precettistica machiavelliana
Tra la fine del 16° sec. e la metà del 17° le opere di M. furono oggetto di diverse manipolazioni da parte degli editori e dei curatori che per primi le divulgarono. Si tratta in buona parte di operazioni di censura, eseguite per ovviare a bandi ecclesiastici e divieti legali, ma accanto a questo tipo di interventi esiste un altro rilevante modus operandi che ha reso M. una sorta di inconsapevole autore di precetti. Parallelamente alla diffusione dei suoi scritti a stampa cominciarono, in effetti, a circolare raccolte di sentenze costruite estrapolando passi dai testi machiavelliani. Queste antologie attingono anche a opere di altri autori, sia della tradizione classica greco-latina sia moderni, in particolare ai Ricordi di Francesco Guicciardini, e non sono il frutto di una giustapposizione di materiali, come accade nella compilazione dei centoni, poiché presentano un’organizzazione interna per temi. La materia principale è la pratica del governo, e le regole della politica non vengono generalmente illustrate ex parte principis ma, più spesso, si rivolgono ai suoi collaboratori, in special modo ai consiglieri politici.
Uno dei primi a utilizzare una serie di passi tratti dalle opere di M. per costruire massime politiche è Giovanfrancesco Lottini, consigliere di Ippolito d’Este, di Camillo Orsini e, soprattutto, di Cosimo I. Egli aggiunge i luoghi machiavelliani ai suoi Avvedimenti civili che, stampati postumi a Firenze nel 1574, godono subito di una vasta circolazione, prima di tutto in Francia, dove sono pubblicati già dal 1583 in francese suscitando l’interesse degli scrittori politici d’oltralpe (Pieraccini 1981, pp. 268-70). Gli Avvedimenti nascondono non solamente M., ma anche un nucleo dei Ricordi guicciardiniani, secondo le indicazioni dell’esule fiorentino Iacopo Corbinelli, che rivela il plagio nelle note di commento all’editio princeps dei Ricordi, pubblicata a Parigi nel 1576. Tra i protagonisti più rappresentativi di questa prassi tanto culturale quanto editoriale è Francesco Sansovino, il quale prepara una silloge di 802 Concetti politici, composta per un quarto da frammenti ricavati dalle opere machiavelliane, e pubblicata nel 1578 da Giovanni Antonio Bertano. A un passo del cap. xvi del Principe corrisponde, per produrre un solo esempio, il precetto DLVII:
Uno principe che non può usare la liberalità senza suo danno, in modo che ella sia conosciuta, dee, se è prudente, non si curare del nome di misero, perché col tempo sarà tenuto sempre più liberale vedendo che con la sua parsimonia l’entrate gli bastano, che può difendersi da chi gli fa la guerra, può far imprese senza gravare i popoli; onde viene a usar liberalità a tutti coloro a chi esso non toglie, che sono infiniti, e miseria a tutti coloro a chi non dona, che sono pochi.
La raccolta dei Concetti politici, parzialmente rimaneggiata, viene in seguito rifusa nelle Proposizioni ovvero considerazioni in materia di stato all’interno della quale confluiscono sia i Ricordi di Guicciardini sia gli Avvedimenti di Lottini. Di questa seconda silloge, che stampa nella propria tipografia nel 1583, il curatore si dichiara autore (Luciani 1952; Procacci 1995, pp. 119-20).
Le sillogi di Sansovino vengono a loro volta rimaneggiate e tradotte in diversi contesti europei. L’Aulicus politicus di Eberhard von Weyhe, pubblicato ad Hannover nel 1596, introduce ai lettori tedeschi la versione latina delle Propositioni: Weyhe rielabora il testo rivolgendosi a un pubblico di accademici, ma le riprese dell’edizione sansoviniana sono numerose e puntuali e il debito verso M. ancora consistente (Lepri, Severini 2011, pp. 209-16). Una stratificazione d’interventi caratterizza pure la versione in inglese dei Concetti politici realizzata da Robert Hitchcock e stampata a Londra nel 1590. Il capitano Hitchcock declina The Quintessence of wit per la cerchia militare, e l’opera compare accoppiata a un altro suo lavoro sull’arte della guerra, realizzato con William Garrard (Lepri 2013, pp. 33-45). Sempre in Inghilterra Sir Walter Raleigh attua due diverse strategie nel riuso del corpus machiavelliano: da una parte inserisce con poche variazioni i Concetti di Sansovino nel capitolo venticinquesimo del suo The Cabinet-Council, dall’altra attinge senza mediazioni a M. nel comporre le Maxims of state che vengono stampate a Londra nel 1664 (Kempner 1928; Lefranc 1968, pp. 67-70, 614-32; Procacci 1995, pp. 227-29).
Come Raleigh, altri autori provenienti da ambienti culturali differenti selezionano materiali dai testi di M. in completa autonomia rispetto alla produzione dell’editore veneziano. È il caso di Andrzej Maksymilian Fredro, scrittore polacco già apprezzato per il successo di una raccolta di aforismi dal titolo Przysłowia mów potocznych (Proverbi correnti abituali) edita nel 1658. Sebbene sia noto anche come antimachiavellista, Fredro si serve della conoscenza del Principe e dei Discorsi per redigere i suoi Monita politico-moralia et icon ingeniorum, usciti a Danzica nel 1664 (Barycz 1965; Głębicka 1999, pp. 8-9). Lo stesso tipo di lavoro caratterizza la composizione del De consiliariis florilegium politicum del nobile boemo Iaroslav Smirziz, inserito in un’antologia dal titolo Speculi aulicarum atque politicarum observationum libelli octo, stampata a Strasburgo nel 1610 (Lepri, Severini 2011, pp. 24, 137).
Tutte queste raccolte di sentenze politiche mostrano un’ulteriore modalità con cui le posizioni di M. sono state metabolizzate e divulgate, che va ad aggiungersi ad altri canali di trasmissione ‘mediati’, come il vasto fenomeno del tacitismo. Tale sorta di precettistica machiavelliana non si configura come un rimedio alla censura, ma scaturisce dalla necessità di dare norme invariabili alla prassi politica. Nel condensare e deformare le idee di M. in precetti si assiste al tentativo di dare rigore alla materia politica, cominciando con una normalizzazione del linguaggio, intesa a ricalcare quello definitorio delle scienze esatte. Nella Bibliographia politica (1633) Gabriel Naudé coglie appieno l’attività svolta dai precettisti italiani come Sansovino e Lottini che hanno «preparato il materiale, legni, chiodi, sassi, travi, grosse pietre» (G. Naudé, Bibliografia politica, a cura di D. Bosco, 1997, p. 187). Anche l’opera di M., seppur sezionata e stravolta, ha partecipato a questa dinamica, contribuendo in maniera significativa al laboratorio tardorinascimentale della nascente scienza politica.
Bibliografia: G. Naudé, Bibliografia politica, a cura di D. Bosco, Roma 1997.
Per gli studi critici si vedano: N. Kempner, Raleghs staats theoretische Schriften: die Einführung des Machiavellismus in Eng land, Leipzig 1928; V. Luciani, Sansovino’s Concetti politici and their debt to Machiavelli, «Publications of the modern language association», 1952, 67, pp. 823-44; H. Barycz, Myśl i legenda Machiavellego w Polsce w wieku XVI i XVII (Il pensiero e la leggenda di Machiavelli in Polonia nel 16° e 17° sec.), «Spojrzenia w przeszłość polsko-włoską» (Sguardo sul passato italo-polacco), 1965, pp. 267300; P. Lefranc, Sir Walter Raleigh, écrivain, l’oeuvre et les idées, Paris 1968, pp. 67-70, 614-32; L. Pieraccini, Alcuni aspetti della fortuna di Machiavelli a Firenze nel secolo XVI, «Studi e ricerche», 1981, 1, pp. 219-70; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Roma-Bari 1995, pp. 119-20, 227-29; E.J. Głębicka, Wstęp. w (Introduzione a) A.M. Fredro, Monita politico-moralia. Przestrogi polityczno-obyczajowe, Warszawa 1999, pp. 8-9; V. Lepri, M.E. Severini, Viaggio e metamorfosi di un testo. I Ricordi di Francesco Guicciardini tra XVI e XVII secolo, Genève 2011, pp. 24, 137, 209-16; V. Lepri, Machiavelli in the Quintessence of wit and his English military readers, in Machiavellian encounters in Tudor and Stuart England. Literary and political influences from the Reformation to the Restoration, a cura di A. Arienzo, A. Petrina, Farnham 2013, pp. 33-45.