Preistoria del Subcontinente indiano
Con lo sviluppo della ricerca archeologica, la preistoria del Subcontinente indiano sembra sempre più chiaramente riconducibile alle grandi successioni evolutive dell'Occidente eurasiatico (con un Paleolitico inferiore, medio, superiore e una fase mesolitica di cronologia e durata approssimativamente comparabili). Malgrado ciò, i passati tentativi di esporre in successioni elementari e schematiche le correlazioni tra le principali trasformazioni geografiche, climatiche e culturali che ebbero luogo nel Subcontinente negli ultimi 2 milioni di anni hanno finora avuto scarsi esiti. Indicatori come fronti di avanzata dei ghiacciai, depositi alluvionali, formazione di suoli e loro erosione appaiono oggi correlabili su scala regionale o microregionale e non nell'immenso territorio interessato. Alcune questioni fondamentali sono tuttora irrisolte: tra queste, la relativa rarità di siti sepolti con coerenti associazioni tra resti litici e ossei, con un'assoluta prevalenza di raccolte di superficie di strumenti litici scarsamente contestualizzate; le precise ragioni della quasi totale assenza, almeno fino alla soglia dell'Olocene, di resti ossei di ominidi; la scarsità delle datazioni assolute.
Con almeno otto grandi episodi glaciali solamente negli ultimi 750.000 anni e con la complessità dei processi legati alla collisione e subduzione della massa continentale indiana, è oggi accertato che nei principali contesti geologici perifluviali del Nord le sequenze locali di deposizione sedimentaria e incisione dei letti e dei vicini terrazzi non possono facilmente essere ricondotte alle quattro "classiche" glaciazioni europee. Solamente per gli ultimi picchi di espansione dei ghiacci la formazione di enormi spessori di löss dall'Europa centrale, alla Russia, all'Asia Centrale e alla Cina, poi evoluti in orizzonti di suolo nelle successive fasi umide, permette delle correlazioni plausibili. Questo sembra essere il caso del III Interglaciale (ca. 60.000-30.000 anni B.P.) e dell'ultima glaciazione (ca. 30.000-10.000 anni B.P.). In termini di evoluzione culturale umana, il primo intervallo includerebbe siti e industrie genericamente riferibili al Paleolitico medio, il secondo gli orizzonti del Paleolitico superiore.
La sequenza climatica indica, in sintesi, condizioni semiaride ma idrograficamente favorevoli per il Paleolitico inferiore. Suoli rossi formatisi tra 50.000 e 40.000 anni B.P., dopo una fase finale di piovosità ridotta, testimonierebbero per il popolamento del Paleolitico medio condizioni di umidità e crescita vegetativa superiori alle attuali; oltre questa soglia cronologica si colloca una seconda fase arida, durante la quale si svilupparono le tipiche industrie del Paleolitico superiore. Dagli inizi dell'Olocene sino alla formazione delle superfici attuali semiaride gli studi palinologici delle successioni geomorfologiche indicano una complessa sequenza di episodi aridi seguiti da brevi fasi umide.
Datazioni assolute con metodologie radiometriche, raccolte sia da ricerche di superficie sia da scavi, ancorano con precisione importanti fasi di occupazione con industria acheuleana evoluta alle fasi centrali e tarde del Pleistocene; per il Paleolitico inferiore del Subcontinente ricordiamo i siti di Bori, in Maharashtra (670.000 e 540.000 anni B.P. ca.), Didwana nel deserto del Thar in Rajasthan (oltre 390.000 anni B.P.), i siti della valle di Baichbal in Karnataka (da oltre 350.000 a 290.000 anni B.P. ca.) e Yedurwadi in Karnataka (più di 350.000 anni B.P.).
Una grande incertezza regna invece sui periodi più antichi del popolamento umano del Subcontinente. La scoperta a Dmanisi (Georgia) e a Longgupo (Cina) di resti di Homo erectus datati a poco meno di 2 milioni di anni e la datazione dei resti del celebre "pitecantropo" di Giava (in realtà un'altra popolazione di H. erectus) a 1.600.000-1.800.000 anni B.P., lasciano oggi pochi dubbi sul fatto che l'intera Asia meridionale, intorno ai 2 milioni di anni fa, fosse occupata da Ominidi. A partire dal 1983, le ricerche di una missione britannica e pakistana si concentrarono sulle valli della Soan e sul bacino del Jhelum, alla ricerca di siti stratificati del Paleolitico inferiore. Nei siti di Dina e Jalalpur si raccolsero asce a mano acheuleane con datazioni assolute comprese tra 500.000 e 700.000 anni B.P. Nello stesso anno, nel sito di Riwat, in uno strato conglomeratico coperto da ben 68 m di depositi sedimentari vennero in luce un ciottolo con negativi di distacco di sette schegge da tre piani diversi e altri manufatti litici. Una serie numerosa e ben concatenata di datazioni mediante paleomagnetismo collocò Riwat intorno a 2.000.000 di anni B.P. Oggi, complessivamente, la presenza nel Subcontinente di manufatti su ciottolo preacheuleani e forse di arcaici strumenti acheuleani, creati da ominidi e risalenti al Pleistocene inferiore, rappresenta una verosimile ipotesi di lavoro.
Nel 1944 H.L. Movius aveva tracciato una immaginaria linea retta da nord-ovest a sud-est che, congiungendo le alture settentrionali dell'Afghanistan al confine tra il delta del Gange-Brahmaputra e alle pianure costiere dell'Orissa, separava due ampie sfere di adattamento tecnologico per le industrie del Paleolitico: i complessi con asce a mano di tipo acheuleano, tipici dell'Europa, dell'Africa e dell'India peninsulare, da quelli a ciottoli scheggiati (choppers, chopping tools, grandi schegge scarsamente ritoccate) tipici dell'Asia sud-orientale (e in genere dell'Estremo Oriente) e della regione tra Indo e Satlej. La diffusione delle industrie su ciottolo è stata attribuita ad adattamenti tecnici nell'uso del legno; essa corrisponde infatti (e tecnologicamente ben si adatta) alle aree di principale diffusione naturale del bambù, una materia prima essenziale in territorio indiano.
L'Acheuleano rappresenterebbe invece adattamenti tecnici a regioni idrograficamente favorite degli altopiani semiaridi interni. Esso è diviso da alcuni studiosi in due fasi: un Acheuleano arcaico, con bifacciali lavorati a distacchi profondi e irregolari, di spessore notevole, forme spesso appuntite e parzialmente asimmetriche e un rapporto tra asce a mano e hacheraux variabile tra 1:1 e 1:2, e un Acheuleano tardo, caratterizzato da bifacciali meno spessi, con superfici meno irregolari create da scheggiatura meglio controllata, forme tendenzialmente più simmetriche, ovali o discoidali, e una percentuale maggiore di hacheraux e schegge. In Karnataka, il primo tipo sarebbe stato datato per via radiometrica a oltre 1.000.000 di anni B.P. La seconda industria, che implica l'uso di martelli o percussori soffici, forse di materiale organico, come ipotesi preliminare può essere attribuita al medio-tardo Pleistocene.
La distribuzione dei complessi acheuleani del Pleistocene medio e superiore suggerisce contesti climatici ed ecologici non troppo dissimili dagli attuali, con piovosità moderata. Dal Sind al Rajasthan centro-meridionale, come nel Thar e nel Gujarat, le aree di lavorazione del Paleolitico medio e superiore coincidono con la presenza di vene di selce. In assenza della quarzite erano sfruttati depositi di basalto, dolerite, graniti, calcare silicizzato e selce. I siti sono stati identificati in terrazzi alluvionali, in ambiente costiero, perifluviale e perilacustre, su pendii e su porzioni sommitali piane, più raramente in ripari sotto roccia o in grotta. Tale variabilità riflette forse strategie molto elastiche e adattabili, che favorirono la diffusione di Homo nel continente eurasiatico. I campi dovevano permettere un accesso ottimale ad un ampio spettro di risorse vegetali e animali. Si pensa che la vita dei cacciatori-raccoglitori del Pleistocene fosse scandita dall'alternanza di un ciclo di caccia e raccolta, corrispondente alla stagione calda e secca, e di un ciclo di diverse attività nella stagione umida.
Nella parte nord-occidentale del Subcontinente i paleontologi hanno identificato per il Pleistocene inferiore alcune specie di Elephas, Bos, Equus e Rhinoceros (depositi dei letti della Narmada, dei fiumi del Deccan, della piana indo-gangetica, di Kurnul in Andhra Pradesh, del Kashmir e dei Monti Siwalik). Fossili di Equus namadicus sono datati dal Pleistocene medio al Pleistocene superiore. Nelle stratigrafie antiche dei Siwalik sono stati identificati i resti di Hexaprotodon sivalensis, un ippopotamo del tardo Pliocene e del Pleistocene inferiore. Al Pleistocene medio risale invece l'ippopotamo Hexaprotodon namadicus e Sus namadicus, un grande maiale selvatico. Il repertorio faunistico del Pleistocene superiore dell'India include Elephas maximus, Hexaprotodon palaeindicus, Cervus duvauceli e Rhinoceros unicornis, attestati anche nell'Olocene. Al volgere del Pleistocene molte specie si estinsero; la caccia si concentrò su mammiferi di grande e media taglia, specialmente ungulati, e secondariamente su Equidi, daini, rinoceronti, elefanti e anche carnivori.
Gli studiosi collocano un momento di evoluzione intensificata delle industrie acheuleane alle ultime fasi del Pleistocene, tra 100.000 e 70.000 anni B.P., e un forte sviluppo delle litotecniche su scheggia, con generiche affinità levalloisiane e musteriane, tra 50.000 e 40.000 anni B.P. Molti sottolineano il carattere graduale della trasformazione delle tradizioni tecniche a bifacciali nelle tecniche su scheggia. Nella grotta di Sanghao (NWFP, North West Frontier Province, Pakistan) una sequenza di strati spessa circa 3 m conteneva superfici abitative con focolari, resti ossei e industria litica, attribuite a quattro periodi di occupazione che si estendevano dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore (40.000-20.000 anni B.P. ca.).
Le sequenze di riduzione fondamentali del Paleolitico medio partivano in generale dal distacco di schegge (rotonde, rettangolari, triangolari e appuntite) e schegge allungate o lame da nuclei di medie dimensioni appositamente preparati, che, esaurita la funzione di nucleo, erano simili a piccoli choppers o chopping tools e potevano essere usati come strumenti da impatto o da taglio. Piccoli bifacciali ovoidali o cordiformi simili ad asce a mano o hacheraux sono piuttosto comuni in molti complessi di questo periodo. Schegge fortemente ritoccate formavano coltelli, raschiatoi, punteruoli, perforatori e forse punte di lancia. Il manufatto più comune è il raschiatoio (usato probabilmente su pelli e legno), che presenta margini coperti da ritocchi erti, sino a creare superfici di taglio di forma lineare, concava o convessa. Queste industrie, in genere facilmente portatili e destinate a lavori leggeri, sono state considerate parzialmente affini ai contemporanei complessi scavati in Afghanistan, Uzbekistan e Tajikistan e genericamente classificate come di ispirazione musteriana, pur in assenza, nel Subcontinente, di reperti ossei di tipo neandertaliano. Complessi litotecnici attribuiti al Paleolitico medio sono stati identificati, perlopiù in seguito a ricerche di superficie, in una vastissima parte del Subcontinente, dalle regioni della NWFP al Tamilnadu. Sono più rari, invece, in Assam, in Bengala e nel Kerala. Una crescente variabilità tecnica è in parte dettata dal materiale localmente disponibile, ma anche effetto di migliorate capacità di adattamento. Gli abitati appaiono ora anche in aree che dovevano essere densamente forestate. Le faune associate comprendono Bos namadicus, Bubalus, Elephas antiquus e altre specie di elefanti, Equus, caprovini selvatici, Cervidi e antilopi. Nello Sri Lanka mancano resti archeologici riferibili con certezza al Paleolitico inferiore e medio. Nell'isola si conosce un'industria su ciottolo, con choppers e raschiatoi di quarzo, detta dei "letti del Ratampura", datata tra 75.000 e 65.000 anni fa, che cadrebbe tra Paleolitico medio e Paleolitico superiore.
Nel generale parallelismo dell'evoluzione tecnica nella preistoria dell'Eurasia occidentale e dell'Asia meridionale si colgono anche importanti divergenze. Lo sviluppo delle industrie su lama, nel Pakistan settentrionale, sembra sensibilmente più antico. Nel sito di Riwat (sito 55), a sud di Peshawar, si trovarono i resti di un muro di pietra con buche di palo, un pozzetto rivestito con pietre e una sviluppata industria su lama, datati a circa 45.000-40.000 anni B.P., ai limiti terminali del Paleolitico medio. Mentre le industrie su lama del Paleolitico superiore dell'India sono in apparenza simili agli orizzonti che in Europa si definiscono "aurignaziani", mancano aspetti tecnici paragonabili al Solutreano, come è assente la grande arte parietale policroma naturalistica solutreana-maddaleniana. Per contrasto, l'arte rupestre preistorica dell'India, che potrebbe risalire a una fase tarda del Paleolitico superiore, anche nelle sue fasi più antiche è intrisa di stilizzazioni e rappresentazioni concettuali. Inoltre, a parte rinvenimenti ancora troppo isolati, le industrie su osso e avorio del Subcontinente mancano della grande elaborazione estetica e grafica dell'arte mobiliare maddaleniana.
Il Paleolitico superiore del Subcontinente copre un arco di tempo compreso tra 40.000 e 12.000 anni B.P. Le datazioni assolute, ora numerose, si fanno maggiormente coerenti per le fasi più tarde (depositi del Maharashtra, dell'Andhra Pradesh e dell'Uttar Pradesh cadono tra il 25.000 e il 10.000 B.P.). In India meridionale le date sinora fornite per il Paleolitico superiore appaiono lievemente più tarde (tra 30.000 e 10.000 anni B.P.).
Data la quasi totale assenza di reperti osteologici, possiamo solo supporre che a partire da almeno 100.000-70.000 anni fa il Subcontinente fosse abitato da umani di tipo moderno che vivevano di caccia e raccolta, sia in comunità sparse e fortemente mobili sia in società più consistenti e aggregate, che adottavano forme stagionali di nomadismo organizzato. Una nuova trasformazione climatica di vasta portata ‒ un'oscillazione arida e fredda, protrattasi in Rajasthan e Gujarat per almeno 20.000 anni con culmine alle soglie dell'Olocene, circa 12.000-10.000 anni B.P. ‒ fu superata con lo sfruttamento capillare delle risorse, che promosse non solo relazioni più strette tra bande e territorio, ma anche alleanze e nuovi assetti gerarchici tra bande e tribù. Malgrado l'inasprimento del clima, almeno nelle zone centro-settentrionali, il popolamento del Paleolitico superiore e del Mesolitico in diverse regioni appare intensivo. Una maggiore razionalità ed efficienza delle industrie litiche, lo sviluppo del simbolismo, dell'ornamentazione personale, dell'artigianato figurativo e di importanti espressioni grafiche (in primo luogo riconoscibili nelle pitture rupestri) sono il segno di accresciute necessità di coordinamento sociale e di identificazione collettiva.
Nel Subcontinente, come in quasi tutta l'Eurasia, il Paleolitico superiore è marcato dalla fabbricazione di lame a margini paralleli a partire da un nucleo di forma accuratamente preparata, spesso colpito da un solo lato, di forma cilindrica o piramidale. Le industrie su scheggia ereditate dal Paleolitico medio sembrano trasformarsi, riducendo le dimensioni di nuclei, scarti e strumenti; le raccolte di manufatti sono dominate da lame a margini paralleli e strumenti su lama. In alcuni complessi settentrionali del Paleolitico superiore e di età mesolitica il bulbo di percussione si fa meno pronunciato, le lame più sottili e regolari, con i margini maggiormente paralleli. Ciò sembra dovuto all'introduzione di tecniche di percussione indiretta, nelle quali le lame sono distaccate tramite uno strumento appuntito di osso, corno o legno appoggiato al margine del nucleo e colpito con un percussore. Per i complessi più tardi va anche presa in considerazione l'ipotesi della scheggiatura a pressione (pressure flaking), nella quale il punzone viene azionato da una pressione graduata esercitata dalla forza muscolare o dal peso del corpo dell'artigiano.
Alcuni siti dell'India peninsulare, come quelli delle grotte di Kurnul in Andhra Pradesh, mostrano uno sfruttamento intensivo delle ossa animali per produrre perforatori, punte e raschiatoi. Altra innovazione tecnica fu il trattamento a fuoco delle rocce silicatiche destinate alla scheggiatura, per l'eliminazione dell'umidità residua e l'intensificazione cromatica, che in Europa compare con certezza solamente nel Neolitico. Tra i più antichi oggetti chiaramente ornamentali vi sono perline discoidali di uova di struzzo e uova di struzzo decorate con incisioni geometriche, usate come contenitori pregiati. Uova di struzzo sono state rinvenute in una cinquantina di siti paleolitici dell'India peninsulare, dal Rajasthan al Maharashtra; alcuni frammenti sono stati datati mediante 14C tra 40.000 e 25.000 anni B.P. Sono databili al Paleolitico superiore anche due possibili elementi di collana perforati di avorio e di osso e tre incisivi di Bos, con solcature orizzontali incise destinate a ospitare una fibra di sospensione, rinvenuti nelle grotte di Kurnul (Andhra Pradesh).
Alla fine del Paleolitico superiore è attribuita la prima costruzione a carattere religioso della preistoria dell'India. L'abitato di Bagor I è stato datato con mezzi radiometrici a circa 11.000 anni B.P.: in un'area centrale fu messa in luce una piattaforma circolare, con i frammenti ricomponibili di una pietra di forma triangolare ‒ una lastra di arenaria a bande alternate rossastre e brune, con struttura concentrica e cementazioni ferrose ‒ che in origine era al centro della struttura. Intorno si trovava una dispersione di manufatti formata da nuclei, lame e schegge con tracce di utilizzazione, triangoli, percussori e strumenti usati per il ritocco. Secondo gli scavatori, la piattaforma ricorda strutture rituali erette da gruppi di cacciatori-raccoglitori di recente immigrazione nella regione; pietre triangolari concrezionate a meandro ancor oggi rappresentano la vulva (yoni) e il sangue. L'insieme è quindi interpretabile come un'area in cui si fabbricavano e si riparavano frecce e altre armi, al cospetto della manifestazione di un principio sacro di fertilità.
I complessi figurativi e simbolici più importanti della preistoria del Subcontinente sono tuttavia i ripari sotto roccia dipinti del Deccan centro-settentrionale, ancora poco conosciuti e databili soltanto con estrema difficoltà. A Bhimbetka vi sono almeno 800 siti in grotta o sotto roccia, 500 dei quali recano resti di pitture rupestri. Una parte di questi siti sembra avere una sequenza continua dall'Acheuleano al Mesolitico e a complessi microlitici più tardi. Le pitture si trovano su pareti verticali, soffitti, nicchie. Le prime ipotesi di cronologia si sono basate sui soggetti rappresentati, sulla caratterizzazione stilistica e tecnica, sulla sovrapposizione di immagini eseguite con pigmenti e stili differenti e in rari casi su ciottoli colorati, noduli di ematite e altre rocce o terre con facce usurate trovati in sede di scavo. Le immagini più antiche raffigurano cacciatori armati di arco e frecce, mentre in una fase immediatamente successiva essi dispongono di abbigliamenti e armamentari più elaborati e le scene includono una varietà di attività economiche e sociali. Il repertorio degli animali presenti a Bhimbetka include grandi felini, l'orso, il rinoceronte, il bufalo selvatico e altri bovidi, antilopi, cervidi, il lupo e lo sciacallo, la iena, il cane, equidi, l'elefante, giraffe e cammelli (?), roditori, diversi tipi di uccelli, pesci, rettili e anfibi. Alcune immagini, come un "cinghiale" con corna di bisonte, potrebbero avere implicazioni mitologiche.
Nel Subcontinente tutti i siti microlitici con grandi quantità di strumenti geometrici e strumenti fortemente ritoccati sono stati genericamente attribuiti al Mesolitico; il termine "microlitismo" descrive invece le graduali trasformazioni nella litotecnica dell'Olocene, espressione di società che continuarono a vivere di attività di caccia e raccolta, integrandole gradualmente mediante l'allevamento del bestiame e la domesticazione di un ristretto numero di specie vegetali, sino a età storica. Nello Sri Lanka, datazioni assolute mediante 14C e termoluminescenza indicano uno sviluppo straordinariamente precoce delle industrie microlitiche su lama e scheggia: una datazione colloca la presenza di microliti non geometrici intorno a 34.000 anni B.P. (in assoluto l'attestazione più antica per l'intera Asia meridionale), mentre altri complessi con microliti geometrici erano già in uso 28.000 anni B.P. La datazione assoluta di siti con industrie microlitiche del Maharashtra colloca l'inizio del Mesolitico del Deccan intorno a 12.000 anni B.P. Nei due o tre millenni successivi, in corrispondenza di un netto miglioramento climatico, si registra un picco demografico.
Gli strumenti mesolitici più comuni sono schegge e lamelle a margini paralleli, senza ritocco; piccoli raschiatoi di forma circolare con uno o più margini diritti, concavi e convessi; bulini; forme lunate, ritoccate sul margine concavo o su quello convesso, raramente su entrambi; triangoli e trapezi. Le pitture preistoriche del Deccan testimoniano l'affissione di molteplici punte di pietra scheggiata su aste di legno e osso usate come armi da getto e da impatto, tecnica che deve aver implicato a sua volta progressi nelle industrie del legno e delle fibre, delle resine vegetali e dei collanti. I cacciatori usavano un arco estroflesso di medie dimensioni e frecce con impennaggio, testimoniato dalle pitture. Nei siti si trovano macine, macinelli, percussori, proiettili da fionda appositamente sagomati e pietre perforate anulari, utilizzabili sia come teste di mazza sia come pesi per bastoni da scavo.
Se in Europa il Mesolitico è visto innanzitutto come una risposta adattiva alla scomparsa delle mandrie di mammiferi di media e grande taglia del Paleolitico superiore, nel Subcontinente, oltre alla predazione su larga scala di animali di piccola taglia, continuò lo sfruttamento sistematico di mammiferi di dimensioni medio-grandi come Cervidi e antilopi, accompagnato da una crescente familiarità con pecore e capre selvatiche e quindi con gli antenati dell'attuale zebù. La diffusione di strumenti di pietra levigata destinati al trattamento di semi, tuberi e altre materie prime vegetali suggerisce l'intensificazione e sistematizzazione dell'attività di raccolta dei vegetali. L'incremento demografico dell'antico Olocene potrebbe aver comportato, inoltre, l'insorgere di precoci forme di protodomesticazione.
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