PREDESTINAZIONE
. Nella teologia cattolica, questo nome significa l'atto della Provvidenza (v.) divina che dirige le creature ragionevoli al conseguimento della salvezza, e talvolta permette che per loro colpa si perdano. Questo concetto porta al problema scientifico sul modo di conciliare l'efficacia della grazia divina con la libertà umana, tanto in quelli che si perdono, quanto in quelli che si salvano.
È dottrina cattolica che nessuno può conseguire la visione beatifica di Dio, fine ultimo dell'uomo, senza uno speciale dono della Provvidenza salvatrice, e che nessuno viene escluso da quella visione se non per propria colpa. Ma questa determinazione dottrinale lascia adito a molte indagini e a molte questioni insolute.
Nella teologia di S. Agostino la difficoltà viene affrontata in pieno, con l'acutezza propria a quel grande sistematizzatore della dogmatica cattolica; e il vigore delle sue affermazioni sorprese molti studiosi e sollevò molte polemiche (v. Agostino, I, p. 924 segg.).
Nel sec. IX il benedettino Gotescalco misconosceva il valore della libertà (mentre il pelagianismo aveva negato la grazia), affermando una predestinazione alla vita eterna e una predestinazione alla dannazione: chi cadeva sotto il primo decreto non poteva dannarsi, come chi cadeva sotto il secondo non poteva salvarsi, giacché Dio voleva salvi solo gli eletti e Cristo era morto solo per questi. Ma le sue dottrine furono condannate da varî sinodi (v. gotescalco; predestinaziani), i quali definirono l'universalità della redenzione e negarono la predestinazione alla dannazione, la quale è imputabile alla malizia dell'uomo e non alla prescienza di Dio.
Nei secoli XIV e XV l'inglese Wycliffe (v.) e il boemo Hus (v.) rinnovarono il predestinazionismo nella forma più dura, sostenendo quelle dottrine fatalistiche che la Chiesa condannò nel concilio di Costanza nel 1414 e nel 1418.
Con il protestantesimo la questione si complica. Dalla psicologia passionale di Lutero nasce una teoria arbitraria della salvezza: negazione del libero arbitrio, concupiscenza invincibile, fede che giustifica senza le opere (v. Luteranesimo; Lutero; per la predestinazione nella dottrina calvinista, v. calvino, VIII, p. 479; calvinismo, VIII, p. 473). Leone X nel 1520 condannò le dottrine di Lutero, a cui più tardi fu nuovamente contrapposta la dottrina cattolica della giustificazione formulata dal Concilio di Trento. I principî luterani si rípercuotono nel sistema di M. Baius (v.); secondo il quale lo stato dell'uomo innoeente era naturale e i meriti dell'uomo prima del peccato non erano soprannaturali; mentre dopo il peccato tutte le opere fatte senza la grazia sono peceati, le virtù degl'infedeli sono vizî, e la libertà della quale parla la Scrittura è la liberazione dal peccato, non incompatibile con l'intrinseca necessità: inoltre i movimenti della concupiscenza, anche involontarî, sono proibiti e nei battezzati sono peccati, la carità può stare col peccato, e la contrizione non rimette il peccato senza il sacramento.
Seguì poi il giansenismo, sintetizzato nelle cinque proposizioni:1, i comandamenti di Dio sono impossibili per il giusto che li trasgredisce; 2. nello stato presente non è possibile la resistenza alla grazia; 3. la volontà sotto la delectatio celeste fa necessariamente il bene, sotto la delectatio terrestre fa necessariamente il male; 4. la volontà non può resistere alla grazia, e asserire ciò è pelagianismo; 5. Dio non vuole la salute di quelli che periscono.
Come si vede, le varie dottrine anticattoliche esagerano uno degli estremi a scapito dell'altro, misconoscendo o la grazia divina o la libertà umana. Il modo dell'accordo nella sorte delle singole anime è misterioso, ma la dottrina della Chiesa ha condannato ogni forma di pelagianismo e di predestinazionismo, salvaguardando la grazia dalla parte di Dio e la libertà da parte dell'uomo.
Bibl.: S. Tommaso, Summa theol., I-II, q. cix-cxiv; L. Billot, De gratia Christi, 2ª ed., Roma 1912; P. Janvier, La grâce, Parigi 1910; J. Van der Meersch, De divina gratia, Bruges 1910; v. anche grazia.