PRELATO
. Questo termine indica in genere una persona che per dignità è superiore agli altri (prae-latus), ma nel linguaggio ecclesiastico si applica oggi o, in senso stretto, ai membri del clero secolare o regolare aventi giurisdizione nel foro esterno, o, in senso lato, ai chierici insigniti di questo titolo dalla S. Sede honoris causa (Cod. iur. can., can. 110).
Così fuori di Roma sono veri prelati: a) quelli che hanno una giurisdizione quasi episcopale sopra i dipendenti di un'abbazia, di un collegio, di una regione, entro i confini di una diocesi; b) i praelati nullius (sott. dioeceseos), con piena giurisdizione vescovile sopra una o più diocesi con territorio separato (ad es. Montecassino, Einsiedeln, Martinberg, Valle di Pompei, ecc.). Citiamo ancora i prelati di rito orientale, aventi giurisdizione ordinaria personale o territoriale (p. es. sui cattolici di rito etiopico in Eritrea). Nella Curia romana sono considerati come veri prelati: i 4 detti di fiocchetto (vicecamerlengo, uditore e tesoriere della camera apostolica, maggiordomo), gli assessori e i segretarî delle Congregazioni, il maestro di camera, il segretario della Segnatura, il decano della Rota, il sostituto della segreteria di stato, i membri dei 4 collegi di prelati (protonotarî apostolici di numero, uditori di Rota, chierici di camera, votanti e referendarî di segnatura) e i prelati domestici (antistites urbani). Tutti i prelati hanno diritto al titolo di monsignore, a meno che non spetti loro il titolo di eccellenza, hanno un abito speciale e godono di varî privilegi (Pio X, Motuproprio Inter multiplices, 21 febbraio 1905; Pio XI, Costituzione Ad incrementum decoris, 15 agosto 1934).
Bibl.: L. Trombetta, De iure et privilegiis praelatorum Romanae Curiae, Sorrento 1906; F. S. Wernz e P. Vidal, Ius Decretalium, II, Roma 1923, pagine 561-570.