prenatale
Che precede la nascita: vita p., il periodo di vita intrauterina; determinazione p. del sesso di un nascituro.
L’individuazione, in corso di gravidanza, di una condizione patologica del feto (alterazioni cromosomiche, malformazioni, malattie metaboliche, tumori, arresti di sviluppo) può essere attuata attraverso l’impiego di varie tecniche: dosaggi ematochimici, ecografia, amniocentesi, villocentesi, funicolocentesi. Le prime due tecniche vengono impiegate sistematicamente in tutte le gravidanze. La diagnostica ecografica seriata consente di riconoscere direttamente malformazioni congenite (oligo- o poliidramnio, idrope fetale, alterazioni del sistema nervoso centrale, del torace, dell’addome, ecc.). La villocentesi, l’amniocentesi e la funicolocentesi sono tecniche che consentono il prelievo di cellule fetali allo scopo di valutare la presenza di malattie cromosomiche (trisomie, aneuploidie, ecc.) o di malattie genetiche (fibrosi cistica, emofilia, fenilchetonuria, ecc.). Generalmente, l’effettuazione di queste indagini è indicata nel caso di età materna al di sopra dei 35÷38 anni, epoca in cui il rischio di patologie cromosomiche inizia a crescere notevolmente, o di presenza di storia familiare positiva per cromosomopatie o per malattie genetiche. Un campo di ricerca aperto e ricco di prospettive è quello legato alla valutazione della presenza di patologie cromosomiche attraverso il dosaggio nel siero materno di alcuni indicatori; modificazioni del dosaggio dell’alfa-fetoproteina sono infatti generalmente legate a patologie congenite; la valutazione contemporanea, rispetto a un parametro di normalità, del dosaggio nel siero materno di tre indicatori (alfafetoproteina, estriolo non coniugato, gonadotropina corionica) è stata proposta come indicatore della presenza di alterazioni cromosomiche.
Talune malformazioni congenite (quali, per es., l’idrocefalo e le malattie ostruttive dell’apparato urinario, alcune cardiopatie), individuate nel feto attraverso i sistemi di diagnostica p., possono essere sottoposte a trattamento chirurgico prenatale. Presupposti per l’effettuazione della chirurgia p. sono essenzialmente la certezza della diagnosi, l’impossibilità di un parto pretermine, il miglioramento delle possibilità di sopravvivenza alla nascita relativamente al rischio dell’intervento. Le tecniche usate sono due (e la scelta dipende dal difetto anatomico da correggere, dalle condizioni materne e da quelle fetali). La prima, detta chirurgia p. aperta, è simile a quella del taglio cesareo, con la differenza che invece di aprire il collo dell’utero, si apre il corpo, dove si trova il feto, mediante un’incisione verticale, per offrire il miglior spazio chirurgico possibile; al feto si pratica un’anestesia intramuscolare. La seconda tecnica è la chirurgia fetale endoscopica, tramite sonda sottile che si introduce sotto monitoraggio ecografico in utero; dopo l’intervento si attua chiusura della breccia uterina tramite colla di fibrina.