PREFETTO
. Diritto romano. - Nella storia del diritto hanno particolare importanza i seguenti praefecti: a) I praefecti iure dicundo, delegati dal pretore urbano per la giurisdizione nelle città situate oltre una certa distanza da Roma, e dette perciò praefecturae (a Capua dal 318 a. C.). Queste città erano dapprima comunità di cives itne suffragio; ma, in seguito, anche colonie di cittadini ricevettero praefecti. Questi esercitavano le loro funzioni durante l'anno di carica del pretore mandante. Dopo il 124 a. C., furono resi elettivi i quattro prefetti destinati alle dieci città campane, i quali dalle due più importanti fra esse ebbero il titolo di pr. Capuam Cumas. Lo sviluppo del sistema municipale li rese superflui e scomparvero nell'età augustea.
b) Il praefectus urbi, creato dal re o dai consoli, in caso di loro assenza dal territorio della città e incaricato di sostituirli specialmente nella giurisdizione. Istituito il pretore urbano, il praefectus urbi non fu creato che raramente; ma l'uso fu ripreso da Augusto e reso permanente da Tiberio. Esso era, sotto l'impero, il capo della polizia della capitale, scelto fra i senatori di rango consolare: aveva per compito la tutela urbis e disponeva delle cohortes urbanae. Aveva la giurisdizione criminale, con procedura particolarmente spedita, contro i perturbatori dell'ordine pubblico e le associazioni illecite, come le comunità religiose cristiane. Per la lex Petronia, i padroni dovevano ricorrere al praefectus urbi per l'applicazione delle pene più gravi contro gli schiavi, e questi potevano ricorrere a lui contro i maltrattamenti; egli divenne così il patrono e il giudice degli schiavi e poi dei liberti. Per la soppressione delle quaestiones perpetuae nel 205 d. C., tutti i giudizî criminali furono deferiti al praefectus urbi, che aveva anche una giurisdizione civile straordinaria in prima istanza e in appello contro i magistrati urbani per delega dell'imperatore; giurisdizione che divenne sempre più ampia. La sua competenza, estesa prima a tutta Italia, fu intorno al 200 limitata al raggio di 100 miglia da Roma.
c) I praefecti praetorio, delegati dal principe al comando delle coorti pretorie, che ebbero presto anche il mandato di giudicare in sua vece: nel sec. III la loro competenza civile e criminale è ufficialmente riconosciuta e molto estesa. Essi dovevano poi decidere vice sacra degli appelli contro le sentenze dei governatori provinciali e le cause degli accusati privilegiati rinviate a Roma. Potevano emettere ordinanze generali. L'importanza delle loro funzioni giudiziarie, per le quali erano aiutati da viceprefetti, finì per soverchiare le loro funzioni militari, così che sotto i Severi i grandi giuristi, come Papiniano, Paolo e Ulpiano, vennero chiamati alla prefettura del pretorio. Con Diocleziano i praefecti praetorio divennero quattro, uno per ciascuno dei due Augusti e dei due Cesari; e l'impero fu così diviso in quattro prefetture, e queste in diocesi governate da vicarii dei praefecti praetorio. Abolite le coorti pretorie e deferito il comando dell'esercito ai magistri militum, i praefecti praetorio rimasero come alti funzionarî civili, con mansioni giudiziarie e finanziarie. E anche quando, alla fine del sec. IV, la loro competenza giudiziaria fu diminuita, essi rimasero i capi dell'amministrazione civile.
d) Il praefectus Aegypti, personaggio dell'ordine equestre delegato al governo: dell'Egitto (proprietà personale del principe) che aveva ampî poteri militari, civili e giudiziarî; esso giudicava cause civili e penali ed esercitava la giurisdizione volontaria; lo iuridicus Alexandriae era suo subordinato.
e) Il praefectus vigilum (dei pompieri), che aveva anche competenza giudiziaria (che giungeva sino alla condanna ai lavori forzati e per gli schiavi alla morte) e civilmente giudicava cause per fitti e acquedotti.
f) Il praefectus annonae, che aveva giurisdizione civile e criminale sugli affari relativi all'approvvigionamento della capitale.
g) Quei personaggi del seguito dei governatori provinciali che negli ultimi tempi della repubblica avevano il titolo onorifico di praefecti e che esercitavano alle volte funzioni giudiziarie.
h) I praefecti che gl'imperatori, quando venivano eletti a duoviri i. d. di municipî, delegavano all'esercizio delle relative funzioni.
Bibl.: O. Karlowa, Römische Rechtsgeschichte, I, Lipsia 1885, pp. 203, 299, 547 seg.; Th. Mommsen, Röm. Staastrecht, II, 3ª ed., ivi 1887, pp. 608, 968, 1043, 1057, 1113; id., Röm. Strafrecht, Berlino 1899, pp. 223, 267, 271; R. Cagnat, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités, IV, p. 611; O. Hirschfeld, Die kaiserlichen Verwaltungsbeamten bis auf Diocletian, 2ª ed., Berlino 1905, p. 339; M. Brancher, La juridiction civ. du pr. urbi, Parigi 1909.
Diritto italiano vigente.
La prefettura è, per ogni provincia, il supremo ufficio locale dell'amministrazione generale dello stato. La direzione, la regola, l'impulso a tutta la vita di questo partono dal centro a mezzo di organi governativi supremi, i quali irradiano la loro azione nelle diverse e più remote parti del territorio a mezzo di organi, pure governativi, gerarchicamente subordinati, immanenti e costanti affermazioni dell'autorità dello stato nelle diverse sue circoscrizioni. Appunto nelle prefetture, le quali furono chiamate le grandi arterie del potere esecutivo, vengono concentrate le competenze dei varî supremi uffici centrali: esse rappresentano nelle località ciò che dal complesso di questi viene rappresentato in tutto il territorio: la prefettura è perciò l'ufficio destinato alla direzione di tutta l'amministrazione locale; ufficio non semplicemente amministrativo, ma anche squisitamente politico, per l'elevatezza e per le complessità delle funzioni di governo affidategli. Pernio della gerarchia governativa locale, essa costituisce un ufficio complesso risultante da un ufficio supremo ricoperto da un agente unico, il prefetto, che in sé concentra l'unità di tale gerarchia, e da più uffici subordinati, distinti gli uni dagli altri per le peculiari caratteristiche delle incombenze a ciascuno affidate e ricoperti alcuni da agenti individuali, altri da agenti collegiali. Il fatto poi che la prefettura risieda in una data città determina in questa il carattere di città capoluogo della provincia.
Il prefetto è la più alta autorità dello stato in questa circoscrizione, rappresentante diretto del potere esecutivo: a lui fa capo tutta la vita della provincia, che da lui riceve impulso, coordinazione e direttive. Egli provvede ad assicurare, in conformità alle generali direttive del governo, unità d'indirizzo politico nello svolgimento dei servizî di spettanza dello stato e degli enti locali, coordinando l'azione di tutti gli uffici pubblici e vigilandone i servizî, salvo quelli riflettenti l'amministrazione della giustizia, quella militare e quella delle ferrovie. Dal che si deduce come la prefettura adempia alla funzione sia di volgere la vita dei centri minori verso la provincia, sia di richiamare e ricollegare la vita di questa al maggior centro, lo stato. D'altra parte, anche si desume come opportuno sia oggi paragonare la posizione del prefetto nei riguardi della vita locale a quella che nel centro è rappresentata, per ciò che si riferisce a tutto l'organismo politico amministrativo, dal capo del governo, primo ministro.
Il prefetto è dotato di ampî poteri discrezionali: adotta in caso di necessità o d'urgenza i provvedimenti che crede indispensabili nel pubblico interesse, sia direttamente, sia sostituendosi all'azione deficiente delle inferiori autorità; tutela l'ordine pubblico e sovrintende alla pubblica sicurezza e può richiedere l'impiego delle altre forze armate; può dichiarare, dietro delega del ministro dell'Interno, lo stato di pericolo pubblico e lo stato di guerra; può quindi emanare diversi atti rientranti nel concetto dell'esercizio del potere politico. Egli è inoltre supremo organo moderatore: vigila sull'andamento di tutte le pubbliche amministrazioni e sul relativo personale, ordina le indagini che ritiene necessarie nei riguardi delle amministrazioni sottoposte alla sua vigilanza, invia appositi commissarî presso gli enti locali per compiere, in caso di ritardo o di omissione da parte dei loro organi ordinarî, atti obbligatorî per legge o per reggerli, qualora non possano, per qualsiasi motivo, funzionare; dispone perciò di un servizio ispettivo per assicurare, mediante visite saltuarie e periodiche presso l'amministrazione provinciale e quelle comunali, l'ordinato funzionamento e il regolare andamento dei pubblici servizî e l'esatta osservanza di leggi e regolamenti. Il prefetto è anche depositario delle prerogative del potere esecutivo di fronte all'autorità giudiziaria, promuovendo, ove occorra, il regolamento di attribuzioni fra l'una e l'altra autorità, elevando cioè il conflitto di attribuzioni.
Intimi sono i rapporti fra prefettura e potere centrale, di cui essa costituisce l'ufficio locale di fiducia per eccellenza: il che spiega l'amplissima potestà riconosciuta al governo a proposito della scelta e della carriera del titolare, che può essere tratto sia da persone appartenenti all'amministrazione, sia da estranei ritenuti più adatti ad attuare le direttive politiche del governo. Nominati con decreto reale, previa deliberazione del consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Interno, da cui in modo speciale dipendono, i prefetti appartengono ai gradi terzo e quarto; sono distinti in due classi derivanti dall'anzianità della nomina, non dall'importanza della sede; possono esser privati della carica, qualora la fiducia venga meno, per motivi di servizio; traslocati, collocati a disposizione, ecc.: a compensare però lo stato di aleatorietà della loro carriera si sono fatte ai prefetti condizioni più favorevoli per ciò che si riferisce al trattamento di quiescenza. Per l'art. 33 n. 7 dello statuto, essi, dopo sette anni di servizio, possono essere chiamati a far parte del senato; appartengono, in sede, alla categoria IV nell'ordine delle precedenze a corte, hanno diritto al trattamento di eccellenza, nonché al titolo di grandi ufficiali dello stato. Le delicate funzioni ch'essi sono chiamati a esercitare hanno consigliato il mantenimento a loro favore della "garanzia amministrativa", per cui vengono sottratti a ogni controllo che non sia fatto o consentito dal potere esecutivo. Forti sono i vincoli di subordinazione gerarchica che uniscono al governo il prefetto, dal cui operato è dato ricorso ai dicasteri centrali tutte le volte che le leggi non siano intervenute (il che è avvenuto recentemente in moltissimi casi) a dichiarare i suoi atti definitivi. Viceversa, la posizione di capo della gerarchia locale conferisce al prefetto tutti i poteri derivanti dal concetto della supremazia sui singoli organi subordinati della prefettura; abolite le sottoprefetture, tali poteri vengono esercitati sui podestà, costituenti, quali ufficiali del governo, l'ultimo gradino della scala gerarchica locale: tali poteri il prefetto esercita anche sugli organi che, pur appartenendo all'amministrazione speciale dello stato, sono posti alla sua diretta dipendenza, quali gli uffici di pubblica sicurezza (questori), di sanità (medico e veterinario provinciale). Compete poi al prefetto un generale potere di direzione e di sorveglianza sulle numerose gerarchie speciali mettenti capo ai diversi ministeri; ben poche sono le manifestazioni dei pubblici servizî locali che non richiedano l'intervento, diretto o indiretto, dell'autorità prefettizia. Al di fuori poi del concetto di gerarchia, intimi e continui sono i rapporti intercedenti fra il prefetto e tutte le amministrazioni autarchiche, comprese in queste le sindacali (egli è oggi presidente del consiglio provinciale dell'economia); ampî sono i suoi poteri nei rapporti di molti fra gli impiegati di tali amministrazioni; estesissime le sue funzioni nei rapporti con i cittadini, con le loro associazioni, e così via. Rapporti finalmente di collaborazione e d'integrazione si hanno tra il prefetto e le autorità provinciali del Partito nazionale fascista: essi furono definiti nella circolare del capo del governo 5 gennaio 1928.
Il prefetto esercita funzioni proprie e delegate; funzioni relative all'attività giuridica e a quella sociale, amministrative e politiche; ha potestà di comando e di divieto; funzioni di controllo di legittimità e anche di merito, funzioni di repressione e di prevenzione; vista, omologa, autorizza, approva, nomina, delega, revoca, annulla, sospende, sostituisce l'opera propria a quella di uffici e di enti concede licenze, rilascia certificati, decide ricorsi, provvede dietro domanda o d'ufficio, espropria, liquida spese, contratta, punisce, licenzia, applica multe, ordina inchieste, e così via. Esercita la facoltà di provvedimenti, individuali (decreti) e generali (regolamenti); dirama circolari e istruzioni; emana ordini scritti e orali.
La prefettura si divide in diversi uffici che all'esterno la fanno apparire come un'unità: ogni provincia, oltre al prefetto, ha un viceprefetto, un consiglio di prefettura e una giunta amministrativa: alla diretta dipendenza del prefetto sta poi quello speciale servizio ispettivo al quale già si è accennato. Il viceprefetto sostituisce il titolare in caso di assenza, impedimento o temporanea vacanza ed esercita, in genere, tutte le funzioni che il prefetto creda opportuno affidargli nell'esercizio delle sue facoltà d'interna organizzazione; anche a chi fa le veci del prefetto s'applica la garanzia amministrativa; egli funge come capo del personale per i segretarî comunali e ne presiede la commissione di disciplina.
Gli altri organi ausiliarî e subordinati della prefettura appartengono, consiglieri e segretarî, alla carriera amministrativa con funzioni di carattere tecnico-giuridico; ragionieri, a quella di ragioneria con funzioni di carattere tecnico-contabile; gli uffici d'ordine accudiscono a ciò che è relativo alla scritturazione, copiatura, registrazione, conservazione degli atti. Fra i consiglieri vengono ripartiti i diversi rami di servizio; ai segretarî vengono più specialmente affidati, sotto la direzione di un consigliere, i diversi uffici esecutivi, potendo i primi segretarî essere anche rivestiti, con decreto ministeriale, delle funzioni di consiglieri. I ragionieri hanno attribuzioni di carattere preparatorio rispetto ai provvedimenti di controllo del prefetto, del consiglio di prefettura e della giunta amministrativa. I quali collegi, presieduti sempre dal prefetto o da chi ne fa le veci, diversamente composti a seconda che siano chiamati a esercitare funzioni amministrative o giurisdizionali, hanno sempre facoltà, prima di emettere pronunce definitive, di richiedere documenti e giustificazioni e di ordinare, a spese degli enti interessati, ogni indagine ritenuta necessaria. Per la giunta provinciale amministrativa (v. giunta, XII, p. 331). Il consiglio di prefettura, composto oltre che del presidente, di due consiglieri, è chiamato a dar parere sia nei casi prescritti da leggi e regolamenti, dovendo allora il provvedimento che ne consegue riportare di ciò espressa menzione, sia nei casi in cui ne sia richiesto dal prefetto: per questo il parere non è mai vincolante. Tale consiglio, oltre che alcune funzioni di amministrazione attiva, altre ne esercita più specialmente in materia di controllo sugli enti autarchici. In esso poi, quando funzioni come magistrato dei conti, in sede giurisdizionale-contabile, intervengono, con voto deliberativo, il ragioniere capo della provincia e il direttore di ragioneria o il ragioniere capo dell'intendenza di finanza e, con voto consultivo, il funzionario di ragioneria che ha compilata la relazione sul conto. Contro le sue decisioni in tali materie è ammesso ricorso alla corte dei conti. A speciali responsabilità soggiacciono i ragionieri delle prefetture.
Il prefetto presiede anche il consiglio provinciale di sanità, dotato di funzioni prevalentemente consultive, talora vincolanti, e di funzioni attive e deliberative; presiede inoltre diverse commissioni costituite presso ogni prefettura, in esse sempre assumendo speciale preponderanza anche per il fatto che sulla maggior parte dei componenti egli può esercitare una vera supremazia gerarchica.
Bibl.: C. F. Ferraris, L'amministrazione locale in Italia, I, Padova 1920; P. Ashley, Le pouvoir central et les pouvoirs locaux, trad. fr., Parigi 1921; T. Marchi, Gli uffici locali dell'amministrazione generale dello stato, in Primo tratt. di dir. ammin. ital., a cura di V. E. Orlando, II, Milano 1907; M. Hauriou, Précis de droit admin. et de droit public, Parigi 1933; G. Zanobini, L'amministrazione locale, 2ª ed., Padova 1934. Cfr. inoltre i principali trattati di diritto ammin., nonché i commenti alla legge comun. e provinc. e il testo unico di questa legge approvato con r. decr. 3 marzo 1934, n. 383.
Prefetto apostolico.
Il prefetto apostolico è l'ecclesiastico preposto al governo di un territorio di missione, non ancora organizzato come diocesi e detto prefettura apostolica. In diritto è considerato come ordinario del luogo (Cod. iur. can., can. 198); ha giurisdizione vescovile, benché generalmente non sia vescovo. Tuttavia la Congregazione di Propaganda Fide, dalla quale è nominato e da cui dipende, gli suole concedere la facoltà di cresimare (col crisma consacrato da un vescovo). Appena giunto nel suo territorio egli deve eleggersi un pro-prefetto, il quale assumerà la direzione della prefettura, qualora il prefetto manchio sia impedito di esercitare il suo ufficio (prigionia, esilio, ecc.). Il numero delle prefetture apostoliche è variabile: ogni anno se ne creano di nuove con lo svilupparsi delle missioni, mentre altre vengono soppresse, quando il loro territorio passa a far parte d'una diocesi o d'un vicariato apostolico. L'Annuario Pontificio per il 1934 ne conta 105.