POZZO DI BORGO, Carlo Andrea
POZZO DI BORGO, Carlo Andrea. – Nacque ad Alata, in Corsica, l’8 marzo 1764, da Giuseppe Maria e da Maria Maddalena Giovannai.
La famiglia, stabilitasi nell’isola sin dal XV secolo, aveva lontani legami di parentela con quella dei Bonaparte (Buonaparte) e ne condivideva gli orientamenti politici: sostennero ambedue la lotta di Pasquale Paoli per l’indipendenza dell’isola, ma passata la Corsica alla Francia e quello costretto all’esilio, finirono entrambe per accostarsi al nuovo ordine, ricevendo in cambio della fedeltà dimostrata l’investitura nobiliare. Il giovane Carlo Andrea frequentò i collegi prima di Vico e poi di Ajaccio; nel 1783 si portò a Pisa, dove quattro anni più tardi conseguì la laurea in diritto.
Rientrato in Corsica, fu tra gli avvocati del tribunale di Ajaccio, ma al tempo stesso tenne vivo il ruolo politico della famiglia, appassionandosi molto agli sviluppi della crisi in cui si dibatteva l’antico regime in Francia. Questi interessi rafforzarono i tradizionali rapporti di vicinanza con i Bonaparte – inizialmente condivisi soprattutto con Giuseppe, ma poi anche con lo stesso Napoleone – che, proprio nel quadro della piena appartenenza alla Francia, li orientarono tutti a sostenere la causa di un radicale progetto riformatore per la Corsica. In occasione della convocazione degli Stati generali, Pozzo di Borgo venne chiamato a rappresentare la nobiltà e partecipò all’assemblea che si svolse a Bastia nel maggio del 1789. Per l’occasione, Pozzo di Borgo fu incaricato di redigere il quaderno di doglianza del proprio ordine e da lì prese avvio una carriera politica che lo vide immediatamente distinguersi dal rappresentante della nobiltà, Matteo Buttafuoco, di vedute reazionarie, per accostarsi ai due deputati del terzo stato, segnatamente Cristoforo Saliceti e Pietro Paolo Colonna Cesari, il nipote di Pasquale Paoli. Di concerto con questi ultimi, Pozzo di Borgo si mostrò molto attivo nel comitato patriottico di Ajaccio, dove sostenne le linee guida della Costituente di Francia e plaudì alla decisione del 30 novembre 1789, che sanciva la piena integrazione della Corsica al territorio metropolitano e sanava l’antica ferita della guerra condotta contro Paoli, richiamandolo in patria assieme a quanti lo avessero seguito nell’esilio.
Nel gennaio del 1790, Pozzo di Borgo fu così tra i promotori dell’assemblea convocata sempre a Bastia per eleggere quattro deputati che si recassero a Parigi per ringraziare la Costituente e per invitare l’illustre esule a fare rientro in patria dall’Inghilterra. Tuttavia, proprio il ritorno sulla scena dell’antico combattente per la libertà della Corsica finì ben presto per alterare gli equilibri politici in seno all’isola, perché la sua carismatica figura pretese di molto condizionare la nuova classe dirigente e non mancò d’inasprire i rapporti tra quanti facevano a gara per guadagnarne la fiducia.
Nel settembre del 1790, quando la recente libertà corsa venne messa alla prova della composizione dei nuovi organi amministrativi locali, i primi dissensi tra i differenti gruppi raccoltisi attorno a Paoli vennero allo scoperto. Nell’assemblea di Orezza, dove furono composti i nuovi organi di governo, Paoli si accordò con Saliceti – che venne eletto procuratore generale sindaco, ma trasmise subito l’incarico al suo alleato Bartolomeo Arena, poiché, ancora costituente, non poteva svolgere un doppio incarico – e molto si adoperò per l’elezione di Pozzo di Borgo, che entrò nel Consiglio generale del Dipartimento a discapito di Giuseppe Bonaparte. La vicenda molto inasprì i rapporti tra le due famiglie, sino ad allora alleate, anche perché, nella stessa assemblea, Pozzo di Borgo venne pure nominato deputato straordinario della Corsica presso l’Assemblea di Parigi con il compito di seguire da presso l’azione, ormai sospetta, del costituente Buttafuoco. A far data dal settembre 1790, Pozzo di Borgo si portò nella capitale per seguire i lavori dell’Assemblea e il 6 novembre vi prese la parola per lodare Saliceti e denunciare gli antichi deputati degli ordini privilegiati. Nella confusione in cui precipitò la seduta – alcuni chiesero l’immediato arresto di Pozzo di Borgo per l’inaccettabile affronto alla sacralità dei rappresentanti della nazione – Mirabeau ebbe però facile gioco a imporsi, prendendo il patriota corso sotto la propria protezione e facilitandone l’azione politica a Parigi. In quegli stessi giorni, Pozzo di Borgo scrisse infatti la petizione, data subito alle stampe, con la quale la Société des amis de la Constitution di Ajaccio chiese ufficialmente l’affiliazione ai giacobini.
Il testo, pur breve, non è tuttavia privo di interesse, perché si conclude con l’augurio che la rigenerazione corsa possa esser d’aiuto all’Italia intera – ancora avvolta, invece, nelle tenebre dell’oscurantismo – e conferma come, sempre sul finire del 1790, per Pozzo di Borgo l’identità dell’isola fosse francese solo da un punto di vista politico, perché la sua specificità, anche linguistica, non poteva in alcun modo esser passata sotto silenzio.
L’influenza di Paoli – che appare chiaramente nella pretesa di dare un’adesione comunque condizionata alla Francia rivoluzionaria – si mantenne anche lungo tutto il 1791: in gennaio Pozzo di Borgo chiese l’affiliazione ai giacobini per conto di un’altra società popolare di Ajaccio, il Globo patriottico, direttamente ispirata dall’antico combattente per la libertà isolana e poi, in settembre, quando le elezioni dipartimentali per la prima Assemblea legislativa videro il netto successo dell’alleanza tra Paoli e Saliceti, a tutto danno, una volta di più, dei Bonaparte. Nessuno di loro venne scelto, mentre con 228 voti sui 378 grandi elettori chiamati a esprimersi, Pozzo di Borgo si guadagnò un seggio all’Assemblea, dove prestò giuramento il successivo 6 dicembre 1791.
Nei pochi mesi di vita della Legislativa – prima cioè che l’insurrezione parigina del 10 agosto 1792 ponesse fine alla monarchia e suggerisse all’Assemblea di sciogliersi per chiamare il popolo di Francia a eleggere a suffragio universale maschile una Convenzione incaricata di redigere una costituzione repubblicana –, Pozzo di Borgo si distinse per un’intensa attività in seno al comitato diplomatico.
Le sue posizioni furono sin dagli inizi improntate a sostenere il difficile tentativo di stabilizzare il nuovo ordine costituzionale ed egli si collocò al centro dello schieramento politico tentando di contenere lo scontro tra i partiti immediatamente manifestatosi in seno all’Assemblea. Si dichiarò contrario alla costituzione civile del clero, che gli pareva aprire una drammatica frattura nella società francese, e nel dicembre del 1791 difese la petizione, duramente attaccata invece dalla maggioranza dell’Assemblea, con la quale il Direttorio di Parigi aveva chiesto si tornasse sulla questione.
Agli inizi del 1792 Pozzo di Borgo prese a votare con i costituzionali e sulle ostilità, iniziate nel mese di aprile con la dichiarazione di guerra all’Austria, seguì quel gruppo, che molto sperava dalla vittoria per rafforzare la monarchia. Per questo motivo ancora nel luglio 1792, mentre cresceva la protesta patriottica e la guerra sembrava volgere al peggio, Pozzo di Borgo chiese con forza che il corpo d’armata agli ordini del generale Anne-Pierre de Montesquiou rilanciasse sul terreno delle operazioni militari, ma al tempo stesso guardò con favore al tentativo di Gilbert Motier de la Fayette, comandante in capo delle truppe francesi, di restituirsi a Parigi per ottenere dalla Legislativa lo scioglimento della Società dei giacobini e il ristabilimento del rispetto dovuto alla monarchia e all’Assemblea. Quando la Legislativa, per tutta risposta al suo minaccioso discorso, lo mise in stato di accusa, Pozzo di Borgo, l’8 agosto, in un clima che ormai volgeva all’insurrezione popolare, si azzardò a votare contro e confermò con quella scelta quanto distante fosse ormai dai gruppi democratici.
Queste sue scelte gli impedirono di ricandidarsi alla Convenzione, che venne eletta nel mese di settembre e vide in Corsica il trionfo di Saliceti, mentre Paoli mantenne la guida dell’amministrazione dipartimentale e accettò l’incarico di comandante della divisione militare di stanza nell’isola. Pozzo di Borgo si restituì alla Corsica, accompagnato tuttavia dal sospetto di non essere autenticamente repubblicano: i suoi detrattori, tra i quali erano i Bonaparte, inutilmente tentarono però di contrastarne il ritorno sulla scena politica locale. Nel dicembre del 1792, sempre grazie all’appoggio di Paoli, Pozzo di Borgo venne eletto procuratore generale sindaco del Dipartimento e da quella posizione approfittò per avviare una polemica con Saliceti e Arena, la cui precedente gestione della cosa pubblica egli mise pubblicamente sotto accusa. Quelle scelte scavarono un irricomponibile solco con Napoleone Bonaparte, presente ad Ajaccio nel tentativo di sostenere le ambizioni politiche della famiglia e ormai portatosi dalla parte di Saliceti contro Paoli e i suoi fedelissimi. D’altronde, l’occasione per prendersi una rivincita su Pozzo di Borgo e saggiarne il patriottismo si appalesò subito, perché – proprio su ispirazione di Saliceti – la Convenzione di Parigi decise nel gennaio del 1793 di estendere alla Sardegna le operazioni militari contro il Piemonte e promosse – non certo a caso sotto la guida di Arena, nominato commissario politico – un attacco contro la vicina isola, nel cui corpo di spedizione era lo stesso Napoleone Bonaparte, ma alla cui testa venne posto il nipote di Paoli, Colonna Cesari. Le operazioni militari furono tuttavia un fiasco e Bonaparte ne approfittò per accusare quest’ultimo di tradimento presso il ministro della Guerra, mentre Arena si incaricò di sporgere una formale denuncia alla Convenzione contro Paoli e lo stesso Pozzo di Borgo. Nel frattempo Saliceti, giunto in missione nell’isola, alimentò a sua volta i sospetti sul patriottismo dell’amministrazione dipartimentale. Come risultato della loro azione, la Convenzione decise agli inizi di aprile di destituire Paoli e Pozzo di Borgo dalle loro funzioni e di convocarli a Parigi perché giustificassero il loro operato davanti all’Assemblea.
Per tutta risposta, Paoli – che temeva il carcere o peggio – si rifiutò di ubbidire agli ordini e organizzò per la fine di maggio una consulta a Corte che, pur confermando lealtà alla Francia repubblicana, riaffermò pieno sostegno ai due accusati, dichiarò ormai privi di ogni legittimità politica i rappresentanti del popolo Saliceti e Arena e pubblicamente condannò l’atteggiamento della famiglia Bonaparte, costretta a lasciar precipitosamente l’isola per evitare rappresaglie. Nonostante un estremo tentativo di ricomporre il conflitto, le cose nelle settimane successive precipitarono anche perché le giornate insurrezionali parigine del 31 maggio e del 2 giugno 1793 avevano reso incandescente la situazione in tutta la Francia. Il gruppo girondino, espulso dall’Assemblea dietro la minaccia delle sezioni riunite in armi, fece appello ai propri elettori di provincia e portò alla protesta di molte città verso il fatto compiuto: Saliceti, che aveva preso partito per la Montagna, uscita vincitrice dalle giornate insurrezionali, ebbe così facile gioco a dimostrare come la Corsica fosse parte integrante di quella rivolta, presto detta federalista, divampata nel Mezzogiorno di Francia, a Marsiglia e a Tolone.
Nel mese di luglio, nel pieno dello scontro in armi tra gli eserciti della Convenzione e le città ribelli, l’Assemblea di Parigi ruppe gli indugi e mise fuori legge Paoli e Pozzo di Borgo, i quali per tutta risposta avviarono dei contatti con la flotta inglese, che ad agosto aveva fatto il suo ingresso nella rada di Tolone per sostenerne i ribelli. Le trattative si protrassero per qualche mese e si conclusero agli inizi del 1794, quando lo sbarco degli inglesi segnò la nascita di un regno corso sotto Giorgio III d’Inghilterra: nell’operazione, che sancì la secessione dell’isola dalla Francia, Pozzo di Borgo ebbe un ruolo decisivo, dapprima nei negoziati volti a ottenere le garanzie di un’ampia autonomia per l’isola e quindi nell’elaborazione della carta costituzionale, che riprendeva gli ideali monarchici e liberali da Pozzo di Borgo apertamente professati al tempo della sua militanza in seno alla Legislativa di Parigi. Nell’ottobre del 1794, egli venne nominato presidente del Consiglio di Stato e mise a punto un insieme di progetti di legge e di pubblica amministrazione che ricostituivano interamente il regime politico, amministrativo e finanziario dell’isola. Il trionfo politico di Pozzo di Borgo fu tuttavia di breve durata: nell’ottobre del 1796, gli inglesi lasciarono l’isola e Pozzo di Borgo, subita la confisca dei beni, fu lesto a riparare a Napoli e a Roma, da dove, intimorito dalle vittorie di Bonaparte in Italia, passò presto in Inghilterra. Qui riannodò i legami con sir George Elliot, lord Minto, il viceré di Corsica ai tempi del Regno anglo-corso, e nel 1799 decise di seguirlo a Vienna, dove questi era stato nominato ambasciatore.
Pozzo di Borgo si avviò quindi alla carriera diplomatica e fu molto attivo lungo tutta la stagione napoleonica quale principale avversario della politica di potenza del suo antico conoscente: chiamato nel 1804 dal ministro degli Esteri Adam Czartoryski al servizio dell’imperatore di Russia, tentò inutilmente nel 1806 di convincere l’Austria a riprendere le ostilità, nel 1807 andò a Costantinopoli in una missione di pace a sua volta presto fallita, per poi nuovamente restituirsi a Vienna, dove non di meno il mutato quadro internazionale parve rendere possibile la sua estradizione in Francia. Pozzo di Borgo si affrettò così a fare rientro in Inghilterra, dove rimase sino al 1812, quando venne richiamato al servizio della Russia, impegnata a fronteggiare l’invasione francese. Nel corso degli avvenimenti successivi, che videro il tramonto dell’astro napoleonico e la sua sconfitta nel 1814, Pozzo di Borgo fu sempre al centro del gioco diplomatico internazionale, tanto che fece ingresso a Parigi assieme alle stesse truppe alleate. All’indomani del rientro di Luigi XVIII in Francia, venne poi fatto ambasciatore di Russia in Francia e in tale funzione prese pure parte al Congresso di Vienna. Da qui venne però inviato nuovamente alla corte del re di Francia, costretto alla fuga in Belgio dal pronto ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba: da quella posizione seguì le successive vicende che portarono alla sconfitta francese a Waterloo. Tornò poi a Parigi, dove – sempre come ambasciatore di Russia – molto si adoperò presso le potenze alleate per accelerare la partenza delle forze di occupazione e per ridurre i pesanti obblighi contratti dalla Francia. Per questi suoi meriti, definitisi in occasione del Congresso di Aquisgrana del 1818, Luigi XVIII, che già lo aveva fatto conte nel 1816, lo insignì, al termine dei lavori, del titolo di pari di Francia. Tuttavia, questi riconoscimenti suscitarono più di una perplessità, in Russia come in Austria, perché la sua aperta presa di distanza dalla componente reazionaria della politica francese lo confermò come un uomo di principi liberali. I sospetti che egli guardasse con qualche perplessità alla Restaurazione aumentarono dopo la morte di Luigi XVIII, quando Pozzo di Borgo ebbe più di un contrasto con i governi reazionari di Carlo X. Questo suo atteggiamento, d’altra parte, dimostrandone l’indipendenza di giudizio rispetto al Paese della sua giovinezza, ne favorirono il ritorno in auge in Russia, dove nel 1827 l’imperatore Nicola I lo insignì del titolo di conte ereditario. Poi la rivoluzione del luglio 1830 in Francia parve dare ragione a quanti lo tacciavano di liberalismo, anche perché Pozzo di Borgo molto si dette da fare perché la Russia riconoscesse il nuovo regno di Luigi Filippo. Per questo motivo, pur riuscendo nell’impresa, a Mosca si ritenne opportuno il suo allontanamento da Parigi e nel 1832 fu destinato all’ambasciata russa di Londra. Lì egli rimase sino al 1839, quando decise di ritirarsi a vita privata e tornare a Parigi, dove morì il 15 febbraio 1842.
Fonti e Bibl.: Di Pozzo di Borgo sono pubblicati: Discours prononcé à la barre de l’Assemblée nationale par MM. les députés extraordinaires du corps électoral du département de la Corse, M. Pozzodiborgo portant la parole, Bastia s.d. [1790]; Discours prononcé à la Société des Amis de la Constitution par MM. les députés extraordinaires du département de Corse le 5 novembre 1790, Paris 1790. Inoltre: Décret de l’Assemblée nationale du 25 juin 1792 concernant la réclamation de la République des Grisons [...] précédé du rapport fait le meme jour au nom du Comité diplomatique par Charles-André Pozzo-di-Borgo, député du département de Corse, Paris s.d. [1792]; Décret de l’Assemblée nationale du 16 juillet 1792 concernant la neutralité des princes d’Allemagne [...] précédé du rapport fait le meme jour [...] par Charles-André Pozzo-di-Borgo, député du département de Corse, Paris s.d. [1792]; Correspondance diplomatique du comte Pozzo di Borgo, ambassadeur de Russie en France et du comte de Nesselrode depuis la restauration des Bourbons jusqu’au Congrès d’Aix-la-Chapelle,1814-1818, I-II, Paris 1890-1897.
A. Maggiolo, Corse, France et Russie, P., 1764-1842, Paris 1890; M. Jollivet, Les Anglais dans la Méditerranée, 1794-1797. Un Royaume anglo-corse, Paris 1899; P. Ordioni, P., diplomate de l’Europe française, Paris 1935; E. Larsen, C.-A. P.: one man against Napoleon, London 1968; J. Defranceschi, La Corse française (30 novembre 1789-15 juin 1794), Paris 1980; J.M.P. Mc Erlean, Napoleon and P. in Corsica and after, 1764-1821: not quite a vendetta, Lewinston 1996; M. Ferranti, Une haine de Corse: histoire véridique de Napoléon Bonaparte et de Charles-André P., Paris 2012.