preistoria
Disciplina che si occupa delle società che non hanno lasciato testi scritti, ossia di quei gruppi umani che hanno popolato la terra prima dell’uso della scrittura. Tale mancanza d’informazione scritta ha determinato la necessità di trarre notizie sulle culture che le appartengono unicamente dai dati archeologici. Fino agli anni Sessanta la p. aveva come obiettivo lo studio del manufatto e la sua evoluzione tipologica; esso veniva utilizzato come fossile-guida per la datazione delle stratigrafie di scavo e per datare, caratterizzare e differenziare le varie culture. Successivamente da parte degli studiosi è stata avvertita sempre di più la necessità di raccogliere un maggior numero di dati, volti alla ricostruzione storica delle origini dell’uomo e della sua evoluzione culturale. La ricerca è stata indirizzata verso studi di carattere antropologico-culturale che si occupano soprattutto dei comportamenti collettivi, dei processi di trasformazione dei gruppi, allo scopo di ricostruire la loro storia e la loro azione diretta o indiretta sullo svolgimento storico. Per questo è fondamentale la ricostruzione del contesto ambientale, dell’utilizzazione del territorio, della disponibilità delle materie prime. Così negli anni recenti la p. ha cominciato ad avvalersi dell’apporto di discipline scientifiche e naturalistiche come la geologia, la paleontologia, l’analisi delle variazioni geologiche, geomorfologiche e idrogeologiche, servendosi delle più moderne tecnologie; le fotografie aeree e le immagini da satellite contribuiscono alla comprensione sia del contesto ambientale nel quale si è sviluppata la vita dei gruppi umani, sia di come siano avvenuti in una prima fase lo sfruttamento di tale ambiente e, in seguito, l’intervento su di esso da parte dell’uomo. Le differenze che distinguono l’uomo dai suoi predecessori sono l’espressione delle tendenze evolutive che non si sono manifestate sempre dovunque contemporaneamente e il cui sviluppo ha seguito ritmi diversi. I primi fossili, gli australopitechi, risalgono a 4,5 milioni di anni fa in Africa orientale, dove sono rappresentati dall’Australopithecus afarensis. Verso un milione di anni fa presso il Lago Turkana appare l’Homo erectus, che si ritrova poi a Giava, in Cina e in Africa settentrionale, più tardi in Europa. L’Homo sapiens appare verso il 400.000 in Africa orientale e, nella forma attuale, nel 350.000 in Europa, in Africa nel 100.000 e nel 70.000 nel Vicino Oriente; nel 100.000 appare l’uomo di Neandertal, che sparirà nel 35.000 sostituito dall’Homo sapiens sapiens. Quest’ultimo appare in Australia nel 40.000, in America e in Giappone nel 30.000. Le attività di sussistenza erano caratterizzate dall’uso di uno strumentario adatto allo sfruttamento delle risorse offerte da un determinato ambiente naturale: compito della ricerca preistorica non è solo quello di descrivere e interpretare la funzionalità degli utensili, ma soprattutto quello di ricostruire le condizioni ecologiche nelle quali era collocato il gruppo umano in esame e le modalità di selezione e di utilizzazione degli elementi che esso aveva a disposizione. La suddivisione tradizionale della p. in Paleolitico, Mesolitico, Neolitico, Eneolitico, età del Bronzo e del Ferro è una utile schematizzazione; ma in realtà si possono considerare valide solo le sequenze locali che le attuali tecniche di scavo complesse e raffinate hanno contribuito a puntualizzare.
Il termine venne introdotto da J. Lubbock nel 1865 per distinguere l’antica età della pietra, o l’età della pietra scheggiata, da quella della pietra levigata e della terracotta (Neolitico). Il Paleolitico segna nello stesso tempo la comparsa dei primi ominidi e dei primi manufatti in pietra a essi associati e l’insorgenza della cultura umana, ivi incluse le prime manifestazioni artistiche e spirituali. Incerta rimane la datazione dell’inizio del Paleolitico, compresa tra circa 2,7 e 2 milioni di anni fa e definita in base alla comparsa delle prime industrie litiche nel Pliocene superiore dell’Africa orientale. In Europa il Paleolitico termina con la fine dell’ultima glaciazione, quella del Würm, circa 10.000 anni fa; questo segna un cambiamento abbastanza netto nella fauna, nella flora e nel clima e un diverso orientamento dell’economia di sussistenza, per cui si parla d’ora in poi di Mesolitico, cui fa seguito il Neolitico. Al di là del suo significato etimologico, il Paleolitico è caratterizzato da un modo di vita dell’umanità centrato sull’utilizzo di animali cacciati da predatori, sulla raccolta e sulla caccia, e sull’assenza di tecnologie basate sulla lavorazione dei metalli, l’agricoltura e l’allevamento. In tale accezione, il Paleolitico si configura innanzitutto come un modo di vita definito in base all’economia primaria e alla litotecnica e non come un periodo dello sviluppo dell’umanità dai limiti cronologici ben definiti. Infatti, mentre da un lato tali limiti sono ampiamente diacroni nei vari continenti e la scheggiatura della pietra non finisce in un momento preciso, è noto che attualmente permangono ancora popolazioni il cui modo di vita è essenzialmente paleolitico. Dal punto di vista paletnologico e cronologico, il termine Paleolitico viene impiegato in senso stretto solo per un’area che va dall’Europa all’Africa settentrionale e all’Asia occidentale e centrale. Esso non viene in genere esteso all’Asia orientale, all’Africa a S del Sahara, all’Oceania e alle Americhe per evitare uno snaturamento del suo significato cronologico, dove si preferisce perciò utilizzare termini diversi, più strettamente legati alle specificità locali: Paleoindiano nelle Americhe; età della pietra antica, media e recente nell’Africa subsahariana; Litico, Lignico, Cristallitico nel Sud-Est asiatico. Il Paleolitico è tradizionalmente tripartito secondo criteri cronologici e litotecnici, ossia di scheggiatura e taglio della pietra. Sebbene alcuni autori ritengano alquanto superata tale concezione, il Paleolitico viene tradizionalmente suddiviso in Paleolitico inferiore, caratterizzato da industrie litiche ottenute per percussione diretta, Paleolitico medio, caratterizzato dalla lavorazione di schegge staccate da nuclei di pietra, e Paleolitico superiore, con lame di pietra sottili ottenute mediante percussione attraverso l’uso di punteruoli. È opinione condivisa che le industrie litiche più antiche del Paleolitico inferiore, ben rappresentate in Africa orientale a partire da circa due milioni di anni fa, siano dovute a ominidi riferibili sia ad Australopithecus sia a Homo habilis. Tali industrie su ciottolo e su scheggia prendono nel complesso il nome di Olduvaiano e consistono prevalentemente di choppers, chopping tools e poliedri. A esse fanno seguito quelle a bifacciali dell’Olduvaiano evoluto e dell’Acheuleano, che in parte coesistono da 1.400.000 anni ca., anche se la transizione Olduvaiano-Acheuleano si realizza in tempi diversi nelle varie regioni. Risale a circa 1.600.000 anni fa la comparsa nell’Africa orientale di un nuovo ominide, Homo erectus, i cui resti si ritrovano a partire da circa un milione di anni fa anche in Cina e a Giava. A tutt’oggi questa specie appare tuttavia poco chiaramente definita per morfologia e distribuzione nello spazio e nel tempo e mostra una certa differenziazione regionale, riflessa a livello tassonomico da nomi di rango specifico e generico diversi (Sinanthropus, Pithecanthropus). Per quanto dubbia rimanga la presenza di Homo erectus in Europa, rari resti scheletrici nella Penisola Iberica e industrie litiche in vari siti attestano con certezza la presenza dell’uomo nel Paleolitico inferiore. Nel continente europeo alle industrie a bifacciali (Acheuleano, Abbevilliano e Micocchiano) fanno seguito quelle caratterizzate dall’aumento degli strumenti su scheggia del Clactoniano, del Levalloisiano e quelle del Tayaziano antico. Il limite tra Paleolitico inferiore e Paleolitico medio viene posto convenzionalmente a circa 120.000 anni fa (interglaciale Riss-Würm). Negli ultimi 100.000 anni circa del Paleolitico, si hanno fenomeni diversi, più complicati: in Europa e intorno al bacino del Mediterraneo, dopo le ultime manifestazioni delle precedenti tradizioni, si sviluppa il Musteriano, le cui varie articolazioni stanno a testimoniare realtà culturali più complesse delle precedenti; a esso è associato l’uomo di Neandertal e, almeno in certi casi, come si vede soprattutto in Medio Oriente, forme arcaiche di Homo sapiens. Quest’ultimo, in forme ormai simili a quelle attuali, è l’autore, a partire da una fase avanzata dell’ultima glaciazione, delle industrie del Paleolitico superiore caratterizzate da strumenti più specializzati e differenziati dei precedenti. Da questo periodo in poi sono ben rappresentati anche i manufatti d’osso e si hanno testimonianze artistiche e sepolture intenzionali. In altre aree del globo si ha in questo periodo uno sviluppo diverso delle industrie, ma si constata la stessa tendenza al moltiplicarsi delle tradizioni culturali, a forme di arte e ad altre manifestazioni della sfera ideologica.
Il Mesolitico è la fase cronologica seguente il Paleolitico e precedente il Neolitico. In partic., il termine (analogamente a Epipaleolitico) viene usato per designare l’insieme delle culture postpaleolitiche precedenti la trasformazione culturale ed economica del Neolitico, senza un preciso vincolo cronostratigrafico, data la diacronicità del fenomeno della neolitizzazione da area ad area. In genere la tradizionale economia paleolitica è integrata o sostituita da caccia a micromammiferi e uccelli, pesca e raccolta intensiva di molluschi. Le industrie litiche comprendono spesso vari microliti.
Il Neolitico è il periodo più recente dell’età della pietra, definito dall’uso di strumenti di pietra levigata mentre perdurano, sempre più perfezionati, strumenti di pietra scheggiata, di tradizione paleolitica. Il Neolitico è caratterizzato da un cambiamento fondamentale nel modo di vita dell’uomo: da cacciatore-raccoglitore, e quindi da un’economia parassitaria, questi passa a produttore del proprio cibo con l’allevamento del bestiame e l’agricoltura. Le zone in cui furono addomesticati per la prima volta piante e animali sono almeno due, l’America Centrale con gli altipiani delle Ande, e il Medio Oriente, indipendenti l’una dall’altra; una terza era probabilmente situata nell’Asia sudorientale, lungo le coste del Golfo di Bengala e in Birmania. Il sito di Zawi Chemi Shanidar, in Iraq, ha dato i più antichi resti di animali addomesticati, e cioè di pecore risalenti a circa 11.000 anni fa, mentre le prime piante furono probabilmente coltivate, sempre in Medio Oriente, circa 10.500 anni fa. Solo in poche regioni mediorientali (Palestina, Siria) ed europee (in particolare in Grecia e nella Penisola Balcanica) sono note in dettaglio le varie tappe della neolitizzazione, contraddistinta da due fasi principali, il Protoneolitico o Neolitico aceramico e il Neolitico ceramico. Gli studi sulle origini della cosiddetta rivoluzione neolitica concordano nel ritenere che la prima coltivazione di cereali (grano, orzo) possa essere riferita a un’area compresa tra il medio Eufrate e la Palestina in contesti tardo-natufiani (8500 a.C. ca.) e in una fase climatica che precede un periodo di progressivo deterioramento e inaridimento, situato tra l’8500 e il 7500 a.C. Lo sviluppo dell’agricoltura si realizzò attraverso fasi distinte; si ipotizza che a una prima coltivazione di cereali selvatici siano seguite inizialmente la formazione di specie domestiche e infine la creazione dei primi ibridi. L’insediamento in cui è documentata la più antica coltivazione di frumento (Triticum dicoccum) e di orzo è quello di Gerico, nel Neolitico aceramico A, prima dell’8000 a.C.; è possibile tuttavia supporre che la coltivazione dei cereali sia già iniziata nella fase precedente protoneolitica. Accanto alla nascita di abitati di piccole dimensioni e alla comparsa ed evoluzione degli strumenti litici agricoli, si intensificano gli scambi commerciali, in particolare dell’ossidiana, proveniente dall’Anatolia; la domesticazione di caprini e ovini sembra invece mostrare un certo ritardo nell’antico Neolitico aceramico del Medio Oriente. Nel Neolitico aceramico B (7000-6000 a.C.), accanto a un notevole incremento dell’allevamento, si registrano vistosi progressi nel campo della litotecnica (falcetti per la mietitura; macine; vasi in pietra), dell’architettura (mattoni di argilla; abitazioni a pianta prima circolare, poi rettangolare e con più vani; comparsa di intonaci e pitture murarie; strutture difensive, come mura e terrapieni) e dell’arte figurativa; l’area in cui è attestata la coltivazione di cereali e legumi si estende ormai dall’Anatolia all’Iran. Sembra imputabile a un’ulteriore fase di siccità il notevole declino culturale del Medio Oriente attorno al 6000 a.C., connesso all’abbandono di siti dell’entroterra e alla colonizzazione delle zone costiere del Mediterraneo occidentale, in cui si diffusero tra il 6° e il 5° millennio a.C. culture riferibili ormai al Neolitico ceramico. Il processo di neolitizzazione dell’Europa durò almeno 4000 anni, a partire dalla Grecia, dai Balcani meridionali e dal Mediterraneo centroccidentale fin dal 7° millennio a.C., per terminare nell’Europa settentrionale nel 4° millennio a.C. Uno schema evolutivo del Neolitico europeo permette di distinguere più in generale una fase pioniera (6500-5500 a.C.) e una fase neopioniera, di stabilizzazione e di crescita (5500-2500 a.C.). Nella prima l’agricoltura resta essenzialmente itinerante, i centri abitati sono di dimensioni ridotte, l’arte mobiliare è povera e le società sono egualitarie e poco differenziate. I complessi culturali principali di questa fase sono quelli dei Balcani (Starčevo), del Neolitico mediterraneo antico (a ceramica impressa e cardiale) e il Neolitico antico delle pianure di loess dell’Europa centrale (Rubané). Nella seconda la neolitizzazione interessa aree marginali (foreste, rive atlantiche, suoli morenici), non più in relazione diretta con il Vicino Oriente, con importanti modificazioni economiche ed ecologiche, come nel Neolitico atlantico, nel Subneolitico nordico e nel Neolitico alpino e prealpino (gruppi di Fiorano, Vho, Isolino). Nel contempo, in aree già interessate dalla neolitizzazione, accanto alla comparsa di innovazioni tecnologiche come l’aratro e alla diversificazione degli stili della ceramica, i centri urbani si ampliano e acquistano strutture difensive (fosse, palizzate) e megalitiche e si realizza una certa stratificazione sociale. Nell’area mediterranea e alpina si diffondono, tra le altre, le culture dei vasi a bocca quadrata, Chassey, Cortaillod, Lagozza e Almeria; in Europa centrale si sviluppano le culture danubiana a ceramica a nastro, Lengyel e Tisza; in quella settentrionale la cultura di Ertebølle (Danimarca, Scandinavia) e di Windmill Hill (Inghilterra).
L’espressione civiltà eneolitica è usata da paletnologi di vari Paesi per indicare il periodo o gli aspetti culturali che segnano il passaggio dal Neolitico all’età del Bronzo. Il termine inizialmente designava uno stadio tecnico riscontrabile in periodi diversi nell’ambito delle sequenze regionali. Oggi il suo significato varia notevolmente, a seconda che gli studiosi lo impieghino per definizioni di carattere cronologico (l’Eneolitico comprenderebbe, tra la fine del 3° e gli inizi del 2° millennio a.C., l’estremo sviluppo delle culture di tipo neolitico di fronte al primo diffondersi del metallo e alle genti portatrici di esso) oppure strettamente tecnologico o etnologico (per cui culture definite neolitiche apparirebbero contemporanee a culture eneolitiche). Dagli inizi del 3° millennio la lavorazione del rame era praticata in Anatolia e nelle isole dell’Egeo, e un’origine anatolica o egea si suppone per la diffusione della metallotecnica fino all’estremo Ovest europeo. I depositi di rame dei Carpazi sembrano aver alimentato la lavorazione del metallo in Ungheria, Romania e Slovacchia già nella prima metà del 3° millennio. Movimenti di genti in possesso del metallo e dotate di un nuovo armamentario caratterizzano particolarmente il quadro eneolitico. Dalla steppa della Russia meridionale, gruppi con ceramica a cordicella e ascia da combattimento si diffondono in Europa orientale, centrale e settentrionale, imponendosi sulle genti agricole locali. In Germania e Paesi Bassi, intorno al 2000 a.C., gruppi ad ascia da combattimento appaiono fondersi con altri di provenienza iberica, i cdd. gruppi del vaso campaniforme, la cui diffusione interessa largamente l’Europa occidentale. L’azione di correnti di origine occidentale o egeo-anatolica influenza chiaramente gli sviluppi culturali riferiti in Italia all’Eneolitico (Remedello, Rinaldone, Conelle-Ortucchio, Gaudo, Piano Conte, Piano Quartara, Serraferlicchio, Anghelu Ruju, San Michele).
L’espressione civiltà (ο età) del Bronzo (o ènea) fu introdotta nella letteratura paletnologica da C.J. Thomsen nel 1836, per indicare, nel quadro della storia dell’umanità, la fase intermedia tra l’età della pietra e quella del ferro, in cui si affermò l’uso di strumenti e armi di bronzo. Oggi essa ha perduto il significato di periodo cronologico di valore universale e viene usata piuttosto per indicare lo stadio del progresso economico e tecnologico caratterizzato dallo sviluppo della lavorazione del rame e delle sue leghe, che però non fu raggiunto ovunque simultaneamente, ed ebbe esiti diversi, a seconda della fisionomia culturale e delle varie comunità umane. Per le più evolute regioni del bacino dell’Egeo si può parlare di età del Bronzo già intorno alla metà del 3° millennio a.C., mentre in quelle del Mediterraneo occidentale tale periodo ha inizio nella seconda metà del 2° millennio a.C., e nell’Europa settentrionale alcuni secoli più tardi. Il suo termine finale può essere fissato per il Mediterraneo intorno all’inizio del 1° millennio a.C. Per l’Italia, alcuni studiosi propongono la seguente cronologia: Bronzo antico: 1800-1600 a.C. ca.; Bronzo medio: 1600-1300 a.C. ca.; Bronzo recente: 1300-1100 a.C. ca.; Bronzo finale: 1100-900 a.C. ca.
Espressione usata comunemente (anche civiltà del ferro) per designare gli aspetti culturali preistorici e protostorici caratterizzati dall’uso del ferro. Questa civiltà sorse in seno a quella del Bronzo, senza mutamenti sostanziali di condizioni generali di vita, intorno alla fine del 2°, inizio del 1° millennio a.C. Molto discusso è ancora il centro di origine della sua industria: C. Blinkenberg e J.J. Forbes pensavano al Paese degli ittiti, mentre O. Montelius ritiene che sia l’isola di Creta. In ogni modo chi cerchi la propagazione dell’industria siderurgica nel mondo antico deve tenere presente la posizione preminente avuta dalle regioni dell’Asia Minore. È molto accreditata l’ipotesi che il primo ferro a essere stato utilizzato sia stato quello meteorico. Il ferro penetrò lentamente e in un primo periodo fu usato solamente per minuti oggetti ornamentali; il suo utilizzo al posto del bronzo fu per molto tempo ostacolato dal fatto che negli antichi forni non si raggiungeva una temperatura sufficiente alla fusione, ottenendosi così un metallo in forma spugnosa (spugna di ferro) di difficile lavorazione (per ripetuta battitura del metallo si otteneva solo ferro saldato) e di mediocri proprietà meccaniche. Solo con l’introduzione di alcuni trattamenti particolari (tempra, rinvenimento, cementazione) si poterono fabbricare su larga scala armi e strumenti da lavoro. Oggetti caratteristici dell’età del Ferro sono le asce a cannone, a tallone, la scure con occhio e la bipenne, oltre al rasoio semilunato, ecc. In questo periodo le genti dedite alla pastorizia e all’agricoltura furono indotte da continue guerre e da invasioni ad abbandonare quasi ovunque le abitazioni all’aperto lungo i fiumi per trincerarsi sulle alture proteggendo gli abitati con argini fortificati e muraglie. Nelle sepolture, generalmente a cremazione, il corredo funebre è costituito prevalentemente da armi di offesa e difesa. Con l’inizio di questa civiltà apparve l’alba della storia per la Grecia e per le regioni meridionali dell’Italia; salì a potenza l’Assiria; si sviluppò la colonizzazione ellenica nel Mediterraneo e sulle coste dell’Asia Minore; si affermò la civiltà etrusca; sorse Roma. Nell’India e nella Cina una civiltà del ferro fece seguito a quella del bronzo, mentre in gran parte dell’Africa nera e nel bacino del Nilo una vera e propria industria del ferro si sviluppò senza una intermedia civiltà del bronzo. Mancò una vera conoscenza del ferro nelle Americhe. In Egitto la civiltà del ferro ebbe il primo sviluppo con il nuovo impero tebano, mentre nello stesso tempo apparvero le prime armi di ferro nelle tombe cretesi. Nella Russia orientale e nella Finlandia una vera civiltà del ferro compare con l’era volgare, mentre nella Scandinavia e nella Russia Artica perdurarono fino a tempi storici aspetti culturali neolitici. Nell’Europa centrale e occidentale la civiltà del ferro ha inizio nel 7° sec. a.C. con le fasi C e D della cultura di Hallstatt, cui segue quella di La Tène, il cui inizio si colloca intorno al 500 a.C. Nell’Europa nordica l’inizio dell’età del Ferro coincide con il periodo di La Tène. In Italia la civiltà del ferro si è sviluppata prima che nell’Europa centrale e con forme originali e indipendenti. In Sicilia l’età del Ferro corrisponde alla quarta fase di Pantalica, cioè alla facies di Finocchito. Nell’Italia meridionale tirrenica si sviluppa la cultura delle tombe a fossa, sul versante adriatico la cultura apula e quella picena, nell’Italia centrale la cultura laziale e la facies del gruppo di Terni. La civiltà villanoviana fiorisce nell’Emilia, in Toscana e nel Lazio settentrionale; necropoli villanoviane sono venute in luce anche a Fermo nelle Marche, e a Pontecagnano e Sala Consilina (Salerno). Nell’Italia settentrionale a N del Po le due principali culture dell’età del Ferro sono la cultura di Golasecca diffusa in Piemonte e Lombardia, e quella atestina diffusa nel Veneto.