prefissi
I prefissi sono ➔ affissi (tecnicamente morfi legati), cioè elementi che non possono occorrere da soli, che si aggiungono alla parte iniziale di una parola (tecnicamente, un lessema). Tale processo di aggiunta (che si dice prefissazione) è meno usato della suffissazione (➔ suffissi): in italiano i prefissi esprimono infatti solo valori derivazionali (➔ derivazione) e, a differenza dei suffissi, non sono usati per marcare la ➔ flessione.
Le parole formate con prefissi appartengono alla stessa parte del discorso della base, ed esprimono valori di tipo funzionale-relazionale, quali la determinazione spaziale e temporale (per es., sovrapporre, prebellico), la negazione (per es., amorale, antieroe, inutile), la quantificazione (multidisciplinare, plurisecolare), la ripetizione (rifare). Possono esprimere anche valori di ➔ alterazione, sia diminutivi (miniappartamento) sia, soprattutto, accrescitivi (supermercato) e intensificativi (stravincere; ➔ intensificatori). Un ristretto numero di prefissi (ad-, in-, s-) contribuisce alla formazione di verbi ➔ parasintetici.
La prefissazione è frequentemente impiegata per la formazione di ➔ neologismi, e il lessico corrente conta un numero piuttosto elevato di parole prefissate: per dati quantitativi sui neologismi morfologici nel Novecento, cfr. Iacobini & Thornton (1992); Thornton, Iacobini & Burani (1997) e De Mauro (2005: 147-149) contengono dati sull’uso di ciascun prefisso e dettagli sulla diffusione della prefissazione nel lessico italiano contemporaneo.
Sebbene i prefissi formino una lista chiusa, al di là di un nucleo comune riconosciuto pressoché da tutti gli studiosi (che comprende i prefissi ad, anti «avanti», anti «contro», co- / con, de, dis-, e- / es-, in «locativo», in «negativo», pre-, re- / ri-, s-, stra-, trans-, super-), nelle opere lessicografiche o negli studi teorici o descrittivi sull’italiano si riscontrano discrepanze anche significative quanto alle liste dei prefissi (cfr. Iacobini 1999).
I motivi di tali divergenze stanno in gran parte nel fatto che molti prefissi hanno origine da parole autonome (avverbi e preposizioni) che nel corso del tempo si sono grammaticalizzate (➔ grammaticalizzazione) come affissi, mantenendo però, rispetto ai suffissi, una minore integrazione con la base; e, soprattutto, che hanno relazioni semantiche e formali con elementi autonomi (si pensi alle preposizioni su, per, sopra, sotto), oltre che proprietà combinatorie e semantiche in comune con alcuni elementi non liberi esprimenti per lo più significati di natura lessicale (per es., endo-, eso-, paleo-, equi-, etero-; ➔ elementi formativi), usati anch’essi ad inizio di parola (endomuscolare, esoscheletro, paleocapitalismo, equidistante, eterosessuale). La crescente integrazione nel lessico italiano di elementi formativi che esprimono significati di tipo funzionale-relazionale in combinazione con parole determina una zona di frontiera fra prefissazione e composizione, che ha come conseguenza l’oscillante attribuzione alla lista dei prefissi di elementi quali ipo-, macro-, mega-, meta-, micro-, para-, poli- (ipocalorico, macroeconomia, megaconcerto, metaromanzo, microfilm, parastatale, poliambulatorio).
I prefissi si distinguono dagli elementi formativi principalmente perché non possono essere base di derivazione (possono cioè formare parole solo in combinazione con parole e non con affissi), occupano esclusivamente la posizione iniziale e, su un piano diverso, per il fatto di essere noti e impiegati dalla generalità dei parlanti in parole di uso corrente.
I prefissi selezionano le basi secondo criteri solo in parte riconducibili alla distinzione in parti del discorso. Infatti, più di un quarto dei prefissi produttivi si può premettere sia a nomi sia a verbi sia ad aggettivi, ed è molto ridotta la percentuale dei prefissi premessi a basi appartenenti a una sola categoria lessicale.
Nella selezione delle basi hanno un ruolo importante il fattore semantico e, nel caso di basi predicative, il modo in cui è presentata l’azione o il processo e gli ➔ argomenti richiesti. Il ruolo della struttura argomentale nella selezione della base è evidente nel caso del prefisso auto-, che nell’impiego come riflessivo richiede basi nominali, aggettivali o verbali transitive che permettano la coreferenza fra i ruoli di agente e paziente (per es., autogoal, autoritratto, autoreferenziale, autoescludersi). A caratteristiche semantico-sintattiche si possono ricondurre anche quei prefissi che si premettono a basi appartenenti a un’unica categoria lessicale: ad es., i prefissi che esprimono valore di separazione e contrarietà o inversione (de-, dis-, s-) selezionano verbi che descrivono azioni teliche (cioè dotate di una conclusione: destabilizzare, disunire, scucire) per il motivo che l’azione designata presuppone il risultato di un’azione previa. Non possono perciò essere premessi a verbi che descrivono azioni ateliche (per es., *depasseggiare).
I prefissi formano di norma parole dalla struttura endocentrica (➔ morfologia); a differenza dei derivati suffissali, i tratti morfosintattici della parola prefissata (per es., categoria lessicale, genere, categoria flessiva, carattere animato) sono gli stessi della parola di base.
La prefissazione non ha conseguenze sulla posizione dell’➔ accento primario di parola, e può produrre nessi normalmente non consentiti all’interno di parola (per es., avanscoperta, inspiegabile, postbellico). L’incontro di vocali fra base e prefisso determina solo opzionalmente la cancellazione della vocale finale dei prefissi bisillabici (per es., sopraintendente → soprintendente).
Non tutte le parole prefissate di uso corrente sono segmentabili in un prefisso e una parola autonoma; ciò accade soprattutto nel caso di verbi (e loro derivati) di origine latina (per es., emergere, persuadere, presumere), in cui, benché i prefissi possano essere riconosciuti facilmente (immergere, dissuadere, assumere), il loro contributo semantico non è sempre identificabile.
Nella grande maggioranza dei casi, le parole prefissate hanno un solo prefisso. La sequenza di due prefissi è piuttosto infrequente (per es., pre-dis-porre, pre-ri-caricare); in molti casi il prefisso più interno è identificabile formalmente, ma non contribuisce al valore della parola complessa con uno specifico significato identificabile in sincronia. Casi particolari stanno nell’impiego ripetuto di uno stesso prefisso (ad es., anti-antimissile, ri-riempire), e nella sostituzione di prefisso (per es., accelerare → decelerare). Per altre considerazioni teoriche e descrittive sulla prefissazione in italiano, cfr. Iacobini (2004) e Montermini (2008).
I significati portati dai prefissi si possono ricondurre alle categorie di localizzazione (nello spazio e nel tempo), negazione, alterazione (comprendente valori sia dimensionali sia valutativi), quantificazione, ripetizione, ingressività (solo per i prefissi dei parasintetici), riflessività, unione, reciprocità.
La localizzazione è il significato che conta il maggior numero di prefissi. I significati temporali sono di norma espressi da prefissi che indicano primariamente valori spaziali, anche se alcuni di essi (pre-, post-) sono attualmente utilizzati più con valore temporale che spaziale. Anche molti prefissi negativi e alterativi hanno origine da impieghi spaziali. L’impiego dei prefissi nei valori derivati può prevalere rispetto all’originario valore spaziale: cfr. dis- e s- per la negazione, iper- e super- per l’alterazione. L’espressione di valori spaziali è in regresso nella lingua contemporanea, specialmente nella prefissazione verbale.
I prefissi normalmente non esprimono un unico significato, e uno stesso significato può essere espresso da più di un prefisso; numerose sono anche le relazioni oppositive (ipo- ~ iper-, pre- ~ post-, intra- ~ extra-).
Nella tab. 1 si riassumono, con l’aiuto di parole derivate appartenenti a diverse categorie lessicali, i principali valori semantici dei prefissi in uso nella nostra lingua.
De Mauro, Tullio (2005), La fabbrica delle parole. Il lessico e problemi di lessicologia, Torino, UTET.
Iacobini, Claudio (1999), I prefissi dell’italiano, in Fonologia e morfologia dell’italiano e dei dialetti d’Italia. Atti del XXXI congresso della Società di Linguistica Italiana (Padova, 25-27 settembre 1997), a cura di P. Benincà, A. Mioni & L. Vanelli, Roma, Bulzoni, pp. 369-399.
Iacobini, Claudio (2004), Prefissazione, in La formazione delle parole in italiano, a cura di M. Grossmann & F. Rainer, Tübingen, Niemeyer, pp. 97-163.
Iacobini, Claudio & Thornton, Anna M. (1992), Tendenze nella formazione delle parole nell’italiano del ventesimo secolo, in Linee di tendenza dell’italiano contemporaneo. Atti del XXV congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana (Lugano, 19-21 settembre 1991), a cura di B. Moretti, D. Petrini & S. Bianconi, Roma, Bulzoni, pp. 25-55.
Montermini, Fabio (2008), Il lato sinistro della morfologia. La prefissazione in italiano e nelle lingue del mondo, Milano, Franco Angeli.
Thornton, Anna M., Iacobini, Claudio & Burani, Cristina (1997), BDVDB. Una base di dati sul Vocabolario di Base della lingua italiana, 2a edizione riveduta e ampliata, Roma, Bulzoni.