Dall’ottobre del 2008 Thailandia e Cambogia si sono scontrate a più riprese nell’area circostante il complesso del tempio khmer risalente all’11° secolo che i thailandesi chiamano Phra Viharn e i cambogiani Preah Vihear. La genesi della disputa risale al periodo dell’Indocina francese, che nel 1907 si impossessò dell’area in questione senza il consenso del Siam (da cui le rivendicazioni attuali). Successivamente all’indipendenza della Cambogia, la Corte internazionale di giustizia nel 1962 si pronunciò in favore di quest’ultima e decretò l’illegittimità dell’occupazione thailandese. Dopo che nel 1975 i Khmer Rossi di Pol Pot assunsero il controllo del sito e ne fecero un teatro delle proprie operazioni, il tempio tornò a essere un’attrazione turistica solo alla fine degli anni Novanta e i due stati contendenti ne intuirono le potenzialità, tanto che la Thailandia sostenne la candidatura del tempio a patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Il momento cooperativo venne però infranto dalle spinte nazionaliste che nel 2008 animavano le cosiddette ‘Camicie Gialle’, movimento nazionalista e monarchico collegato alla People’s Alliance for Democracy (Pad) thailandese. Queste ultime sfruttarono la presunta debolezza dell’esecutivo di fronte all’interesse nazionale per minarne la credibilità. Paradossalmente, l’inserimento del sito nella lista dell’Unesco ha acuito le tensioni e dall’autunno del 2008 si è assistito a ripetuti scontri a fuoco, che hanno provocato diverse decine di morti da ambo le parti e la periodica evacuazione di migliaia di contadini residenti nella zona di confine. Il tentativo di mediazione da parte dell’Asean, tramite l’Indonesia, del febbraio 2011 non sembra poter portare a risultati concreti e la ripresa delle ostilità nel marzo 2011 sembra delineare scenari futuri sempre più incerti.