potere (sost.; podere)
Praticamente esclusiva, secondo le edizioni seguite in questa Enciclopedia, la forma con la dentale sonora; ‛ potere ' si ha solo in Cv III VII 16.
Indica la " potenza ", l'" autorità " di un essere più o meno concordemente riconosciuto come superiore: da quella di Cristo, lo quale creò la nostra ragione, e volle che fosse minore del suo potere (Cv III VII 16), a quella di Amore (Rime LXII 10), a quella di Pluto che, per poder ch'elli abbia, non è in grado d'impedire il viaggio di D. (If VII 5).
Anche in senso più generico (è chi podere, grazia, onore e fama / teme di perder perch'altri sormonti; Pg XVII 118), o con specifico riferimento a Beatrice, al cui podere e alla cui bontate D. ‛ riconosce ' la grazia e la virtute di quanto ha visto (Pd XXXI 83): una " potenza " tutta particolare, dunque, che assomma le qualità eccezionali della donna-simbolo: " nulla enim scientia habet tantam potestatem sicut sacra theologia, quae transcendit nonam spaeram, quod aliae facere non possunt " (Benvenuto).
Il sostantivo può essere legato al concetto di " facoltà " fisiche (nel caso specifico, della vista: è il mortai podere che non consentirebbe agli occhi di D. di tollerare il fulgore dei beati: cfr. Pd XXI 11), talora condizionate dalla situazione ambientale (Pg XX 126 Noi... / brigavam di soverchiar la strada / tanto quanto al poder n'era permesso dalla difficoltà del cammino); o a quello di " resistenza fisica naturale " (Contini, con riferimento alla vertù di Rime XCI 9, che s'identifica col poder del v. 12 questo è quello ond'io prendo cordoglio, / che a la voglia il poder non terrà fede). A tali accezioni si accosta quella di " facoltà ", " possibilità " non legate all'elemento fisico: dalla vertute di Amore deriva quel ch'elli [l'imaginar] osa / oltre al goder che natura ci ha porto, " al di là delle nostre facoltà naturali " (Rime XC 38); e si aggiunga il disio... / ch'a ben far tira tutto il mio podere, tutte le mie " capacità " (XCI 51).
Come " possibilità " di fare o non fare una cosa, determinata dalla volontà del soggetto agente (il sostantivo è seguito da un infinito introdotto da ‛ di '): l'alta provedenza che lor [i demoni] volle / porre ministri de la fossa quinta, / poder di partirs'indi a tutti tolle (If XXIII 57), mentre la creatura umana, appunto perché dotata di libero arbitrio, ha podere di deviare dalla retta via (Pd I 131); e ancora: Oh cupidigia, che i mortali affonde / sì sotto te, che nessuno ha podere / di trarre li occhi fuor de le tue onde! (XXVII 122).
Vale " potenza " nel senso filosofico, contrapposto ad ‛ atto ', in Cv I X 9 quello elli di bontade avea in podere e occulto, io lo fo avere in atto e palese.
Abbastanza frequenti le locuzioni, specie nel Fiore. In alcune p. è inteso come " possibilità ", " capacità ": la Vecchia... / servi ed onora a tutto tu' podere, " secondo tutte le tue possibilità " (LII 2; e così CCI 1, LXVIII 2); Belle robe a podere, / secondo il tu' podere, / vesti (Detto 427 e 428); e anche ‛ metter p. ' in una cosa, " far di tutto ": di ciò [della richiesta di amore alla donna] non de' gir nessun parlando, / se 'n averla [la donna] non mette su' podere (Fiore LIX 13). In altri casi p. si ricollega al senso, già visto, di " potestà ": Rime CXVI 39 fo come colui / che, nel podere altrui [" in potere d'altri ", Contini], / va co' suoi piedi al loco ov'egli è morto, è ucciso; Fiore CCXXVII 10 I' gli abbandono / e me e 'l fiore e ciò ch'i' ho 'n podere. V. anche NONPODERE.