PREDIERI
(Prediera, Pedreri). – Famiglia di musicisti bolognesi attiva dal XVII al XVIII secolo.
Si ignorano le date di nascita e morte di Giovanni Battista, primo tra i musicisti della famiglia di cui è giunta notizia. Entro i primi di dicembre 1606 fu assunto nel Concerto Palatino, il complesso civico di Bologna, come liutista «soprano». Compare nei ruoli del complesso per gli anni 1608-09, 1611-13, 1617-20, ma risulta attivo anche in altri anni: nel 1614, ad esempio, si esibisce a più riprese «alla tavola dei Sig.ri Anziani».
Giacomo Maria, detto ‘Giacomo seniore’, ‘il Vecchio’ o ‘dal Cornetto’, nacque a Bologna, nella parrocchia di S. Giuliano, il 9 aprile 1611 da Annibale e Dorotea (ignoto il grado di parentela con Giovanni Battista). Fu attivo nella basilica di S. Petronio come cantore (ottobre 1636 - dicembre 1657) e come vicemaestro di cappella (1650-1657). Servì dal 1641 (il documento più antico è del 1644) come suonatore di cornetto nel Concerto Palatino. Licenziato per inadempienze e subito reintegrato (febbraio 1675), chiesto congedo nel 1676, nel 1680 e infine il 29 aprile 1693, compare nei ruoli fino al 1694. Nel 1666 partecipò, come compositore, alla fondazione dell’Accademia Filarmonica, di cui fu eletto principe il 2 aprile 1693, senza tuttavia entrare in carica per un «accidente apopletico» (Penna, 1750, c. 10r). Fu organista nella cattedrale di S. Pietro (1679-1693). Almeno dal 1679 e certamente ancora nel 1681, quando fu eseguito il perduto oratorio Il valore della povertà, era maestro di cappella nella confraternita de’ Poveri della Regina de’ Cieli, come lo fu anche nell’arciconfraternita di S. Maria della Vita (1660 circa - 9 dicembre 1691, quando propose per successore il nipote Giacomo Cesare), in S. Paolo e in S. Bartolomeo (ibid.). Fu stimato docente di strumenti a tastiera e di canto, nella scuola tenuta nel Seminario dei putti orfani di S. Bartolomeo: da lì uscirono numerosi allievi destinati alle scene e alle cappelle, come Fabrizio Bertoldi, Stefano Coralli, Giovanni Battista Giovanardi, Francesco Passerini. Morì il 10 (o l’11) gennaio 1695 a Bologna, nella parrocchia di S. Gervasio, forse per un nuovo ictus (cfr. Mss. compilati da B.A.M. Carrati, Defunti, II, p. 180 e IV, p. 242; Schmidl, 1929, p. 312). Un suo ritratto è nel Museo della Musica di Bologna (d’ora in avanti: Museo).
Allievo di Giacomo Maria fu anche Antonio, nato a Bologna nel 1650 circa (ignoti i nomi dei genitori), tenore. Debuttò probabilmente nel 1673 per le nozze comitali alla Rocca di Sissa (Parma) nel dramma di Orazio Francesco Ruberti, L’inganno trionfato, musica di Francesco Maria Bazzani. Nell’autunno 1683 era impresario al S. Angelo di Venezia. Il 17 maggio 1685 venne aggregato all’Accademia Filarmonica. Fu al servizio dei duchi di Mantova (2 ottobre 1684 - 1687) e di Parma (1o settembre 1687 - 15 febbraio 1695; mantenne il titolo di virtuoso del duca almeno fino al 1699). A Parma tra il 1689 e il 1696 cantò anche nella Madonna della Steccata e, nelle solennità, in duomo. Specializzato nel ruolo en travesti della vecchia, si esibì nei teatri di Torino, Milano, Modena, Parma, Piacenza, Genova (da lì riferì a Giacomo Antonio Perti nel 1699 sull’opera locale: cfr. lettera in Museo, P.146.075), Firenze, Roma, Napoli (nel 1696 fu la prima Tullia nel Trionfo di Camilla regina de’ Volsci di Silvio Stampiglia e Giovanni Bononcini), fino al 1710, quando comparve ancora nel carnevale a Genova nell’Artaserse di Giuseppe Maria Orlandini e nel maggio a Forlì nelle Risa di Democrito di Francesco Antonio Pistocchi. Morì a Bologna il 12 novembre 1710.
Alla stessa generazione di Antonio appartiene Giuseppe, che nacque anch’egli a Bologna verso il 1650 da Marco Filippo e Virginia Vignali. Basso, fu membro della cappella musicale nella metropolitana di S. Pietro e il 19 aprile 1703 fu aggregato all’Accademia Filarmonica come cantore. Citato di sfuggita dal Quadrio (1744, III, 2, p. 531), nel carnevale 1711 comparve al teatro Marsigli Rossi di Bologna nella parte del balio Aristone nei Tre rivali al soglio di Stampiglia e Giuseppe Aldrovandini. Morì a Bologna nel 1722.
Tommaso, in religione Angelo, fratello di Giuseppe, nacque a Bologna il 14 gennaio 1655. Studiò come tenore con Camillo Cevenini e Agostino Filipucci. Nel 1671 fu aggregato all’Accademia Filarmonica come cantore (Martini, 1776, p. 7). Il 3 gennaio 1672 entrò nel terz’ordine francescano nel convento di S. Maria della Carità, dove il 4 gennaio 1673 prese i voti e fu nominato maestro di cappella. Ebbe tra i molti allievi Luca Antonio Predieri, Giovanni Battista Minelli, Giuseppe Maria Nelvi, Pietro Giuseppe Sandoni e padre Martini, il quale ne elogiò le doti didattiche di «rara comunicativa», definendolo «eccellente nel canto, nel suono dell’organo e nell’arte del contrappunto» (Martini, 1775, p. 136), giudizio ribadito in una scritta che compare in un ritratto coevo (nel Museo). Nell’ottobre 1711 agì da tramite con Perti per l’aggregazione di Benedetto Marcello all’Accademia Filarmonica. Si hanno notizie d’un suo Dixit a 4 concertato con strumenti, la cui fuga conclusiva è pubblicata nell’Esemplare di padre Martini (Martini, 1775, pp. 135 s.), di un Dixit in Do minore oggi al Conservatorio di Bruxelles, di un Kyrie a 5 voci e strumenti e di un Christe eleison per soprano, contralto e strumenti, entrambi perduti. Morì a Bologna il 27 febbraio 1731.
Allievo di Giacomo Maria fu anche Giacomo Cesare, nato a Bologna, nella parrocchia di S. Tommaso del mercato, il 26 marzo 1671, da Carlo e Vittoria Torri. Con lo zio studiò canto e strumento, e contrappunto con Giovanni Paolo Colonna (Martini, 1776, p. 17). Dopo un avvio di carriera teatrale nel teatro Malvezzi di Bologna (ruoli minori in L’incoronazione di Dario e La Flavia, carnevale 1686, e in Pompeo Magno in Cilicia l’anno dopo), il 13 maggio 1688 fu aggregato all’Accademia Filarmonica come cantore contralto, promosso compositore il 29 novembre 1690, principe nel 1698, 1707 e 1711. Ricoprì numerosi incarichi, anche simultanei. Il 31 agosto 1698 successe a Perti come maestro di cappella in cattedrale (nel 1696 pubblicò la sua unica opera a stampa, dedicata al conte Cesare Bianchetti Gambalunga, le Cantate morali e spirituali op. 1; nel 1741 gli venne affiancato come «sostituto successore» Angelo Antonio Caroli, che gli subentrò solo dopo la morte), nella congregazione di S. Gabriele (1698 circa), in S. Salvatore (1700 circa); ma fu attivo anche in S. Paolo (1712-21 e 1731 circa), S. Bartolomeo, S. Maria della Vita (subentrò a Giacomo Maria il 9 dicembre 1691 e restò in carica fino al 19 giugno 1712, quando propose per sostituto il nipote Luca Antonio). Nel maggio 1712 contribuì alle celebrazioni per la canonizzazione di santa Caterina da Bologna. Tra il 1698 e il 1721 scrisse undici oratorii, quasi tutti per Bologna. Sopravvive soltanto Il trionfo della Croce, Cento 1702, grazie a un manoscritto redatto a Salisburgo, dove plausibilmente fu dato dopo il 1725; venne ripetuto più volte a Bologna, dove ripresero anche Le fiamme della carità e le ceneri della penitenza, 1705; con Floriano Arresti scrisse Jezabelle, 1719; suoi anche La sepoltura di Cristo, 1704, già attribuita a Perti, salmi a 8 voci (1690), e una sonata per violino e violoncello (Bologna 1700 circa). Nel 1747 partecipò alla commissione chiamata a dirimere una controversia tra Carlo Delfini e la Congregazione dei musici di S. Cecilia. Nel Giudicio di Apollo, libello adeposto di padre Martini (Napoli 1761), è incluso fra i Filarmonici illustri. Morì a Bologna entro il 13 luglio 1753. Un suo ritratto è nel Museo.
Luca Antonio nacque a Bologna, nella parrocchia di S. Nicola degli Albari, il 13 settembre 1688 da Vitale e Maria Menzani (ebbe due fratelli: Giacomo e Giovanni Battista). Fu allievo di Abondio Bini e Tommaso Antonio Vitali per il violino e dello zio Giacomo Cesare, di Angelo Predieri e di Perti per il contrappunto. È documentato in S. Petronio come strumentista (violista e violinista) negli anni 1704-1711. Il 19 giugno 1712 successe allo zio Giacomo Cesare come maestro di cappella nell’Arciconfraternita della Vita. Il 25 giugno 1716 venne aggregato come compositore all’Accademia Filarmonica, di cui fu principe (1723), consigliere (1724, 1728, 1733), censore (1727, 1734, 1736).
Già il 28 ottobre 1710, inaugurandosi a Bologna il teatro Marsigli Rossi, aveva debuttato mettendo in musica un vecchio dramma di Stampiglia, La Partenope (poi ripresa varie volte); e l’anno dopo varò la ristrutturazione della sala con La virtù in trionfo o sia La Griselda, dramma di Apostolo Zeno rivisto da Tomaso Stanzani (la scrittura gli fruttò 300 lire bolognesi: cfr. Bologna, Archivio di Stato, Fondo Marsigli: strumenti e scritture, b. 284, fasc. 1711). Con queste due occasioni di spicco prese avvio una carriera operistica di rilievo che entro il 1732 gli procurò scritture per una ventina abbondante di drammi, perlopiù seri (non mancò però una Serva padrona, Firenze 1732, libretto di Francesco Vanneschi), a Bologna, Pratolino, Roma, Livorno, Firenze, Torino, Milano, Pistoia, Venezia, su libretti di taglio moderno, tra cui Lucio Papirio (Pratolino 1714, Antonio Salvi; ripreso a Venezia da Vivaldi nel 1715), Astarto (Roma 1715, Zeno e Pietro Pariati; poi Bologna 1721, con Faustina Bordoni e Vittoria Tesi), La fede ne’ tradimenti (Firenze 1718, Girolamo Gigli), Anagilda (Torino 1719, Gigli). Le sue opere, oggi quasi tutte perdute, uscirono dai cartelloni già dai primi anni Quaranta. Per adempiere più comodamente alle molte scritture toscane, soggiornò a Firenze dalla seconda metà del 1716 all’inizio del 1720; a quest’epoca deve risalire il ritratto nel Museo.
Rientrato a Bologna, nel 1721 sposò Chiara Maria Vittoria Sabadini, da cui ebbe tre figli. Pur proseguendo la carriera operistica – con Sofonisba (Roma 1722, Francesco Silvani), Scipione (Roma 1724, Zeno: per assicurarsene il successo si appellò tramite Andrea Cornaro alla principessa Maria Livia Spinola Borghese), entrambe col Farinelli, Cesare in Egitto (Roma 1728 e Foligno 1729, libretto da Pietro Ottoboni? cfr. Viale Ferrero, 1978, p. 283) e l’Eurene (Milano 1729, Claudio Nicola Stampa da Silvani, con Caffarelli e la Tesi, ripreso come Sirbace, Pistoia 1730) – l’impegno principale consistette negli anni successivi nel servizio come maestro di cappella nelle chiese bolognesi di S. Paolo (1725-1729 e 1733 circa), S. Maria di Galliera (dal 27 novembre 1726), S. Maria della Vita (1727), infine in cattedrale (1728-1731; del titolo si fregiava ancora nel 1738). In quegli anni ebbe per allievo Antonio Maria Mazzoni.
Nei primi anni Trenta le ambizioni professionali di Luca Antonio puntarono alla corte imperiale, dove suscitò l’interesse di Carlo VI grazie a due lavori genetliaci, realizzati forse nel corso di uno o più viaggi a Vienna, peraltro non documentati: il dialogo per musica Amor prigioniero (1732; autografo a Vienna, Biblioteca nazionale austriaca) e la festa di camera Il sogno di Scipione (1735; ripresa nel 1739), entrambe prime intonazioni di testi del Metastasio (ma nelle opere del poeta il primo è impropriamente attribuito a Georg Reutter; Tutte le opere di Pietro Metastasio, II, 1947, p. 304). Deceduto nel 1736 il vicemaestro di cappella Antonio Caldara, il 9 novembre 1737 il direttore della musica Ferdinand von Lamberg indirizzò a Luca Antonio, tramite il conte Sicinio Pepoli, la proposta riservata d’un anno di prova, con l’obbligo di comporre «un’opera nel teatro grande, un servigio di chiesa, un oratorio o due al più, ed una serenata di camera» (Bologna, Archivio di Stato, Carteggi, Lettere al conte Sicinio Pepoli, busta 48). Giunto a Vienna entro il gennaio 1738, Luca Antonio – anche grazie al successo dell’oratorio Il sagrifizio d’Abramo (1738, libretto della poetessa milanese Francesca Manzoni) – incontrò il gusto dell’imperatore (che «non vuole galanterie ma cose tutte massiccie»: lettera del 15 marzo 1738 a padre Martini, Museo, I.3.126, col quale rimase in rapporti stretti per tutta la vita, ricorrendovi sovente per consigli e aiuto; sempre nel 1738, secondo una prassi non ignota all’ambiente bolognese, gli chiese di comporre in sua vece il coro conclusivo del primo oratorio viennese, un Miserere, il finale d’un Credo, d’un Dixit e d’un Gloria, nonché il Te ergo quaesumus di un Te Deum: cfr. lettere del 1° e 22 febbraio, 15 marzo, 30 luglio e 8 settembre 1738, del 19 settembre 1739 e del 24 settembre 1740; ibid., I.3.118, 119, 126, 120 e 124, 121, 122, 123). Col sostegno del maestro della cappella imperiale Johann Joseph Fux, che lo preferì a Giuseppe Bonno, il 6 febbraio 1739 fu nominato vicemaestro. Per Vienna musicò otto componimenti drammatici di vario taglio, incluse quattro altre prime del Metastasio (del quale aveva già precocemente intonato Alessandro nell’Indie a Milano nel 1731, interprete il Carestini): le feste di camera La pace tra la Virtù e la Bellezza (1738; ripresa ancora a Brunswick nel 1751) e Astrea placata (1739), l’oratorio Isacco figura del Redentore (1740; sullo stesso tema dell’altro oratorio viennese), infine il dramma Zenobia (1740: una progettata, antecedente intonazione di Giovanni Bononcini non è pervenuta, e con ogni probabilità non fu mai rappresentata: cfr. Bellina, 2002, p. 12), cui si aggiungono la serenata Gli auguri spiegati (Giovanni Claudio Pasquini) e la festa di camera Perseo (anonimo), entrambe nel 1738. La scomparsa di Carlo VI (ottobre 1740) arrestò l’affermazione di Luca Antonio, la cui produzione teatrale cessò, limitandosi alla licenza per l’Ipermestra di Hasse per le nozze arciducali del 1744 e al contributo al pasticcio Armida placata (Burgtheater, 1750, azione teatrale di Giovanni Ambrogio Migliavacca, non di Pasquini: cfr. Zechmeister, 1971, p. 221).
L’ultimo decennio viennese ebbe diverso carattere, sotto il segno della musica da chiesa: alla morte di Fux (1741), moderatamente ridimensionato nello stipendio (da 2000 a 1500 fiorini), poco abile nei rapporti a corte, guastati i rapporti con Lamberg (come risulta dal carteggio di Luca Antonio e Lamberg con Pepoli, da entrambi tenuto costantemente a giorno), a Predieri toccò la direzione dei complessi musicali di corte, ma solo il 1° settembre 1746 ebbe il titolo di primo maestro di cappella (il manoscritto della Biblioteca nazionale austriaca della Missa Nativitatis, datato 31 maggio 1747, lo indica ancora come «vice maestro»), con Reutter, suo insidioso rivale, come secondo: tuttavia non si guadagnò mai davvero i favori della nuova sovrana Maria Teresa (si conserva una supplica di Luca Antonio, redatta dal Metastasio, all’erede di Carlo VI appena insediata; nell’aprile 1741 le recapitò un memorandum tramite il nunzio apostolico), impossibilitata a proseguire i fasti del teatrali del genitore e aliena ormai, come la corte tutta, dallo stile musicale del bolognese, così poco aperto al moderno gusto galante (eloquente la distanza tra la sua Zenobia e quella di Hasse).
Posto a riposo (pur conservando stipendio e titolo) il 17 ottobre 1751, anno in cui ritornò temporaneamente a Bologna per poi rientrare a Vienna nel 1754, trascorse nella precarietà economica gli ultimi anni viennesi, assillato sin dagli anni Trenta da debiti che non fu mai in grado di ripianare. Entrato nel 1761 da Vienna nella polemica sulla nomina di Giovanni Calisto Andrea Zanotti a maestro coadiutore in S. Petronio (lettera a Giovanni Battista Predieri del 2 febbraio 1761, Museo, L.117.142), sebbene risulti negli organici della Corte imperiale fino al 1770, nel 1765 fece definitivo ritorno in Italia e raggiunse Bologna dopo aver trascorso l’estate a Venezia (Ferdinando Bertoni preannunciò a padre Martini il 28 settembre l’incontro con «un vecchio robusto e graziosissimo, e lo sentirà (con stupore) doppo trent’anni che si trova in Vienna di seguito, a parlar bolognese come se mai di costì fosse stato absente»; lettere del 13 luglio e 28 settembre 1765, Museo, I.13.123-124).
Luca Antonio compose cinque oratorii per Bologna, tra cui il più volte ripreso San Pellegrino Laziosi (1729), tutti perduti, e i due viennesi citati; sopravvivono inoltre due cantate da camera; diverse arie; molta musica sacra, produzione che godette d’una certa eco: Lorenz Mizler intendeva pubblicare il Kyrie da una Messa in Do in appendice alla traduzione del Gradus ad Parnassum di Fux (Lipsia 1742; Vienna, Biblioteca Nazionale, Mus.Hs.2120 Mus), ancora negli anni Settanta del Settecento la celebrava il teorico Gerbert (1774, p. 354), la si eseguiva nel monastero benedettino di Göttweig in Bassa Austria e nell’abbazia di Kremsmünster, in Alta Austria. Assai modesta la produzione strumentale, limitata a un concerto (Amsterdam 1717 circa) e una sinfonia giovanile manoscritta.
Morì a Bologna, nella parrocchia di S. Tommaso di Strada Maggiore, il 4 gennaio 1767.
Giovanni Battista, ignota la data di nascita, fu plausibilmente fratello minore di Luca Antonio, il quale, scrivendo il 20 maggio 1741 a Sicinio Pepoli, lo qualificava come «Battestino mio fratello» (Museo, L.117.142, lettera da Vienna, 2 febbraio 1761). Il 1° luglio 1749 venne aggregato all’Accademia Filarmonica. Fu maestro di cappella in S. Paolo (1748 circa - 1753). Fu in rapporti con padre Martini (lettera del 12 settembre 1757, Museo, I.8.171). Nel 1770 compariva nei registri di casa Pallavicini come maestro di musica e insegnante di cembalo del ‘contino’ Giuseppe Maria, a 15 lire bolognesi al mese: sovrintese all’accademia musicale offerta il 26 marzo 1770 dal conte Gian Luca Pallavicini Centurioni nel palazzo di Strada S. Felice in onore in onore di Leopold e Wolfgang Amadé Mozart. Compose due oratorii per S. Maria di Galliera (La fuga di Lotte, 1746, poi Castel S. Pietro 1759; e Daniele liberato dal lago de’ lioni, 1764) e uno per Fermo (Giuseppe riconosciuto, 1755), tre concerti per clavicembalo e archi, un concerto pastorale per clavicembalo e archi, una sonata per violino, due per clavicembalo, una per due clavicembali e due sonate per l’offertorio per organo. Ignota la data di morte.
Non andrà confuso con l’omonimo giurista e poeta dilettante, canonico nella collegiata di S. Maria Maggiore a Bologna, il quale nacque nel 1678 da Carlo; laureato in utroque iure il 25 giugno 1700, citato da Fantuzzi (1789, VII, p. 118) e Fétis (18782, VII, p. 117), fu autore di raccolte di poesia devozionale per musica, come L’esercizio della contrizione in sagre canzoni (Bologna 1730) che include una canzona di Luca Antonio Predieri; è ignoto l’eventuale grado di parentela.
Virginia e Laura, figlie di Giuseppe e nipoti di Angelo, furono entrambe cantanti, rispettivamente soprano e contralto, «virtuose da camera» al servizio della principessa Maria Livia Spinola Borghese a Roma. Virginia, nata intorno al 1688, allieva di Francesco Antonio Pistocchi, che la disse dotata «di voce argentina e delicata, pronta a passaggi ed a distese di voce» (Della Seta, 1983, p. 166), venne ingaggiata da Giovanni Angelo Belloni nell’agosto 1705 per conto della principessa Borghese, al cui servizio entrò, con paga mensile di 4 scudi e mezzo, nel giugno 1706 (dal 1707 al 1713 la dichiarano a palazzo anche gli Stati delle anime di S. Lorenzo in Lucina). Al seguito della principessa in un lungo soggiorno veneziano (autunno 1709 - maggio 1711), conobbe Francesco Gasparini, Vivaldi e i fratelli Marcello. Il 7 novembre 1711 Pietro Francesco Lombardi le faceva recapitare la musica del Costantino di Gasparini. Durante il rientro a Roma, alla comitiva si unì la sorella (minore?) Laura; giunsero a Roma il 26 maggio 1711, e dal settembre entrambe figurarono nei ruoli di casa con la stessa paga. Lettere dal dicembre 1711 al marzo 1715 documentano l’approvvigionamento di cantate, arie e duetti per una o entrambe le sorelle da parte di Gasparini, Lombardi e Benedetto Marcello. Nel novembre 1714 Virginia rientrò a Bologna, dove il cardinal Boncompagni, zio di Marc’Antonio Borghese, le procurò una dote. Nel 1716 era in procinto di sposarsi con l’agrimensore Angelo Guidotti. Laura, cui Vivaldi il 20 marzo 1723 prometteva d’inviare della musica, restò al servizio della principessa, collaborando col maestro di cappella Filippo Colinelli, fino alla morte della nobildonna, nell’agosto 1731. Nel 1736 si trovava ancora a Roma. Ignote le date di morte.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registri battesimali, 1611, c. 103v; Ibid., Archivio di Stato, Carteggi, Lettere al conte Sicinio Pepoli, b. 48; Fondo Marsigli, strumenti e scritture, b. 284, fasc. 1711; Ibid., Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss. compilati da B.A.M. Carrati, Defunti, II (B.911), p. 180, IV (B.913), p. 242, VIII (B.917), p. 6, Genealogie, VIII (B.705), c. 100, XXXIV (B.731), c. 100; [O. Penna], Catalogo degli aggregati dell'Accademia filarmonica di Bologna (1750 circa), ed. facsimile Bologna 1973, c. 10 r.; G. Grassetti, Vita di s. Caterina da Bologna, Bologna 1724, p. 346; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, II, 2, 3, Milano 1742, p. 341; III, 2, 5, Milano 1744, pp. 520, 529, 531; M. Gerbert, De cantu et musica sacra…, S. Blasien 1774, p. 354; G.B. 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