PRAYĀGA/ALLAHABAD
Allahabad è una delle maggiori città dell'India settentrionale, situata a poca distanza a O del punto in cui la Yamunā confluisce nel Gange. Nello stesso punto confluisce, secondo il mito, anche la sotterranea Sarasvatī, formando il triveṇī saṅghaṃ, o unione della triplice freccia. Il luogo, dotato della più profonda sacralità e difatti ritenuto il più sacro dell'intera India, celebre meta di pellegrinaggi, e anzi tīrtha per eccellenza, è un «ombelico del mondo», il punto cioè ove cielo e terra per la prima volta si separarono (si considerino, nel mondo mediterraneo, Delfi o Eliopoli). Il suo nome antico, Prayāga, significa «luogo del sacrificio». Nel punto esatto della confluenza, ora occupato dal forte costruitovi dall'imperatore Akbar nel XVI sec., sorge una colonna, alta 11 m, su cui sono riportati i primi sei editti su colonna di Aśoka (III sec. a.C.). Benché dalla fine dell'Ottocento in poi si sia creduto che la colonna si trovasse originariamente a Kauśāmbī (v.), è ormai dimostrato che è P. il luogo dove venne eretta (con ogni verosimiglianza prima di Aśoka) e dove è sempre stata: essa è infatti un simbolo cosmogonico, l'equivalente dell'«albero del mondo» (v.) che fu lo strumento della separazione tra terra e cielo. Nel museo di Allahabad se ne conserva l'abaco, decorato con motivo a caprifogli, tipico di questi monumenti; in antico era probabilmente sormontata da un toro, come una delle colonne di Rāmpurvā.
Al di sotto degli editti di Aśoka corre la lunga, celebre praśasti o eulogia dell'imperatore gupta Samudragupta (c.a 345-380 d.C.), una delle fonti storiche più importanti dell'India antica. Vi si dà conto delle conquiste militari del sovrano, vengono ricordati i territori e le popolazioni sottomesse, e si menzionano i nomi dei genitori di Samudragupta, ovvero il padre Candragupta e la madre Kumāradevī, della stirpe dei Licchavi.
Sulla riva opposta del Gange, di fronte al forte, in località Jhūsī, si estende su una superficie di c.a 6 km il deposito archeologico di un grande insediamento antico, identificato da alcuni con la Pratiṣṭhāna della letteratura epica. Il sito non è mai stato scavato, ma a partire dal 1942 il museo di Allahabad vi ha sistematicamente raccolto i materiali di superficie. Tra di essi, che coprono un arco cronologico che, va dall'epoca maurya (IV-II sec. a.C.) al Medioevo, si segnalano sculture, un buon numero di terrecotte, specie di epoca śuṅga (II sec. a.C.), sigilli, monete (tra cui le trenta in argento di Kumāragupta II, rinvenute alla fine dell'Ottocento) e due placche frammentarie in avorio e in osso databili al I sec. d.C., raffiguranti - la prima - un'immagine femminile di profilo su un lato e una coppia sull'altro e - la seconda - due immagini femminili. Benché Jhūsī sia uno dei siti più estesi della piana gangetica, la sua posizione non sembra coincidere con quella della P. descritta da Xuanzang agli inizî del VII secolo. La città, che aveva a quei tempi una circonferenza di venti li (5 km?) sembra doversi localizzare sull'altra riva del Gange, in un'area prossima al forte e nelle vicinanze della grande distesa sabbiosa dove convergono i pellegrini. Siti risalenti al primo periodo storico, con evidenze di insediamenti urbani, sono stati localizzati anche nell'area dell'attuale Allahabad (Draupadī-ghāṭ, Govindapur, Bharadvājāśram, ecc.).
Nella moderna Allahabad vanno ricordati il Museo dell'Università e l'importante Municipal Museum. In quest'ultimo si conservano materiali maurya (specie i dischi in pietra da Bhītā e Kausāmbī); numerosi frammenti dello stūpa di Bhārhut, donati al museo nel 1938 dal rāja di Nagod, comprendenti pilastri di balaustra con yakṣī, con scena acrobatica, col Vessantara jātaka, ecc.; frammenti di balaustra e di toraṇa (portale), risalenti al I sec. a.C., ancora da Bhītā e da Kausāmbī; sculture di Mathurā. Particolare rilevanza ha il materiale di epoca gupta, tra cui spiccano i numerosi elementi architettonici provenienti dal tempio scivaita di Bhumāra (altri si trovano nell'Indian Museum di Calcutta), risalente a c.a il 520 d.C.: pannelli con decorazione a girali e gaṇa; candraśāla (archi di cimasa) con immagini di Kārttikeya, Mahiṣamardinī e Yama, ecc. Sono tra i migliori esempi dell'arte gupta quale si sviluppò agli inizî del VI sec. nel Bundelkhand orientale. Dalla stessa regione proviene anche il celebre ekamukhaliṅga di Khoh, risalente all'incirca al 500 d.C. Va infine segnalata la grande collezione di terrecotte, provenienti, oltre che da siti nelle vicinanze di Allahabad, da altri importanti siti gangetici quali Kausāmbī, Mathurā, Rājghāṭ (Vārānasī) e Saṅkisā.
Bibl.: Notizie sugli scavi in IAR, 1960-61, p. 33. - V. inoltre: S. C. Kala, Sculptures in the Allahabad Municipal Museum, Allahabad 1946; id., Terracotta Figurines from Kausāmbī, Mainly in the Collection of the Municipal Museum, Allahabad, Allahabad 1950; G. R. Sharma e altri, Allahabad through the Ages, Allahabad 1965; P. Chandra, Stone Sculptures in the Allahabad Museum, Puna, s.d. [1971]; S. C. Kala, Some Interesting Objects in the Allahabad Museum, in Bulletin of the Prince of Wales Museum of Western India, XII, 1973, pp 48-53; id., Terracottas in the Allahabad Museum, Nuova Delhi 1980; B. Chhabra, G. S. Gai (ed.), Inscriptions of the Early Gupta Kings, Revised by D. R. Bhandarkar (Corpus Inscriptionum Indicarum, III), Nuova Delhi 1981, pp. 203-220; J. Irwin, The Prayaga Bull-Pillar: Another Pre-Aśokan Monument, in H. Härtel (ed.), SAA 1979, Berlino 1981, pp. 313-340; id., The Ancient Pillar-Cult at Prayāga (Allahabad): Its Pre-Aśokan Origins, in JRAS, 1983, pp. 253-280.