PREISTORIA
. A stretto rigore, la nozione di "preistoria" si dissolve in quella di "storia"; ma la distinzione tra i due termini e i due concetti ha un senso, in quanto al disotto del periodo della storia umana ricostruibile nelle sue linee essenziali per mezzo dei documenti con sufficiente certezza esiste, per comune coscienza, un periodo in cui la lacunosità delle notizie e la difficoltà d' interpretarle diventano molto maggiori, sicché quella critica consapevolezza del passato dell'umanità, di cui si costituisce la storia, diventa talora estremamente ardua, talora impossibile. Presa in tale senso, la preistoria sta insomma alla storia come un grado di minor chiarezza di fronte a uno di maggiore. L'impossibilità di ogni netta separazione tra preistoria e storia, anche ai fini di una semplice suddivisione del lavoro di ricerca, è quindi senz'altro ovvia; ed è anche altrettanto ovvio il valore approssimativo della correlazione che di regola si stabilisce tra il passaggio dalla preistoria alla storia e il passaggio dalla barbarie alla civiltà di un popolo, appunto perché il concetto di barbarie è ugualmente privo di rigore e indica solo un grado minore di civiltà in confronto a uno maggiore.
Ciò posto, si deve riconoscere però l'opportunità di assegnare al campo della preistoria ogni vicenda di popoli, di cui non resti testimonianza scritta o scrivibile (in quanto trasmessa per via orale, ma attualmente fissabile con scrittura) da noi interpretabile. In tale caso si è costretti a fondare ogni tentativo di ricostruzione critica su altri tipi di documenti (antropologici e archeologici) e di argomenti (emografici o sociologici), i quali sono di grande valore, ma non permiettono con altrettanta facilità e sicurezza di penetrare nelle vicende di un popolo, nella sua organizzazione politica, nei suoi convincimenti, nelle sue tendenze, ecc. C'è infatti appena bisogno di ricordare che l'antropologia può ricostruire tipi fisici, non determinarne, se non in ristretti limiti, i caratteri intellettuali e tanto meno le vicende; l'archeologia è impareggiabile nel ricostruire la vita materiale, ma raramente da sola può darci indicazioni sufficienti sulla vita politica, intellettuale, religiosa; e infine la comparazione etnologica, che cerca di meglio chiarire il significato di determinati fatti con il ricorrere all'analogia di fatti simili che si riscontrano in altri popoli, corre il rischio di chiamare in aiuto fatti esteriormente simili, ma che hanno valore intrinseco diverso. Anzi, il particolare valore che nelle ricerche preistoriche assume il metodo comparativo è precisamente la migliore conferma della difficoltà che si ha di penetrare nello spirito di un popolo, quando manchi la più diretta attestazione del suo pensiero attraverso la scrittura.
In conclusione, la ricerca preistorica si differenzia solo empiricamente da quella storica, in quanto il materiale di cui dispone rende necessaria una tecnica d'indagine relativamente diversa, dove, invece del metodo filologico, fondamentale per l'interpretazione delle testimonianze nei periodi in cui esistono documeriti scritti, prevalgono, reciprocamente integrandosi, il metodo antropologico, quello archeologico e quello etnografico. È solo da aggiungere che la preistoria riesce a tanto maggiore certezza, quanto più si avvicina ai periodi storici ben documentati, dai quali sia possibile indurre determinati fatti, valevoli anche per il periodo preistorico preso in esame. Se è ovvio che in tutti i campi della vita umana certi fenomeni hanno radice in un remoto passato e servono perciò a spiegarlo (come alla loro volta ne vengono spiegati), è però anche praticamente constatabile che in certi campi (soprattutto il linguaggio, il culto e il diritto) i relitti arcaici sono più numerosi: donde la maggiore possibilità di utilizzare le discipline che li studiano come materie ausiliarie per la preistoria. Ciò spiega la particolare utilità della linguistica, in sé incapace di studiare direttamente la preistoria (la quale per definizione non lascia documenti linguistici), ma capace di trarre dai fatti storici deduzioni di capitale importanza per la preistoria.
A questo punto diventa forse superfluo avvertire che non esiste una uniforme preistoria di tutta l'umanità cronologicamente fissabile, ma solo una preistoria dei singoli popoli, più o meno estesa, secondo che essi sono giunti più o meno tardi all'uso della scrittura e in genere a forme di vita civile. Solo si può dire che la scoperta dei metalli essendo stata un momento fondamentale dello sviluppo civile umano, i periodi anteriori alla scoperta (età paleolitica ed età neolitica) vanno incondizionatamente posti per tutti i popoli nella preistoria. Quando invece si giunge alla scoperta dei metalli (la cui conoscenza o, almeno, il cui uso comune è variato in limiti cronologici notevoli da popolo a popolo) lo sviluppo civile prende ritmi diversissimi nelle varie parti della terra. La preistoria dell'Egitto cessa con la prima dinastia (3500 a. C.), quella della Mesopotamia forse anche prima, con la civiltà sumerica; quella della Grecia con Omero (sec. X-IX a. C.); quella dell'Italia poco dopo, con la civiltà etrusca, la colonizzazione greca, i primordî di Roma (secolo VIII-VII a. C.). La preistoria del resto dell'Europa occidentale e centrale, Germania compresa, si prolunga fino ai contatti stretti con i Romani, apportatori di una civiltà superiore; e più in là ancora si va con i paesi dell'Europa centro-settentrionale (almeno sec. VII-VIII d. C.), mentre per l'America, l'Australia e parte dell'Africa la fine della preistoria coincide press'a poco con la colonizzazione europea.
Bibl.: Come esempî di porre il problema della preistoria e di risolverlo in un'organica esposizione si possono vedere le seguenti opere (che contengono altre indicazioni bibliografiche): Cambridge Ancient History, I, 2ª ed., Cambridge 1924; J. de Morgan, L'humanité préhistorique, Parigi 1924; E. Meyer, Geschite des Altertums, I, i, 5ª ed., Berlino 1925; G. Sergi, Le prime e le più antiche civiltà, Torino 1926; V. Gordon Childe, The dawn of European Civilization, 2ª ed., Londra 1927; H. Obermaier, Urgeschichte der Menschheit, Friburgo in B. 1931; Propyläen-Weltgeschichte, I, Berlino 1931.