, le quali, se ricuperate, ritornavano all'antico proprietario.
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