Premi letterari
È questa la celebrità?
I premi letterari e il mercato dell'editoria
di Andrea Gareffi
3 luglio
Si svolge al Ninfeo di Villa Giulia a Roma la tradizionale cerimonia di assegnazione del premio Strega, uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel panorama della narrativa italiana: vince la cinquantasettesima edizione Melania G. Mazzucco con il romanzo Vita. Anche quest'anno sulla competizione vera e propria sembrano prevalere l'aspetto della mondanità e il gioco delle alleanze fra editori, anche se sono tramontati i tempi in cui la vittoria di un importante premio letterario significava un robusto incremento delle vendite di un libro.
Quella vena di inutilità…
Chi ha vinto un premio letterario lo sa, e chi non l'ha ancora vinto lo può facilmente immaginare: un premio fa senz'altro bene, ma lascia anche qualche nostalgia. Persino il premio più illustre, e ricco.
In via Bigli 15, a Milano, la mattina fatidica dell'annuncio, giovedì 23 ottobre 1975, con Eugenio Montale c'erano Gaspare Barbiellini Amidei e Giulio Nascimbeni, che stava scrivendo l'unica biografia autorizzata del poeta ormai vecchio e famoso. Verso l'una suona il telefono. La Gina risponde e quindi chiama Montale, che si alza - il telefono era di quelli appesi al muro - e parlotta in francese: "Oui, merci. Oui". Poi Montale si risiede sul suo divanetto e tace. Gli altri friggono. Infine parla: "Dovrei dire cose solenni, immagino. Mi viene invece un dubbio: nella vita trionfano gli imbecilli. Lo sono anch'io?". È stato Nascimbeni a raccontarla e deve esser vera. Comunque qui c'è tutto Montale: snobbish ed eccentrico, autocommiserazione e perfidia. Ma c'è anche e soprattutto quella vena di inutilità e di morte che accompagna le mete acquisite, i fatti accaduti. E se questi fatti sono quelli più ambiti, le cose non fanno che peggiorare.
Quarant'anni prima, il 9 novembre 1934, i fotografi assediano Luigi Pirandello. Ha vinto il Nobel. Di quel giorno resta una fotografia storica. La messa in scena è scontata: il grand'uomo si fa cogliere in posa davanti alla macchina da scrivere. Che cosa starà facendo? Starà componendo una pagina immortale? Con qualche esitazione, qualche sillaba ribattuta, spaziature sbagliate, lettere saltate, con l'ultima parola lasciata a metà, indizi del trambusto intorno a lui, Pirandello scrive ventisei volte e mezzo un'identica parola: 'pagliacciate'. La scena di maniera copre una segreta devastazione. La solitudine è senza rimedio. Non c'è scampo agli inganni. La doppiezza che Pirandello e la sua arte innalzavano a sistema porta con sé una sapienza dolorosa: l'arte uccide sempre un po' la vita.
Pirandello, profeta dello smagamento di Montale. Ma anche di quello di Cesare Pavese. Pavese vince il premio Strega, e qualche giorno dopo, il 14 luglio 1950, nel Mestiere di vivere registra: "A Roma, apoteosi. E con questo?". Ma il 18 dicembre 1937 Pavese era stato già profeta di sé stesso con una uscita che risale però anche più indietro, a fare livide le pagliacciate di Pirandello e a ricacciarle nel buio dell'anima: "C'è una cosa più triste che fallire i propri ideali, esserci riusciti".
La coreografia oggi di precetto obbliga il vincitore a mostrare tutta la sua soddisfazione, guai a non mimare tracotanza. Appena un lustro fa bisognava invece fare i minimalisti buonisti: mimare lo sguardo del bravo ragazzo che non se l'aspettava.
Tanta fatica per nulla. Perché nulla serve a vendere un libro. E se mai si riuscisse a convincere qualche riottoso, che cosa lo potrà poi spingere anche a leggerlo? Chiunque abbia comprato libri usati, vede che molti di questi hanno tanto patito e sono stati gualciti con inattesa brutalità, ma quasi mai oltre il primo capitolo. Da qui sorge una convenzione che si va affermando come norma condivisa: taluni tra i recensori di giornale ritengono sia prudente non oltrepassare il primo capitolo, tanto più che le recensioni in molti casi non superano i mille caratteri, e quindi non vi si può dire niente di sensato. Altro ponderoso problema è dato dallo spiacevole fatto che le recensioni non aumentano le vendite. Così come non le aumentano i premi letterari, sui quali gira altresì una forte diffidenza. Perché c'è il premio dominato dal nume che fa vincere ogni anno un suo caudatario; e c'è il premio salottiero abitato dalla ghenga dei dirigenti ministeriali; e poi quello cattolico e quello laico, quello populista e quello dove le case editrici per pura malvagità si spartiscono un bottino inesistente, ma possono tuttavia continuare a pensare di fare cultura; e il premio puro che impalma i timidi e gli esclusi; e quello femminista e l'altro gay.
Se potessimo far finta che per una volta gli apparati non contino nulla e contino invece le persone, potremmo immaginare che, se ci sono persone con i fiocchi, prima o poi qualcuno le premia. E non importa per quali mai motivi terreni. Bisogna lasciare agli equivoci tutto lo spazio che meritano. Se c'è un Moravia che scrive, ci sarà prima o poi anche il premio per lui. E magari glielo daranno proprio quelli che non lo amano: per far dispetto a qualcun altro, per divertirsi a far finta di amarlo, perché gradiscono stupire sé stessi, perché non se ne poteva fare a meno. Quali che siano le ragioni, talvolta equivoche, l'importante è che i libri premiati siano libri veri. Da qualche tempo girano invece moltissimi libri falsi e qualche falso libro. Nel primo caso si intende un detrimento morale: come quello che costituisce i libri inautentici, libri senza l'autore; e si dice nel senso pieno, cioè libri scritti in cooperativa o copiati, fatti per colpevole vanità; libri democratici, che avrebbe potuto scrivere chiunque: senza un'idea, irresistibilmente attratti dalla forza del cestino, o da quella di grevità. Nel secondo, si parla di cose rettangolari con la copertina troppo colorata, che sono raccolte di articoli di giornale, raccolte di stentorei saggi accademici, interviste, metodi per vincere al lotto, mangiare sano e fare ginnastica dormendo.
Premi gloriosi e ambizioni periferiche
A guardare le liste dei libri segnalati dai maggiori premi letterari italiani fino a un certo momento storico, si ha qualche certezza che l''albo d'oro' dei libri premiati era tale da giustificare l'esistenza di quei premi.
Ci fu un anno fatidico al premio Bagutta, il 1934. Il Bagutta era stato fondato l'11 novembre 1926 a Milano da un gruppo di letterati che facevano parte della redazione di una rivista, La Fiera letteraria, e si radunavano nella trattoria toscana della famiglia Pepori, che appunto portava il nome di Bagutta. Le discussioni erano animate; i premiati, o decorosi o di valore; l'aria era quella di una certa indipendenza rispetto al regime fascista. Nel 1934 salì a Milano Aldo Palazzeschi, portò con sé le Sorelle Materassi: gli avevano assicurato che ce l'avrebbe fatta. Ma le cose si ingarbugliarono subito. Concorreva anche Carlo Emilio Gadda con Il castello di Udine. E fu lui a vincere alla fine. Palazzeschi restò gelato e muto per un pezzo. Anno fatidico e anche glorioso, quel 1934, in cui si scontravano due titani.
Nel 1929 era nato un altro premio letterario destinato a diventare illustre, il Viareggio. Anche qui si trattava di un premio a mezzo avverso al regime e a mezzo tutelato dalla presenza in giuria di figure sicure come Pirandello e Massimo Bontempelli. Prima di dividersi in tre rami, narrativa, poesia e saggistica, il Viareggio ha spesso premiato ex aequo più d'un vincitore. A rileggere oggi quegli accostamenti può capitare di sentire un brivido. 1930: A. Bucci, Il pittore volante, e L. Viani, Ritorno alla patria; 1935: M. Massa, Un uomo solo, e S. Landa, Il muro di casa; 1939: M. Bellonci, Lucrezia Borgia, A. Frateili, Clara fra i lupi, e P. Vergani, Basso profondo; 1946: U. Saba, Il canzoniere, e S. Micheli, Pane duro; 1948: A. Palazzeschi, I fratelli Cuccoli, ed E. Morante, Menzogna e sortilegio; 1950: F. Jovine, Le terre del Sacramento, e C. Bernari, Speranzella; 1956: C. Levi, Le parole sono pietre, e G. Mancini, La sparviera; 1957: S. Penna, Poesie, e A. Mondadori, Quasi una vicenda, e P.P. Pasolini, Le ceneri di Gramsci. A Palazzeschi questa volta andò meglio, soprattutto se si considera con chi si trovò a competere. Il premio incominciava a diventare stretto, e si ampliò. In seguito si sarebbe allargato ancora di più, ammettendo la segnalazione di un'opera prima e quella di personaggi di ambienti anche non appartenenti al mondo della letteratura.
Maria Bellonci, che aveva vinto il Viareggio nel 1939, fondò nel 1947 lo Strega, che oggi si compone di una giuria di circa 400 'amici della domenica'. Lo Strega con la sua giuria così ampia ha sempre suscitato qualche polemica di troppo. Tuttavia ci furono anni in cui la cinquina, costituita dai finalisti votati in giugno in attesa del vincitore proclamato il primo giovedì di luglio al Ninfeo di Villa Giulia, era qualcosa di formidabile, una parte fondamentale della storia della letteratura italiana. Altri premi gloriosi, anche se più recenti, sono il Bancarella, dove votano i librai pontremolesi, avendo riguardo al merito ma anche alle vendite totalizzate; e il Campiello, istituito nel 1962 dagli industriali veneti, e che si avvale di una giuria specializzata che sceglie la consueta rosa di cinque autori selezionati, e che attribuisce il premio Selezione Campiello, e di una giuria di 300 lettori, ogni anno diversi, che assegna il premio finale.
Anche se nulla al mondo potrà mai giustificare il manipolo dei lettori che in tempi remoti, e a loro maniera felici, si erano specializzati nell'accumulo dei soli libri premiati (erano lettori buoni e paciosi, poco inclini alle scelte avventurose, per nulla ostinati, senza pretese di unicità), le cose poi cambiarono, e forse in peggio. In questo deve aver contato il fiorire di sempre nuovi premi, fino a un totale calcolato sui circa duemila all'anno. L'accaparratore ideale avrebbe dovuto cambiare presto di casa, se avesse voluto continuare a collezionare i libri vincitori di premi, anche senza considerare quelli vinti.
Ma c'è stato anche qualcos'altro: le cose sono cambiate. C'è stata l'invasione dei giornalisti che l'han fatta da padroni con i loro titoli accattivanti, casi umani, studi sociali, polemiche e scandali. Poi sono arrivati i vincitori obbligati, come Umberto Eco (Il nome della rosa nel 1981 vince lo Strega; Il pendolo di Foucault nel 1989 vince il Bancarella), e infine i vincitori multipli e sincronici, come Antonio Tabucchi (Sostiene Pereira vince nel 1994 il Campiello e il Viareggio: da allora in poi Tabucchi diventa sdegnoso e rinuncia a qualsiasi nuova partecipazione).
Arriveranno in futuro altre novità a sconvolgere il mercato editoriale? Difficile azzardare quali. Forse romanzi tratti da film famosi, ché i film tratti dai romanzi di successo non sembra abbiano successo. E al contrario i casi che rappresentano un fenomeno sorprendente, come quello di Susanna Tamaro e quello enciclopedico-ciclopico di Andrea Camilleri, passati anche felicemente attraverso il cinema o la televisione, non passano invece attraverso i premi letterari.
Non è colpa dei premi letterari se la società civile è molto cambiata, né è colpa dei premi se non sono riusciti a non farla cambiare. C'è chi ha sostenuto che televisione e Internet hanno menato un colpo micidiale alla letteratura. E c'è chi pensa che il precipitoso fiorire di mille case editrici e di centomila nuovi libri all'anno portino verso un analfabetismo epocale. Sui tavoli delle librerie, quintali di libri: i misteri dei faraoni, i terroristi, la dieta del fantino, i misteri della scienza. Chili di copertine espressionistiche che ingombrano le vetrine e nascondono tutto il resto. L'idea di mettere in esposizione l'Iliade, invece della biografia del capo cannoniere di serie A, non è così facile come potrebbe parere a chi non è nato libraio.
Resistono alcune collane raffinate, anche se qualcuno pensava che per esser raffinati bisogna far da sé e non lo si impara di riporto, che prima di diventare raffinati occorre perdere un po' di tempo per farsi le ossa. Forse proprio per questo motivo, molti dei maggiori premi letterari autocontingentano sistematicamente le raffinatezze.
Fortunatamente, ci sono miriadi di premi letterari minori, pieni di giuste ambizioni, che onorano democraticamente grandi e piccini. Le onorificenze colpiscono prevalentemente i poveri poeti. Chi legga le bandelle editoriali non tarderà a scoprire che chiunque abbia pubblicato la sua brava plaquette con, mettiamo, 25 componimenti, ebbene, ha già vinto almeno tre premi e ne sta per vincere altri cinque. Naturalmente si parla di premi non troppo conosciuti, ma generosamente inclini a promuovere le realtà periferiche: la moglie del notaro, il tenente della locale guarnigione, il farmacista e naturalmente il sindaco.
Uno dei più gloriosi premi letterari per la poesia è il premio Frascati, fondato nel 1959 da Giorgio Caproni, Antonio Seccareccia, Ugo Reale e pochi altri. Premio che inaugurava in tempi non sospetti quello che oggi esso stesso ripropone e che è diventato ormai inevitabile: ossia un clima di conviviale confidenza. Il premio Frascati cerca una difficile mediazione tra la segnalazione di autori consolidati e la ricerca di autori di sicura grandezza, ma non per loro demerito ancora poco conosciuti, se non dagli specialisti. Il fatto è che, come rivelava una lontana pubblicazione di Franco Cordelli e Alfonso Berardinelli, il pubblico della poesia è autoreferenziale: legge poesia chi scrive poesia. Le tirature sono esigue, il mercato quasi del tutto inesistente. Gli autori si finanziano da sé le spese tipografiche, o trovano una banca che faccia da mecenate. Le poche collane ufficiali si accontentano di limitare le perdite, che considerano una sorta di esorcismo, o di giustificazione per la pubblicazione di tutt'altre cose, spesso lucrose, ma non per questo dignitose.
Le innovazioni tecnologiche, che permettono di fare i libri in fretta e con minori costi, tuttavia non hanno potuto vantare il merito d'aver solo migliorato le cose; purtroppo il cervello elettronico ha consentito la soppressione del cervello di ogni casa editrice, quello che si chiamava il proto: una specie di uomo sapientissimo, che tentava di trovare compensazione alle sue frustrazioni micidiali di uomo inutilmente sapiente correggendo e nettando ogni cosa: dalla revisione di ciascuna fase del processo editoriale, dalla riscrittura di qualche garbuglio, alla redazione di apparati, correzione di bozze, equilibrio estetico della pagina, e mille altre stregonerie. La morte del proto ha prodotto guai senza nome. E senza che poi i prezzi siano scesi. Anzi, c'è chi ha osservato che i libri costosissimi vanno di più, sono più sicuri, di quelli tascabili. Almeno, questo è quanto si diceva fino a qualche anno fa, prima del ritorno all'edonismo. Prima della pestilenza.
Ma torniamo agli scrittori. Anna Maria Ortese nel 1953 arriva seconda al Viareggio - primo è Gadda con le Novelle del ducato in fiamme - e ne fa testimonianza in una pagina poi raccolta in Poveri e semplici. La Ortese, qui sotto il nome di Bettina, racconta l'euforia sua e dei suoi amici: "Soniuccia corre via, saltando, per fare il caffè e, sulla soglia di cucina, s'imbatte in Dora che esce con la teiera: 'Ha vinto! Bettina ha vinto!' grida esaltata. 'Un milione!'. E piange, e piange. La teiera cade, Dora e Sonia si stringono in un lungo abbraccio. […] e sentivo un singhiozzo salirmi dentro, e poi una debole risata, e guardavo intorno, nulla più riconoscendo della nostra vita abituale, ma ogni cosa ringraziando e abbracciando senza fiato". Poi, subito dopo, anche la Ortese-Bettina si smaga come Montale, come Pavese e Pirandello: "Da quel momento, le ore si misero a volare. Quelle del dolore erano durate tanto, così da sembrare anni, ma quelle della gioia avevano fretta assai. Ci fu una vera mobilitazione, in casa, perché io potessi presentarmi alla festa del Premio (ch'era in una città di mare) vestita un po' elegantemente". E poi arriva la sera della premiazione: "Alla fine, viene fatto il mio nome. La testa mi gira… lascio sulla sedia lo scialle di seta della signora Dora, e così, testa bassa - vera contadina - mi avvio verso la pedana. Uno scroscio di applausi, piuttosto breve, convenzionale, il mio nome bisbigliato qua e là, un signore con gli occhi chiarissimi e come furiosi che mi osserva dal centro della pedana, in piedi dietro il tavolo - è il Presidente del Premio - e, alla fine, sono là, rigida, impacciata, e la busta mi viene consegnata… Mi cade per terra, e qualcuno, ridendo, con cerimoniosa pietà, la raccoglie, me la riconsegna. Io non so dove guardare. I lampi dei fotografi, espressioni di consenso, di stima… così mi pare di capire. È questa la celebrità?".
Il Presidente con gli occhi chiarissimi è Leonida Rèpaci; lei veste un abito a rigoline verticali, sulle spalle lo scialle di seta preso a prestito. Una foto la mostra seduta sotto quella montagna d'imponenza e riserbo che era Gadda. È ancora giovane e bellissima. Proprio con questo libro, Poveri e semplici, che racconta di un premio vinto, la Ortese nel 1967 vincerà lo Strega: un premio nel premio, un altro milione e un'altra busta con dentro l'assegno, non ghermita con determinazione. Addirittura dimenticata. Poi ritrovata più tardi tra le carte che ingombravano i tavoli sulla piattaforma del Ninfeo e riconsegnata a lei, come nel suo racconto. Ma adesso è sfiorita, sfugge la folla, pensa ad altro. La Ortese era stata imposta agli 'amici della domenica' con una campagna martellante da Maria Bellonci e da Alfonso Gatto, suoi facinorosi protettori; mentre l'avevano presentata (entrano in gara gli autori che due 'amici della domenica' presentano ufficialmente) Alberto Moravia e Giovanni Macchia. Queste illustri credenziali non bastarono; la serata dell'assegnazione fu al fulmicotone: Anna Maria superò Il gabbiano azzurro di Raffaello Brignetti per un solo voto. Quasi si pentiva d'aver vinto lei, e non le bastò che pochi giorni dopo Brignetti si affermasse con quel libro al Viareggio. Nel 1971 votò allo Strega La spiaggia d'oro proprio di Brignetti, che vinse, finalmente. Ne fu contenta come di una riparazione.
Contro la diffidenza che circonda le conventicole dei premi letterari, stanno affermandosi i premi che si avvalgono di giurati presi nelle scuole, come il Grinzane Cavour. O come il già citato Frascati, che porta i libri e gli autori nelle scuole secondarie e nella Facoltà di Lettere dell'Università di Roma Tor Vergata, il cui Laboratorio di scrittura e lettura è uno degli 'amici della domenica' dello Strega. Il malanno più grave dei premi letterari sembra essere quello della loro strumentalizzazione, sia pure per i fini più nobili. Come dire, premiamo la bella scrittrice: il primo piano dei suoi occhi farà bene alla vista; oppure, premiamo il rappresentante di una minoranza etnica sotto sequestro: sarà un modo di contribuire all'affermarsi della giustizia nel mondo.
Con il che si ridice subito di una tendenza non ignota al premio Nobel, il premio dei premi, dal quale bisognava iniziare e con il quale si deve concludere. Domenico Porzio, che ha accompagnato Montale a Stoccolma, racconta che, una volta in albergo, dopo la faticosa cerimonia, finalmente poeta laureato, spogliatosi della tracolla e dello sparato del frac di Caraceni, Montale canticchiava: "Un dottor della mia sorte - un dottor della mia sorte - non si lascia infinocchiar". Alzò un dito e annuendo, gli occhi celesti socchiusi, come era suo vezzo, aggiunse: "Barbiere, atto secondo".
repertorio
I maggiori premi letterari in Italia
Premio Bagutta
Il più antico premio italiano fu istituito in una trattoria di Milano, semplice e di sapore paesano, di proprietà della famiglia Pepori, la sera dell'11 novembre 1926. Fu ideato dallo scrittore R. Bacchelli, insieme ai giornalisti P. Monelli e O. Vergani e ad altri otto intellettuali, tutti clienti abituali del locale dove avevano costituito una specie di cenacolo, facendosi appoggiare simbolicamente dalla rivista La Fiera letteraria di cui erano collaboratori. Lo stesso Vergani, rievocando la fondazione del premio, scrisse in un articolo (ripubblicato su Corriere d'informazione, 15 gennaio 1977): "Tirammo fuori cento lire a testa. Il Bagutta nacque su un piatto di grossa porcellana […]. In quel piatto furono depositate mille e cento lire che costituirono il fondo iniziale, il primo peculio. Da allora i bugattiani provvidero personalmente alla raccolta dei fondi": vendendo libri rari, autografi, quadri e disegni, tra cui una tempera di A. Modigliani per 750 lire, e l''immagine accattivante' del trasvolatore atlantico A. Ferrarin. Monelli annotò per l'occasione: "Tra bicchieri pieni, mezzi vuoti, su un pezzo di carta da droghiere fu scritto il regolamento del primo premio letterario d'Italia. Dei giudici uno solo era astemio" (Civiltà del bere, novembre 1974). Sempre quella sera il pittore M. Vellani Marchi, uno dei fondatori, dipinse sul retro di una gialla lista del locale le caricature dei giudici, immortalandoli proprio mentre istituivano il premio. Da allora la trattoria divenne il luogo di ritrovo di scrittori, pittori e giornalisti. "Bagutta era una casa modesta dove venivano brumisti e muratori. Ma un giorno entrò Bacchelli e cambiò tutto" raccontò in un'intervista un erede Pepori (Gazzetta Ticinese, 11 novembre 1979). Nelle edizioni annuali, Bagutta vide riuniti intorno ai suoi tavoli i maggiori esponenti delle lettere, delle arti e del giornalismo, non solo milanese, divenendo sinonimo di arte, cultura e letteratura. "Abbiamo gridato, concionato nella vecchia trattoria solo per poter, ogni anno, consacrare con un piccolo premio una nuova stima. Questo ha permesso la lunga concordia di chi, per es., premiava un anno il 'rondista' Cardarelli, per Il sole a picco nel 1929, e poco dopo, il giornalista Silvio Negro per Vaticano minore. I grandi vinti di Bagutta, che si permise di 'bocciare' scrittori come Palazzeschi, Moretti e Stuparich sapevano che i voti contrari nascevano dallo spirito di una libera discussione". La prima assegnazione del premio avvenne il 14 gennaio 1927 e il vincitore fu G.B. Angioletti con Il giorno del giudizio. La serie (dieci premiati compreso C.E. Gadda per Il castello di Udine) fu interrotta dalla guerra - dal 1937 al 1946 - e poi riprese con regolarità attorno ai tavoli consueti, sempre in pieno inverno (dicembre), a differenza delle altre premiazioni che avvengono generalmente in estate. I libri concorrenti possono essere, come all'origine, di genere diverso, con la clausola per gli autori di non aver ricevuto già una volta il Bagutta e di non essere stati premiati da altre giurie nell'anno in corso. Da V. Brancati (Il bell'Antonio, 1950) a I. Montanelli (Pantheon minore, 1951), da L. Borgese (Primo amore e altre storie d'amore, 1953) ad A. Gatto (La forza degli occhi, 1955), G. Vigolo (Le notti romane, 1961), A. Banti (Je vous écris d'un pays lointain, 1972), S. Penna (Stranezze, 1977), G. Macchia (L'angelo della notte, 1980), N. Ginzburg (La famiglia Manzoni, 1984), C. Magris (Danubio, 1987), L. Meneghello (Bau-Sete, 1989), G. Bocca (Il provinciale, 1992), tutti i maggiori scrittori italiani si sono aggiudicati il Bagutta. Vincitori negli ultimi anni sono stati S. Vitale (La casa di ghiaccio. Venti piccole storie russe) nel 2000; R. Calasso (La letteratura e gli dei) e G. Orelli (Il collo dell'anitra) nel 2001; M. Mari (Tutto il ferro della Torre Eiffel) per la narrativa, E. Sanguineti (Il gatto lupesco) per la poesia, E. Cantarella (Itaca) per la saggistica nel 2002.
Premio Bancarella
Promosso dall'Unione librai pontremolesi, viene assegnato all'opera che, a giudizio dei librai stessi, abbia raggiunto un notevole successo di vendita unito al merito. È nato nel 1952 in occasione del primo convegno dei librai di Pontremoli, nell'Alta Lunigiana toscana, e si è rivelato da subito un'iniziativa destinata ad avere ampia risonanza, tanto da ritagliarsi una collocazione fissa nel calendario delle manifestazioni letterarie programmate in Italia. Il Bancarella ha voluto anche essere una sorta di rivendicazione del ruolo culturale della provincia. Protagonisti della manifestazione sono i librai e i bancarellai, prima ancora di scrittori, critici e personalità del mondo dell'editoria. Il premio è uno dei principali indicatori della 'borsa del libro', essendo attribuito direttamente dai venditori e non da giurie di specialisti; ha importanza la 'merce libro', sostenuta da un mercato che si fonda sul rapporto di fiducia tra librai e lettori. Al centro è la figura del libraio come venditore-giudice e soprattutto come colui che ha esperienza quotidiana delle preferenze dei clienti, ne scopre e orienta i gusti, segnala i prodotti meritevoli. Secondo un'altra prospettiva non esente da polemica, la formula stessa del premio è inevitabilmente esposta al condizionamento degli editori, che possono trarre vantaggio dai rapporti privilegiati con le librerie e dal potere della propria rete distributrice: Bancarella sarebbe un premio, più che dei librai, dei direttori commerciali. Ma, afferma R. Tanturri, inventore del premio Scanno, riferendosi in modo generico a tali eventi: "Il voto di un giurato è sempre un compromesso tra il gusto e l'interesse; e il mito del premio come valore assoluto è appunto un mito". Nell''albo d'oro' dei vincitori Bancarella si trovano nomi prestigiosi, a cominciare da E. Hemingway (Il vecchio e il mare,1953), B. Pasternak (Il dottor Zivago, 1958) e I.B. Singer (La famiglia Moskat, 1968), insigniti poi del Nobel, per passare a C. Cassola (L'antagonista, 1976), S. Saviane (Eutanasia di un amore), U. Eco (Il pendolo di Foucault, 1989), J. Gaarder (Il mondo di Sofia, 1995, premiato a sorpresa, quando tutti si attendevano il vendutissimo Va' dove ti porta il cuore di S. Tamaro), fino ad arrivare a M. Connelly (Il ragno, 2000), A. Camilleri (La gita a Tindari, 2001), F. Audisio di Somma (L'uomo che curava con i fiori, 2002), A. Appiano (Amiche di salvataggio, 2003).
Premio Campiello
È stato istituito nel 1962 dalle Associazioni industriali del Veneto, riunite in Fondazione Campiello, e assegnato per la prima volta l'anno seguente nel Teatro Verde dell'isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. Risultò allora vincitore il romanzo La tregua di P. Levi. L'intervento imprenditoriale nel campo della letteratura era una novità e nasceva dall'esigenza di stabilire un rapporto non episodico tra economia e cultura, contribuendo alla crescita anche qualitativa del mondo letterario italiano e alla diffusione tra il pubblico della pratica della lettura. Innovativa, e coerente con le premesse, anche la formula, in seguito ampiamente imitata, di una giuria popolare composta di 300 lettori, libera da condizionamenti ideologici e corporativi, cui è demandata la scelta del vincitore: lettori appartenenti a fasce sociali, culturali e professionali diverse, provenienti da ogni parte d'Italia, e rappresentativi di un campione di 'chi legge' nel nostro paese. A una giuria di specialisti, letterati e critici è affidato invece il compito di segnalare individualmente i libri editi nell'arco di un anno e di procedere, in seduta pubblica, alla scelta, tra quelli indicati, dei cinque romanzi finalisti, cui è assegnato il premio Selezione Campiello. In un secondo momento i 300 lettori designano tra questi il vincitore assoluto. Hanno ricevuto l'ambito riconoscimento, tra gli altri, G. Berto (Il male oscuro, 1964), G. Bassani (L'airone, 1969), M. Soldati (L'attore, 1970), G. Manzini (Ritratto in piedi, 1971), G. Arpino (Il fratello italiano, 1980), G. Bufalino (Diceria dell'untore, 1981), D. Maraini (La lunga vita di Marianna Ucrìa, 1990), A. Tabucchi (Sostiene Pereira, 1994). Vincitori degli ultimi premi, assegnati nella cornice di Palazzo Ducale a Venezia, sono stati S. Veronesi (La forza del passato, 2000), G. Pontiggia (Nati due volte, 2001), F. Scaglia (Il custode dell'acqua, 2002), M. Santagata (Il maestro dei santi pallidi, 2003).
Premio Grinzane Cavour
È il più recente dei premi maggiori, nato nel 1982 per iniziativa di G. Soria, e sostenuto da enti pubblici e privati piemontesi, con la collaborazione di vari ministeri (Istruzione, Affari esteri, Beni culturali). La manifestazione si svolge nello storico castello di Grinzane, dove il conte di Cavour esercitò da giovane la funzione di sindaco. L'obiettivo del premio è avvicinare i giovani alla lettura, abituandoli al gusto per la letteratura contemporanea e alla conoscenza di testi non esclusivamente finalizzati ai programmi di studio: il libro quindi come piacere e non come dovere; e la promozione non tanto della vendita quanto della lettura, veicolata anche mediante laboratori e convegni. Il premio non si esaurisce nel momento ufficiale della manifestazione conclusiva (giugno), mantenendo la funzione di servizio culturale permanente. All'origine del progetto la considerazione che l'innovazione tecnologica, la produttività, i ritmi della modernità confinano il libro in spazi angusti, non conciliandosi con i tempi lenti e la fruizione solitaria della lettura, e finiscono con l'impoverire l'immaginazione e la creatività delle neo-generazioni. Il premio prevedeva inizialmente tre sezioni: narrativa italiana, narrativa straniera, traduzione. Si sono aggiunti nel 1990 la sezione dedicata agli esordienti, nel 1991 quella internazionale con riconoscimento a 'una vita per la letteratura', nel 1995 quella per la saggistica di elevata qualità letteraria, e nel 2001 il premio Civiltà dell'Editoria, dedicato alla memoria dell'editore piemontese G. Bollati. Vi è un doppio sistema di giurie, composta l'una di critici, l'altra di studenti che giudicano autonomamente le opere in concorso. In collaborazione con la città di Alba il Grinzane-Cavour assegna inoltre il premio Alba Pompeia, riservato a persone, enti o istituzioni che con la propria attività hanno valorizzato i territori culturali.
Nel campo della narrativa italiana e straniera, fra i nomi dei premiati si possono menzionare P. Levi (Lilit, 1982), G. Vigolo (La Virgilia, 1983), J. Amado (I guardiani della notte, 1983), A. Tabucchi (Donna di Porto Pim, 1984), S. Vassalli (La notte della cometa, 1985), N. Gordimer (Luglio, 1985), J. Saramago (L'anno della morte di Ricardo Reis, 1987), V. Consolo (Retablo, 1988), L. Romano (Nei mari estremi, 1988), A.B. Yehoshua (Cinque stagioni, 1994), D. del Giudice (Mania, 1998). Nel 2000 i riconoscimenti sono andati a F. Tuena (Tutti i sognatori), L. Donelli (La nuova era), L. Pariani (La signora dei porci), M Cunningham (Le ore), T. Ben Jelloun (L'albergo dei poveri), U. Hegi (Come pietre nel fiume); nel 2001 a G. Bonura (Le notti del Cardinale), M. Cancogni (Il Mister), D. Marani (Nuova grammatica finlandese), C. Potok (Il principio), A. Maalouf (Il periplo di Baldassarre), A. Skarmeta (Le nozze del poeta); nel 2002 ad A. Colasanti (Gatti e scimmie), M. Mazzantini (Non ti muovere), R. Petri (La donna delle Azzorre), A.B. Echenique (La tonsillite di Tarzan), C. Hein (Willenbrock), O. Pamuk (Il mio nome è rosso); nel 2003 a B. Biancheri (Il ritorno a Stomersee), J. Cercas (Soldati di Salamina), E. Loewenthal (Lo strappo nell'anima). Nel 2003 il premio 'Una vita per la letteratura' è stato assegnato allo scrittore sudafricano J.M. Coetzee, che pochi mesi dopo ha ricevuto il Nobel. Il premio per l'editoria è stato attribuito all'editore francese A. Gallimard.
Premio Strega
Il premio Strega, cronologicamente il terzo di quelli storici, è nato nella casa romana di Maria e Goffredo Bellonci. La scrittrice dedica le pagine iniziali di un racconto (confluito poi nel suo libro Il premio Strega) alla formazione del gruppo degli 'amici della domenica' entro il quale si definì nel 1947 l'idea del premio. Vi collaborarono intellettuali di spicco, frequentatori assidui di casa Bellonci, con l'apporto finanziario dell'industriale mecenate G. Alberti, titolare della ditta che produce il liquore 'Strega'. "Cominciarono, nell'inverno e nella primavera del 1944, a radunarsi amici, giornalisti, scrittori, artisti, letterati, gente di ogni partito unita nella partecipazione di un tempo doloroso nel presente e incerto nel futuro. Poi, in giugno, finito l'incubo, gli amici continuarono a venire […] tedeschi e fascisti se n'erano andati da Roma e l'11 di quel mese avevamo cominciato a ritrovarci senza più nasconderci e dandoci appuntamento da una domenica all'altra, ci contavamo e contavamo i lontani, seguendo le loro vicende mano a mano che l'Italia ridiventava una e si annullava la spezzatura della linea gotica. Presto sarebbe venuto il dopoguerra. Ma già con la sicurezza della vita qualche cosa cambiava. […] Il primo documento di quei tempi è un librettino dalla copertina color marrone dorato, dove, nelle pagine un po' impallidite, sono scritti i nomi di coloro che vennero alle nostre prime riunioni". Nomi di personaggi di primo piano come C.E. Gadda, R. Longhi, A. Banti, C. Alvaro, M. Maccari, A. Moravia, E. Flaiano, A. Palazzeschi, E. Morante, G. Bassani, M. Praz, V. Pratolini, V. Brancati, G. Debenedetti, M. Pannunzio e tanti altri, protagonisti di molta parte della letteratura italiana.
Per la straordinaria composizione del gruppo lo Strega, sin dalla sua fondazione, è stato insieme un indice del clima culturale del paese e un evento capace di orientare i gusti dell'ambiente intellettuale. Il premio unico è assegnato a un libro di narrativa in prosa di autore italiano; votanti sono gli 'amici della domenica', una giuria di 400 persone inserite a diverso titolo nella cultura italiana. I libri in gara, ciascuno presentato da due 'amici', vengono selezionati in due successive votazioni, la prima in giugno, la seconda in luglio nel Ninfeo di Villa Giulia.
Dall''alleanza culturale degli spiriti', come Bellonci definiva il gruppo dei suoi amici, è nata nel 1986 la Fondazione omonima con l'intento di diffondere la letteratura italiana contemporanea all'estero, di promuovere la lettura e di mantenere vivo il premio nel suo spirito di 'agone leale'.
Nel 1947, quando fu istituito il premio, risultò vincitore E. Flaiano con l'opera Tempo di uccidere. Tra gli autori delle edizioni successive si possono citare C. Pavese (La bella estate, 1950), A. Moravia (I racconti, 1952), G. Bassani (Cinque storie ferraresi, 1956), E. Morante (L'isola di Arturo, 1957), D. Buzzati (Sessanta racconti, 1958), G. Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo, 1959), N. Ginzburg (Lessico famigliare, 1963), A.M. Ortese (Poveri e semplici, 1967), L. Romano (Le parole tra noi leggere, 1969), G. Piovene (Le stelle fredde, 1970), T. Landolfi (A caso, 1975), U. Eco (Il nome della rosa, 1981), M. Bellonci (Rinascimento privato, 1986), G. Bufalino (Le menzogne della notte, 1988), G. Pontiggia (La grande sera, 1989), S. Vassalli (La chimera, 1990), C. Magris (Microcosmi, 1997). Negli anni più recenti hanno ottenuto il premio E. Ferrero (N, 2000), D. Starnone (Via Gemito, 2001), M. Mazzantini (Non ti muovere, 2002), M.G. Mazzucco (Vita, 2003).
Premio Viareggio
È un premio antico, ideato nel 1929 da L. Rèpaci, autore di saggi, romanzi, testi teatrali e poesie, insieme a C. Salsa e A. Colantuoni. Un premio nato realmente 'sotto l'ombrellone' di una spiaggia della Versilia, e pensato come una manifestazione letteraria che dovesse svolgersi 'all'aria aperta' fuori dai 'chiusi spazi' del cenacolo. Viareggio negli anni Venti era una delle località balneari più frequentate dalla ricca borghesia. Vi sostavano L. Pirandello, C. Carrà, A. Soffici, C. Malaparte, U. Ojetti, A. Moravia, M. Soldati. Il premio fu assegnato per la prima volta nel 1930 (nel 1929, quando nacque, mancarono i fondi) ad A. Bucci (Il pittore volante), vincitore ex aequo con L. Viani (Ritorno alla patria). Il successo attirò prima l'interesse poi i finanziamenti del regime. Nel 1934 G. Ciano, allora capo ufficio stampa di Mussolini, diventò supervisore del premio.
Fino al 1975 il Viareggio è stato economicamente autosufficiente, poi si è affidato al Comune, mentre la presidenza alla morte di Rèpaci (1985) è passata a N. Sapegno e successivamente a R. Villari. Nella sua lunga storia - narra C. Tani in Premiopoli (Mondadori, Milano 1987) - dovette affrontare momenti di tensione e difficoltà sia per la mancanza di finanziamenti e la precarietà del montepremi, risolte a volte con la vendita di opere di pittura e scultura d'arte contemporanea di cui potevano disporre tramite il CIDAC (Centro italiano diffusione arte e cultura), sia per le accese dispute dei giurati. A. Altomonte, vincitore del premio nel 1978 con il romanzo Dopo il Presidente, così ricorda l'atmosfera del tempo, quando l'industria culturale era agli esordi: "C'erano i grandi gesti, le grandi litigate, quelle cose che facevano la piccola epica di un premio. […] l'Italia di ora è un teatro a cui sono state portate via delle quinte. A buttar giù la mitologia dei premi letterari è stata proprio la proliferazione degli stessi premi". La litigiosità tutta toscana era quella stessa che aveva animato il primo 'certame letterario della storia', nella Firenze del secondo Quattrocento, quando il premio per un concorso di poesia in volgare destò polemiche così violente tra pubblico e giuria da impedirne l'assegnazione. Inizialmente il Viareggio fu unico, e generalmente attribuito alla narrativa, con sporadiche aperture alla poesia e alla saggistica. Nel 1933 andò ad A. Campanile (Cantilena all'angolo della strada), nel 1936 a R. Bacchelli (Il rabdomante); dopo la sospensione dal 1940 al 1945 - per la guerra e per non subire l'ingerenza del Minculpop fascista - a U. Saba (Il canzoniere, 1946) ex aequo con S. Micheli (Pane duro), ad A. Gramsci (Lettere dal carcere, 1947), a Palazzeschi (I fratelli Cuccoli, 1948) ex aequo con E. Morante (Menzogna e sortilegio). Si ritrovano, nell'arco degli anni, i grandi nomi della letteratura: C.E. Gadda (Novelle del ducato in fiamme, 1953), V. Pratolini (Metello, 1955), G. Manzini (La sparviera, 1956), P.P. Pasolini (Le ceneri di Gramsci, 1957) ex aequo con S. Penna (Poesie), A. Moravia (La noia, 1961), G. Bassani (Il giardino dei Finzi Contini, 1962). Successivamente il premio si è articolato in tre sezioni, di poesia, narrativa e saggistica, più una quarta dedicata a una personalità di livello internazionale. Si possono menzionare i nomi di G. Parise, F. Tomizza, P. Volponi, E. Siciliano, M. Cancogni, L. Malerba, A. Tabucchi, A. Baricco per la narrativa; di A. Gatto, D. Bellezza, M. Luzi, M.L. Spaziani, E. Pagliarani, A. Zanzotto, per la poesia; di C.L. Ragghianti, A.M. Ripellino, S. Mazzarino, P. Citati, M. Praz, L. Lombardi Satriani per la saggistica. Recentemente, si sono aggiudicati il Viareggio, nel 2000, S. Veronesi (La forza del passato) e G. van Straten (Il mio nome a memoria) ex aequo per la narrativa, T. Rossi (Gente di corsa) per la poesia, M. Franzinelli (I tentacoli dell'Ovra) per la saggistica; nel 2001, nelle varie sezioni, rispettivamente, N. Ammanniti (Io non ho paura), M. Ranchetti (Verbale), G. Pestelli (Canti del destino); nel 2002 J. Fleur (Proleterka), I. Insana (Stortura) con L. Ripa di Meana (Kouros), A. Berardinelli (La forma del saggio); nel 2003 G. Montesano (Di questa vita menzognera), R. Amato (Le cucine celesti), S. Settis (Italia S.p.A.).
Premio Frascati
È uno dei pochi premi dedicati esclusivamente alla poesia. Per quanto sia presente come sezione in tante manifestazioni letterarie, la produzione in versi ha in Italia un esiguo numero di lettori: "Il pubblico dei libri di poesia è limitato - nota E. Sanguineti - e un premio letterario non migliora la situazione. Solo quando un poeta diventa un classico, e ciò avviene di solito dopo la sua morte, è possibile che si abbiano anche vendite straordinarie". Il premio nazionale e internazionale Frascati, nato nel 1959 da un'idea di un gruppo di poeti, tra cui G. Caproni, A. Bevilacqua, A. Seccareccia, U. Reale, è attribuito a una raccolta di poesie edita nel biennio precedente. All'origine, la peculiarità della manifestazione era che al vincitore, autore di una poesia dedicata al vino, veniva assegnata una botte di pregiato Frascati. Tra i primi vincitori, A. Bevilacqua (Omaggio in versi al vino italiano, 1959), A. Gatto (L'anima della sera, 1962), M. Dell'Arco (Bacco a Frascati, 1966), R. Alberti (Notturno romano per don Ramon, 1970). Dal 1974 si è voluto ampliare il campo a tutta la produzione letteraria contemporanea, sostituendo (e dal 1996 affiancando) il premio in natura con una somma di denaro, e ammettendo alla partecipazione solo raccolte e non poesie isolate. Distinta in due sezioni, una italiana intitolata ad Antonio Seccareccia, l'altra straniera a Italo Alighiero Chiusano (per opere non ancora tradotte), prevede anche un premio speciale alla carriera. Tra i vari autori, hanno ottenuto il riconoscimento G. Vigolo (Poesie, 1976), M. Socrate (Il punto di vista, 1985), C. Muscetta (Versi e versioni, 1986), A. Bertolucci (La camera da letto n. 2, 1988), G. Barberi Squarotti (In un altro regno, 1992), A. Zanzotto (Poesie, 1938-1986, 1994), R. Pazzi (La gravità dei corpi, 1998), R. Di Biasio (Altre contingenze, 2000), C. Damiani (Eroi, 2001), S. Albisani (Terra e cenere, 2002).
Premio Riccione
Il premio, organizzato dall'Associazione Riccione Teatro, ente non-profit costituito dal Comune e da ATER (Associazione teatri Emilia-Romagna), con il supporto economico dell'Assessorato alla cultura della Regione e del Ministero per i Beni culturali, viene assegnato a un testo teatrale di autore italiano, mai rappresentato, come 'contributo allo sviluppo della drammaturgia contemporanea'. È nato nel 1947 per iniziativa di G. Quondamatteo, allora sindaco della città, e di P. Bignami, scenografo teatrale bolognese. Per la sezione letteraria quell'anno fu premiato I. Calvino (Il sentiero dei nidi di ragno). Nell'edizione successiva la sezione scrittori venne eliminata e il premio si caratterizzò definitivamente come concorso rivolto agli autori di teatro. Dalla metà degli anni Settanta si passò alla formula della produzione di una messinscena basata su un'elaborazione drammaturgica originale: nel 1976 si affermarono L'Amleto non si può fare di V. Franceschi e Ligabue Antonio di A. Dallagiacoma. Nel 1985 il premio diventò biennale: è di quell'anno la scoperta e premiazione di E. Moscato con Pièce noire messa in scena più tardi da Cherif. Riconoscimenti sono stati attribuiti, fra gli altri, a G. Manfridi, U. Chiti, U. Marino, G. Turano, fino al caso A. Tarantino, vincitore nel 1993 con Stabat Mater e nel 1997 con Materiali per una tragedia tedesca. Nel 1999 sono riusciti ex aequo M. Celeste con Opera buffa! e N. Romeo con Disgusto per stile, nel 2001 R. Cavosi con Bellissima Maria, nel 2003 A. Malpeli con Io ti guardo negli occhi. Filiazioni del concorso principale sono il premio 'Vittorio Tondelli' (istituito nel 1994), quello intitolato ad 'Aldo Trionfo' (conferito ad artisti, gruppi, studiosi che si siano particolarmente distinti nel coniugare innovazione e tradizione, per es. E. Capriolo, D. Dal Cin, P. Degli Esposti, Teatro del Carretto), e il premio speciale della Giuria.
Premio H.C. Andersen-Baia delle favole
Nato nella cittadina ligure di Sestri Levante nel 1967 per iniziativa di D. Bixio e gestito dal Comune, è un premio letterario dedicato alle storie inedite di genere fiabesco elaborate sia da scrittori affermati, sia da ragazzi o adulti alla loro prima esperienza editoriale. Accanto al concorso si sono sviluppate manifestazioni culturali connesse al mondo dell'infanzia, con incontri che hanno per tema l'educazione, la produzione editoriale, multimediale, musicale e radiofonica. Di particolare interesse il convegno nazionale intitolato 'Un mare di storie' che considera gli aspetti interculturali del bacino mediterraneo, ponendo a confronto tradizioni, leggende e personaggi fiabeschi, e stabilendo analogie tra le illustrazioni che caratterizzano il genere nelle diverse realtà nazionali. Il motivo che lega la cittadina ligure allo scrittore danese risale al 1833, quando Andersen vi soggiornò e ribattezzò un'insenatura di Sestri 'Baia delle favole'. L'autore descrive la magia di quel luogo nelle sue impressioni di viaggio, trasfigurandone spesso in chiave fantastica la geografia e il paesaggio. "La locanda era vicinissima al mare e una forte risacca la lambiva; […] sui monti si alternavano i colori più vivi. Gli alberi stessi erano gigantesche canestre di frutta, colme di grappoli ricchissimi portati dalle viti". La fondazione del premio fu dettata dall'intenzione di favorire la rinascita di un genere letterario all'epoca un po' desueto e di un settore la cui lontananza dalle cronache ufficiali della cultura è tuttora proporzionale alla sua popolarità, rappresentando circa il 30% della produzione nazionale. La giuria, composta dalla redazione della rivista Andersen e dallo staff della Libreria dei ragazzi di Milano, ha rinnovato nel 2000 la sua formula assegnando un super premio Andersen al miglior libro in assoluto dell'anno, accanto all'attribuzione di premi di categoria (migliori libri di autori distinti per fasce d'età, migliore illustratore, traduttore, divulgatore ecc.). Dal 1996 il premio, originariamente limitato alla sola composizione in lingua italiana, è stato esteso a opere in altre lingue europee. Nel suo 'albo d'oro' si trovano i nomi di I. Calvino, P. De Filippo, G. Arpino, L. Altan, R. Piumini, B. Pitzorno, T. Buongiorno, G. Orecchia, le ultime tre vincitrici nel 1986, rispettivamente con i libri L'incredibile storia di Lavinia, Il ragazzo che fu Carlo Magno e Ti faccio bau. Si sono aggiudicati il super premio P. Corentin (Papà!) nel 2000, L. Lionni (Piccolo blu e piccolo giallo) nel 2001, M. Leonardini (E se fosse vero??) nel 2002, J.-L. Bouillé (Ris de veau et confit d'oie) nel 2003. Le ultime edizioni hanno ottenuto il riconoscimento del presidente della Repubblica e il sostegno di ministeri e altre istituzioni, suscitando anche un vasto interesse di pubblico, perché "la fiaba non è finita", come soleva scrivere Andersen in calce ai suoi scritti.
Altri premi italiani
Accanto ai premi storici o di maggior risonanza, si sono andati moltiplicando in Italia premi di qualità, alcuni di livello nazionale e internazionale, i più di tipo locale, circoscritti in ambito municipale, con una diffusione così capillare e variegata da provocare, a giudizio di molti, una crisi di inflazione dovuta alle strategie consumistiche dell'industria editoriale. Si può iniziare l'elencazione di alcuni di questi riconoscimenti 'minori' con il premio interdisciplinare Ennio Flaiano, fondato nel 1973 e assegnato a Pescara, che prevede sezioni di poesia, narrativa, teatro, cinema, televisione. Il premio Scanno, ideato nel 1973 da R. Tanturri, caratterizzato all'origine da molteplici sezioni, poi limitate con la cancellazione di cinema e teatro, ha assunto dal 1985 il sottotitolo 'cultura e lavoro' a indicare un'accentuazione dell'interesse verso i temi dello sviluppo industriale e tecnologico, accanto alle sezioni tradizionali di narrativa e giornalismo. Il Mondello, nato nel 1975 con sede nell'omonima località, è patrocinato dal Comune e dalla Fondazione A. Biondo; orientato, nelle prime edizioni, a privilegiare in modo un po' empirico quanti nel mondo dello spettacolo e del giornalismo avevano testimoniato delle diverse realtà siciliane, ha assunto poi una configurazione più stabile, articolandosi in precise sezioni. Un premio internazionale senza concorso è conferito a un autore straniero per un'opera di narrativa, di poesia o per il complesso della sua attività, un altro a uno scrittore italiano, un terzo a un'opera prima. Una sezione è dedicata al teatro con riconoscimenti a compagnie italiane di prosa e ad autori di saggistica. Tra gli scrittori si citano i nomi di F. Dürrenmatt, P. Olov Enquist, M. Lodoli, A. Mainardi, A. Camilleri. Il premio Giovanni Comisso è stato istituito a Treviso nel 1979, a dieci anni dalla scomparsa dello scrittore trevigiano, per iniziativa di un gruppo di amici, fondatori di un'associazione in suo nome. Prevede due sezioni, narrativa italiana edita e biografia letteraria, quest'ultima aperta anche a opere di autori stranieri, con la clausola che siano state tradotte e pubblicate in Italia. Nell'ambito del concorso viene attribuito anche un premio speciale 'Comisso ragazzi' riservato a studenti italiani e stranieri. Caratterizza la manifestazione un'atmosfera di ospitalità, estranea ai toni ufficiali. Lo scrittore C. Magris, giurato nella edizione del 1985, affermava in quell'occasione: "Ogni premio è un fugace assaggio di gloria, ma l'ombra di Comisso non è quella gettata dall'alto muro di una marmorea accademia". Hanno beneficiato del premio, tra gli altri, A. Tabucchi e D. Del Giudice. Il premio Fregene, fondato dal giornalista G. Pallotta nel 1979, ha conquistato un suo spazio nell'universo dei premi. Di carattere interdisciplinare, assegna annualmente un premio a personalità che hanno contribuito con il loro impegno letterario, artistico, scientifico e professionale alla crescita della società. Per la narrativa si citano, tra i tanti, i nomi di G. Bassani, A. Bevilacqua, D. Maraini, P. Volponi, A. Moravia, F. Sanvitale. Un premio internazionale per la letteratura consente un riconoscimento a personalità straniere, come nel caso di T. Williams, E. Evtusenko, J. Thurman. Il premio Cesare Pavese (con sede nella casa natale dello scrittore in Santo Stefano Belbo, Cuneo), iniziato nel 1984, è diviso in tre sezioni, narrativa edita; opera di narrativa, di poesia o di saggistica; saggistica generale o critica pavesiana; inoltre prevede riconoscimenti per lavori inediti. Il Rapallo-Carige, istituito nel 1985, tutto al femminile, è riservato a opere di narrativa edite di scrittrici italiane; attribuisce anche un premio speciale per meriti culturali a un personaggio femminile di chiara fama. Il premio Procida-Isola d'Arturo, istituito nel 1986 dal Comune dell'isola in onore di E. Morante, assegna il riconoscimento in due diversi ambiti: poesia o narrativa, poesia o narrativa opera prima. Il premio Italo Calvino (Torino), patrocinato dalla rivista L'indice, è dedicato a un'opera di narrativa (romanzo o raccolta di racconti) inedita; la prima edizione, nel 1986, presieduta da N. Ginzburg, non proclamò alcun vincitore perché la giuria ritenne che nessuna, tra le molte opere pervenute, fosse veramente degna di lode. Destinati specificamente alla poesia sono i premi Dino Campana, istituito nel 1981 a Marradi (Firenze), per un'opera di poesia edita e tesi di laurea su Campana; Eugenio Montale, fondato nel 1982, un anno dopo la morte del poeta, e assegnato ad Aosta a uno studioso o traduttore straniero che abbia contribuito a far conoscere la poesia italiana del Novecento; a un'opera di poesia edita in lingua italiana; a sillogi inedite. Caratteristiche simili, con alcune varianti nel contenuto e nelle sezioni, nella natura ed entità dei riconoscimenti, presentano i premi Taormina (1979, Taormina, Catania), con tre sezioni riservate a opera edita, inedita di autore italiano, e a poeti stranieri; Guido Gozzano (1982, Belgirate, Verbania), che attribuisce un riconoscimento anche per la produzione dialettale; Alfonso Gatto (1984, Salerno) per una raccolta poetica edita e una inedita.
Sono dedicati al teatro i premi Luigi Pirandello (1966, Palermo), distinto in tre sezioni, opere di teatro edite o inedite; opere di carattere critico, storico o filologico di argomento teatrale o su Pirandello; premio internazionale a una figura di chiara fama; ed Eleonora Duse (1975, Asolo, Treviso), per artisti di teatro e cinema.
Sono riservati alla letteratura per l'infanzia e per ragazzi, tra gli altri, i premi Bancarellino, fondato nel 1968 dall'Unione librai di Pontremoli, Gianni Rodari (1984, Orvieto), Giacomo Giulitto (1985, Bitritto, Bari), il premio europeo di letteratura giovanile Pier Paolo Vergerio (1962, Padova).
repertorio
Premi letterari all'estero
Austria
La Fondazione Bauernfeld di Vienna, in memoria del drammaturgo austriaco E. Bauernfeld, attribuisce dal 1896 l'omonimo premio. I libri concorrenti possono essere di genere diverso. Il Grösser Österreichischer Staatpreis è assegnato dal Ministero per l'Arte e l'Educazione a uno scrittore austriaco per il complesso della sua opera, così come il Preis der Stadt Wien, nato nel 1924. L'Ingeborg Bachmann Preis, istituito nel 1977 nella città di Klagenfurt in onore della scrittrice austriaca, è dedicato a un autore di racconti, poesie, commedie radiofoniche. All'opera prima in prosa è riservato il Rauriser Literaturpreis, promosso dal Land di Salisburgo.
Belgio
Il governo belga assegna dal 1930, attraverso il Ministero della Cultura, il Prix d'État destinato alla produzione complessiva di scrittori in lingua francese e fiamminga, mentre il Grand prix international de poésie, fondato nel 1956, offre, con cadenza irregolare, un riconoscimento a un poeta di qualsiasi nazionalità per l'opera complessiva. Vincitore della prima edizione fu G. Ungaretti.
Danimarca
Det Danske Akademis Pris, patrocinato dal 1961 dall'Accademia danese, con riproposizione annuale, è attribuito non a singole opere ma al complesso di una carriera, così come l'Holberg Medaljen, la cui prima edizione risale al 1934. Il Sonnin Preisen conferito dall'Università di Copenhagen amplia la prospettiva riservando il premio a un autore europeo per la sua produzione senza limitazione di genere.
Francia
Il premio Goncourt è la manifestazione letteraria di maggiore spicco nel panorama francese ma esercita un forte richiamo anche a livello internazionale. È un indice importante del clima culturale del paese e un evento capace di orientare i gusti dell'ambiente intellettuale, in particolare nel campo della narrativa. A partire dal 1903 viene attribuito ogni anno dall'Académie Goncourt, fondata nel 1896 dai fratelli J. e E. Goncourt (allora il nome era Société littéraire de Goncourt), scrittori e raffinati collezionisti d'arte, autori insieme, in un caso di singolare collaborazione letteraria, del celebre Journal e di numerosi romanzi tra naturalismo e decadentismo (Renée Mauperin, Germinie Lacerteux i più noti). Il premio (istituito in realtà da Edmond Goncourt in quanto Jules era già morto da tempo) intendeva essere il contraltare della cultura ufficiale e valorizzare gli aspetti di rottura rispetto ai canoni tradizionali. Tuttora mantiene questo carattere essendo conferito a un'opera, esclusivamente in prosa, che mostri 'audacia, talento, modernità, libertà' d'ispirazione. A un anno di distanza, nel 1904, e in contrapposizione al Goncourt, fu istituito il premio Foemina, promosso dalla rivista omonima, composto da una giuria di sole donne e rivolto a favorire la 'scrittura femminile' e a intessere legami più saldi tra le autrici. La formula non è comunque restrittiva in quanto il premio è assegnato indifferentemente ad autori di narrativa d'ambo i sessi. Diversi premi sono conferiti dall'Académie Française: il Grand prix de littérature a uno scrittore per un libro particolare o per la carriera, il Grand prix du roman a un giovane narratore, il Grand prix de poésie a un poeta per il complesso della sua opera, il Prix de la nouvelle per una silloge di racconti. Il premio Max Jacob è uno dei maggiori nel campo della poesia, mentre il Théophraste Renaudot, puramente onorifico, istituito nel 1926 da G. Picard, è dedicato a un romanzo. Il Grand prix de la société des gens de lettres, assegnato dalla omonima società di autori, premia due scrittori, uno per la carriera, l'altro per un'opera particolare.
Germania
L'Accademia tedesca della lingua e della poesia assegna il Georg Büchner Preis, fondato nel 1923 in onore del poeta G. Büchner, che rappresenta uno dei premi più prestigiosi in campo letterario ed è riservato a personalità che abbiano dato un contributo significativo alla cultura del paese. L'Accademia delle arti della Repubblica Democratica Tedesca conferisce sia l'Heinrich Mann Preis per una singola opera o per la produzione complessiva di uno scrittore, sia il Lion Feuchtwanger Preis nei due generi della prosa e del teatro. Il National Preis für Literatur è assegnato dal governo a opere di particolare valore artistico e ideologico che abbiano influito sullo sviluppo culturale del paese.
Gran Bretagna
Il più noto premio a livello internazionale è il Booker McConnell Prize, correntemente conosciuto come Man Booker Prize, che è attribuito ogni anno al miglior romanzo in lingua inglese: vi possono concorrere i cittadini appartenenti ai paesi del Commonwealth o provenienti da Irlanda, Pakistan, Bangladesh, Sudafrica. La National Poetry Competition è considerata il premio più importante per la poesia, mentre il Geoffrey Faber Memorial Prize, istituito nel 1963, alterna il riconoscimento a un'opera in prosa e a una in versi. Da ricordare anche il John Florio Prize, fondato nel 1963, che premia la migliore traduzione di un'opera italiana del Novecento. Nell'ambito dei Whitebread Literary Awards, istituiti nel 1971, un'importante sezione è dedicata al genere letteratura per l'infanzia.
Norvegia
Il Nordic Council, costituito da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, conferisce ogni anno un premio al migliore scrittore di questi paesi.
Portogallo
Il Premio Ricardo Malheiros, fondato dal finanziere portoghese R. Malheiros, è conferito ogni anno alla migliore opera di prosa, poesia o fantasia.
Spagna
Il Miguel de Cervantes, il premio letterario di maggiore spicco del mondo ispanico, istituito nel 1975, è gestito dal Ministero della Cultura e assegnato dalle Accademie di Spagna e America Latina alla produzione complessiva di un autore di qualsiasi nazionalità, a condizione che si sia espresso nella lingua spagnola. Al Ministero della Cultura fanno anche capo i Premios Nacionales de Literatura, assegnati a un'opera di narrativa, poesia e saggistica.
Svezia
L'Accademia svedese assegna il Bellmanspriset e il Doblougska Priset. Il primo, fondato nel 1920 in memoria del poeta C.M. Bellman, è dedicato alla poesia; il secondo, istituito dall'uomo d'affari e mecenate B. Dobloug, è conferito ogni anno a uno scrittore svedese e a uno norvegese.
Svizzera
Il Grosser Schiller Preis, nato nel 1905 per iniziativa della Fondazione Schiller, non ha cadenza regolare ed è rivolto all'opera complessiva o al singolo libro di un autore.
Stati Uniti
I Pulitzer Prizes per le lettere, i più prestigiosi d'America, sono nati nel 1917 dal testamento di J. Pulitzer, giornalista e proprietario di diverse testate, che destinò un'ingente somma per l'istituzione di una scuola di giornalismo presso la Columbia University di New York e per l'attribuzione annuale di riconoscimenti per opere di autori americani appartenenti a generi diversi: narrativa, teatro, storia, biografia o autobiografia, poesia o saggistica. Ai cinque premi per la letteratura si affiancano otto premi per il giornalismo e un premio per la musica. Alla narrativa sono dedicati, fra i tanti in America, i premi T.S. Eliot Award for Creative Writing, Ernest Hemingway Foundation Award, Pen Faulkner Award for Fiction e The American Book Awards. Riguarda specificamente la poesia il Bollingen Prize in Poetry. È previsto anche un riconoscimento per un libro meritevole ma rifiutato dagli editori, l'Editors Book Award. I Children's Literature Prizes sono riservati ad autori e illustratori per ragazzi.
repertorio
I premi Nobel per la letteratura
A.B. Nobel, chimico e industriale svedese, con il testamento datato 27 novembre 1895 e firmato al Circolo svedese di Parigi, destinò la sua enorme fortuna, derivata dai brevetti e dallo sfruttamento di giacimenti petroliferi, alla costituzione di un fondo "i cui interessi si distribuiranno annualmente in forma di premio a coloro che, durante l'anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell'umanità". Specificatamente il testamento di Nobel menzionava fra questi l'autore dell'"opera più significativa dal punto di vista di una direzione ideale". Il Nobel per la letteratura è assegnato dall'Accademia di Svezia a un autore per il complesso della sua opera e non per un singolo libro. La celebrazione ha luogo in forma solenne a Stoccolma, ogni anno il 10 dicembre, data della morte del fondatore.
Tra gli altri, hanno ottenuto il Nobel per la letteratura, che fu sospeso dal 1940 al 1943: R.-F.-A. Sully-Proudhomme (il primo, 1901), G. Carducci (1906), A. France (1921), G.B. Shaw (1925), G. Deledda (1926), H Bergson (1927), T. Mann (1929), L. Pirandello (1934), E. O'Neill (1936), H. Hesse (1946), A. Gide (1947), T.S. Eliot (1948), W. Faulkner (1949), B. Russell (1950), W. Churchill (1953), E. Hemingway (1954), J.R. Jiménez (1956), A. Camus (1957), B. Pasternak (1958, premio rifiutato), S. Quasimodo (1959), J. Steinbeck (1962), J.-P. Sartre (1964, premio rifiutato), S. Beckett (1969), P. Neruda (1971), E. Montale (1975), S. Bellow (1976), I.B. Singer (1978), E. Canetti (1981), G. García Marquez (1982), N. Gordimer (1991), D. Fo (1997), J. Saramago (1998), G. Grass (1999), G. Xingjian (2000), V.S. Naipaul (2001), I. Kertész (2002), J.M. Coetzee (2003).