PRATO in Toscana (A. T., 24-25-26 bis)
Città della Toscana, nella provincia di Firenze, a 18 km. dal capoluogo verso nord-ovest. La città è posta sulle rive del Bisenzio, nel punto in cui questo fiume, lambito il piede dei monti della Calvana, sbocca nel piano a 63 m. s. m. L'industria tessile, e quella laniera in specie, di cui si ha notizia sino dal sec. XIII e che ereditò in parte da quella di Firenze, andò sempre più sviluppandosi e perfezionandosi. Vi conosce l'opera del grande mercante F. di Marco Datini (v.), che, rimpatriato, dedicò parte delle sue cospicue sostanze e della sua intelligente attività a darvi incremento. L'introdotta fabbricazione dei fez per i paesi dell'Oriente (1778), l'applicazione dell'energia idraulica del Bisenzio per azionare le filatrici e le cardatrici meccaniche e più tardi anche dei telai (1870); la fabbricazione della cosiddetta lana rigenerata ricavata dagli stracci (1880), che venne a costituire un ramo d'industria particolare di Prato, costituirono altrettante ragioni di sviluppo che le valsero l'appellativo di "Manchester della Toscana" e ne fecero la principale piazza industriale della Toscana assegnandole il terzo posto fra i più importanti centri lanieri del regno dopo Biella e Schio. A questa sua attività economica Prato deve la floridezza che appare dagli edifici e dalle opere d'arte di cui si adorna, che la fanno anche sotto questo aspetto una delle più interessanti città minori dell'Italia, dalle numerose istituzioni culturali e di beneficenza (ricordiamo fra le altre il suo glorioso collegio Cicognini fondato nel 1666 e il R. Istituto per la tessitura e la chimica tintoria fondato nel 1886). La popolazione della città, che nel 1551, riavutasi alquanto dalle devastazioni del memorabile sacco (29 agosto 1512), contava 6000 ab. per il solo centro urbano, nel 1833 era salita a 11.000 e nel 1931 a 26.868. In proporzioni presso a poco eguali era cresciuta la popolazione dell'intero comune, vasto kmq. 130,86, che da 35.744 abitanti nel 1861 salì nel censimento del 1931 a 67.781. Oltre al capoluogo il comune comprende altri 36 centri abitati, di cui 4 con popolazione superiore ai 1000 ab. Molti di questi sono sparsi lungo la valle del Bisenzio, che per varî km. è un succedersi di villaggi sorti intorno a stabilimenti industriali. Prato è stazione ferroviaria della Firenze-Pistoia e testa di linea della nuova direttissima transappennina Firenze-Bologna.
Monumenti. - La cattedrale (S. Stefano) a tre navate, ricordata fino dal sec. X, presenta elementi costruttivi romanici sul fianco meridionale. Il suo campanile ha in parte caratteri del sec. XII e del XIV. La facciata fu rivestita di marmo bianco e verde di Prato nel periodo 1365-1457. Il pulpito marmoreo di Donatello, allogato nel 1428 e finito nel 1438, insieme col capitello bronzeo di Michelozzo le dà un aspetto di particolare bellezza. La lunetta di terracotta invetriata sopra la porta fu terminata da Andrea Della Robbia, allora settantenne, nel 1505. Sopra l'altare della cappella del Sacro Cingolo costruita fra il 1385 e il 1390 e affrescata da Agnolo Gaddi è la Madonna marmorea di Giovanni Pisano. Alla cancellata che chiude la cappella lavorarono prima Tommaso di Bartolomeo, poi nel 1444 Bruno di ser Lapo Mazzei e nel 1464 Matteo da Montepulciano. Nella cappella del coro sono i celebri affreschi di fra Filippo Lippi eseguiti tra il 1456 e il 1466 e del medesimo artista è il quadro con la morte di S. Girolamo. Alla collaborazione dei fratelli Benedetto, Giovanni e Giuliano da Maiano spettano il tabernacolo, il bassorilievo e la statua della Madonna dell'ulivo. Del 1473 è il pulpito marmoreo scolpito da Antonio Rossellino e Mino da Fiesole. Nell'oratorio della Madonna del Buon Consiglio è una tavola d'altare in terracotta invetriata che, attribuita ad Andrea Della Robbia, ricorda piuttosto Giovanni Della Robbia. All'angolo occidentale della Piazza Mercatale è un tabernacolo dipinto a fresco da Filippino Lippi. Il castello (la "Fortezza"), ampliato e ricostruito sopra uno più vetusto sorto per volontà di Federico d'Antiochia, non era ancora compiuto nel 1265: è dal 1932 in corso di ripristino e restauro. Singolari i suoi rapporti col Castel del Monte di Federico II. Giuliano da Sangallo nella costruzione della chiesa di S. Maria delle Carceri (1485-1492) seguì lo stile brunelleschiano. La decorazione interna è opera di Andrea Della Robbia e aiuti. Nella chiesa di S. Francesco notiamo la lastra tombale in memoria di Francesco di Marco Datini eseguita da Niccolò Lamberti di Arezzo (1411-12); la sala capitolare fu affrescata dopo il 1396 da Niccolò di Piero Gerini. Il Palazzo Pretorio, che il comune acquistò nel 1284 e ampliò, è sede di un museo d'arte che comprende pitture di Bernardo Daddi, Giovanni da Milano, Lorenzo Monaco, fra Filippo Lippi e scuola, Filippino Lippi, Francesco Botticini, ecc., la fontana del "Bacchino" di Ferdinando Tacca (1657), modelli originali di Lorenzo Bartolini, disegni di Alessandro Franchi, ecc. Nella Biblioteca Roncioniana è un altorilievo di Andrea Della Robbia. La costruzione duecentesca della chiesa di San Domenico, continuata nel sec. XIV, rimase incompiuta nella facciata. Nella chiesetta di S. Vincenzo si conserva un bassorilievo marmoreo nella maniera di Antonio Rossellino. La chiesa di S. Niccolò, che risale al 1322, ha un portale decorato con lunetta affrescata che fu attribuita a Giovanni da Milano; nella sacrestia è un lavabo robbiano del 1520. Nella chiesa dello Spirito Santo si trovano pitture della scuola di fra Filippo e di fra Bartolomeo, di Santi di Tito, del Sogliani e altri. Notevoli il palazzo comunale, con qualche traccia trecentesca, e i palazzi Pugliesi, Datini, Inghirami, Bocchineri poi Pazzi, Novellucci, Alberti, Ristori, Buonamici e Vai dei secoli XIV-XVII. (V. tavv. XLIX e L).
Storia. - Il territorio pratese fu probabilmente colonizzato dagli Etruschi, dopo che ebbero respinto i Liguri insediati sul monte della Calvana. Fitti furono i coloni militari romani, come le persistenti linee della centuriazione ancora rivelano, in special modo lungo la via Clodia e l'altra che da Carmignano portava e porta in Val di Bisenzio o, per mezzo di una deviazione a Ponte a Zani, in Mugello. Nella fertile pianura presero stanza numerosi gruppi di Longobardi, facenti capo al Borgo al Cornio, sorto imorno alla pieve (oggi cattedrale) di S. Stefano: nell'800 vi era uno scabino dipendente dal gastaldo, poi conte, di Pistoia. Nell'alto Medioevo il territorio pratese fu compreso sotto l'unica denominazione di Pezzanese o Piazzanese. Le vecchie fortificazioni del Borgo vennero presto eclissate dalla Fortezza, dimora degli Alberti, conti della zona, eretta nell'attigua località di Prato. Qui nel corso del sec. IX si sviluppò un aggregato sociale che nel successivo incorporò il Borgo stesso creando l'odierna città. Nel 1142 già erano in vita i consoli del comune, il quale, per resistere ai tentativi di egemonia politica da parte di Pistoia, seguì sempre le sorti di Firenze. Questa, domata Pistoia ai primi del Trecento, tentò di assorbire il piccolo comune, il quale fu costretto a darsi agli Angiò, e ne fu tradito, perché la regina Giovanna nel 1351 lo vendette a Firenze. Persa l'autonomia, decadde anche la fiorente industria: solo il nome di Francesco Datini primeggia tra quelli dei grandi mercanti della fine del 1300 e del principio del 1400. L'infiammata predicazione del Savonarola generò un guizzo di vitalità duramente scontato col tragico sacco del 1512, dato dalle truppe comandate da Raimondo de Cardona. Pur essendo fedelissima alla stirpe medicea e poi alla lorenese, Prato oppose ostinata resistenza alle riforme del vescovo Scipione de' Ricci. L'unità italiana vi ebbe caldi fautori capeggiati da Cesare Guasti, Giuseppe Silvestri, Atto Vannucci; e noti sono i nomi di Giuseppe Mazzoni, Ermolao Rubieri e Pier Cironi.
Ecclesiasticamente, Prato nel 1460 fu dichiarata nullius dioecesis, e dall'anno 1653 ebbe proprio vescovato unito personalmente a quello di Pistoia.
Fonti: Guida stor. e bibliograf. degli Arch. e delle Bibl. d'It., I,1, a cura di R. Piattoli; R. Piattoli, I più antichi registri di lettere del Comune di Prato, in Arch. stor. ital., serie 7ª, XVIII (1932); Lo statuto dell'arte dei padroni dei mulini sulla sponda destra del fiume Bisenzio, a cura di R. Piattoli, Prato 1934.
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