pozza
Una sola volta (in rima con strozza e ingozza, di cui si ha solo un altro esempio nella Commedia), in If VII 127 girammo de la lorda pozza / grand'arco, della " palude " Stige.
Il Boccaccio, seguito dal Landino e dal Castelvetro, giustifica l'uso del termine, " il quale è proprio nome di picciole ragunanze d'acqua ", in luogo di ‛ palude ', in quanto " è conceduto a' poeti... d'usare un vocabolo per un altro, per la stretta legge de' versi, della quale uscir non osano "; il Lombardi vi scorge " una figura molto trita appresso de' greci e latini poeti, chiamata ‛ tapinosis ', quasi ‛ abbassamento ' ". Il Buti, invece, chiosa: " che era tonda come uno pozzo ". Per il Torraca, infine, il sostantivo ha valore " dispregiativo, come strozza più su e, più giù, ingozza "; ed aggiunge che " nella scelta di queste parole vibra il disdegno del poeta ".