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PRESBURGO

di Francesco Lemmi - Enciclopedia Italiana (1935)
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PRESBURGO (ted. Pressburg)

Francesco Lemmi

Nome tedesco della città di Bratislava (v.): sotto il nome di Presburgo è nota la pace ivi firmata il 26 dicembre 1805 fra Napoleone e l'imperatore d'Austria a seguito delle trattative incominciate a Bruna subito dopo la battaglia di Austerlitz: pace che seguì la capitolazione dell'Austria.

Firmarono il documento il Talleyrand, il principe Giovanni di Liechtenstein e il conte I. Giulay. L'Austria pagava un'indennità di guerra di 50 milioni, e inoltre cedeva alla Baviera le sette signorie del Vorarlberg e quelle di Argen e Tettnang, una parte del territorio di Passavia, il margraviato di Burgau, le contee di Hohenems, Königseck-Tothenfels e Tirolo, i principati di Eichstädt, Bressanone e Trento, la città e il territorio di Lindau; al Württemberg le cinque città dette del Danubio (Ehningen, Munderkingen, Riedlingen, Mengen e Saulgau), l'alta e bassa contea di Hohenberg, il langraviato di Nellenburg, la prefettura di Altdorf, una parte della Brisgovia, le città di Willingen e Brentingen; al Baden la parte rimanente della Brisgovia, l'Ortenau, la città di Costanza e la commenda di Mainau; al regno d'Italia tutti i territorî veneti di S. Marco che l'Austria aveva avuti a Campoformio e a Lunéville. Per contro, acquistò Salisburgo e Berchtolsgaden, tolti a Ferdinando III di Toscana, il quale doveva essere indennizzato con la sovranità di Würzburg, terra bavarese; ma in sostanza perdette un territorio di 65 mila chilometri quadrati con tre milioni di abitanti e 13 milioni e mezzo di fiorini di rendita. Così l'Austria, respinta contemporaneamente dalla Germania e dall'Italia, cessava d'essere una grande potenza. I duchi di Baviera e di Württemberg, promossi re, furono autorizzati a occupare rispettivamente la città di Augusta e la contea di Bendorf. Napoleone fu riconosciuto re d'Italia, ma a patto che, alla pace generale, le due corone fossero separate. Infine l'Austria accettò tutti i mutamenti avvenuti nella penisola dopo Lunéville, e permise che nel trattato non si facesse parola del re di Napoli, di cui fu quindi sin d'allora decisa la sorte.

Bibl.: Martens, Recueil des principaux traités ecc., VIII, Gottinga 1835, p. 388.

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