PRESSIONE
Per farci un'idea del concetto di pressione consideriamo un recipiente pieno di un liquido e pensiamo di sottoporre il liquido a una forza esterna; il liquido, essendo incompressibile, trasmette sulle pareti del recipiente la forza, in direzione normale alle pareti stesse; se facciamo un orifizio nel recipiente, il liquido zampilla fuori e se noi cerchiamo d'impedirne l'uscita, p. es. con una mano, sentiamo su di essa una "pressione". La forza che il liquido esercita su ogni cmq. si dice pressione. In generale se sopra un elemento di superficie ds di un corpo agisce una forza dF di origine qualunque, si dice che la pressione in un punto di quell'elemento è p = dF/ds.
La pressione ha quindi le dimensioni di una forza divisa per una superficie, cioè (L-1 MT-2).
Naturalmente, oltre che di pressione sulle pareti di un recipiente contenente un gas o un liquido, si può parlare di pressione all'interno di un fluido; basta pensare d' immergere nel fluido un piccolo oggetto e di misurare la forza dF agente su un elemento di superficie ds di questo; il rapporto dF/ds darà il valore della pressione in un punto posto all'interno del fluido.
Nel caso di un fluido sottoposto a una forza esterna, p. es. compresso da un pistone, se si trascura l'azione della forza peso, vale il principio di Pascal, secondo il quale la pressione è costante in tutti i punti del fluido.
Se non si trascura l'azione della gravità, se si considera cioè un liquido pesante, il principio di Pascal può enunciarsi correttamente soltanto nel modo seguente: in un fluido pesante in equilibrio, la pressione esistente in un punto A è costante su tutti i punti della superficie orizzontale passante per A.
Consideriamo ora un liquido pesante in equilibrio, sottoposto esclusivamente a forze dovute al proprio peso e calcoliamo la pressione in un punto A di un elemento di superficie immerso nel liquido, posto a distanza h dalla superficie libera del liquido; tale pressione (legge di Stevino) è indipendente dall'orientazione dell'elemento di superficie ed è uguale al rapporto P/ds tra il peso P di una colonna di liquido avente per base un elemento di superficie ds orizzontale e per altezza h, e l'elemento di superficie stesso; (analogamente la pressione atmosferica diminuisce al crescere della quota, perché al crescere della quota diminuisce il peso dello strato d'aria sovrastante). Se δ è la densità del liquido in esame e g l'accelerazione di gravità, il peso P della colonna è h ds δ g, per modo che la pressione richiesta è (1) p = h δg.
Nel caso che la superficie libera del liquido sia a contatto con l'atmosfera, la (1) rappresenta la differenza tra la pressione in A e la pressione atmosferica. Segue dalla (1) che la pressione sul fondo, a parità di altezza del liquido, è indipendente dal volume del liquido contenuto nel recipiente (paradosso idrostatico); si vede in altri termini che la forza che agisce sul fondo del recipiente non coincide generalmente col peso del liquido; precisamente la forza agente sul fondo coincide col peso del liquido soltanto per particolari forme del recipiente.
Per quello che riguarda le relazioni tra la pressione di un gas e la teoria cinetica dei gas, v. gas.
Abbiamo visto che il sistema di forze applicabile dall'esterno alla superficie di un fluido (sistema capace di dare una configurazione di equilibrio) può produrre soltanto una pressione "uniforme", una pressione, cioè, costante in ogni punto della superficie del fluido e normale ad essa. Nel caso dei solidi invece il sistema di forze applicate non è limitato a sole pressioni uniformi; infatti una pressione uniforme, in un solido, corrisponde a una particolare deformazione, precisamente alla deformazione in cui muta il volume del solido, ma non la forma (v. elasticità).
Diverse sono le unità usate per la misura delle pressioni. Nel sistema assoluto o C.G.S. l'unità di pressione prende il nome di baria e corrisponde alla pressione esercitata dalla forza di una dina sopra un cmq.; la baria è un'unità molto piccola e non viene usata nella pratica.
Sono spesso usati il grammo per cmq. e il chilogrammo per cmq.; evidentemente, poiché un grammo equivale a 980 dine, si ha:
È assai conveniente esprimere le pressioni in millimetri di mercurio, a una certa temperatura, nel senso che risulta chiaramente dalla (1): la pressione di n mm. di mercurio a una temperatura t, cioè la pressione esercitata da una colonna di mercurio alta n mm alla temperatura t; la temperatura interviene naturalmente perché la densità, che compare in (1), dipende dalla temperatura.
Un'altra unità di pressione, usatissima nella pratica, è l'atmosfera, che equivale alla pressione esercitata da una colonna di 760 mm. di mercurio, alla temperatura di 0° centigradi; si verifica immediatamente che
e K. A. Bjerknes ha proposto la denominazione di bar alla pressione di 106 barie. Per ciò che riguarda i metodi di misura della pressione, v. manometro; per quello che riguarda i mezzi usati per produrre pressioni molto alte o molto basse, v. compressore; vuoto.
Per la pressione osmotica, v. osmosi.
Pressione barometrica. - La pressione che l'aria esercita sulla superficie del suolo e su tutti i corpi posti in essa viene misurata con l'altezza in millimetri della colonna di mercurio che fa equilibrio alla detta pressione; e la pressione normale è indicata da una colonna di mercurio alta mm. 760, alla temperatura di congelazione dell'acqua e col valore dell'accelerazione della gravità che si ha al livello del mare e alla latitudine di 45°. E poiché il peso di un cmc. di mercurio a 0° è g. 13,596, la pressione normale è uguale a chilogrammi 1,0333 per cmq.
Secondo le proposte di Bjerknes, si usano le seguenti denominazioni: bar = un milione di dine per cmq.; millibar = la millesima parte di un bar, ossia 1000 dine per cmq.
La pressione barometrica di 760 è uguale quindi a 1013 millibar.
Siccome 1000 millibar equivalgono alla pressione di 750, 1 mm. di mercurio, per trasformare la pressione atmosferica, ridotta alla gravità normale, da millimetri a millibar basta moltiplicare il valore osservato per 1000/750 = 4/3.
Variazione della pressione barometrica con l'altezza. - Elevandosi al disopra del livello del mare la pressione barometrica decresce e la diminuzione non si può esprimere con una rigorosa formula matematica. Siffatta diminuzione non è proporzionale alla quota che successivamente si considera, ma segue invece una legge logaritmica, cioè le pressioni decrescono in progressione geometrica a misura che le altezze crescono in progressione aritmetica. Le condizioni dell'atmosfera non sono sempre identiche alla medesima temperatura, e la pressione al livello del mare non è sempre uguale a 760 mm., cosicché l'anzidetta legge esponenziale non è facilmente applicabile. Quindi dalla semplice lettura della pressione barometrica in due luoghi di diversa altitudine non si può dedurre l'esatta distanza che li separa. Si chiama gradiente barometrico di altezza lo spostamento verticale che occorre compiere, perché la pressione diminuisca di un millimetro, e gradiente di pressione la diminuzione della pressione per un dato spostamento verticale, che di solito è di 10 o di 100 m. Il gradiente di altezza cresce con l'aumentare dell'altitudine; difatti con la pressione iniziale di 760 mm. al livello del mare, occorre innalzarsi di 10,5 m. per notare la diminuzione di 1 mm. di mercurio, a 650 mm. bisogna innalzarsi di m. 12,3 e a 500 mm. bisogna elevarsi di 15,9 m.
Andamento diurno. - Durante i periodi di tempo buono la pressione barometrica varia nelle diverse ore del giorno e le variazioni possono presentare talvolta una grande regolarità, in modo che nella curva, a carattere prevalentemente ondulatorio, si distinguono massimi e minimi ben pronunciati, con un doppio andamento diurno. Siffatto andamento si può ritenere come la risultante di due onde, l'una con periodo di 12h e cioè di un'onda semidiurna, l'altra con periodo di 24h e che perciò si dice onda diurna.
I valori massimi si verificano verso le 10h e le 22h, mentre i valori minimi si osservano alle 4h e alle 16h; l'amplitudine del periodo diurno è generalmente più accentuata di quella relativa al periodo notturno, talché l'altezza massima delle 10h e la minima delle 16h si possono ritenere come i valori estremi raggiunti nelle 24h.
Nelle zone tropicali i massimi e i minimi si verificano quasi sempre alle ore sopra indicate; però varia molto l'ampiezza dell'oscillazione diurna nei diversi mesi dell'anno, presentando valori più elevati negli equinozî e più piccoli nei solstizî. Inoltre nel luglio si ha il valore più basso (quando il sole è all'afelio) e il più elevato nel gennaio (quando il sole è al perielio). Siccome siffatto andamento si trova tanto a nord quanto a sud dell'equatore, si è portati ad ammettere che l'ampiezza dell'oscillazione diurna sia in relazione con la declinazione del Sole e anche con la distanza della Terra dal Sole.
Dalle zone torride verso latitudini elevate la curva della pressione con oscillazioni intorno al valore medio. Però se si considerano i valori orarî medî quali risultano da parecchie annate di osservazioni, la curva presenta un distinto andamento diurno; ma siamo lontani dalla regolarità e dalla simmetria propria delle regioni tropicali.
Le diverse condizioni geografiche, topografiche, climatologiche apportano alterazioni sulla curva anzidetta e talvolta in maniera così distinta da dare luogo a un particolare andamento, cosicché si è condotti a distinguere i seguenti tipi: oceanico, costiero, continentale, delle valli, delle montagne e dell'atmosfera libera.
Nel tipo oceanico l'andamento è analogo a quello dei tropici, ma con l'aumentare della latitudine l'ampiezza diurna diminuisce lentamente e poi più rapidamente per ridursi quasi insensibile nelle regioni polari.
Le curve giornaliere tanto del tipo costiero quanto del tipo continentale presentano due massimi e due minimi, ma comparandole fra di loro si notano delle differenze dovute alle cosiddette brezze di mare e di terra, che apportano periodici alterni spostamenti di masse d'aria, in alto, dalla terraferma verso il mare durante il giorno e viceversa durante la notte Così sulle coste il massimo delle ore 10 è ritardato fin verso l'una del pomeriggio, mentre sul continente è anticipato e si ha tra le 10 e le 9 del mattino (fig. 1).
Inoltre, come grandezza, il minimo del mattino della costa corrisponde al minimo pomeridiano del continente, e il minimo pomeridiano della costa uguale al minimo del mattino sul continente. Si deve quindi pensare che sulla costa, a causa di spostamenti orizzontali di masse d'aria,
dovuti alle brezze, alla doppia oscillazione giornaliera normale, quale si ha sul mare libero alla stessa latitudine, si sovrappone un'oscillazione giornaliera semplice.
Nelle valli profonde l'andamento giornaliero della pressione si mostra, rispetto alla curva normale alla stessa latitudine, molto alterato. Il minimo pomeridiano è rinforzato, mentre il minimo notturno è attenuato e talora financo soppresso, cosicché l'oscillazione barometrica giornaliera finisce col mostrare un unico minimo profondo nel tardo pomeriggio e un solo forte massimo verso le 8 del mattino; ossia un andamento del tutto opposto a quello della temperatura.
Sulle cime di montagne e nell'atmosfera libera l'andamento diurno della pressione presenta una variazione giornaliera nello stesso senso della variazione giornaliera della temperatura, e cioè col massimo nel pomeriggio e il minimo al mattino. Siccome durante la notte l'aria degli strati inferiori si raffredda e si contrae, la pressione in alto diminuisee, e ne consegue un rinforzo del minimo del mattino. Durante il giorno, invece, l'aria si riscalda e si dilata; e conseguentemente la pressione a quota aumenta, e in misura tale da sopprimere financo il minimo pomeridiano, cioè a causa di oscillazioni verticali delle superficie isobariche negli strati inferiori dell'atmosfera, dovute all'azione del calore solare, si sovrappone all'ordinaria curva del barografo una nuova onda diurna semplice col massimo in corrispondenza alle ore più calde e col minimo in corrispondenza alle ore più fredde del giorno.
Nella figura 2 viene riprodotto l'andamento diurno della pressione barometrica in varie località del M. Rosa e di Alagna, desunta dagli studî compiuti dall'Alessandri: risulta chiaramente l'influenza dell'altezza sugli spostamenti degli estremi diurni della pressione. Si deve anche all'Alessandri una chiara esposizione delle teorie al riguardo e che appresso riassumiamo.
Da quanto abbiamo esposto si deduce che l'onda barometrica diurna al suolo si può supporre come la risultante di onde diverse, ma tutte con periodo fondamentalmente diurno, e cioè: a) un'onda barometrica diurna, con andamento analogo a quello dell'onda giornaliera della temperatura negli strati inferiori dell'atmosfera, ma di fase opposta; b) una seconda onda barometrica, pure di periodo diurno semplice, ma di fase uguale a quella della temperatura.
Queste due onde sono due diversi effetti di una stessa causa e cioè del periodico giornaliero riscaldamento e raffreddamento degli strati inferiori dell'atmosfera. Su di esse devono influire molto le condizioni geografiche e topografiche locali, donde l'opportunità di distinguere i tipi oceanico, costiero, continentale, delle valli e dei monti.
Alle due predette onde si aggiungerà un'altra onda, anche diurna, ma di carattere uniforme e generale, dovuta all'azione diretta del calore solare sugli strati elevati dell'atmosfera. Dalle registrazioni barografiche raccolte in più luoghi risulta che l'onda semidiurna della curva barometrica, cioè col periodo di 12h, si trova ovunque e con andamento molto regolare. La fase di detta onda risulta la stessa durante l'intera annata sul medesimo luogo e diminuisce lentamente con l'aumentare della latitudine.
L'ampiezza dell'oscillazione, massima all'equatore, decresce procedendo verso i poli, dapprima molto lentamente fin verso le zone tropicali e poi sempre più rapidamente, fino a ridursi insensibile verso i circoli polari. Con l'aumentare dell'altitudine, l'ampiezza di oscillazione diminuisce regolarmente.
L'ampiezza dell'oscillazione semidiurna in una determinata stazione varia col tempo, con un periodo annuale ben netto e con perfetta regolarità dall'equatore fin verso i circoli polari. Si hanno cioè due massimi negli equinozî e due minimi poco dopo i solstizî, uno in gennaio, l'altro in luglio. Ma il minimo del luglio è più pronunciato del minimo di gennaio. Tutto ciò sta a provare che detta ampiezza è in relazione con la posizione della Terra, considerata come pianeta, rispetto al Sole, e cioè dipende dalla posizione della Terra sulla sua orbita rispetto al Sole. È evidente che l'oscillazione semidiurna della pressione è in relazione col Sole; però va ricordato che l'azione solare ha un periodo diurno semplice.
Diverse teorie sono state emesse, ma nessuna ancora rende chiara l'interpretazione, eccettuata quella di lord Kelvin. Secondo questo autore il fenomeno della doppia oscillazione diurna della pressione barometrica è dovuto a un fenomeno di risonanza nell'atmosfera (supposto che essa risulti da una massa finita di grandezza e di forma determinate), che viene sottoposta a piccoli impulsi ritmici successivi, aventi la loro origine nell'azione del calore solare. Ciò portava a ritenere che fra i periodi di oscillazione libera dell'atmosfera ve ne fosse uno di 12 ore.
Il calore solare agisce con periodo diurno e non con periodo semidiurno; ma la curva termica che gli corrisponde, non essendo simmetrica, darà luogo, oltre che a una componente diurna, anche a una componente semidiurna, sia pure piccola rispetto alla prima.
Margules più tardi a sostegno della teoria anzidetta confermò il fatto che, fra le oscillazioni libere dell'atmosfera terrestre, mentre non ve ne è nessuna con periodo vicino alle 24 ore, ve n'è invece una con un periodo quasi esattamente di 12 ore.
Andamento annuo. - Se si seguono i valori medî mensili della pressione barometrica per le diverse località del globo, appare come nelle regioni equatoriali vi è piccola differenza da un mese all'altro e la differenza tra il valore medio più elevato e quello più basso è piccola. Nelle latitudini medie si distingue sui continenti il massimo in inverno e il minimo in estate, mentre sugli oceani vi è andamento inverso. Nelle latitudini elevate la pressione varia notevolmente da un mese all'altro e in alcune località l'inverno ha pressione più elevata, in altre è invece l'estate che ha pressione più elevata. Sui luoghi montuosi la pressione presenta un massimo nell'estate e un minimo in inverno.
Nelle regioni di transizione il regime continentale predomina durante l'inverno e quello marittimo nell'estate, sicché si hanno due massimi, uno d'inverno e uno in estate, e due minimi, uno in primavera e uno d'autunno. L'escursione annua è grande nell'interno dei continenti e nelle medie e alte latitudini, invece è minima sugli oceani, nonché sui mari e sui continenti delle regioni equatoriali.
Secondo la classificazione proposta da Alt si distinguono 5 diversi tipi di andamento annuale, valevoli in particolar modo per le regioni europee.
Nel primo, che egli chiama nord-europeo, le pressioni più basse si hanno in inverno e le più elevate alla fine della primavera e al principio dell'estate. Nel secondo tipo, detto continentale, la pressione più bassa si ha in estate e la più elevata in inverno: siffatto andamento si nota su quasi tutta l'Europa orientale. Il terzo tipo, detto sud-ovest-europeo, presenta un distinto minimo in primavera e un accentuato massimo in gennaio, e inoltre nelle altre due stagioni si ha in generale la tendenza a lieve salita.
Gli altri due tipi sono detti di transizione, l'uno fra il tipo nordeuropeo e quello del sudovest dell'Europa, l'altro fra quest'ultimo tipo e quello continentale.
Il primo di detti tipi presenta due massimi (in gennaio e al principio dell'estate) e un minimo in primavera. Nell'autunno si nota invece un andamento identico al tipo nord-europeo.
Il secondo tipo di transizione si avvicina molto al tipo continentale. però presenta il minimo primaverile, come quello nord-europeo.
In Italia generalmente si distinguono tre onde, che dànno luogo a 3 massimi e a 3 minimi. La prima onda, la più rilevante, apporta il massimo principale in inverno e il minimo principale in primavera; e siccome dovunque tali estremi cadono in gennaio e in aprile, possiamo ritenere la pressione barometrica media mensile.
La seconda onda comprende il massimo secondario in giugno e il minimo secondario in luglio e in più località la differenza tra le medie pressioni di detti mesi non giunge a un millimetro.
La terza onda, che ha il massimo in settembre e il minimo in novembre, è molto più accentuata, ma mentre questo minimo secondario sulle regioni settentrionali si ha nei primi giorni di novembre, interessa invece gli ultimi del mese e talvolta i primi giorni di dicembre sulle regioni meridionali e con maggior frequenza sulle regioni insulari.
Distribuzione della pressione sul globo. - Le isobare, tracciate in base alle osservazioni della pressione barometrica eseguite in più luoghi, mostrano che la pressione media nell'anno presenta in tutta la regione equatoriale una zona di bassa pressione, generalmente intorno ai 758 mm. Al N. e al S. di questa zona e poco discosto dai tropici vi sono due strisce di pressione più elevata della normale, con centri di massimo più spiccati sull'Oceano. Nell'emisfero nord detti massimi giacciono l'uno sulla regione orientale del Pacifico e l'altro sull'Atlantico a S. delle Azzorre.
Nell'emisfero sud si hanno i massimi al largo delle coste del Perù e del Chile; si distinguono anche altri due massimi nella regione dell'Oceano compresa tra l'Africa e l'Australia. A latitudini più alte ossia oltre la zona dei massimi, la pressione diminuisce in misura più accentuata sull'emisfero australe.
Siffatte irregolarità nella distribuzione della pressione sono causate dalla varia estensione della terraferma e dei mari alle diverse latitudini. Se vi fosse uniformità, la pressione dipenderebbe soltanto dalla latitudine e allora le isobare prenderebbero l'andamento dei paralleli con un minimo all'equatore e un regolare aumento fino alle latitudini di 30° e 35°, dove si avrebbe un massimo. Da queste latitudini verso i poli la pressione diminuirebbe gradualmente.
Questa distribuzione generale della pressione durante l'anno varia molto, e a seconda delle stagioni le zone di alta pressione subtropicali e le zone di bassa pressione delle alte latitudini si spezzano o si saldano in modo da presentare una fisionomia particolare. Le differenze più cospicue si hanno tra il gennaio e il luglio a causa della diversa distribuzione della temperatura.
In gennaio la zona di bassa pressione equatoriale si sposta a sud dell'equatore geografico. Nell'emisfero nord la zona di alta pressione subtropicale cinge tutta la Terra ed è interrotta soltanto sull'Oceano Pacifico. Essa si spande più a nord invadendo i continenti freddi, mentre sopra gli oceani rimane limitata a latitudini più basse.
La zona di bassa pressione delle alte latitudini si suddivide in due zone distinte: una nell'Atlantico settentrionale, a SE. della Groenlandia, l'altra sul Pacifico settentrionale, a Sud delle Aleutine. Oltrepassate dette zone la pressione aumenta fino al massimo polare.
Nell'emisfero sud, nel gennaio siamo nell'estate e la zona di alta pressione subtropicale, tra 30° e 40°, si suddivide in tre massimi intorno ai 764 mm., che giacciono rispettivamente sui tre Oceani e sono separati da zone di minore pressione situate sui continenti più caldi e cioè sull'America (757), sull'Africa (757) e sull'Oceania (755). Al disotto di tali latitudini, a causa della mancanza di continenti, la pressione diminuisce gradatamente e le isobare si succedono con andamento quasi parallelo fino alla zona di minimo seguita poi dal massimo polare.
Nel mese di luglio, per il maggiore riscaldamento dei continenti nell'emisfero nord, la zona di bassa pressione equatoriale si sposta, insieme con l'equatore termico, a nord dell'equatore geografico. E la zona di alta pressione subtropicale si suddivide in due massimi, l'uno sull'Atlantico (770), che si protende fino sull'Europa, l'altro sul Pacifico (767) ed entrambi sono separati da una zona di minore pressione sull'America (760) e da un esteso minimo sull'Asia (748). La zona di bassa pressione, inferiore a 760 mm., delle alte latitudini si distende lungo il parallelo di 70°, e più a nord la pressione aumenta fino al massimo polare.
Nell'emisfero sud, data l'inversione delle stagioni, la pressione è aumentata sui continenti; e la cintura di elevata pressione cinge quasi tutta la Terra con massimi intorno 765 sul Pacifico orientale, sull'Africa meridionale, sull'Oceano Indiano e sull'Australia. Oltre questa cintura la pressione diminuisce fino alle alte latitudini e indi aumenta fino al massimo polare.
Centri di azione. - Si sogliono chiamare con tale nome il minimo barometrico equatoriale, i due massimi subtropicali e i minimi, che soggiornano in estate sui continenti e in inverno sugli oceani. Se essi occupano la loro posizione media, le condizioni generali del tempo sono normali, ma se invece si verificano spostamenti, intensificazione o indebolimento, corrispondentemente si verifica un andamento anormale, che si estende sopra una larga zona e può anche durare per un tempo piuttosto lungo.
In Europa le condizioni generali del tempo sono dipendenti in inverno dalla posizione dell'anticiclone delle Azzorre, dalla depressione dell'Islanda (da alcuni chiamata minimo oceanico) e dal massimo siberiano; in estate dall'anticiclone atlantico e dalle basse pressioni della Russia centrale.
Se l'anticiclone delle Azzorre si sposta verso E. conservando all'incirca la stessa posizione in latitudine, l'alta pressione invade la Spagna, la Francia meridionale, una parte del Mediterraneo e a volte anche l'Italia. Allora i cicloni atlantici s'inoltrano dall'Inghilterra verso E. o NE., aria marittima d'origine tropicale del 3° quadrante perviene sulle regioni mediterranee, e l'inverno, fino a quando perdura tale situazione, decorre su di esse assai mite.
Se l'anticiclone atlantico si solleva verso le alte latitudini, così da coprire la parte più settentrionale dell'Oceano, le coste britanniche e anche l'Islanda, allora le depressioni si spostano verso il bacino Mediterraneo e verso l'Europa centrale e quindi l'inverno si presenta abbondante di precipitazioni, specialmente nevose, e dominano venti settentrionali prevalentemente maestrali.
Anche il minimo oceanico esercita grande influenza sul tempo dell'Europa, poiché se si abbassa verso S., l'inverno è dolce, ma piovoso sull'Europa meridionale. Se la depressione scende sul Golfo di Guascogna, spesso in concomitanza con alte pressioni sulla Russia, l'Europa centrale rimane sotto il regime di venti provenienti da questa, quindi freddi e asciutti, ma atti a portare forti nevicate.
L'influenza del massimo siberiano sugl'inverni dell'Europa appare soprattutto allorquando esso si distende molto sull'Europa. Esso è costituito di aria continentale assai fredda e asciutta, e i venti che ne escono apportano freddi grandi e persistenti. L'estate europea è regolata soprattutto dalla estensione dell'anticiclone atlantico e dalla sua intensità. Quando esso si inoltra dal Golfo di Guascogna fino alla parte centrale e meridionale del continente, l'estate decorre in generale calma e calda, poiché la distribuzione anticiclonica ha gradienti debolissimi.
I varî centri di azione hanno relazioni intime fra di loro, cosicché le modificazioni dell'uno sono in corrispondenza di analoghe modificazioni nella stessa fase o in fase opposta di un altro centro. Detti centri presentano anche variazioni periodiche o non periodiche, le quali possono provocare differenti distribuzioni degli elementi meteorologici. E sembra che la causa principale di dette variazioni si debba ricercare nello stato dei ghiacci del mare polare.
Pressione della luce.
La luce esercita una certa pressione sui corpi che investe; questo fatto, previsto da A. Bartoli nel 1875 in base ai principî della termodinamica, fu poi ritrovato indipendentemente da C. Maxwell, il quale mostrò che, ammessa la natura elettromagnetica della luce, la pressione da essa esercitata è una conseguenza delle ordinarie leggi dell'elettromagnetismo; essa è anzi un carattere generale di tutte le radiazioni elettromagnetiche. La pressione varia secondo la natura della superficie: se questa è perfettamente riflettente, è doppia che se essa è nera, ossia perfettamente assorbente. Se il fascio di luce incide sulla superficie obliquamente, si manifesta anche una forza tangenziale, cioè parallela alla superficie: tale componente tangenziale è nulla nel caso di una superficie perfettamente speculare. Sebbene di piccolo valore, la pressione della luce può, in taluni fenomeni, assumere un'importanza preponderante: per es., si attribuisce ad essa il fatto che le comete, passando in vicinanza del Sole, rivolgono la loro coda dalla parte opposta a questo astro, poiché la coda è costituita da sostanze gassose, sulle quali l'intensa radiazione solare esercita una forza maggiore della stessa attrazione newtoniana. Altrettanto importante è l'azione della pressione della luce nell'equilibrio interno delle stelle: queste infatti sono masse gassose ad altissima temperatura, e la pressione dell'intensa radiazione che le attraversa in tutti i sensi è comparabile con la pressione del gas; nel calcolare le condizioni di equilibrio di una stella è quindi necessario tenere conto anche della pressione di radiazione.
Quando un'onda elettromagnetica penetra nella materia, gli elettroni, che sono uno dei costituenti di quest'ultima, vengono a trovarsi nel campo elettrico alternato dell'onda e ne risentono una forza che li mette in moto oscillatorio, con frequenza uguale a quella dell'onda; ora la forza esercitata direttamente dal campo elettrico sugli elettroni, essendo rapidissimamente alternata e variabile da punto a punto, non produce effetti d'insieme sulla materia: l'effetto che si manifesta come pressione deriva dal fatto che il moto degli elettroni ha luogo nel campo magnetico dell'onda stessa. È noto che su una carica elettrica in moto in un campo magnetico si esercita una forza che è normale alla direzione del campo e a quella della velocità della carica stessa. Supponiamo che l'onda, propagantesi orizzontalmente nel senso dell'asse x, abbia il vettore elettrico parallelo all'asse y e quello magnetico parallelo all'asse z; gli elettroni vibreranno parallelamente all'asse x, e quindi la forza che il campo magnetico esercita su di essi sarà parallela all'asse x, ossia alla direzione di propagazione dell'onda. Consideriamo il caso di una sostanza assorbente (escludendo cioè la riflessione e la diffusione); chiamiamo I l'intensità della radiazione, e A il potere assorbente, e consideriamo l'energia che nell'unità di tempo cade normalmente su 1 cmq. di area e viene assorbita; questa sarà AI; e poiché si dimostra che l'insieme di tutti gli elettroni assorbenti subisce una spinta uguale alla potenza complessiva assorbita divisa per la velocità della luce c, la pressione esercitata dalla radiazione sarà nel nostro caso uguale a 1/c • AI. Se la superficie è perfettamente assorbente, o come si suol dire, nera, cioè se A = 1, la pressione è 1/c • I ed è eguale alla densità dell'energia nel fascio incidente; se fosse A = 0, la spinta sarebbe nulla, cioè una sostanza perfettamente trasparente e non riflettente non risentirebbe alcuna pressione dalla luce. Si può mostrare che, se interviene la riflessione, la pressione è maggiore, e precisamente se il potere riflettente è p, la pressione risulta, per incidenza normale, 1/c • (1 + p) I; per una superficie perfettamente speculare (p = 1) questa formula diviene 1/c • 2I, cioè il doppio che per una superficie nera. Se l'incidenza è obliqua, le formule precedenti vanno moltiplicate per cos2i, dove i è l'angolo d'incidenza.
Il fenomeno della pressione della luce fu rivelato sperimentalmente nel 1900 da P. N. Lebedev e, indipendentemente, da E. F. Nichols e Hull. Già nel 1875 però W. Crookes aveva ideato uno strumento, detto radiometro, che doveva rivelare sperimentalmente la pressione delle radiazioni; esso è costituito da un palloncino di vetro, in cui è sospeso, in bilico sulla punta di un ago verticale di acciaio, un leggiero mulinello formato da quattro palette di mica, annerite con nerofumo da una parte sola, in modo che le parti annerite si seguono sempre nello stesso verso; nel palloncino vi è un vuoto assai spinto; se ora si espone l'apparecchio a un fascio di radiazioni, il mulinello si mette a girare in verso tale che le facce annerite retrocedono; in un primo tempo si credette di aver dimostrato così che la luce esercita una pressione, e che questa è maggiore sulle superficie assorbenti; è stato però poi riconosciuto che il mulinello gira non per effetto della pressione della luce (che tenderebbe anzi a farlo ruotare nel verso opposto a quello realmente osservato), ma per l'azione di forze speciali esercitate dal gas rarefatto sulle facce disugualmente riscaldate delle palette. Queste forze, dette radiometriche, mascherano la pressione della luce, che è molto minore, e costituiscono la maggiore difficoltà a rivelarla; Nichols e Hull, per superare questa difficoltà, hanno formato le palette con vetro argentato in una parte sola e hanno filtrato la luce attraverso varie lenti e lastre di vetro, in modo da eliminare da essa tutti i raggi capaci di essere assorbiti dal vetro, in modo che, quando la luce arriva sulla paletta, riscalda solamente lo strato di argento, sia che vi giunga dalla parte del vetro sia dalla parte opposta; nel primo caso la forza radiometrica agisce in senso contrario alla pressione della luce; nel secondo caso agisce nello stesso, senso, in modo che illuminando la paletta una volta da una parte e una volta dall'altra e facendo la media degli effetti, si elimina l'influenza della forza radiometrica. La componente tangenziale della pressione della luce fu rivelata e misurata da J. H. Poynting nel 1904. con un apparecchio semplicissimo: agli estremi di una bacchettina, sospesa per il suo punto di mezzo a un filo di quarzo, sono attaccati due leggerissimi dischi di vetro, normali alla bacchetta; uno di essi è annerito, l'altro è argentato. Mandando un fascio di luce sul disco nero, orizzontalmente e sotto un angolo di 45° con la superficie, la bacchettina devia, vincendo la torsione del filo: nulla avviene invece, se s'illumina il disco riflettente.